sabato 31 maggio 2014

CINEMA AL CINEMA 18



Proseguono le recensioni cinematografiche di Giorgio Giusfredi, mio personale consulente, nonché scrittore, sceneggiatore di fumetti e cuoco sopraffino. I pareri che esprime sono sua responsabilità, ma di solito li condivido. In ogni caso, i complimenti e le critiche vanno indirizzate a lui.

CINEMA AL CINEMA 18
di Giorgio Giusfredi



LE MERAVIGLIE

Un film di Alice Rohrwacher. Con Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher, Sabine Timoteo, Agnese Graziani. Drammatico, durata 111 min. - Italia 2014. - Bim 

Il film premiato a Cannes è bello. Molto bello. Bellissimo. Vederlo significa essere proiettati in un mondo assolutamente verosimile dove si capiscono i sentimenti più profondi dei personaggi senza un filo di spiegazione. Ogni gesto indirizza lo spettatore in un tunnel emozionale ben preciso. Merito senza dubbio della regia e della sceneggiatura, opera di Alice Rohrwacher che nel film, probabilmente, ricorda vicende autobiografiche vissute da lei e dalla sorella Alba – come le dolci gelosie fraterne tra le due bambine più grandi, le vere protagoniste del film assieme al burbero padre. Merito anche della recitazione delicata e mai gigionesca degli attori. Le due ragazzine riassumono un mondo dentro di loro, un universo di struggente empatia femminile. Sorprendono per quanto sono brave! La storia racconta la dura vita in una fattoria a gestione famigliare che, come business principale, produce miele. Wolfgang, che intuiamo essere un vecchio rivoluzionario di sinistra tedesco, la moglie Angelica (interpretata appunto dalla sorella della regista) e le quattro figlie si spaccano la schiena sull’ orizzonte desolante di una campagna rurale del centro Italia. Vediamo il decadimento, la mancanza di speranze per quei contadini e i loro vicini esaltati dalla pochezza avvilente di un programma culturale, "Le Meraviglie",  ideato da una TV locale. Questa trasmissione, il suo sogno provinciale che si prefigge di premiare la valorizzazione del territorio e dei prodotti tipici, può sembrare un messaggio retorico di ecopolitica e, a un occhio disattento, può apparire il fulcro della narrazione. La storia invece racconta i rapporti familiari tra padre e figlie. Tra marito padrone e moglie. Tra sorelle. Perfetto è anche l’idillio mostruoso nella casa del vecchio contadino autoctono e scapolone. La sua famiglia spezza il cuore per quanto quella cruda realtà sia assolutamente riconoscibile.


GODZILLA

Un film di Gareth Edwards. Con Aaron Johnson, Ken Watanabe, Elizabeth Olsen, Juliette Binoche, Sally Hawkins. Azione, durata 123 min. - USA 2014. - Warner Bros.

Scordatevi il film di Emmerich degli anni novanta. Sì, certo, c’era Jean Reno, un Matthew Broderick in gran forma e persino Hank “io doppio tutto” Azaria. Era quindi divertente e l’intreccio “umano”, se così si può dire, funzionava. Ma non c’era il vero immenso Godzilla. Nella serie originale di film giapponesi, infatti, il bestione non è un drago di komodo, mutato, ingigantito e incattivito da far fuori, ma un “mostro” custode e protettore della terra. Certo, un po’ ingombrante. E quando si mette a combattere qualche palazzo crolla… Le vicende umane non sono interessanti benché coinvolgano anche un padre interpretato dal geniale Bryan Cranston di Breaking Bad. Invece, alcune scelte visive sono fresche e interessanti, come alcune fotografie. I paracadutisti che si calano sulla battaglia lasciando in un cupo cielo grigio scie di fumo rosso, per esempio. La tensione comunque cresce con il passare dei minuti e l’adrenalina arriva al culmine insieme a quella dello scienziato interpretato da Ken Watanabe nel momento in cui Godzilla affronta in un duello spettacolare, che davvero merita da solo il prezzo del biglietto, i mostri cattivi. Lo spettatore, dopo questo, è appagato avendo visto l’eroe-mostro mettere in pratica tutte le mosse che avevano caratterizzato l’antenato giapponese con l’umanità di un vecchio guerriero stanco e la stessa accidia di Bud Spencer quando stende un avversario con un cazzotto a mazzetta sulla testa dopo che questi, da incosciente, gli aveva appena fracassato inutilmente una sedia sulla schiena.



ALABAMA MONROE - UNA STORIA D'AMORE

Un film di Felix Van Groeningen. Con Veerle Baetens, Johan Heldenbergh, Nell Cattrysse, Geert Van Rampelberg, Nils De Caster. Titolo originale The Broken Circle Breakdown. Drammatico, durata 100 min. - Belgio 2012.

Come dice il titolo: una storia d’amore. Una di quelle da versare fiumi di lacrimoni perché c’è una coppia perfetta e in sintonia e c’è una bambina dolcissima e c’è una leucemia che colpisce proprio il giovane fiorellino nel culmine della tenera e graziosa età. Il frontman di un gruppo che suona Bluegrass (definito nel film il più puro degli sili Country del sud degli US che si può fare solo con sei strumenti a corda diversi, ognuno di una cultura folkloristica-musicale europea diversa), broccola una tatuatrice e la conquista. Scapolo incallito, la sposa “costretto” da una gravidanza improvvisa dopo mesi di sesso selvaggio e spensierato. Sarebbero queste le premesse della fine di un amore? Al contrario l’idillio non continua come prima, ma addirittura migliora, finché il cancro non ci mette lo zampino. Questo regista fiammingo racconta una storia americana impregnata di un misero ephos provinciale connotato da tinte musicali e personaggi “folk”. Hillbillies buoni costretti ad affrontare problemi comuni con in sottofondo una melodia pizzicata, raschiosa, virile e sexy. Sì, tutto ambientato in un Belgio che ricorda l’Alamaba. L’affresco culturale, montato con continui flashback e flash forward (che permettono di intervallare momenti felici e scene tristi), dal fanatismo religioso alla povertà sanitaria e strutturale, di un finto cuore degli Stati Uniti è riprodotto alla grande. Chi lo vede non può fare a meno di inumidire montagne di kleeneex singhiozzando quando i due protagonisti cantano una intensa ballata a due voci consapevoli che, come nella loro canzone, il loro melodramma alla Matarazzo si consumerà fino in fondo. Le loro voci graffianti restano dentro per giorni finché non si è costretti a comprare la colonna sonora del film.



