domenica 30 gennaio 2011

DOMANDE E RISPOSTE

Mi sono messo a fare un po' di progetti e a studiare una pianificazione per i prossimi argomenti di questo blog. Ho perfino concordato con Saverio Ceri un programma di dodici suoi interventi con la rubrica "Diamo i numeri", una puntata al mese, cominciando da quella di gennaio pubblicata all'inizio di febbraio e poi proseguire alla fine di ogni mensilità. L'argomento della prima puntata del 2011 saranno le statistiche finali della saga di Magico Vento. Le cose da dire sono davvero tante e per quanto me le annoti per non dimenticarle per strada e programmi le scadenze, succede sempre che me ne vengono in mente altre più urgenti che fanno rimandare gli argomenti in attesa.

Comunque, ho promesso alcuni post sul problema dei giovani autori, aspiranti disegnatori e sceneggiatori e conto di farlo durante febbraio. Mi piacerebbe anche riprendere alcune tematiche a me care che ho lasciato da parte, come la poesia, la letteratura, le recensioni di libri, i misteri, l'esoterismo e la religione. Poi ci sono le foto dei miei incontri con gli autori di venti o trent'anni fa, e le mie personali disamine delle storie da me scritte in passato di cui mi si chiede da più parte di continuare la stesura. Ovviamente, ci saranno le consuete anticipazioni sui programmi zagoriani e più in generale bonelliani e quelli relativi alle collezioni Mondadori dei personaggi di Max Bunker.


Altrettanto ovviamente, parlerò diffusamente delle celebrazioni del cinquantennale dello Spirito con la Scure. Continuerò a commentare, inoltre, le varie fenomenologie dell'universo multimediale della comunicazione e tirerò fuori dal cassetto curiosità e articoli da me scritti in passato e vi aggiornerò sui video più interessanti della Zagor TV. Prima però di archiviare il mese di gennaio, ho pensato di recuperare alcune mie risposte fornite ai lettori durante l'anno 2010, nel "filo diretto" che tengo da tempo in uno dei forum zagoriani presenti in rete, in modo da metterle a disposizione di tutti gli interessati. Non ho citerò i nomi degli interlocutori proprio per rendere il più universale possibile il dibattito, svincolato dalla contingenza del momento. In corsivo troverete le domande, in tondo le mie repliche.


La storia di Mignacco, criticata da alcuni per la sua ingenuità, a me non è dispiaciuta.


Il Pascoli elogiava il "fanciullino" che sentiva dentro di sè e che tutti dovremmo riuscire a riscoprire. In ogni caso, ciò che dici dà un quadro abbastanza fotografico della realtà: per quanto molti lettori particolarmente attenti e sensibili a cogliere i motivi di ingenuità o immaturità nelle storie possano non apprezzarne alcune non propriamente riuscite o tali da prestare il fianco a critiche anche giustificate, assicuro che molti altri, quelli magari che non scrivono su Internet e leggono Zagor con atteggiamento più rilassato, non sono altrettanto indignati quanto i primi e magari apprezzano persino le storie più "ingenue" che ricordano loro, chissà, la leggerezza di certi racconti di un tempo. Perché poi se gli stessi criteri con cui, legittimamente e giustamente, si criticano alcune storie di oggi, venissero applicati ai classici del passato, ben poche avventure si salverebbero. In ogni caso, non intendo difendere d'ufficio nessuno, né tantomeno me stesso (anche se io ho ereditato alcune storie che non appartengono, diciamo così, alla mia gestione, e che comunque sono rimaste inedite soltanto per la sovrapproduzione accumulatasi nel tempo, altrimenti sarebbero uscite appena pronte). Vorrei soltanto ricordare come in un contesto di produzione seriale che manda in edicola duemila pagine l'anno, ogni tanto capita che qualcuna non sia felice come qualcun altra.



Io dico sempre che per me i tuoi dialoghi sono a volte troppo meccanici o troppo forbiti, e ipotizzo che ciò sia dovuto alla tua persona, alla tua preparazione, alla tua voglia di mettere tanti spunti in pentola, tante tue informazioni immagazzinate.


