mercoledì 21 settembre 2011

IL VERO E IL FALSO

I più fedeli tra i miei ventitré lettori (uno in meno di quanti diceva di averne Guareschi, che a sua volta ne aveva tolto uno da quelli che diceva di avere Manzoni) ricorderanno un post intitolato "Gli allupati dell'Ontario" in cui, oltre a pubblicare una intervista umoristica al Comandante Mark, segnalavo la ristampa, da parte delle Edizioni If, dei miei tre Speciali con Mark protagonista, pubblicati a suo tempo dalla Bonelli, con i disegni di Lina Buffolente.

In agosto è uscita l'ultima delle mie storie lunghe, "L'orso sacro", ma, come testimonia la cronologia dei miei lavori rintracciabile su questo stesso blog, in realtà i miei racconti dedicati agli eroi di Forte Ontario sono sette (otto se si conta uno speciale Zagor, "Soldati fantasma", in cui ho mandato lo Spirito con la Scure tra le rovine dell'avamposto). Gli altri quattro sono albetti di trentadue tavole, quelli che una volta si allegavano agli speciali delle varie testate bonelliane. Non se se e come Gianni Bono e la If ristamperanno anche queste storie brevi, però ce ne sono due che io reputo di particolare importanza: "Un'avventura del giovane Mark" e "La vera storia di Elizabeth Gray". Chi è Elizabeth Gray e perché è interessante la sua storia? Lo spiegherò dopo, a beneficio di quelli che già non lo sanno (o per rinfrescare la memoria di chi invece già lo sa).

Prima di addentrarmi nella spiegazione (che riguarderà argomenti di un certo peso come la continuity in ambito bonelliano), vi devo parlare di un mio amico pugliese: Angelo Palumbo. Chi ha seguito il mio lavoro, di critico in erba prima e di prolifico saggista poi, su riviste da me fondate quali "Collezionare" e "Dime Press", conosce senza dubbio il suo nome. Già, perché Angelo fa parte di quel gruppo di brillanti giovani articolisti fumettofili e fumettologi che mi vanto di avere in qualche modo scoperto, allevato, promosso e lanciato verso i loro successivi exploit. Nel novero rientrano anche Daniele Bevilacqua, Giampiero Belardinelli, Francesco Manetti, Giuseppe Pollicelli, Stefano Priarone, Saverio Ceri, Alessandro Monti. I primi cinque di costoro, nell'esatto ordine in cui li ho citati, sono insieme a me in questa foto del 1996. Angelo Palumbo è quello seduto alla mia destra.

Sia ben chiaro che io non ho fatto nulla e hanno fatto tutto loro, nel senso che i loro meriti e i loro talenti sono individuali e non hanno niente da spartire con quelli del sottoscritto. Però, avendo avuto un ruolo di qualche responsabilità nella selezione dei collaboratori di alcune riviste, e un compito di editor e di ideatore di dossier e di rubriche (un lavoro che farei di nuovo volentieri, se potessi), ho finito per mettere insieme una squadra di gente in gamba a cui si devono molti saggi, libri, articoli e recensioni. Angelo Palumbo, dunque, fa parte del gruppo di amici con cui ho lavorato meglio e più volentieri (nella foto qui accanto, è quello meno capelluto dei due, l'altro è il direttore della rivista SCLS Magazine, Francesco Pasquali). Oltre a essere stato il coautore, con Giampiero Belardinelli, dei fondamentali Zagor Index pubblicati da Paolo Ferriani Editore, Angelo si è anche cimentato come scrittore, dando alle stampe (ma solo in una edizione per pochi intimi) un inquietante romanzo intitolato "Il vero e il falso".

Dico "inquietante" perché la lettura, assolutamente coinvolgente, ha per protagonista un ragazzo autistico (e l'opera risale a prima dell'uscita de "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte") che sembra possedere poteri paranormali, e l'insegnante di sostegno chiamato a occuparsi di lui in ambito scolastico e condotto dal suo allievo quasi sull'orlo della follia. La storia, pur frutto di fantasia, è ispirata a una reale esperienza dello stesso Palumbo: ma esistono davvero storie del tutto inventate? Il vero dubbio, tuttavia, non è questo (e già basterebbe a dare qualche brivido), ma un altro: perché "Il vero e il falso" non è stato pubblicato da un grande editore e messo in vendita in tutte le librerie? In attesa che lo stesso autore risolva il mistero, torniamo a Mark. Così capirete anche che c'entra Angelo con la vera storia di Elizabeth Gray (quella che vedete più in basso è la tavola originale della copertina, opera nientemeno che di Gallieno Ferri).