GRAND BUDAPEST HOTEL

Un film di Wes Anderson. Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe. Titolo originale The Grand Budapest Hotel. Commedia, durata 100 min. - USA 2014. - 20th Century Fox

“Ah, l’Avventura!”, si può sospirare durante ogni film di Wes Anderson. Questa pellicola non fa caso a parte. L’Avventura e la storia d’amore dolce tra due ragazzini, com’era stato nel recente Moonrise Kingdom, stuzzicano pruriti dietro le orecchie e la fanciullesca fantasia racchiusa in ognuno. Zero, simpatico fattorino adolescente, ha la stessa valenza del fedele scudiero di un nobile cavaliere che, in questo caso, è rappresentato dal capo receptionist interpretato da un Ralph Fiennes in gran spolvero. La giovane pasticcera, una candida Saoirse Ronan, riconosce la stoffa da uomo nel giovane Zero e se ne invaghisce. I due, per amicizia, valoroso coraggio e fede nella giustizia, aiuteranno appunto il concierge nella sua lotta contro il luciferino figlio (Adrien Brody) della donna che il receptionist stesso ha amato insieme a molte altre donne diciamo “mature”. Gustave H (così si chiama “il leggendario concierge”) ha questo vizietto, ma quella vecchia in particolare, da ricca carampana qual è stata, ha lasciato, secondo testamento, all’amante un quadro prezioso e tanti segreti. La storia è ambientata durante l’ascesa di una dittatura violenta in uno pseudo paese dell’est Europa. E il nobile codice del portinaio è in netta contrapposizione con la gretta mancanza di scrupoli dei potenti rappresentati nel film. Ripreso sempre a camera fissa, con montaggi serrati, la pellicola realizza un altro tassello fondamentale del passaggio tra il cinema e il fumetto fossilizzando alcune scene come illustrazioni nella testa dello spettatore. Un cagnesco Willem Defoe porta quattro anelli con il teschio e una giacca di pelle e non ci pensa due volte a decapitare donne. Attenzione: non c’è mai raccapriccio ma è consigliabili non vederlo con la propria ragazza perché tutto l’allure di virilità se ne andrà dalle spalle di un uomo una volta che si morderà il labbro strozzando una commozione dopo aver capito il motivo per cui Zero, il giovane fattorino invecchiato e divenuto proprietario del romantico albergo, si ostini, nonostante la sua ricchezza, a dormire nel sottotetto.  



THE AMAZING SPIDER-MAN 2 - IL POTERE DI ELECTRO

Un film di Marc Webb. Con Andrew Garfield, Emma Stone, Jamie Foxx, Dane DeHaan, Campbell Scott. Titolo originale The Amazing Spider-Man 2. Azione, durata 142 min. - USA 2014. - Warner Bros Italia 

Il primo film di questa nuova serie, reboot di quella (riuscita) filmata da Sam Raimi, era proprio una ciofeca. Anche in questo secondo ci sono dei difetti, come l’insopportabile incapacità di due attori ultratrentenni di interpretare ragazzi appena ventenni. Passi Emma Stone, ma Andrew Garfield proprio non si può vedere. E come la facilità da parte degli sceneggiatori di spezzare la volontà del più flessibile e bendisposto degli spettatori con scelte e soluzioni che non sono buchi ma voragini. Detto questo alcune sequenze, benché anche extradiegetiche, sono proprio belle, adrenaliniche. I video musicali insegnano: colonna sonora “a palla” e montaggi veloci, o a ralenti, creano una giusta atmosfera condita, proprio come nel fumetto, dalle battute sprezzanti e inopportune di Spidey. Tutto va comunque come deve andare, con numerose citazioni, ultima delle quali quella di piazza Tienanmen, allegoricamente rappresentata da un Paul Giamatti che più macchietta non si può e da un ragazzino con il costume da carnevale dell’Uomo Ragno. Chi conosce un po’ la serie a fumetti sa già chi muore e chi no e capisce che Andrew Garfield sia insopportabile come Peter Parker quanto perfetto fisiognomicamente come Spider-Man, grazie al suo collo lungo e alla sua testa a lampadina. 



SAVING MR. BANKS

Un film di John Lee Hancock. Con Tom Hanks, Emma Thompson, Colin Farrell, Paul Giamatti, Jason Schwartzman. Commedia, durata 120 min. - USA 2013. - Walt Disney 

“Vento dall’est, la nebbia è là… Qualcosa di strano fra poco accadrà!...”. Questa pellicola racconta quanto sono state complicate le vicissitudini che hanno portato l’autrice del successo “Mary Poppins” a cedere i diritti per una trasposizione cinematografica realizzata poi da Walt Disney. Il buon vecchio Zio Walt (in questa fiaba metanarrativa prodotta proprio da Disney) appare come l’imprenditore benevolo che fa di tutto solamente per realizzare un prodotto di qualità, sarà davvero stato così? Un Tom Hanks con delle sopracciglia insolitamente mefistofeliche coccola l’autrice insieme ai tre geniali sceneggiatori ebrei che oltre inventarsi ogni leit-motiv della film nel film (che poi diventerà un successo strepitoso), ne compongono anche le musiche. Ma il Mr. Banks di cui parla il titolo è il padre della famiglia in cui Mary Poppins entra per fare ordine, alter ego del vero padre della scrittrice, simpatico e amorevole ubriacone con una voglia di sognare a far sognare le proprie figlie oltre che inopportuna, anche inadatta ai tempi stessi, quelli di inizio secolo in una Australia agli albori della civiltà. La narrazione si snoda infatti su due linee temporali che proseguono parallele, quella dell’infanzia della protagonista e quella dell’età matura nel momento della realizzazione del successo targato Disney. Praticamente vediamo l’origine delle turbe mentali della scrittrice e, nel frattempo la soluzione di queste da parte del buon vecchio zio Walt e dei suoi fantasticissimi lavoratori. Sì, un filo di ironia non guasta nel descrivere questa parte perché si mostrano i dietro le quinte della realizzazione di una grande opera artistica con qualche difficoltà, ma zuccherando molto la pillola da mandare giù…