In realtà, per come la vedo io, io costruisco i miei dialoghi "forbiti" (ammesso che lo siano) non per "personalizzare" la mia sceneggiatura in modo che si riconosca la mia "calligrafia", ma al contrario per mimetizzarmi in senso nolittiano. Cioè, sono convinto che Nolitta facesse parlare i suoi personaggi esattamente come li faccio parlare io. Lo Zagor di Nolitta parla forbito (cito sempre alcuni frasi come "smussare i punti di attrito"). Basta rileggere lo Zagor più classico per accorgersi che perfino Cico si esprime con una eleganza formale degna di un brillante professore di Oxford. Secondo me, io proseguo la tradizione. Se invece di scrivere Zagor scrivessi un mio poliziesco o una mia miniserie e avessi campo libero nell'espressività, farei dire a miei personaggi le parolacce, se servono alla storia. Ma io non scrivo altro, scrivo Zagor, e sono chiamato a portare i miei lavori sul tavolo di un editore che è anche il creatore dell'eroe e che desidera che questi parli così come lui lo faceva parlare, che si rispettino i suoi ritmi, il suo tipo di umorismo, la sua impostazione dell'avventura, i suoi scenari, la sua tipologia di storie.


Vado pazzo per il filone dei viaggi interdimensionali, quindi mi ha affascinato il soggetto di "Ombre gialle" come mi affascinò all'epoca "La sorgente misteriosa". Qual è il mio personalissimo cruccio? Che secondo me hai avuto un'idea formidabile ma non hai osato uscire dai limiti dell'ortodossia zagoriana e dai paletti che comporta.


Zagor non è un mio personaggio. Io ce l'ho solo in gestione, e mi ritengo molto fortunato di aver avuto questa possibilità. Sergio Bonelli è il creatore di Zagor, il suo più amato sceneggiatore, l'editore del personaggio. Ce n'è abbastanza perché se fa delle richieste io cerchi il più possibile di accoglierle. Come tutti gli editori, decide peraltro cosa pubblicare e che cosa no. Se uno propone un romanzo erotico alle Paoline, probabilmente verrà rifiutato: non rientra nella linea editoriale dell'azienda. Così, se Sergio mi dice di ritenere che i viaggi nel tempo debbano essere evitati perché secondo lui significa raschiare il fondo del barile della fantasia, come se fosse un espediente "troppo facile", anche se non sono d'accordo (perché al contrario io farei, come gran parte dei miei colleghi, una serie tutta incentrata sui viaggi nel tempo), io mi adeguo e accetto di buon grado il suggerimento. Allo stesso modo, così come tutti hanno i propri gusti in fatto di argomenti preferiti (tu mi parlavi della tua passione per i varchi dimensionali), ce ne sono anche sugli argomenti meno preferiti. Non è un mistero che Sergio non apprezzi le storie sugli "antichi romani", ci scherza sempre sopra anche Castelli che ha inserito la questione nel suo librino sulle idiosincrasie bonelliane e ne ha parlato nel catalogo "Audace Bonelli" con il permesso dello stesso interessato. Non so il perché del pregiudizio su centurioni e gladiatori, forse perché in sessant'anni di carriera come editore Sergio si è visto presentare un soggetto "anticoromano" una volta a settimana e si sarà convinto che sia, anche questa, l'ultima spiaggia della banalità, però tutti noi che lavoriamo con lui sappiamo che presentargli una storia in peplum gli farà storcere il naso. Dato che Bonelli ha dimostrato in mille occasioni di avere il polso dei suoi lettori e di aver ragione, ci atteniamo anche a questa sua indicazione. In particolare, lo faccio io che scrivo un SUO personaggio. Dopo vent'anni che lavoro con lui, però, ho imparato anche (almeno un po') cosa Sergio può accettare e che cosa no, e dunque cerco di "mediare" fra le mie esigenze e le sue. Già, perché anch'io ho le mie pulsioni narrative da soddisfare, come tutti gli sceneggiatori. Solo che non scrivo un personaggio mio. Dunque, se la mia idea prevede un cronomoto con orde di barbari proiettate a Darkwood, devo fare in modo che il più autentico custode dell'ortodossia zagoriana me la approvi e in ultima istanza me la pubblichi, e il più autentico custode è chiaramente Nolitta, che di sicuro ben sa cosa vogliono i lettori più tradizionali che costituiscono il patrimonio e lo zoccolo duro di una serie storica come Zagor. Perciò, ho cercato di impostare il mio racconto in modo che per due albi scorra come una tradizionale storia avventurosa e misteriosa, nel solco delle classiche avventure dello Spirito con la Scure, e solo nell'ultimo albo si sveli un arcano magico e potenzialmente dirompente. Non a caso, Sergio ha apprezzato moltissimo le prime due puntate e mi ha rimproverato per la terza. Naturalmente mi ha contestato il viaggio nel tempo e io ho avuto, per fortuna, buon gioco nel ribadire che in realtà Zagor non viaggia tra le epoche, ma è una magia a portare a Darkwood i mongoli. La storia, insomma, è stata impostata per essere il più possibile darkwoodiana, come il nostro editore (e i lettori più fedeli) chiedono con insistenza. Nulla mi è stato rimproverato per gli antichi romani, ma solo perché sono stato ben attento a non farli comparire per più di un paio di tavole. Mi pare un punto di merito, da parte mia, essere riuscito ad accontentare la mia voglia di cronomoti e di legionari inserendoli comunque nella serie senza tradire troppo, nello stesso tempo, le indicazioni del creatore e dell'editore della serie. Sfido chiunque a poter fare di meglio, anzi. Poi lo so anch'io che c'era la possibilità di fare così e quella di fare cosà.
Quando avrò una mia serie e mi sarà data carta bianca, farò esattamente quello che tu mi hai suggerito e anche di più, perché anch'io ho le miei idee e non di rado sono molto più belle (secondo me) di quelle che mi è permesso di realizzare. In questo "mi è permesso" non va letta nessuna polemica, perché sono orgoglioso e onorato di giocare in questa squadra, cosa che reputo un privilegio, ma giustamente quando si fa parte di un team si lavora con gli altri ascoltando le indicazioni dell'allenatore.


