venerdì 23 marzo 2012

I PONTI DI MADISON COUNTY


La biblioteca di Babele 5

Per ricapitolare che cos’è questa rubrica mensile, basterà dire che fin dai tempi del liceo, ogni volta che ho letto un libro mi sono appuntato le mie impressioni a caldo scrivendo una piccola recensione che servisse a ricordarmi meglio il contenuto del volume. Con il tempo ho ricopiato sul computer i fogli scritti a mano, e ho cercato di coltivare questa abitudine. Così, ho finito per accumulare centinaia e centinaia di mini-recensioni, alcune troppo brevi e frettolose per essere pubblicate, altre invece decisamente più elaborate. "La biblioteca di Babele" mette a disposizioni di tutti proprio queste ultime, sperando di fare cosa gradita ai più e magari suggerire a qualcuno il recupero di qualche libro del passato.



I libri già recensiti (in ordine alfabetico):

L’arte di ottenere ragione, di Arthur Schopenauer (febbraio 2012)

Il codice da Vinci, di Dan Brown (gennaio 2012)Il diario di Eva, di Mark Twain (marzo 2011)

Storia delle mie disgrazie, di Pietro Abelardo (dicembre 2011)




Robert James Walker
I PONTI DI MADISON COUNTY
Romanzo – Sperling & Kupfer
Collana Sperling Paperback
Titolo originale: “The Bridges of Madison County”
Traduzione di Maria Barbara Piccioli
brossurato - 180 pagine

“Hanno avuto quattro giorni, quattro giorni soltanto in una vita intera”. Così i figli di Francesca Johnson commentano la breve, ma intensissima storia d’amore della loro madre con un fotografo di National Geographic, dopo averla scoperta. E’ la stessa Francesca a rivelarla loro, lasciando una lettera e tutte le testimonianze perché essi le ritrovino dopo la sua morte. Non so se I ponti di Madison County sia davvero, come pretende la scritta in copertina, “uno tra i più bei romanzi d’amore di tutti i tempi”. Di sicuro è uno tra i più bei romanzi d’amore che io abbia mai letto.

La trama, trasportata in film in maniera splendida da Clint Eastwood, con Maryl Streep nel ruolo di Francesca, narra di Robert Kincaid inviato dalla rivista per cui lavora a realizzare un servizio fotografico sui ponti coperti della Contea di Madison, nello Iowa. Lì giunto a bordo del suo furgone, Robert incontra, per caso, Francesca, una donna di origini italiane sposata con Richard Johnson, proprietario di una fattoria nei dintorni di uno dei ponti. Francesca è sola in casa, perché il marito e i figli sono andati via, per una settimana, a una fiera del bestiame in Illinois.

Tra Robert e Francesca scocca prima una reciproca simpatia, poi l’attrazione, poi l’amore. Intensissimo. Lei vive un’esistenza rassegnata nel tran tran della vita domestica, devota a un uomo per cui non ha ormai nessuna passione, e che non si accorge neppure se si depila oppure no. Lui, divorziato e lupo solitario, è l’opposto esatto del marito. Leggiamo infatti a pagina 61: “Francesca non fece commenti, ma si interrogava sul conto di un uomo al quale sembrava importante la differenza tra prato e pascolo, che si entusiasmava per le sfumature del cielo, che scriveva poesie. Che suonava la chitarra, si guadagnava da vivere con le immagini e portava la sua attrezzatura in due zaini. Che assomigliava al vento. Come il vento si muoveva. E forse dal vento era venuto”.

E’ questa forse la chiave di lettura che spiega il resto della storia. Lui è il vento, che non si può recingere. Un vento che le faccia volare i capelli e scacci la nebbia, e che sfogli violentemente le pagine della sua vita. E' la passione di cui lei sente la mancanza. E neppure la passione si può recingere si può recingere. “Ormai quasi tutto quello che concerneva Robert Kincaid aveva cominciato ad apparirle erotico. Perché con Richard non era in quel modo? In parte, lo sapeva, a causa dell’inerzia che sempre provocano le abitudini protratte nel tempo. Capitava in tutti i matrimoni, in tutte le relazioni. L’abitudine conduce alla prevedibilità e la prevedibilità ha i suoi lati positivi, era consapevole anche di questo. Ma fra loro stava succedendo qualcos’altro. La prevedibilità è un conto, la paura di cambiare un altro. E Richard aveva paura dei cambiamenti, di ogni tipo di cambiamento, nell’ambito del loro matrimonio. Non voleva affrontare l’argomento in generale e, in particolare, non voleva parlare di sesso. L’erotismo era, per certi versi, una faccenda pericolosa, estranea al suo modo di pensare. Non era il solo, naturalmente, e in realtà non era neppure da biasimare. Da dove traeva origine la barriera che era stata eretta contro la libertà? Non solo nella loro fattoria, ma nell’intera cultura rurale. E forse anche in quella urbana. Perché quei muri e quelle recinzioni a impedire relazioni aperte, spontanee, tra uomini e donne? Perché quella mancanza di intimità, quell’assenza di erotismo?” (pagina 92).

I due si innamorano. Non solo si attraggano, si desiderano. Proprio si innamorano. “Tutte le emozioni, tutto il suo lavoro di ricerca e di riflessione, una vita di emozione tornarono ad assalirlo in quel momento. E si innamorò di Francesca Johnson, moglie di un agricoltore della Madison County, Iowa, originaria di Napoli. E lei s’innamorò di Robert Kincaid, fotografo e scrittore di Bellingham, Washington, arrivato al volante di un vecchio furgone” (pagina 94).

“Quel martedì sera, mentre ballavano in cucina, si erano gradatamente e spontaneamente avvicinati sempre di più l’uno all’altra. Premuto contro il suo petto, Francesca si chiedeva se lui percepiva i suoi seni attraverso la stoffa ed era certa che fosse così. Lui le rimandava sensazioni stupende. Avrebbe voluto che quel ballo durasse per sempre. Stava diventando di nuovo una donna. Aveva ritrovato lo spazio per ballare ancora. Ora lui stava sprofondando in lei, e lei in lui. Staccò la guancia dalla sua, lo guardò con i suoi occhi scuri, e quando lui la baciò ricambiò il suo bacio, un bacio lungo e dolce che era come un fiume” (pagina 106).

Robert e Francesca trascorrono insieme solo quattro giorni in tutta una vita. Ma sono quattro giorni che segnano le loro vite. Intensissimi. Struggenti. Ma sono quattro giorni soltanto. Al termine dei quali, Robert chiede a Francesca se voglia seguirlo. Lei risponde di no. Lui se ne va. Non senza esitazioni. Ma se ne va. Lei non lo ferma. La partenza di Robert Kincaid coincide con il ritorno di Richard Johnson. Lei resta con il marito. Perché? Perché lui parte, perché lei resta? Perché lui è il vento. Francesca sa che se partisse con lui, lo zavorrerebbe. E l’amore supremo è lasciare la libertà a chi si ama. E lui riparte perché sa di essere un lupo solitario: non può fermarsi, può solo essere seguito. “C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo – scrive Robert a Francesca – Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse. Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Più o meno è così che mi sento anch’io”. E giù lacrime.