NYMPHOMANIAC
Volume 1 & Volume 2

Un film di Lars von Trier. Con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater, Stacy Martin, Willem Dafoe, Mia Goth. Titolo originale Nymphomaniac. Drammatico, durata 110 min. - Danimarca 2013 - Volume II. Drammatico, durata 123 min. - Danimarca 2014. - Good Films  - VM 14 e VM 18 

Un porno con Charlotte Gainsburg, questo ha dichiarato di voler realizzare il regista, Lars von Trier. In realtà si tratta di un presunto profondo discernimento filosofico su alcuni atteggiamenti umani, sia maschili che femminili, che non riguardano solo la sfera sessuale. Il laido Stellan Skarsgård è un verginello di appena sessant’anni che raccoglie una ninfomane pesta e ricoperta di piscio da un gelido vicolo di una città senza nome della mitteleuropa dopo una sequenza in puro stile Von Trier con un silenzio lungo a camera fissa, poi dei dettagli serrati con i rumori naturali e poi uno scoppio a tutto volume di una canzone violenta e demoniaca dei Rammstein (gruppo che fa del “metallo pesante”), “Führe Mich”, quando entrano in scena i due personaggi. Lui la porta a casa, la cura e la ascolta (cosa che – direbbero i maschilisti misogini – la soddisfa maggiormente). Lei racconta la storia della sua vita, della sua sessualità, dalla scoperta, quando, giocando insieme alla sua amica, strusciava il pube sul pavimento bagnato, ad aneddoti divertenti come quello del litigio di due neri superdotati durante un tentativo di doppia penetrazione. Lui durante tutti questi racconti discerne molto compostamente ogni atteggiamento con distacco comprensione e utilizzando delle metafore che vanno dalla pesca con la “mosca” alla musica. Anche lei si ispira a quello che vede nella stanza per nominare i capitoli della propria sessualità. C’è la storia d’amore con un uomo impersonato da Shia LaBeouf. le sequenze più belle sono quelle della ragazza con il padre amorevole che le spiega l’anima degli alberi. Per non farsi mancare niente ci sono storie noir di riscossione debiti, di pedofilia e di vendette saffiche. Troppo? Non è troppo, il tutto risulta divertente anche persino quando, in un twist finale, telefonato o meno, il colpo di scena conclude il film proprio come un orgasmo inatteso.




sabato 24 maggio 2014

ZIG ZAGABRIA





Tra il 16 e il 18 maggio 2014 si è svolta a Zagabria la diciassettesima edizione del festival del fumetto "Crtani Romani Sou", per gli amici CRS, una kermesse alla quale ero già stato invitato altre due volte, nel 2004 e nel 2008, e a cui gli amici croati hanno voluto di nuovo farmi partecipare con un nuovo, graditissimo invito. 

La sede della mostra nel Palazzo degli Artisti nel centro di Zagabria

Va detto che sono stato in Croazia altre due volte ancora, in occasioni di un altro paio di occasioni non legate al CRS ma comunque fumettistiche: una volta nel 2011 per festeggiare i cinquant'anni dello Spirito con la Scure e presentare il primo Zagorone e l'edizione croata del libro su Gallieno Ferri scritto con Graziano Romani, e una volta nel 2012 per un festival in Dalmazia, nella città balneare di Makarska. 

Io e Ferri a Zagabria nel 2004

Io e Ferri a Zagabria nel 2004

Autori zagoriani a Zagabria nel 2008



Graziano Romani a Zagabria nel 2011 per presentare l'edizione croata del nostro libro su Gallieno Ferri

Io e il disegnatore serbo Bane Kerac (attualmente all'opera su Zagor) al MaFest in Dalmazia nel 2012

Se si aggiungono altre tre visite come semplice turista, i miei viaggi nella Patria della Cravatta sono stati ben otto in dieci anni, molto di più di quanto io sia stato in Francia o in Spagna, in Olanda o in Austria, insomma. Ogni volta mi sono trovato benissimo, e ho incontrato persone speciali, con le quali ho stretto importanti vincoli di amicizia. 

In vacanza in Dalmazia, sull'isola di Brac

Come sapete se siete stati qualche volta al mare in Istria o lungo la costa dalmata, le edicole croate sono piene di albi di Zagor e sulle bancarelle e nei negozi si vendono magliette con lo stemma di Zagor, popolare quanto quello di Superman, di Batman o di Capitan America, e forse anche di più perché lo Spirito con la Scure è il leader del mercato, la sua popolarità è incredibile e le sue avventure vengono continuamente ristampate. Chi ha visto il documentario "Noi, Zagor", del regista Riccardo Jacopino, ha assistito persino alla visita del Presidente della Repubblica Ivo Josipovic  a una convention fumettistica e ai suoi entusiastici commenti di fronte a un albo dello Spirito con la Scure. 

Un lettore croato con una delle tante magliette zagoriane

Non mi sono meravigliato, dunque, del rinnovarsi della festosa accoglienza verso il sottoscritto e verso gli autori che erano con me, giunti a Zagabria per inaugurare una importante mostra (circa cento originali esposti, tra copertine e tavole interne) dedicata a Gallieno Ferri nel Palazzo degli Artisti, nel centro cittadino. Ferri era assente giustificato per motivi di salute, e a rappresentarlo abbiamo provveduto io, Marcello Mangiantini e Marco Verni. Inoltre, fra gli ospiti italiani con cui abbiamo condiviso i giorni del Festiva e fatto squadra, c'erano i grandi Roberto Diso e Paolo Eleuteri Serpieri. Mi sembra quasi incredibile, ricordando quando da giovanissimo leggevo i loro fumetti, poter oggi dare loro del tu e considerarli miei amici.

I tre autori zagoriani invitati a Zagabria nel 2014: Burattini, Verni e Mangiantini

Io con Paolo Eleuteri Serpieri e Roberto Diso


Oltre alla mostra ferriana, a Zagor sono stati dedicati poster, locandine, striscioni, magliette, articoli sui giornali e in televisione. Un poster personale è stato tributato anche a Marco Verni che, con Mangiantini, ha avuto poi delle stampe da personalizzare per il pubblico messosi in fila (sono stati eseguiti anche numerosi disegni per chi si era prenotato con un tagliando numerato). Inoltre, un bel catalogo con la copertina di Serpieri ha raccolto le interviste realizzate a tutti gli ospiti. La più lunga è stata la mia, curata da Danijel Kuzmic. La propongo in italiano qui di seguito, per chi fosse interessato a leggerla anche nel nostro Paese.

