domenica 2 ottobre 2011

IL FUTURO E’ UN’IPOTESI

“Lo scoprirete nella prossima puntata”: così, una volta, promettevano le anteprime dell’albo successivo alla fine di quello appena letto, là dove regolarmente si lasciavano nel dubbio i lettori su come sarebbero riusciti i nostri eroi a portare a termine la loro mission impossible. Ma invece di restare in attesa, tutti mi chiedono di anticipare gli sviluppi della storia prima ancora che esca in edicola.

Che cosa accadrà, adesso, senza Sergio Bonelli? Verrebbe da rispondere con le parole del computer nel più bello in assoluto dei racconti di Isaac Asimov, The Last Question, “L’ultima domanda”: “Dati insufficienti per risposta significativa”. Il problema è più o meno lo stesso: come invertire l’entropia.

Tuttavia, dato che l’interrogativo si ripete, si ripetono anche le cose che provo a dire come risposta. Il primo a chiedermi di azzardare un’ipotesi sul futuro della Casa editrice è stato il quotidiano “Libero”, che mi ha intervistato poche ore dopo la scomparsa di Sergio, cogliendomi assolutamente scosso, ma in grado di prospettare quello che ancora mi pare il più ragionevole degli scenari. Dopodiché, sono andato ripetendo la mia previsione in tutte le successive occasioni, compreso un intervento su una emittente televisiva toscana che mi ha cercato poche ore fa.

Bisogna ovviamente partire dalla constatazione di come la figura di Bonelli fosse, fino a pochi giorni dalla morte quasi improvvisa, assolutamente centrale nella Casa editrice che non a caso porta il suo nome. Non c’era albo che andasse in stampa senza che lui lo avesse preventivamente letto e controllato, e lo stesso valeva per i redazionali e i testi promozionali. Scherzando, ma mica poi tanto, era lui stesso a dire che sceglieva persino i vasi di fiori da piazzare in terrazza o la musichetta che si ascolta al telefono quando, dopo aver chiamato in via Buonarroti, si viene messi in attesa. Tuttavia, Sergio, viste le dimensioni raggiunte dalla sua struttura, aveva organizzato un organigramma redazionale in grado di funzionare anche in sua assenza, una volta stabilite delle linee guida a cui attenersi. E, soprattutto, cosa di cui molti non sembrano ancora aver valutato l’importanza, Davide Bonelli, il figlio, fa parte integrante dello staff da molti anni, sicuramente più di dieci. Noi redattori lo vediamo quotidianamente in ufficio accanto a noi, e dato che si tratta di una persona assolutamente alla mano, gli diamo tutti tranquillamente del “tu”.

Davide ci conosce uno a uno, sa come lavoriamo, che ruoli abbiamo, quali sono le nostre potenzialità e inevitabilmente anche quali sono i nostri limiti. Non è mai intervenuto, finora, nell’ambito creativo, visto che la sua preparazione è economica e commerciale, e così si è dedicato al marketing e ai contratti, soprattutto quelli con l’estero, che si sono fatti sempre più numerosi nel tempo. Dunque, non si tratta di una persona che di punto in bianco si troverà catapultata in un ambiente che gli è estraneo o che dovrà dirigere una azienda che non conosce. Al contrario, è qualcuno che ha condiviso a lungo il lavoro della redazione. E’ evidente che gli toccherà fare delle scelte avendo puntati addosso gli occhi di tutti, lui che è un tipo schivo e riservato, allergico ai riflettori. Però può contare su una struttura rodata, e con collaboratori selezionati da suo padre.

Il principale punto di riferimento, in questo momento, è sicuramente Mauro Marcheselli. Uno che, in tutti i sensi, ha le spalle larghe e robuste. Immagino che Davide vorrà continuare ad affidarsi a lui e che lui sia pronto a garantire una continuità all’altezza della tradizione. Ci saranno delle innovazioni? Sicuramente sì, ma quelle ci sono state, a ben guardare, continuamente anche sotto il lunghissimo pontificato di Sergio. Della Bonelli a volte qualcuno (sicuramente male informato) dice che si tratta di una Casa editrice molto tradizionalista ma in realtà ha sperimentato di tutto e di più.

Proprio in questi giorni, a Città di Castello, è in corso una mostra dedicata alla collana “Un uomo, un’avventura”: una memorabile sequenza di trenta racconti d’autore, pubblicati a colori in albi cartonati alla francese, in anni in cui il termine graphic novel non era stato ancora coniato. E che dire di “Pilot” ed “Orient Express”, e dei rispettivi “Albi”? O dei volumi della Collana "America"? E della formula dei “Texoni”? Altre innovazioni sono state poi il “popolare d’autore” iniziato con Ken Parker e sublimato da Dylan Dog, l’invenzione degli Almanacchi, la realizzazione di spin-off, il lancio delle miniserie e dei Romanzi a Fumetti, la concezione di formati e di periodicità alternative come in Bella & Bronco o in Gea. Alcuni tentativi hanno avuto poca fortuna, come nel caso di “Full” o “I grandi comici del fumetto”, ma è innegabile che si sia voluto sperimentare. All’interno di molte collane, poi, è stato dato spazio ad artisti delle scuole più diverse, da Bacilieri a Catacchio, da Palumbo a Nizzoli, da Magnus a Bernet. Il discorso potrebbe essere lungo, ma basta aver sottolineato come sia assolutamente fuori luogo parlare di immobilismo bonelliano. Al contrario, molte delle innovazioni di via Buonarroti sono servite da modello ad altre Case editrici.

Dunque, dato che le sperimentazioni ci sono sempre state, credo proprio che continueranno a esserci. Saranno però condotte con la consueta prudenza e misura. Immagino per esempio, come prima cosa, che aumenteranno le uscite a colori. Non ci saranno traumi nel breve periodo, ma credo che le vere prove che Davide Bonelli (o chi da lui verrà delegato a decidere) dovrà affrontare riguarderanno le sfide tecnologiche. Fare o non fare le app per l’Ipad? Non so prevedere niente circa il mio destino personale, ma immagino che continuerò a occuparmi di Zagor ancora per un po’. Da bravo soldatino, continuo a far la guardia al bidone di benzina (pronto comunque a farmi dare il cambio). Sarà difficile non tener conto delle indicazioni di Sergio circa il ritorno dei “suoi” nemici, da Hellingen a Supermike, che lui voleva continuare a voler lasciare nel cassetto nonostante le richieste dei lettori. Immagino che non riuscirò per un bel pezzo a far baciare Zagor con una ragazza e sempre mi farò lo scrupolo di far entrare in scena il nostro eroe prima possibile, magari a tavola uno, come Nolitta mi ha sempre raccomandato.