Hai mai avuto un momento di "stanca" nel tuo lavoro di sceneggiatore zagoriano, per cui ti sei ritrovato a pensare a qualcosa come: "Che rottura sceneggiare questo Zagor... passiamo a qualcos'altro"?


Le uniche volte che ho pensato (ogni volta per due minuti) di mollare Zagor è stato quando ho subìto critiche ingiuste in redazione. E non ho pensato di passare a qualcos'altro ma di tornare a fare il fornaio come facevo, da giovanissimo, aiutando mio padre. Credo che sarei ancora un buon pasticcere.

Perché non proponi una tua miniserie?


Riguardo la miniserie è ovvio che abbia nel cassetto alcune idee, ma un po' per indole non sono uno che sgomita, un po' ho molto da fare con Zagor e con la trasferta in arrivo non riesco a progettare nient'altro, un po' non ricevo nessun tipo di incoraggiamento in tal senso dai maggiorenti della casa editrice (nessuno che dica: "perché non ci fai una proposta?"), un po' vedo la difficoltà di altri che ci hanno provato e non sono riusciti a far passare idee secondo me molto valide, per cui rimando a data da destinarsi un mio preciso impegno per cercare di realizzare quei due o tre miei progetti che pure mi parrebbero carini. Ma non mi sento frustrato per questo, potendo dedicarmi a Zagor che sento come il "mio" personaggio ideale.


Sono curioso di sapere se hai un metodo particolare per scegliere i libri da leggere; non parlo di quando lo fai per lavoro ma in generale.