La locandina dedicata a Gallieno Ferri

La locandina dedicata a Marco Verni

La locandina dedicata a Roberto Diso

La maglietta dedicata a Paolo Eleuteri Serpieri

Una curiosità riguarda il tipo di pubblico che ha partecipato ai tre incontri zagoriani e posto domande. I croati sono a favore delle novità, delle trasferte, degli incontri con i personaggi storici, della commistione fra i generi, della sperimentazione di nuovi autori. L'esatto contrario di una certa parte dei lettori italiani, tradizionalissimi. Come si vede, il mondo è bello perché è vario.
Le foto che seguono raccontano meglio di tante parole la cronaca dei giorni croati. Intervalleranno le mie risposte alle domande dell'intervista di cui vi ho parlato.


INTERVISTA A 
MORENO BURATTINI
a cura di Danijel Kuzmic

dal catalogo del Crtani Romani Sou 
di Zagabria (Croazia)
17° edizione - maggio 2014


Innanzitutto un caloroso saluto al nostro caro amico Moreno Burattini, credo che possiamo chiamarla in questo modo, visto che non è il suo primo arrivo in Croazia. Cominciamo dall’inizio: chi è Moreno Burattini e come si presenterebbe?

Potrei presentarmi appunto come un croato adottivo, visto che sono già stato nel vostro bel Paese già una decina di volte, sia per manifestazioni fumettistiche che come semplice turista, e in ogni occasione mi sono sempre trovato benissimo. Comunque, prima di questo, sono un uomo che ha avuto la fortuna di riuscire a fare il lavoro che ho sempre sognato fin da ragazzo: non soltanto quello di lavorare nel mondo del fumetto ma riuscire proprio a scrivere almeno una storia di Zagor. Sono nato nel 1962 a San Marcello Pistoiese e da lì mi sono trasferito ancora bambino, seguendo mio padre che aveva trovato un impiego nei pressi di Firenze. Ho sempre adorato il disegno di Ferri, le cui copertine accendevano la mia immaginazione in modo prepotente, ma soprattutto leggevo e rileggevo le storie di Nolitta, cercando di immaginare chi fosse questo signore in grado di emozionarmi tanto, e come facesse ogni mese a inventare storie sempre nuove e tutte così belle. Avessi potuto, mi dicevo, essere io come era lui! Non ci sono mai riuscito, com’è chiaro, ma di sicuro mi ero trovato un ottimo modello da seguire.

Il Palazzo degli Artisti di Zagabria, sede del CRS 17° edizione




Una domanda che non si aspetta e nessuno le ha mai posto... da dove deriva il suo amore per i fumetti?

Fin da quando ne ho memoria, sono sempre stato un appassionato lettore, di libri ma anche di comics. Fra gli eroi di carta, indubbiamente, lo Spirito con la Scure occupava il posto più alto del podio. Ci sono fotografie che mi ritraggono a tre o quattro anni intento a sfogliare i fumetti Disney pur non avendo ancora imparato a leggere, soltanto guardando le figure. Probabilmente i primi disegni che ho visto hanno acceso la mia fantasia e da quel momento ho avuto bisogno di “combustibile” per alimentare il “fuoco” che avevo dentro.

Marco Verni davanti alla sua locandina

Lei è noto per il suo lavoro sulle fanzines e la critica fumettistica. Ha fondato la rivista  Dime Press,ci può dire qualcosa a proposito e da dove deriva il nome Dime Press?

Ho cominciato molto presto a esercitarmi come scrittore, scrivendo e riscrivendo tutto quello che un ragazzino prima e un adolescente poi poteva riuscire a realizzare nel chiuso della propria cameretta: raccontini, commediole, addirittura romanzetti. Poi arrivarono le prime pubblicazioni su giornali parrocchiali o su notiziari locali, e inevitabilmente mi feci le ossa “piazzando” miei articoli riguardanti i fumetti sulle fanzine che all’epoca davano voce al mondo degli appassionati: era più o meno la metà degli anni Ottanta. Intervistando gli autori che incontravo nelle principali mostre del settore cominciai a farmi qualche idea su come si confezionavano le sceneggiature e su quali fossero le dinamiche editoriali che permettevano agli albi di arrivare in edicola. Fra le riviste per cui scrivevo, due furono fondate da me, “Collezionare” e “Dime Press”. Quest’ultima era una pubblicazione professionale dedicata totalmente alla produzione Bonelli (mentre la prima era dedicata al collezionismo). “Dime Press”, letteralmente, significa “stampa da pochi soldi”, ed era il nome che in America davano a un tipo di pubblicazioni, di taglio molto popolare, in voga da inizio Ottocento fino a inizio Novecento, su cui comparivamo racconti avventurosi dedicati agli eroi della frontiera (Davy Crockett o Buffalo Bill) oppure a poliziotti delle metropoli, roba comunque “pulp”. Sergio Bonelli aveva chiamato “Daim Press” (scrivendo l’espressione così come si pronuncia in italiano) la sua casa editrice, negli anni Settanta e Ottanta, e dunque io pensai di intitolare la mia rivista richiamando alla memoria sia la “stampa popolare” americana, sia la produzione del mio Editore preferito. Non ho mai smesso, comunque, di pubblicare articoli e veri e propri saggi dedicati agli eroi di carta: sono parecchi i libri a cui ho collaborato e, fra quelli che ho scritto in prima persona, ci sono appunto due biografie, uscite entrambi nella collana “Lezioni di Fumetto” della Coniglio Editore, dedicate a Ferri e a Nolitta. Continuo a leggere con immenso piacere ogni genere di avventura disegnata, e dedico anche il mio tempo libero cercando di promuovere la “nona arte”, partecipando a incontri con il pubblico, organizzando eventi, spendendomi perfino sui “social network” in favore di ciò che io e tanti altri autori realizziamo.

