venerdì 1 giugno 2012

L'UOMO CHE SCONFISSE LA MORTE


Qualche volta le ciambelle riescono con il buco. Sembra infatti che il secondo Zagorone, appena uscito e intitolato “L’uomo che sconfisse la morte”, stia riscuotendo applausi ed apprezzamenti quasi unanimi, al punto che sono un po’ frastornato e imbarazzato di fronte ai complimenti che mi giungono da ogni dove per telefono, per mail, via SMS e naturalmente. Ovviamente, ci saranno anche gli scontenti, ma i primi giudizi sono assolutamente lusinghieri e c’è da sperare che alla fine i bilancio sia positivo. Un simile risultato non era scontato, dato che si trattava di una storia difficile da scrivere e da disegnare, portata avanti attraverso piani temporali diversi, con colpi di scena pensati per non lasciare indifferenti e la scelta di rimettere le mani su un nemico storico della saga, dandogli un passato, un diverso spessore, e alla fine riabilitandolo agli occhi dei lettori dopo aver strapazzato un bel po’ (così come vengono strapazzati di brutto Zagor, Cico, Molti Occhi, Tonka e Winter Snake).

Io e Marco Verni, arrivati sul punto di mandare in edicola il frutto di due anni di lavoro e affidarlo al giudizio del pubblico, temevano la reazione dei lettori, ed eravamo inquieti ed emozionati più di quanto capita di solito, dato che sapevamo di aver realizzato una storia importante, niente affatto di “ordinaria amministrazione”, e che dunque non sarebbe passata inosservata. Poteva suscitare grandi entusiasmi, come grandi delusioni. Però, eravamo anche convinti di aver dato il massimo e fatto del nostro meglio (né io né lui, del resto, lavoriamo soltanto per portare a casa lo stipendio: ci mettiamo l’anima, in quel che facciamo, perché Zagor è la nostra passione). Alla fine, siamo arrivati persino a sbilanciarci e a scommettere in pubblico su un buon risultato, come dimostra un precedente articolo su questo blog, scritto diverso tempo prima della data di uscita prevista.  Data di uscita che era quella del 30 maggio 2012. Perciò, partendo insieme il 24 del mese per la Croazia, dove siamo andati quali ospiti del MaFest di Makarska, ci siamo detti: “godiamoci questi pochi giorni di trasferta come una vacanza per dimenticare la tensione dell’attesa”.

Credevamo infatti di dover fare i conti con i primi responsi da parte dei lettori soltanto a partire dalla settimana successiva.  Prendendo l’aereo, addirittura, non avevamo ancora potuto portare con noi neppure una copia da mostrare agli amici croati: il 23 pomeriggio, in redazione non ne erano ancora arrivare. Ma ecco che sabato 26 maggio, rispondendo a un messaggio messo su Facebook con le ultime notizie dalla Dalmazia, Francesco Franceschini ha scritto: “non c'entra niente, ma volevo dirti che mi hai ‘rovinato’ il sabato pomeriggio. Lo Zagorone mi ha inchiodato in casa fino a pagina 240: splendido”.


Sono sobbalzato sulla sedia: possibile che in Italia, durante la nostra assenza, “L’uomo che sconfisse la morte” fosse già uscito? Era proprio così. La conferma arriva poco dopo da un altro messaggio, questa volta di Roberto Carletti: “Grazie Moreno, questa volta sei riuscito veramente ad emozionarmi come riusciva solo il grande Nolitta. Hai compiuto un capolavoro! Grazie, grazie, grazie! Con te noi tutti zagoriani possiamo veramente credere ad un grande futuro per lo Spirito con la Scure. Nolitta da lassù ti applaude”.

Con il cuore in gola, io e Marco Verni abbiamo fatto allora un giro sui due italiani dedicati allo Spirito con la Scure, e su ZTN abbiamo trovato il primo commento di un lettore, che si firma Roby-Te-Nay: “Ho appena finito di leggere lo Zagorone e non vi anticipo niente vi dico solo che e pieno zeppo di azione e di colpi di scena che vi lasceranno sbalorditi! Vorrei dire solo una cosa Burattini si e superato raggiungendo livelli nolittiani come non mai. Verni si e superato raggiungendo livelli ferriani. NON CREDO CI SIA UNO ZAGORIANO DEI TEMPI D'ORO CHE RIMARRA' DELUSO! In altre parole : CA-PO-LA-VO-RO”.

Su SCLS, il primo a intervenire è Volpe Errrante, il giorno successivo, domenica 27 maggio: “Comprato e già letto. Dico solo una parola: capolavoro!”. Poco dopo, stesso giorno, stesso forum, ecco il commento di Diego: “Questa storia davvero rasenta il capolavoro. Ci ho trovato tutto quello che vorrei vedere in un albo di Zagor 'vecchia maniera'. I tempi della sceneggiatura sono perfetti. Non una sbavatura. La storia 'tiene' dalla prima all'ultima pagina. Il tutto poi avvalorato dalla grandezza delle vignette e da un Verni ispirato come non mai.  Quanti bellissimi colpi di scena!”