Ecco una bella domanda che mi ha spinto a rifletterci su. Innanzitutto, forse dovrei dire che in realtà i libri da leggere non li scelgo o non li scelgo abbastanza, perché ne compro sempre troppi che si accumulano in torri di altezza preoccupante in ogni angolo delle varie case tra cui mi sposto (che sono almeno tre), e in modo particolare sui comodini al lato del letto. Se scegliessi di più, non dormirei nella costante minaccia di un crollo che potrebbe uccidermi nel sonno (anche se potrebbe essere la seconda delle migliori morti possibili - e non chiedermi qual è la prima). Ma, ciò premesso, provo ad azzardare qualche altra risposta. Innanzitutto, vado spesso in libreria e guardo tutti gli scaffali come un goloso in un negozio di dolci. E' difficile che esca senza aver comprato qualcosa. Poi, evito con cura tutti gli "istant book": i libri cioè dedicati all'ultimo scandalo politico, alla vincita dello scudetto da parte di una squadra, all'ultimo attore o cantante sulla cresta dell'onda o appena passato a miglior vita, o le pubblicazioni legate a un programma televisivo o scritte, che so, dal comico di Zelig di turno che raccoglie i propri monologhi. Se compro un libro, dev'essere qualcosa che, almeno in teoria, non sia destinato a invecchiare nel giro di un anno, o a dover essere aggiornato. Un libro, per me, è per sempre e deve restare lì a segnare un punto fermo su qualcosa. Ci sono poi i libri che evito per gli argomenti che trattano, da cui non sono interessato: la psicologia, l'economia, la politica, il diritto, la moda, lo sport, il gossip, il costume, la televisione, le automobili, l'astrologia, la medicina alternativa, l'esoterismo e chissà che altro ancora. In realtà dovrei dire che evito i saggi che parlano di tutto questo in maniera "confessionale", cioè, sostenendo tesi parziali spacciate per universali ma cercando di far proseliti, oppure in modo troppo legato all'attualità dei fenomeni trattati: non leggo magari l'ultimo libro di Morelli ma leggo Freud, non leggo un economista che analizza la crisi in corso ma leggo Adam Smith, non leggo Bruno Vespa ma leggo John Stuart Mill, non leggo l'autobiografia di Totti ma leggo la storia delle scalate del K2, eccetera. Mi piacciono i libri di scienza, di storia, di letteratura, di cinema, di esplorazioni e di viaggi, di filosofia. Tra i romanzi o do fiducia a un autore che già conosco (ho comprato ad occhi chiusi gli ultimi due titoli di Umberto Eco e Arturo Perez Reverte, per esempio) o cerco di capire, leggendo il primo capitolo, se lo scrittore sappia scrivere oppure no, anche quando il titolo o la copertina siano intriganti. Siccome viaggio molto, mi fermo spesso in autogrill e sono diventato un esperto di letture in piedi mentre mangio un panino: ho letto un paio di libri a scrocco arrivando fino a un certo punto in un'area di servizio e ricominciando da dove ero arrivato all'area di servizio della fermata successiva (è il caso di "Caterina" di Antonio Socci, che mi ha lasciato un po' perplesso). Vedo subito se lo scrittore è un pulp senza valore o è un narratore di razza. Di solito, non dò chance a quelli che non mi convincono. Mi fido anche dei consigli degli amici. A volte il parere altrui mi fa leggere libri molto belli come "Caos calmo", che mai avrei comprato di mia sponte (la trama non era proprio la più entusismante, letta nei risvolti di copertina), o "L'eleganza del riccio", consigliatomi da mia sorella e sicuramente uno dei libri più belli che abbia mai letto (devo a mia sorella anche "Il cacciatore di aquiloni" e "Tutto per una ragazza", altri testi che di mio non avrei comprato e invece mi sono molto piaciuti). Ho accennato alla trama nei risvolti di copertina: secondo me, un libro bello deve, in linea di massima, avere una trama interessante. I libri che parlano soltanto dei moti dell'animo o dell'inquietudine del vivere mi fanno venire il latte alle ginocchia. Se però leggo di un mistero, di un'avventura, di un viaggio, di una indagine, di una ricostruzione storica, vengo subito interessato. Guardando le mie attuali letture devo dire che però, sempre più, preferisco i saggi ai romanzi. Non so perché. In ogni caso, ho dieci libri iniziati che porto avanti a spizzichi e bocconi a seconda dell'ispirazione e dell'umore (e delle storie che devo scrivere).