Standiste zagoriane

Magliette zagoriane anche per i baristi del CRS di Zagabria

Ci racconti qualcosa dei suoi inizi con la casa editrice Acme.

Venne il giorno in cui mi sentii pronto per presentare a Sergio la mia prima proposta, offrendogli la mia collaborazione quale sceneggiatore. Era il 1987: ci vollero tuttavia due anni di prove, prima che una mia trama venisse accettata. Ma nel 1989 mi venne detto che ero stato accettato nello staff e da allora non ne sono più uscito. Dopo altri due anni il mio primo “Zagor” arrivava in edicola, disegnato proprio da Gallieno Ferri. Fu una grande emozione. Nel frattempo però avevo già pubblicato qualche racconto horror sulla rivista “Mostri” della ACME, ed ero stato arruolato anche come sceneggiatore di Cattivik e di Lupo Alberto, personaggi per i quali ho finito per scrivere decine e decine di storie prima di venire del tutto assorbito dal lavoro per il Re di Darkwood.




Abbiamo letto che prima di approdare a Zagor, lei scrisse alla Bonelli criticando alcuni episodi(questi furono avvenimenti che la avvicinarono per la prima volta alla casa editrice).

La mia piccola attività di “critico in erba” mi aveva messo in contatto con Sergio Bonelli, a cui, appena avevo saputo che Guido Nolitta era proprio lui, avevo scritto una lettera piena di ringraziamenti per i tanti sogni che mi aveva regalato. Sergio aveva non soltanto risposto a quella prima missiva, ma aveva anche mantenuto un rapporto con me, fatto di scambi di corrispondenza e di telefonate, seguendo tutto quello che andavo scrivendo su questa o su quell’altra pubblicazione. Non è che scrivessi a Sergio per “criticare” il lavoro degli altri: facevo anche dei complimenti! Però, come dicevo se c’era qualcosa che non mi era piaciuto, dicevo anche se c’era qualcosa che non mi era piaciuto. Sergio sembrava interessato ai miei commenti e pareva tenerli in considerazione, forse perché mi riteneva un interlocutore in grado di rappresentare una parte del suo pubblico.

Questo lettore croato ha voluto la mia firma sulla sua maglietta


Visto che le critiche riguardavano Zagor degli anni Ottanta,ci può dire cosa non le piaceva?

Come molti altri lettori io avevo molto sofferto per l’abbandono di Guido Nolitta, che aveva smesso di scrivere le storie di Zagor nel 1980. Ancora oggi, a distanza di quasi 35 anni ci sono appassionati che non si rassegnano a vedere i nomi di altri sceneggiatori, il mio compreso. Ma diciamo che nell’immediato periodo seguente all’addio di Bonelli, a noi zagoriani della “vecchia guardia” i suoi successori sembravano non essere alla sua altezza. Del resto, l’eredità nolittiana era difficile da raccogliere. La Casa editrice fece molti esperimenti, alternando vari collaboratori. Ci volle del tempo prima che le cicatrici si rimarginassero e il pubblico potesse tornare a guardare con benevolenza gli sforzi degli “eredi” di Nolitta. Anche autori molto importanti come Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi non riuscirono a farsi amare dal pubblico legato alla maniera che aveva Sergio Bonelli di scrivere i suoi racconti. A Sergio, nelle mie lettere e nelle mie telefonate di quel tempo, io chiedevo sempre che tornasse a scrivere lui. E ho continuato a chiederglielo fino all’ultimo, anche da curatore di testata.
Le due graziosissime interpreti a disposizione degli ospiti zagoriani: Ana e Tea, giovanissime (43 anni in due) ma estremanente capaci e professionali. Le abbiamo soprannominate "le badanti".

L'albergo del centro di Zagabria dove eravamo alloggiati

Tanti giovani aspiranti sceneggiatori vorrebbero conoscere il suo segreto.Come è riuscito ad entrare a lavorare in Bonelli?

Ho soltanto presentato le mie proposte e Sergio ha riconosciuto in me qualcosa di buono, forse un pizzico della sua stessa passione. Non si tratta però soltanto di “entrare a lavorare” nello staff di un personaggio, ma di continuare a farlo crescendo professionalmente e dimostrandosi in grado di sfornare idee sempre nuove. In Casa Bonelli ho comunque scritto anche varie avventure del Comandante Mark. Ho da poco superato la quota di ventimila tavole zagoriane pubblicate, e Sergio Bonelli, qualche anno prima della sua scomparsa, mi ha voluto affidare la cura proprio di quella testata che da ragazzo leggevo con tanto accanimento. Oggi infatti lavoro a Milano, nella sede della Casa Editrice a cui spedivo le mie lettere scritte da semplice lettore, e non considero il mio lavoro un mestiere come un altro, ma un dono del destino.

Ruzica, l'interprete personale di Roberto Diso

L’editoriale Bonelli era più aperta alle novità in passato oppure adesso?

La Casa Editrice è sempre stata aperta alle novità, visto che oltre a pubblicare le sue testate storiche nel tempo ha proposto graphic novel come la collana “Un Uomo un’Avventura” (anni Settanta) o riviste d’autore come “Orient Express” (anni Ottanta) o serie innovative come Ken Parker, Dylan Dog, Nathan Never, fino ad arrivare alle miniserie.  Oggi questa apertura verso le novità sta ancora aumentando, visto l’arrivo del colore, i primi tentativi di distribuire in formato ebook, l’approdo nella distribuzione in libreria, l’ufficio marketing e merchandising che stiamo allestendo. Ci sono molte novità in arrivo.




Esiste qualche aneddoto curioso sul suo ingresso in Bonelli?