E poi ancora, di lì a poco, Giampiero Belardinelli. " 'A volte, anche i miracoli succedono. E chissà che non ne accada un altro, che serva a riabilitare e dare un senso alla mia vita, adesso che ho riscoperto le mie origini e la mia patria'.È la frase conclusiva del secondo Zagorone: un racconto dalle sorprese inaspettate e carico di dramma umano; un personaggio esce dalla sua dimensione a due facce e assume un'intensa caratura psicologica. Grande lavoro di Burattini e Verni”.

Il giorno dopo, lunedì 28 maggio, interviene un altro dei primissimi lettori, Cain 68: “Burattini ha fatto centro: la storia è bellissima, emozionante, avvincente dalla prima all'ultima pagina. E' condensato tutto l'essere zagoriano di nolittiana memoria. L’unica cosa forse poco plausibile è la trasformazione del villain co-protagonista della storia, che qui viene completamente stravolto dandogli un ruolo e dei comportamenti che sono molto lontani dalla sua natura. Diciamo che la redenzione nasce dopo la lunga carcerazione alla quale è stato sottoposto e all'incontro con il fratello. Anche il nemico ritornato dalla morte (poi si scoprirà la verità...) ha un grande fascino e mette in soggezione pure Tonka e Winter Snake, che solitamente non temono nulla; altra scelta azzeccata! Per il resto la storia si legge tutta d'un fiato ed infatti ho divorato l'albo come poche volte mi è successo. Anche Marco Verni ha realizzato un lavoro di altissimo livello: credo sia la storia nella quale si è espresso meglio, forse aiutato anche dal grande formato delle tavole. Concludo dicendo che questo Zagorone mi è piaciuto molto di più del precedente. Avanti così!”.

Datato domenica 27 maggio è anche la prima recensione extra-forum, apparsa sul blog “Sdraiato sui binari”, intitolata così: “Alzati che sta passando il fumetto popolare”. Vi invito a leggerla per esteso, ma si conclude così: "Arrivato all'ultima pagina non puoi fare a meno (o almeno a me è capitato) di chiederti cosa quella storia volesse dire oltre ciò che è evidente. Perché c'è qualcosa di soltanto suggerito che ti decanta dentro e alla fine ti spinge a risfogliarle, quelle pagine, per scovare qualcosa in più oltre il pur nobile, estraniante, divertimento. La storia parla di come nella vita troppo spesso è il destino a scegliere per noi; di quanto coraggio riusciamo a trovare messi di fronte alle responsabilità; di viltà ed altruismo; di come a volte vorremmo essere altro rispetto a quel che siamo e di come ci camuffiamo per sembrarlo; di come non sia mai troppo tardi per riscattare una vita imperfetta.Parla di tutto questo, la storia di Zagor, e scusate se è poco. E lo fa con il linguaggio popolare dell'avventura: inseguimenti, agguati, scazzottate, sparatorie. Ma dietro il fumo delle pistole, dietro le onomatopee, c'è il sapore forte della vita e un piccolo suggerimento, tra le righe, a viverla fino in fondo con la schiena dritta”.


Ecco, mi fa immensamente piacere che qualcuno cerchi di guardare oltre la parola “fine” in fondo a una storia e si chieda che cosa questa significhi, anziché sindacare se in un balloon c’è un dialogo troppo lungo che possa essere etichettato di spiegazionismo, o se in una pagina Cico fa un capitombolo troppo fantozziano o piuttosto se il volto di Zagor assomigli o no al modello ferriano (per fortuna, pare che ne “L’uomo che sconfisse la morte” lo spiegazionismo sia ridotto al minimo, Cico non sembri Fantozzi e lo Zagor di Verni assomigli a quello di Ferri). Non sta a me trovare i significati in quello che ho scritto. Una volta Isaac Asimov andò in incognito a una conferenza sulla sua opera, e a un certo punto (lo racconta lui stesso) si alzò dal fondo della sala dicendo al relatore: “Guardi che io sono l’autore, e quando ho scritto quello che lei sta commentando, non intendevo affatto dire tutto ciò che ci sta trovando dentro”. E i conferenziere: “E soltanto perché li scritti lei, crede di sapere quello che i suoi racconti significano?”. Perciò, lascio volentieri ai recensori la disamina di ciò che, mille chilometri sotto Asimov, scrivo io.