A proposito di Nolitta: ora che ho ricomprato l'intera serie dei tuttoZagor, vorrei scrivere una piccola summa delle critiche che sarebbero state mosse ai suoi capolavori se il nostro forum fosse esistito all'epoca. Ad esempio: l'intera vicenda topica della marcia della disperazione - cioè la cattura di Zagor, l'equivoco in cui cade Winter Snake credendolo un traditore, dato che Zagor è legato e non può svelargli la verità, il conseguente attacco dei Kiowas, il supplizio delle formiche, l'incontro con Frida, e poi tutto il resto - nascono dal momento in cui Zagor viene catturato... credendo che invece di un agguato si tratti di un'altra ammiratrice. E si consegna egli stesso agli assalitori, con un imbelle "Avanti, eccomi pronto per un'altra carezza!"; uno degli sgherri di Memphis Joe commenta pure che "si è fatto prendere come un allocco". Avanti, cosa avremmo detto noi? Che non è possibile, che una simile ridicolizzazione non si è mai vista, che non si può rappresentare Zagor così scemo, che i nemici non possono farsene beffe così, ci mancava solo che cominciasse a slacciarsi i pantaloni, ormai avete fatto sparire la sua capacità di preavvertire i pericoli. Forza Moreno, che sei forte!

Il pubblico per cui scriveva Nolitta era, fortunatamente per lui, molto diverso da quello per cui scriviamo oggi noi sceneggiatori suoi eredi. Non si tratta solo di una differenza d'età (probabilmente davvero all'epoca i lettori erano molto più giovani di quelli di adesso) ma anche di atteggiamento, di cultura, di sensibilità. In ogni caso, Nolitta parlava a giovanissimi cresciuti vedendo i telefilm di Zorro e i film di Tarzan, peraltro abituati a leggere fumetti, e proponeva un personaggio sulla loro stessa lunghezza d'onda. Oggi i ragazzi sono cresciuti a cartoni giapponesi e videogiochi, e leggono solo i messaggi su Facebook. Il pubblico di un tempo, adulti compresi, si meravigliavano più facilmente, quello di oggi hanno già visto tutto; i lettori di una volta erano più disposti alla "sospensione di incredulità", ai giorni nostri ce ne vuole per ipnotizzarli e farli sognare. Anche Nolitta, oggi, avrebbe assai più difficoltà e probabilmente boccerebbe a me o a Mignacco una scena come quella dell'agguato di "Memphis" Joe in "Messaggi di morte". Anzi, oggi staremmo attenti anche a un altro particolare. Fateci caso: all'inizio dello stesso albo, Zagor e Cico lasciano Fort Trust decisi a raggiungere la carovana dei ricchi europei cacciatori di bisonti che minaccia di scatenare una guerra indiana. La logica vuole che Zagor debba raggiungere i carri del barone von Swieten nel più breve tempo possibile, o i danni saranno irreparabili. Per arrivare alla carovana c'è da attraversare una prateria. Zagor e Cico si incamminano a PIEDI. Perchè non si procurano dei cavalli al Forte? A me, lettore dell'epoca, il fatto che lo Spirito con la Scure si muovesse camminando anche in quel frangente andava benissimo e mai ho trovato che ci fosse un problema in questa scelta. Oggi, come sceneggiatore e curatore, mi porrei il problema.

Una delle accuse più frequenti che ti sento rivolgere è quella di "spiegazionismo". Faccio fatica a capire di cosa si stia parlando. Come si fa a tacciare di spiegazionismo qualunque autore pretenda di costruire una storia che abbia un minimo di suspense, intrigo, ossatura, indagine, costrutto, mistero, ricerca e via dicendo. Fatemi capire, togliendo tutti questi ingredienti, con cosa la si costruisce un'avventura? Sia essa nel west, nel west fantastico di Zagor o in qualsiasi altro frangente? A cosa si dovrebbe ridurre una storia di Zagor? A lui che si lancia da liana in liana come un ossesso urlando 'ayaaak' come un pazzo, atterrando tra persone, menando come un ossesso estorcendo informazioni a suon di cazzotti, e ripartendo tra gli alberi?