Chiunque abbia lavorato con Sergio Bonelli, personaggio dalla forte personalità e dalle mille sfumature caratteriali, sa che gli aneddoti si sprecano. Era molto esigente sul lavoro e dirigeva la sua Casa editrice con piglio decisionista. Ricordo una grande lezione professionale che ebbi nei primissimi tempi in cui iniziai a collaborare con lui. Gli avevo portato, su sua richiesta, un elenco i gag di Cico che sarebbero dovute finire in “Cico Trapper”. Lui voleva vederle per decidere quali potevano andare bene e quali no. Più o meno ne passò la metà, cassando le altre. Io commisi l’errore di dire: “Gli sketches scartati potranno magari andar bene per un altro speciale”. Non l’avessi mai fatto: Sergio mi rimproverò aspramente, dicendo che uno sceneggiatore deve avere il coraggio di buttar via le idee che non funzionano e tirarne fuori a getto continuo delle altre sempre nuove! “Uno sceneggiatore deve essere generoso”, usò proprio questa espressione. Non mi azzardai mai più a fargli sospettare che una mia proposta potesse essere qualcosa di riciclato

La "badante" Ana

La "badante" Tea

Tra tutti gli eroi Bonelli con cui poteva lavorare ha scelto Zagor, cosa la spinse verso questa serie, noi possiamo immaginarlo, ma ce lo racconti per i suoi accaniti lettori in Croazia.

Zagor era l’eroe che più mi aveva fatto sognare da ragazzo. Non mi sono proposto per altri eroi, mi sono proposto per Zagor. Era quello il mio desiderio. In questo momento sto scrivendo anche una storia di Dampyr e ne ho da poco finita una di Tex, ma tutto sommato sono rimasto fedelissimo all’eroe di Darkwood in tutti questi anni, la mia è stata una completa dedizione all’eroe che ho sempre amato di più. Il perché di questa passione è da ricercarsi nel fatto che i racconti dello Spirito con la Scure permettono di spaziare con la fantasia in tutti i regni dell’Avventura: Zagor non appartiene a un genere ben preciso, ma viene “contaminato” da tutti. Sia come lettore che come scrittore non sai mai quale sarà l’argomento della storia successiva.

Marcello Mangiantini e Roberto Diso a Zagabria

Marcello Mangiantini e un altro grande ospite internazionale: John McCrea!

Io e John McCrea


Il suo primo Zagor fu “Pericolo Mortale”: quando lo vide  in edicola, pronto per essere letto e giudicato, che emozione provò?

Fu un’emozione grandissima. Superata, credo, soltanto dalla nascita della mia prima figlia. Comprai l’albo in edicola e lo lessi cento volte incredulo al pensiero che proprio Gallieno Ferri aveva disegnato la mia storia.
Le mani di Paolo Eleuteri Serpieri all'opera

Paolo Eleuteri Serpieri
I lettori nominarono lei e Mauro Boselli salvatori di Zagor, tirandolo fuori dalla crisi creativa degli anni Ottanta, mettendolo nuovamente sul piedistallo con la vostra “Nuova Odissea Americana” negli anni Novanta. Vorremmo sapere come era la situazione in quegli anni e come siete riusciti a ribaltarla?

Quando arrivai a Zagor, Bonelli era scettico e pessimista circa il destino della testata.  Del suo pessimismo raccolsi io stesso testimonianza quando realizzai, con lo staff della fanzine “Collezionare”, la lunga intervista poi apparsa su uno Speciale della rivista dedicato a Zagor. “Il personaggio – disse Sergio – ha fatto il suo tempo. Più di così non può dare, è un eroe esaurito come tanti altri. Per cui anche come editore, se ho voglia di fare qualcosa, trovo un po’ avvilente accanirmi su cose vecchie e preferisco dedicarmi a progetti nuovi”. Credo che Bonelli avesse ragione a non attendersi miracoli e a prospettare solo un lento, anche se onorevole declino per il suo eroe. Quando entrai nello staff, ero consapevole di tutto questo e la cosa mi spaventava. Soprattutto, mi terrorizzò una frase di Toninelli che mi colpi come una coltellata: lo incontrai poco dopo il suo abbandono e gli chiesi perché se ne fosse andato, e Marcello mi rispose (grossomodo) così: “Non volevo essere ricordato come quello che aveva fatto chiudere Zagor”. Mi vidi prospettato un destino di ignominia in cui lo Spirito con la Scure lo avrei fatto chiudere io. E come fan numero uno del personaggio, c’era di chi starci male! Per fortuna, sono passati quasi venticinque anni e di chiusura ancora non si parla.  I pareri dei lettori e dei critici sono concordi nel dire che Zagor ha riacquistato una parte del suo fascino di un tempo, per cui se anche un giorno lontano chiuderemo, io e Boselli potremo dire di essere riusciti nel piccolo miracolo di aver rivitalizzato un personaggio ormai dato per spacciato. Come abbiamo fatto? Mettendoci dentro tanto entusiasmo e scrivendo quelle storie che a noi, come lettori, sarebbe piaciuto leggere. Certo, abbiamo avuto dei paletti e non tutte le nostre proposte sono state accettate da Bonelli, ma tutto sommato ci è stato consentito di portare nella serie anche “modelli” letterari e cinematografici nostri, che piano piano si sono sostituiti a quelli di Sergio. Penso per esempio a Lovecraft e Hodgson da cui ha attinto a piene mani Boselli.

La grande mostra dedicata a Gallieno Ferri nel Palazzo degli Artisti di Zagabria

L'ingresso della grande mostra dedicata a Gallieno Ferri




Lei ha scritto anche la serie extra di Cico fino all’ultimo episodio. Era presente anche nei suoi fumetti su Acme, com’era il suo rapporto con una serie umoristica e perché la serie si è conclusa?

Ritengo anzi, per quanto possa sembrare strano, che alcuni albi di questi Cico siano fra le cose migliori che ho scritto. Ritengo anche di avere un certo talento per l’umorismo, e mi piacerebbe poter scrivere fumetti umoristici. Ancora oggi, nelle mie storie,  ci sono alcune gag di Cico (che altri sceneggiatori invece trascurano). Credo che far ridere sia più difficile che emozionare con trame avventurose. Purtroppo il mercato italiano non premia le pubblicazioni umoristiche. Tuttavia la serie di Cico chiuse dopo oltre venticinque anni dal suo primo albo, e fu dunque una serie di successo, peraltro stampata con molta fortuna anche in vari Paesi esteri. Quando chiuse, vendeva ancora trentamila copie. Perché la chiusura? Perché arrivò il momento in cui il disegnatore, Francesco Gamba, si ritirò a godersi una meritata pensione. A quel punto Sergio Bonelli avrebbe dovuto trovare un successore e rilanciare la testata, ma preferì considerare conclusa l’esperienza e far andare in pensione anche Cico insieme al suo bravo disegnatore. Se dipendesse da me, però, riaprirei la collana anche subito. Per fortuna, come avete visto anche in Croazia, in questi mesi i primi albi vengono ristampati a colori.