Interrompo qui anche la citazione dei commenti dei lettori: ho riportato soltanto il parere dei primissimi, senza saltarne o censurarne alcuno. Di seguito, ce ne sono stati molti altri dello stessi tenore, e chi vuole può andarseli a leggere (io, peraltro, ho smesso di farlo). Sicuramente ci saranno già stati o arriveranno i commenti critici, ma alla fine quelli entusiastici sembrano essere di gran lunga la maggioranza. Del resto, Oscar Wilde diceva: “quando tutti mi danno ragione, ho sempre l’impressione di avere torto”.



Giusto per non volermi sottrarre alle critiche, mi permetto soltanto di ribattere alla pur blanda obiezione di chi ritiene che un cattivo non debba mai redimersi. Leggendo “L’uomo che sconfisse la morte” dovrebbe essere chiaro come il villain “riabilitato” non diventi propriamente un paladino della giustizia, né vada un giro vestito da frate per espiare le sue colpe. Semplicemente, cerca di dare un senso alla sua vita e di ricambiare l’aiuto che Zagor gli ha dato, nonostante che i suoi trascorsi non glielo avessero fatto meritare. A ciò contribuiscono anche gli anni di carcere e l’incontro con il fratello Gustaw, e la conseguente riscoperta delle sue radici e del suo passato. Ma non ci sono scene di “pentimento” o in cui un ex-reprobo si cosparge il capo di cenere o comincia a indossare il cilicio. Si potrebbero citare molti casi di “conversioni sulla via di Damasco”, a partire appunto da quella di Saulo che diventa San Paolo, o di ex-detenuti che usciti dal carcere cominciano a dedicarsi al volontariato. Ci sono persino ex-terroristi divenuti impegnati nel sociale (Sergio D’Elia, di Prima Linea, è oggi uno dei maggiorenti di “Nessuno tocchi Caino”). Ne “L’uomo che sconfisse la morte” non capita neppure questo, e il villain che paga con la vita il suo “grazie” a Zagor è soltanto uno che, come dice Francesco Franceschini, dopo essere vissuto strisciando, muore con la schiena dritta.

Per concludere, non posso non accennare all’unica “stroncatura” che ho trovato finora. L’ha scritta, su un forum, un lettore che pare condurre una sua crociata personale contro il sottoscritto, per motivi a me misteriosi (che gli abbia, senza saperlo, insidiato la sorella?). Non ho niente, in realtà, da ribattere al poco che dice se non correggere una sua errata citazione a me attribuita. L'autore del commento, infatti, cita fra virgolette una frase apparentemente tratta dal mio blog (che evidentemente legge pur non apprezzandomi), ma che non è riportata correttamente. Vale la pena di leggere che cosa scrive. Ecco il suo testo: “Trasformare un personaggio così cattivo in qualcuno che addirittura si sacrifica per Zagor.  Non hai idee? Fatti tuoi... smetti di scrivere, come hanno fatto in tanti... Nizzi... Sclavi... Nolitta...  Non prendere in giro la gente parlando di colpi di scena... oppure "che non ci sono più scuse per criticare".  Non comprerò mai più un albo firmato Burattini. Ma capisco chi gli liscia il pelo... in fondo essendo lo sceneggiatore principale (secondo quali meriti, poi, non so) il rischio è che scriva ancora peggio”.


Ed ecco che cosa ho risposto, nel forum dove è comparsa la recensione.

Mi permetto di intervenire solo perché viene citata fra virgolette una frase, attribuita a me, che invece non mi appartiene. Segno evidente di come chi voglia fraintendere (le frasi o le storie), trovi sempre il modo per farlo. La mia frase era: "Questa volta, però, con 'L’uomo che sconfisse la morte', non ho più scuse (e non le hanno neppure i lettori)". Il significato di queste parole, in verità piuttosto chiaro (almeno secondo me), è che IO non ho più scuse per attribuire al fantasy il mancato apprezzamento di taluni dello Zagorone n° 1, e i lettori non hanno più scuse per attribuire al fantasy il LORO mancato apprezzamento. Quindi, ho detto: con il nuovo Zagorone, se ci saranno critiche, saranno nel merito della storia e non riguardo al genere (dato che soprattutto era quello che veniva contestato). Dunque, ho invitato alla critica e non ho invitato a non criticare. Esattamente il contrario di quello che ha capito il mio detrattore. Mi auguro (e gli auguro) che nella lettura e nella ponderazione degli albi, egli non cada in troppe di queste cantonate. Tutto qui. Per il resto, mi va benissimo leggere finalmente la prima stroncatura de "L'uomo che sconfisse la morte", perché non sono abituato ai troppi complimenti di questi giorni. E sono lieto di sentir dire, finalmente, che qualcuno, anziché pretendere che io scriva le storie che ha in mente lui, e lamentarsi perché scrivo quelle che ho in mente io, si arrende all'idea che io possa essere me stesso decidendo di leggere le avventure con firme altrui, dato che, per fortuna, così come si alternano i disegnatori, su Zagor si alternano anche gli sceneggiatori.