Anch'io ho le stesse perplessità, ma comunque sia credo, in vent'anni di sceneggiature, di aver scritto storie di tutti i tipi, per tutti i gusti, cercando di accontentare ogni esigenza, ma soprattutto cercando di non tradire mai il personaggio per come credo di conoscerlo. Tuttavia, questa mia versatilità e questa "generosità" di idee (mi si perdoni se me lo dico da solo, non è un giudizio di merito, solo di "quantità" che è un dato di fatto) finisce per non essermi riconosciuta dai detrattori, dai quali, comunque, non posso certo pretendere di essere apprezzato. Se sono detrattori, sono detrattori. Che ci vogliamo fare?



Se è vero, da un lato, che Zagor non ha avuto molti "affari" sentimentali nella sua vita sul palco (poi, tu stesso hai scritto che di quello che accade dietro le quinte a noi non è dato sapere), è anche vero che finora tu, pur con migliaia di tavole sceneggiate, non hai dato vita a una "tua" donna di Zagor. Eppure non si può dire nè che tu non sappia caratterizzare personaggi femminili di grande spessore (Denise Lafitte, Sophie, la Duff, ma anche alcuni minori, mi viene in mente Occhi di cielo), né che tu non te la sappia cavare con i flirts zagoriani inventati da altri (Gambit). Come mai, allora, questa "lacuna" perdura?



E' molto semplice: Zagor non è un mio personaggio, ce l'ho soltanto in affidamento, e ho un grande rispetto per l'indirizzo che Nolitta/Bonelli (il creatore, principale sceneggiatore ed editore dello Spirito con la Scure) decide di scegliere per la sua creatura. Mi è capitato diverse volte di confrontarmi con Sergio e il suo consiglio è sempre stato quello di non far vivere storie di cuore all'eroe di Darkwood, dato che ci sono stati, nel passato della serie, momenti romantici che giustamente devono restare "particolari" e che sarebbero inevitabilmente sminuiti se si ripetessero troppo spesso. Proprio perché altri sceneggiatori si sono presi, in altre epoche, maggiori libertà, adesso la scelta è quella di trattenersi, almeno per un po' di tempo.



Per quanto riguarda l`invecchiamento di Zagor ma anche di Tex sappiamo benissimo che e` un invecchiamento di`facciata` nel senso che noi ci accorgiamo di questo avanzamento nell' età solo quando i nostri raccontano una storia o un'avventura che hanno vissuto prima dell'inizio della serie, oppure quando incontrano di nuovo vecchi amici o nemici già visti che segnano inesorabilmente il loro cammino temporale, oppure ancora quando si racconta il loro passato o quello dei comprimari. Comunque e` solo una mia definizione astrusa oppure la mia constatazione che Ferri stia invecchiando il nostro eroe ha un qualche fondamento di verità?


Riguardo l'invecchiamento, noi sappiamo che Zagor è un eroe di una serie a fumetti e, beato lui, non invecchia mai. Ma nella coerenza narrativa del suo universo, lo Spirito con la Scure non sa di essere un personaggio immaginario: è come Jack Slater, l'eroe interpretato da Arnold Schwarzenegger in "The Last Action Hero". Dunque non è che prima di gettarsi in un pericolo può pensare che se la caverà perché lo sceneggiatore troverà il modo di farlo uscire indenne: lui crede di rischiare davvero la vita. Così, presentandosi agli indiani, non può aver detto: sono immortale e non invecchierò mai, perché dal suo punto di vista lui sa di essere mortale. Dopo dieci anni, deve prevedere che gli indiani si accorgeranno che mente. Quindi, l'intelligenza dell'eroe deve avergli suggerito di non spararla troppo grossa e non pretendere che lo credano invulnerabile (dato che le ferite si vedranno) o eterno (dato che le rughe aumenteranno). Ecco perché sono convinto che la logica imponga che ciò che gli indiani possono credere, e che Zagor ha pensato di raccontare loro, sia che egli gode della protezione di Manito a tutela della missione di cui è stato investito per i suoi meriti di uomo giunto e coraggioso. Una protezione non gratuita e automatica ma subordinata al fatto che continui a essere giusto e coraggioso, dunque al fatto che Zagor se la meriti. Riguardo a Ferri che invecchia Zagor, può essere: anche Galep invecchiava Tex. I disegnatori tendono a dare al proprio eroe il proprio volto perchè disegnando mimano le espressioni e/o si guardano allo specchio. Tuttavia non mi pare un fenomeno troppo vistoso.