Grande affluenza di pubblico per la mostra dedicata a Gallieno Ferri

Marco Verni visita la mostra dedicata a Gallieno Ferri

Padre e figli ammirati davanti alle tavole di Gallieno Ferri


La sua Odissea sudamericana è cominciata a metà del 2011,è stato un grande successo, come sono state le reazioni dei lettori e quanto è rimasto soddisfatto con questa avventura?

Io, personalmente, sono molto soddisfatto del risultato. La trasferta sudamericana è frutto di un lunghissimo lavoro di preparazione e di documentazione. Tutti i luoghi visitati esistono veramente e sono così come sono stati visti (anche se, ovviamente, non ci sono le amazzoni o i dinosauri che noi abbiamo mostrato) e la varietà di avventure che abbiamo proposto ai lettori, a mio avviso, è stata tale da poter accontentare tutti. Abbiamo persino messo Zagor al centro di un catastrofico terremoto seguito da uno tsunami! L’intreccio delle trame è stato complicato ma allo stesso tempo facile da seguire. Quali le reazioni? I bilanci li tireremo alla fine (il ritorno a Darkwood è previsto per l’estate 2014). Come al solito, però, ci saranno quelli soddisfatti e quelli insoddisfatti (di solito gli insoddisfatti sono più chiassosi e rumorosi degli altri e si notano di più).

Non lo dite alla moglie di Diso





Come ha ideato questa piccola saga, ogni sceneggiatore ha collaborato con gli altri, oppure vi siete divisi le parti della storia?

Io e Boselli abbiamo ideato le “motivazioni” del viaggio (che doveva chiudere tutte le trame legate ad Atlantide lasciate in sospeso) e abbiamo tracciato un percorso ideale stabilendo le tappe: Panama, Perù, Brasile, Cile, Argentina, Terra del Fuoco, Antartide. Poi Boselli si è accaparrato l’inizio e la fine e ha dichiarato che voleva scrivere una storia con i Cancageiros e con i dinosauri del “Mondo Perduto”. Io mi sono consultato con gli altri sceneggiatori dopo aver detto che a me piaceva far incontrare Zagor con Darwin e con le Amazzoni e mandarlo a Machu Picchu e in Terra del Fuoco. Mignacco ha proposto di celebrare Mister No in Amazzonia, in più lui che ha la passione per il Brasile e per la Patagonia ha chiesto di occuparsi di Bahia e del Lago Argentino. Rauch si è ritagliato un posticino in Panama. Io sono stato il punto di riferimento per tutti.

Un giovanissimo lettore croato incantato davanti a "Zagor 200"

Lettori in erba a caccia di arretrati zagoriani

Un giovanissimo croato chiede a Marcello Mangiantini un disegno ispirato a "Cico & Company"



Dove vorrebbe portare Zagor dopo il Sud America? Forse nel nostro vecchio continente?

Per un po’ lo lasciamo in America. Poi, se fosse per me, ci sarebbero viaggi in Giappone e in Asia Centrale (a Samarcanda, per esempio). L’Europa non piaceva a Sergio Bonelli, quale sfondo per le trasferte di Zagor, perché la riteneva troppo poco “esotica” e troppo legata ai libri di storia.

A Zagabria ho personalizzato i miei disegni con le caricature dei lettori che me li chiedevano


Esiste già un piano editoriale definito per le future storie?

Fino a tutto il 2015, sì. Porteremo il personaggio verso il n° 600 e il ritorno di Hellingen.

Ritiene più facile creare un nuovo nemico di Zagor, oppure pensare al  ritorno di un vecchio cattivo creato da Guido Nolitta?

Sono tutte e due cose difficili. La prima lo è di più se per “creare un nuovo nemico” si intende “creare un nuovo nemico all’altezza di quelli più famosi creati da Nolitta”. Poi, com’è ovvio, in ogni storia ci sono nuovi nemici, e noi cerchiamo sempre di far loro mettere Zagor in difficoltà e quindi proporsi come grandi avversari degni di un ritorno. A volte i grandi nemici nascono per caso, non si riesce a pianificarli a tavolino.


Meritata pausa caffé per Marcello Mangiantini

Gustosissimi piatti della cucina croata

Momenti conviviali a Zagabria


Lei cosa preferisce ed invece che cosa vogliono i lettori?

I lettori vogliono tutto e il contrario di tutto. Ognuno ha una visione del personaggio fatta su misura per se stesso. Ci sono persino quelli, molto agguerriti, che ritengono Zagor un personaggio western e si arrabbiano se in qualche storia invece dei soldati e degli indiani ci sono dei mostri. Altri non vogliono i riferimenti alla Storia con la “s” maiuscola, altri ancora non vogliono il fantasy, e via dicendo. Questo succede perché, da sempre, le storie dello Spirito con la Scure possono spaziare in tutti i generi: così, ciascuno finisce per avere il suo tipo di racconto favorito. Io, personalmente, amo proprio il passaggio tra avventure molto diverse fra loro.


Se potesse scegliere, chi vorrebbe far tornare tra i vecchi nemici di Zagor?

Il mio preferito è Supermike.


Paolo Eleuteri Serpieri in giro per Zagabria by night

Paolo Eleuteri Serpieri nel sole di Zagabria, di giorno, con le interpreti Ana e Tea
e con  Slaven Goricki, l'organizzatore di CRS 2014

Com’era il suo rapporto con Sergio Bonelli?

Lui mi ha conosciuto quando ero un ragazzo e per lui sono sempre rimasto “con i calzoni corti”, come diceva lui, cioè il suo “allievo”. Io ho sempre avuto un affetto smisurato verso di lui, gli ho dedicato una biografia (uscita pochi mesi prima della sua morte) e so di dovergli tutto. Sul lavoro, Sergio era burbero con me come con tutti, perché in ufficio era esigente e voleva (giustamente) controllare tutto, dando una impronta personale a qualunque cosa: dunque non era facile accontentarlo. Però, dopo aver fatto un rimprovero anche severo, era il primo a sorridere e far finta di niente o a dare una pacca sulla spalla di incoraggiamento.