Dunque: Elizabeth Gray è Betty. Cioè, la Betty eterna fidanzata (e soltanto in fine di serie, moglie) del Comandante di Forte Ontario. Fin qui, tutto bene. Ma perché mai io ho pensato di dedicare un albetto a raccontare la sua "vera storia"? Perché, come verrà spiegato meglio più sotto, i tre della EsseGesse, nel corso della saga, avevano dato versioni contraddittorie sul suo passato. E non solo su quello: sono diverse le aporie e le difficoltà che riguardano gli avvenimenti narrati in storie diverse, riguardo anche altri personaggi. Poiché mi sembrava che con un piccolo sforzo tutto si potesse risolvere e giustificare, eccomi a cimentarmi nell'impresa di chiarire ogni cosa nel breve spazio di un trentaduesimo, senza rinunciare a un minimo di intrigo avventuroso a sostegno della ricapitolazione dei fatti. Anche nel caso di "Un'avventura del giovane Mark" ho scavato bel passato dell'eroe, non tanto per aggiustare qualcosa ma per colmare una lacuna lasciata da Sartoris, Guzzon e Sinchetto (a cui va il mio affettuoso saluto, là nel paradiso dei fumettisti): mi venne infatti in mente di rendere Mark protagonista del "Boston Tea Party", ovvero quella sommossa che tradizionalmente viene indicata come la scintilla della Rivoluzione Americana.

E qui torna in ballo Angelo Palumbo, che nella foto accanto vedete insidiare le fidanzate altrui. Fra le sue tante competenze, va ricordata la sua assoluta conoscenza della serie del Comandante Mark. Forte di questa sua cultura, volle perciò pubblicare su Dime Press un articolo in cui sottolineava come avessi risolto le incongruenze della saga (non mancando però di rimarcare anche altri casi in cui invece io stesso ne ho create). L'articolo di Angelo è brillante, informato, acuto e ben scritto. Con il suo permesso, lo riproduco qui sotto, a futura memoria e testimonianza. Non solo di quel che così bene ha saputo spiegare, ma anche di come la scuola di Dime Press abbia diplomato critici e saggisti davvero in gamba.


LA VERA STORIA DI ELIZABETH GRAY:
ANALISI E RIFLESSIONI.
di Angelo Palumbo

(da Dime Press, 1998)

Uno dei rischi più insidiosi che corrono gli sceneggiatori delle testate bonelliane è quello di scrivere passaggi o dialoghi incongruenti con quanto avvenuto in qualche storia già pubblicata. Un fatto comprensibile: chi si occupa di personaggi con centinaia di avventure alle spalle difficilmente può ricordare tutto quello che è stato detto e fatto. L'esempio più clamoroso di contraddizione è senz'altro in Tex: Gianluigi Bonelli, quando scrisse la splendida avventura "Tra due bandiere" (nn. 113-115), immaginò che il suo personaggio prendesse parte alla guerra civile americana quando era ancora un giovane cowboy; si era però dimenticato di aver già scritto, parecchi anni prima, delle storie in cui Tex viveva di riflesso il dramma della guerra di secessione al fianco di Carson e suo figlio Kit, in età, dunque, ormai matura.

Simili incongruenze sono praticamente insanabili e al lettore non resta che prenderne atto e considerarle incidenti di percorso. "Talvolta sonnecchia anche il buon Omero", insegna un celebre detto. Del resto, gli autori di fumetti della vecchia guardia consideravano di secondaria importanza il fatto che una serie fosse coerente in ogni suo punto: quel che per loro contava era ideare situazioni sempre più coinvolgenti per i lettori. Ecco perché Guido Nolitta non si fece alcun problema quando, in "Cico Story", rivelò che il pancione messicano aveva ben sette fratelli, sebbene sul n. 60 avesse scritto che era figlio unico.