Sono rimasto meravigliato dalla prima vignetta di pagina 19 dell`albo "Magia Indiana" Ebbene,proprio in quella vignetta Zagor appena presentatosi ai Sakem di Darkwood dice testuali parole: "Continuerò a essere al vostro fianco ANCORA A LUNGO fratelli rossi....per aiutarvi a vivere in pace fra voi e con i bianchi". Ebbene,proprio quell`ANCORA A LUNGO mi dà da pensare: ma come?Se tutti gli indiani a parte MOLTI OCCHI ritengono ZAGOR un vero spirito immortale dovrebbero dare adito a quelle tre parole del nostro che in pratica ammette implicitamente forse anche a se stesso che lui in realtà non e` immortale, seppur presentatosi come un dio caduto dal cielo!


Personalmente, senza rinnegare niente del mito zagoriano così come l'ha immaginato Nolitta cinquant'anni fa (prendendolo anche un po' in prestito da quello dell'Uomo Mascherato), tendo a non calcare la mano sulla presunta immortalità di Zagor. Questo, per non far sembrare gli indiani dei creduloni pronti a farsi gabbare dal primo ciarlatano di passaggio, e dunque per rispetto verso i pellerossa. Ciò non significa che Zagor non debba fare i suoi trucchi, e infatti glieli faccio fare e invito gli altri sceneggiatori a inventarne di nuovi. Però, i trucchi devono essere molto buoni, lo scopo deve essere nobile e soprattutto l'intento non deve sembrare quello di beffarsi dei nativi ma quello di assecondare la loro spiritualità, parlare il loro linguaggio dei simboli, rispettare le loro credenze. L'idea che mi sono fatto è che Zagor non si propone come immortale, ma come PROTETTO dal Grande Spirito, oltre che da lui ispirato e investito di una importante missione. Che Zagor non sia invulnerabile, del resto, i pellerossa lo hanno visto mille volte. E se il nostro eroe non potesse morire, non sarebbe neppure eroico. Che coraggio ci vuole, a un immortale, nel buttarsi nei pericoli? Invece Zagor soffre e può morire. Probabilmente tutti lo vedono anche invecchiare, dunque non potrebbero crederlo immortale. Quello che gli indiani credono è, secondo me, che Zagor abbia l'appoggio di Manito nella misura in cui lotta dalla parte giusta: se dovesse essere dalla parte del torto, perderebbe anche questa protezione. Ciò detto, anche ipotizzando, però, che Zagor sia immortale, la frase "continuerò a essere al vostro fianco ANCORA A LUNGO" (che non sono neppure andato a controllare, prendendola per buona sulla parola) non contraddice in niente l'aura leggendaria che circonda lo Spirito con la Scure. Uno può essere immortale e svolgere il ruolo di difensore di Darkwood soltanto per un lungo lasso di tempo e non per l'eternità. Magari, dopo cento anni Zagor si sposta a proteggere i popoli del Sud Ovest o quelli dell'Amazzonia. Dovendo ubbidire al volere di Manito, Zagor è pronto anche a spostarsi o a cambiare missione. Promette solo che la sua missione lì durerà ancora a lungo. Tutto qui. A lungo può voler dire anche mille anni, per altro, che è quasi l'eternità, per quel che mi riguarda (nella scala temporale della mia vita, cioè). Non so se sono stato convincente, ma ho provato a esserlo.

