mercoledì 20 marzo 2013

C'ERA UNA VOLTA BIANCANEVE


La recente scomparsa di Rubino Ventura, lo sceneggiatore che nel 1972 creò con Leone Frollo la sexy eroina Biancaneve, mi spinge a cercare di dire qualcosa su questo delizioso personaggio del fumetto erotico italiano. Tuttavia, il miglior punto di partenza di qualunque disamina in proposito è proprio quello di sottolineare la differenza fra Biancaneve e i tanti altri characters sfornati dalla metà degli Anni '60 in poi dall'officina di Renzo Barbieri o di Giorgio Cavedon, evitando di metterla dunque sullo stesso piano di, per esempio, Isabella o di Goldrake. In realtà la procace principessa di Kurtlandia, pur inserendosi nel filone del fumetto sexy per adulti nato dalla rivoluzione iniziata da Kriminal e Diabolik, presenta caratteristiche alquanto diverse ed indiscutibilmente originali.

Nell'anno in cui Gerard Damiano realizzava i suoi due cult-movies del cinema hard, "Gola Profonda" con Linda Lovelace e "The Devil in Miss Jones" con Georgina Spelvin, non si poteva che procedere ad un ulteriore rimarcamento degli spunti erotici già presenti nelle testate di casa Barbieri: tuttavia almeno tre componenti di notevole importanza servivano a connotare Biancaneve in maniera particolare rispetto ai personaggi per adulti apparsi fino ad allora: gli ingredienti satirici ed umoristici, la concezione gioiosa del sesso, i riferimenti alla cronaca e al costume della società italiana.

Che un fumetto per adulti potesse essere impostato anche in chiave umoristica lo avevano dimostrato Magnus & Bunker con Maxmagnus prima e Alan Ford poi: due personaggi che, pur non presentando nessuno spunto erotico, si rivolgevano ad un pubblico ben più maturo di quello che leggeva Topolino o Tiramolla. Una conquista a dir poco clamorosa, visto che da sempre i personaggi umoristici erano considerati esclusivo appannaggio dei bambini. Ma mentre Magnus & Bunker facevano della ficcante satira sociale sui rapporti perennemente conflittuali fra governanti e governati, ricchi e poveri, apocalittici e integrati, Biancaneve prende in giro il sistema benpensante e bacchettone, deridendone i retrogradi costumi erotici ancora ossessionati dall'idea del torbido e del proibito e sbeffeggiandone le assurde chiusure mentali. Con l'eroina di Frollo e Ventura nasce addirittura un nuovo genere, la favola per adulti, destinato ad un grande successo proprio perché catartico e liberatorio nei confronti di un opprimente ed ipocrita "comune senso del pudore": finalmente si offriva una interpretazione ludica e giocosa del sesso (probabilmente quella più corretta e che mette al riparo da devianze e perversioni di ogni genere), finalmente si potevano fare maliziose risatine godendo appieno dei seni prosperosi della deliziosa protagonista, delle monomanìe dei Sette Nani, della rivisitazione paròdica dei luoghi comuni del fiabesco e del leggendario. Fedele alla concezione non solo della sessualità ma della vita stessa come gioco, Biancaneve propone nel corso delle sue avventure spassosissimi paradossi temporali, gags esilaranti costruite sui nonsensi, sketches brillanti di ogni genere, sempre ispirati ad una contagiosa e disincantata serenità di fondo.

Leone Frollo
Figlia in qualche modo del '68 e della rivoluzione sessuale, la filosofia di Biancaneve inneggia al free love vissuto nella più gioiosa delle maniere. L'amore sacro lascia il posto all'amore profano, che non concede spazio all'istituzionalizzazione dei rapporti in legami matrimoniali e vincoli di questo genere. Il sesso è libero, disinibito e felice, goduto con il sorriso sulle labbra, con la massima naturalezza possibile. Non a caso questo tipo di approccio alla sessualità è inserito dagli autori in un contesto fiabesco: forse solo nel regno della favola e della fantasìa è possibile liberarsi dal condizionamento a cui l'uomo è sottoposto dalle strutture della pseudomoralità del perbenismo. Nel mondo fantastico di Biancaneve non ci sono remore morali di nessun genere, ed anche i rapporti omosessuali e incestuosi hanno piena cittadinanza senza nessuna connotazione peccaminosa: ciò che conta è la gioia del gioco. Tutto si può dire inoltre di Biancaneve tranne che si tratti di una donna-oggetto gettata in pasto alla libidine maschile: al contrario, l'eroina di Kurtlandia si rivela perfettamente in grado di dominare la situazione mettendo non di rado alla berlina proprio il pappagallismo di molti uomini e conducendo in prima persona il match amoroso.

Fondamentale infine risulta la differenza tra le avventure narrate da Frollo e Ventura e quelle proposte dal fumetto nero che avevano caratterizzato gli anni precedenti: mentre queste inneggiano alla perdita dell' innocenza, Biancaneve al contrario è il trionfo dell'ingenuità più naif, della visione fanciullesca della vita al di fuori delle strutture della morale. In altre parole, i fumetti neri giocavano sullo scardinamento e la sovversione degli schemi, Biancaneve invece regredisce ad una condizione esistenziale antecedente alla creazione degli schemi stessi.Che fosse soprattutto il costume italiano ad essere messo alla berlina dalle storie di Biancaneve lo si capisce anche dagli espliciti riferimenti alla cronaca di casa nostra, sulla scìa dell'analogo esperimento compiuto in contemporanea dal Jonny Logan di Garofalo e Ghilbert. Gustosi e godibilissini sono i riferimenti alla banalità della vita di provincia (l'amore fatto a bordo di una sgangherata "500", i noiosi spettacoli televisivi come "Canzonissima" o "Rischiatutto"), alla politica (l'Alfasud, le elezioni), lo sport (Biancaneve incontra Helenio Herrera), l'inquinamento, il traffico ed addirittura i fumetti (non di rado gli stessi autori si autocitano prendendosi in giro ed i personaggi parlano e si comportano dimostrando di rendersi perfettamente conto di star vivendo sulle pagine di un giornaletto: questo, anni e anni prima del meta-fumetto di She Hulk!). 

Tutto ciò solo con la pretesa di creare un clima di autentico divertissement nazional-popolare, perché il fumetto di Frollo e  Ventura non perde mai la sua immediatezza e la sua leggibilità che, se da un lato costituiscono una delle ragioni del grande successo che gli arrise, dall'altro si rivelano anche dei limiti, indicando delle potenzialità non sufficientemente sfruttate. I dialoghi, sempre brillanti, sono anche estremamente essenziali, le trame, molto divertenti, scorrono via con eccessiva facilità. Si poteva pretendere di più da una favola? Forse no, ma non c'è da meravigliarsi se a distanza di anni ci troviamo ancora oggi ad ammirare deliziati le tavole disegnate da Leone Frollo fino a tutto il 1974 ed a storcere invece il naso di fronte alla restante produzione proseguita fino al 1978: senza più il supporto dell'inconfondibile segno del maestro veneziano, anche i soggetti di Ventura cominciarono inevitabilmente a scadere ed a perdere di mordente. Un ottimo saggio firmato da Luigi Bernardi e Paolo Ferriani ha tributato nel 1987 gli onori della critica a quello che non è stato soltanto un semplice fumetto per adulti.