Oggi le cose sono cambiate. I lettori di fumetti sono molto più attenti di una volta e gli sceneggiatori si danno da fare per evitare ogni tipo di incongruenza. In collane come Nathan Never, in cui esiste una fondamentale continuity tra gli episodi e si sviluppano saghe intricatissime dagli esiti spesso sconvolgenti, non ci si può permettere di cadere in contraddizione. Eppure, nonostante tutte le attenzioni, le incongruenze sono sempre in agguato. Persino uno sceneggiatore col pallino della filologia come Moreno Burattini (che nei suoi Cico sta riannodando i fili lasciati in sospeso da Nolitta nella biografia del pancione) non è stato esente da errori del genere. Nello Special di Zagor n. 7, "La leggenda di Wandering Fitzy", lui e Maurizio Colombo hanno rivelato che Fitzy (il "secondo padre" dello Spirito con la Scure) aveva visto fallire la propria impresa commerciale a causa di un socio inaffidabile; non hanno però tenuto conto che, in una precedente storia scritta da Marcello Toninelli, due loschi nipoti di Fitzy avevano invece informato Zagor che la società in questione era rimasta in piedi anche dopo la morte del loro zio. Nell'avventura in cui torna Liberty Sam (nn. 368-369), invece, Burattini ha fatto affermare al personaggio di essere nato in Africa, in contraddizione con quanto si legge nel n. 90 della serie, in cui Sam dice di essere nato in Louisiana. Recentemente, però, lo sceneggiatore ha dimostrato che con qualche piccolo sforzo è possibile risolvere le contraddizioni fra le avventure. Lo ha fatto con l'albetto "La vera storia di Elizabeth Gray", allegato allo Speciale Mark di quest'anno.

Il Comandante Mark è uno dei personaggi bonelliani più estranei al concetto di continuity. Se si escludono i primi numeri, nella sua lunga saga ci sono stati pochissimi ritorni e due soli capisaldi: quello del centesimo numero, in cui si narrano le origini del personaggio, e quello dell'ultimo albo, in cui Mark sposa Betty alla fine della guerra d'indipendenza. Sartoris, Guzzon e Sinchetto (la mitica EsseGesse), non amavano complicarsi la vita e non desideravano complicarla al lettore costringendolo a ricordare le vecchie avventure. Dunque, si astenevano il più possibile dal concatenare fra loro le vicende. Quando ci hanno provato, hanno commesso talora delle sviste. Ad esempio, nell'avventura "Gli Ussari" (Collana Araldo n. 139), Mark torna al villaggio indiano in cui è cresciuto e rivede alcuni vecchi amici. Tuttavia, nell'albo non si trova il minimo cenno a Marmotta, il pellerossa un po' imbranato amico d'infanzia di Mark nel numero 100.

Un'altra svista si trova in una vicenda che si ricollega in parte all'albo a colori, ossia "Lo Spirito di Kennebec" (Collana Araldo nn. 220-221). In questa bella storia, viene rivelato per la prima volta che il nome per intero di Betty è Elizabeth Gray e si racconta che i suoi genitori furono trucidati da alcuni predoni indiani che assaltarono la loro capanna; la ragazza riuscì a salvarsi nascondendosi in un sotterraneo celato da una botola (importantissima nello sviluppo dell'avventura). Ma questa versione è in contrasto con quanto narrato ne "La storia del Comandante Mark", in cui invece Betty affermava che erano state le Giubbe Rosse a compiere il massacro e lei si era salvata perché si trovava a pascolare la sua capra. Ma la contraddizione più impressionante è nell'albetto "Gufo Triste" (allegato al terzo Speciale), scritto nel 1992 da Dario Guzzon. Lì, in barba a quanto narrato sul numero 100, Mark racconta a Betty una versione completamente diversa del suo primo incontro con Gufo Triste. Una versione peraltro piuttosto scialba, in cui risulta che fu Mister Bluff a presentare a Mark il funereo capo delle quattro tribù, dopo averlo conosciuto in uno scontro con gli Inglesi. Nel numero 100, invece, l'amicizia fraterna tra l'eroe e Gufo Triste nasceva in maniera molto più epica e sofferta. Una svista del genere fa abbastanza rabbia e induce a pensare che la serie di Mark fosse sottoposta a un controllo redazionale alquanto disattento.

Ed è forse per rendere giustizia al personaggio che Burattini ha pensato di scrivere "La vera storia di Elizabeth Gray", che costituisce una sorta di capitolo aggiuntivo ed esplicativo del numero 100. Lo sceneggiatore non si è inventato un nuovo passato per Betty: si è invece impegnato a risolvere, attraverso un racconto fatto da Mark ai suoi amici, le contraddizioni commesse dalla EsseGesse. E' dunque un albo squisitamente filologico (da ciò il titolo la "vera storia"), in cui l'autore ha dato ancora una volta prova di intelligenza e inventiva.