Tu fissi il disegno in una striscia, descrivi l'ambiente con i personaggi e detti un testo ben preciso. Immagino poi che questo plico con la sceneggiatura lo darai al disegnatore e tu conoscendolo, sarai più prolisso o meno a seconda di come sai che ti interpreterà. ma il disegnatore, quanto può permettersi di modificare la divisione della tavola in vignette o il testo? Il testo deve essere rispettato sempre e in modo letterale? Un'altra domanda: per una storia esistono dei "modelli" di lunghezza? se si quali sono? Mi spiego meglio: sai già quanto la storia deve essere lunga in tavole e quindi adegui la narrazione a quello oppure vai a ruota libera e quando finisce, finisce (a parte quando deve concludersi fisicamente con la fine dell'albo)? So che sono domande ingenue, ma mi hanno sempre incuriosito i particolari, tutto il gran lavoro di preparazione nascosto dietro il prodotto finito.

Effettivamente a volte sono più dettagliato a volte meno, non solo sulla base del talento del disegnatore (è chiaro che se so che certe scene potrebbero essere più problematiche per qualcuno, cerco di spiegarle meglio, mentre se sono convinto che chi disegna vada sul velluto sono molto essenziale) ma anche sulla base della difficoltà della scena da illustrare. Se si tratta solo di far camminare Zagor e Cico nella foresta, non devo spiegare nulla di particolare, basta invitare il disegnatore a rifarsi a mille esempi già visti per capire il tipo di ambientazione. Se si tratta di descrivere un ambiente nuovo (come per esempio il porto del Callao a Lima dove Zagor è sbarcato in una storia che sto scrivendo adesso) sono enciclopedico nella descrizione e nella documentazione. Sono più attento con i nuovi disegnatori e più rilassato con quelli già rodati, com'è logico. Il disegnatore in teoria non può permettersi di cambiare la divisione in vignette né tantomeno il dialogo, però se nota un evidente errore in un balloon o ha un'idea per migliorare la scansione della scena mi può chiamare e suggerire una modifica, dato che tutti lavoriamo al miglior risultato possibile. Certo che se io scrivo che servono sei vignette e me ne ritrovo quattro, se chiedo un campo lungo e trovo un primo piano, non va bene: a ciascuno il suo lavoro! Sempre, sì. In modo letterale, no. Si cerca di collaborare per ottenere il meglio, ognuno secondo il suo talento. Io suggerisco una scena, una inquadratura, a volte soltanto una situazione: il disegnatore è chiamato a capire il senso più che la lettera della scena. A me fa picere se un disegnatore è coinvolto nel racconto e si sente, dal modo in cui lo interpreta, che ci mette del suo. Ma di "interpretazione" si tratta, appunto. Come un cantante che interpreta una canzone: si rispetta un testo, uno spartito, ma quanta differenza tra un interprete e un altro! I modelli di lunghezza sono un albo di 94 pagine (per esempio, un Almanacco); un albo di 160 pagine (lo Speciale); 188 pagine = 2 albi; poi tre albi o quattro se proprio è una storiona. Per il Maxi abbiamo deciso di non fare più storie di 318 ma di limitarci a 286 (o meno, scendendo per sedicesimi). In genere cerchiamo di stare in questi limiti. Poi, se alcune storie particolari necessitano lunghezze spurie (due albi e mezzo, tre albi e mezzo) se ne può parlare. Ovviamente la lunghezza di una sceneggiatura deve essere commisurata agli eventi previsti dal soggetto. Non si possono far stare in 94 pagine gli eventi di "Odissea Americana", non si possono dilatare in quattro albi i fatti di Indian Circus (se restano solo quelli). In genere non vado a ruota libera, cerco di attenermi ai limiti, e soprattutto cerco di rispettare un mio "metronomo" interiore e suonare "a tempo" sulla base del ritmo di Zagor, per cui senza allungare il brodo o senza singhiozzi sincopati. Poi, se nuove idee che mi sono venute o esigenze narrative particolari mi fanno capire che non posso stare in due albi o tre albi esatti, decido di allungare (se ci sono i tempi e per il bene della storia).