In primo luogo, è riuscito a conciliare le due versioni dell'uccisione dei genitori di Betty. Nell'albetto sono gli indiani a compiere il massacro, ma agiscono per ordine del Generale inglese Stoner, protagonista negativo del centesimo albo. Questi intende togliere di mezzo papà Gray per portare via Betty, di cui si è incapricciato dopo averla incontrata. Durante l'eccidio, la ragazza non è in casa, perché ha condotto al pascolo la capra. Poi, quando arrivano gli Inglesi per prendere Betty e consegnarla a Stoner, lei sfugge alle loro mani nascondendosi nel sotterraneo. In pratica le due versioni sono state intrecciate, in modo da non essere più incongruenti. Possiamo dunque immaginare che, nel n. 221 ("La casa di Belzebù"), la ragazza abbia fornito un racconto impreciso e aggiunto particolari inesatti (ad esempio il fatto che fu il padre a indicarle la botola) a causa della commozione.

Burattini ci ha poi rivelato cosa ne è stato di Marmotta e, nel farlo, ha in qualche modo approfondito il personaggio. Nell'albetto, l'indiano si dimostra chiaramente innamorato di Betty, ma sa bene di non poter competere col valore di Mark. Decide allora di dare una prova di coraggio e si impegna al massimo per trovare e punire i predoni che hanno assassinato i genitori della ragazza. Ci riesce, ma paga con la vita questa sua impresa. Inserendo questi avvenimenti, Burattini ha anche fornito delle spiegazioni relative ad alcuni passaggi del numero 100 che alla EsseGesse non era parso importante chiarire. Lì, ad esempio, non si capiva bene perché nel finale Stoner rapisse proprio Betty, visto che i due non si erano mai visti prima; nell'albetto la giustificazione c'è e si ricollega agli "appetiti" del Generale. Nel numero 100, l'arrivo provvidenziale di Marmotta per soccorrere il patriota Carnaby ferito appariva del tutto fortuito; nell'albetto, invece, si ricollega alla ricerca degli assassini dei Gray. Nell'allegato viene inoltre motivato il massacro compiuto dagli Inglesi ai danni del villaggio di Gufo Triste, che nel numero 100 appariva un atto di crudeltà gratuita. Nella versione di Burattini, Stoner fa trucidare i guerrieri di Gufo Triste perché questi hanno aiutato Mark e Marmotta a punire gli uccisori dei genitori di Betty. Dunque, dopo l'eccidio, Gufo Triste non arriva a Forte Ontario per caso, come sembrava nella vecchia avventura: ci va volutamente perché sa di trovare Mark e i suoi uomini.

Ancor più ardito è stato il modo in cui Burattini è riuscito a risolvere l'incongruenza commessa da Guzzon a proposito dell'incontro tra Mark e Gufo Triste. Le due versioni erano in pratica inconciliabili e Burattini, saggiamente, ha fatto in modo che Mark ritrattasse quella apocrifa e confessasse a Betty di essersela inventata. Il motivo addotto per quella bugia è semplice: raccontandole la verità, Mark avrebbe dovuto rievocare anche la morte dei genitori di lei (a cui, nella nuova versione, l'arruolamento dell'indiano si ricollega), ma la ragazza all'epoca non aveva ancora superato quel trauma e avrebbe potuto restare turbata. E' una soluzione un po' artificiosa, ma psicologicamente accettabile. Qualcuno potrebbe osservare che, alla fine del numero 100, Betty dica di aver ascoltato il racconto di Mister Bluff (quindi dovrebbe conoscere la vera versione dell'incontro fra Mark e Gufo Triste): ma possiamo immaginare che abbia ascoltato solo la fase finale, quella della sua liberazione dalle grinfie di Stoner.

Va sottolineato che, nonostante gli intenti filologici dell'autore, l'allegato può essere tranquillamente apprezzato anche dai profani, ricco com'è d'azione e pathos. Unico suo punto debole soni i disegni della Buffolente, che in questa occasione non sono all'altezza della EsseGesse.
Con il suo operato, Burattini si è confermato una volta di più lo sceneggiatore bonelliano più vicino (insieme a Luigi Mignacco) allo spirito filologico del celebre Keno Don Rosa, l'autore che, nel pieno rispetto dei canoni barksiani, ha ricostruito "La vita e i tempi di Paperon De' Paperoni". A questo punto, ci auguriamo che il Nostro si dia da fare per risolvere anche le incongruenze zagoriane di cui abbiamo parlato. E chissà che un giorno non riesca addirittura a tirar fuori dal cilindro qualche buona idea da suggerire a Mauro Boselli per rimediare alla svista texiana della Guerra di Secessione.
Pensaci, Moreno...