Paolo Eleuteri Serpieri con  Slaven Goricki, l'organizzatore di CRS 2014


Secondo lei è cambiato qualcosa nella casa editrice dopo la scomparsa di Sergio Bonelli? A volte capita che chi arriva a sostituire un personaggio di tale importanza, cerchi una via molto diversa.

Tutti lavoriamo come se Sergio fosse ancora tra noi e ci chiediamo lui che cosa avrebbe detto riguardo a questa o quella questione. Però, prevale l’idea che Bonelli era sempre stato in grado di adattare le sue scelte al cambiare dei tempi e dunque si stanno prendendo decisioni coraggiose che vanno verso nuove direzioni. Davide Bonelli è sempre al fianco del nostro direttore Mauro Marcheselli.

Marco Verni, John McCrea e Marcello Mangiantini all'opera per il pubblico croato
Marco Verni


Lavorare sulla sceneggiatura.... che strada percorre il suo lavoro dall’idea iniziale alla sua realizzazione, quanto tempo le occorre per completare una storia di Zagor?

Tutto quello che vedo, che leggo, che sento, che ricordo, può servire da spunto per una storia di Zagor. Io però, avendo a che fare con uno staff numeroso e con un fumetto seriale, devo lavorare contemporaneamente su più storie. In questo momento ne sto portando avanti una decina. Perciò, scrivo dieci pagine di racconto per un disegnatore, poi mi interrompo e passo a scrivere per qualcun altro. In questo modo una storia si conclude nello stesso tempo che un disegnatore impiega a disegnarla, perché io lo alimento via via che va avanti. Un disegnatore veloce fa 15/20 pagine al mese, se è una storia è lunga 200 pagine ci vuole circa un anno fra scriverla e disegnarla.

La locandina di Marco Verni

Come lavora con i suoi disegnatori, devono seguire alla lettera le sue indicazioni o hanno libertà creativa?

Quando è necessario do indicazioni molto precise, in altri casi lascio liberta di inquadratura. Se ho ben chiara in mente la scena che dovrà essere illustrata, allora chiedo una precisa realizzazione delle mie direttive, se invece mi fido del disegnatore gli indico solo gli elementi essenziali e lascio che sia lui a decidere. Va detto che un bravo disegnatore riesce a metterci del suo anche quando è vincolato da indicazioni molto precise.

Con quale disegnatore lavora meglio, e con quale altro disegnatore di serie Bonelli diverse le piacerebbe lavorare?

Fermo restando che sono amico personale di tutti i miei collaboratori e con ciascuno ho un rapporto particolare che trascende il lavoro che stiamo facendo insieme, ci sono alcuni con cui la sintonia professionale è particolarmente affiatata e, da questo punto di vista, il disegnatore che sembra leggermi nel pensiero e realizza le scene esattamente come io le ho immaginate è Giuseppe Prisco. Al di fuori dello staff di Zagor credo che mi piacerebbe molto lavorare con Bruno Brindisi, Majo e Fabio Civitelli.

A Zagabria con un altro illustre autore intenazionale: il francese Jean David Morvan


Dobbiamo farle le nostre congratulazioni per la sua entrata nel club Ventimila, gli sceneggiatori con più di 20000 pagine di scrittura. Pensa di poter arrivare al vertice di questi grandi autori?

Chi ha fatto i conti dice che sono settimo nella classifica degli sceneggiatori più pubblicati dalla Bonelli in tutta la sua storia. Sono, insomma, nella top ten. Mi accontenterei di entrare nella top five.

Lei conosce bene Zagor, secondo lei quali sono stati i punti di svolta di questa serie, inizio e fine di un’era per il personaggio?

Il primo punto di svolta è stato l’abbandono di Guido Nolitta. Il secondo punto di svolta, l’arrivo di Marcello Toninelli. Quindi l’arrivo di Mauro Boselli. Poi, credo di averci messo lo zampino io quando sono diventato curatore di testata. Ultimo giro di boa, la scomparsa di Sergio Bonelli che ha lasciato la barca lungo la rotta da lui tracciata ma senza la sua guida.

Ogni anno il calo di vendite di fumetti è più marcato, i giovani sembrano orientati verso altri medium, sono circondati dall’elettronica, si sta sviluppando la lettura online. Secondo lei Zagor si potrà orientare verso questo settore di nuovi utenti oppure resterà un fenomeno esclusivamente cartaceo?

Zagor subirà la stessa sorte degli altri fumetti. Vedremo quale.

Il caloroso pubblico croato

Quale può essere il futuro del fumetto in generale e di Zagor in particolare?

Secondo me, esisterà sempre un pubblico per il fumetto. Sarà meno numeroso che in passato, come accade per il teatro. Le pubblicazioni costeranno di più. Chi non potrà permettersele si rivolgerà al digitale.

Una domanda a cui teniamo molto. E’ necessario rendere più attuale Zagor,per attirare nuovi lettori, oppure la sua forza è quella della tradizione Bonelli?

La storia di Zagor dimostra che servono tutte e due le cose.

La cattedrale di Zagabria

Dovrebbe chiarirci un dubbio, lei è lo sceneggiatore principale di Zagor, con una grande carriera, scrittore,critico, blogger, attivo in Rete, caporedattore della serie. Come fedele zagoriano, promuove la cultura fumettistica e di Zagor alle varie manifestazioni, ed è sempre disponibile e di buon umore. Non è che ha fratelli gemelli oppure cloni? 

Ahimé, no! Magari li avessi.



Seriamente, come riesce ad organizzare la sua giornata di lavoro in redazione , essere presente in manifestazioni e promozioni, scrivere di fumetti in Rete e su carta e sceneggiare Zagor?

Lavoro molto, organizzo il mio lavoro, sacrifico gran parte del mio tempo libero, sono molto veloce nello scrivere, nel pensare e nell’agire.




Ultimo e più importante, cosa può  consigliare ai giovani sceneggiatori, come si può riuscire ad entrare in Bonelli o in altre case editrici?

Questa è la domanda più difficile. Nel mio ufficio, ricevo ogni mese una decina di proposte da parte di disegnatori o sceneggiatori in cerca di lavoro, e lo stesso capita a tutti i curatori dei personaggi Bonelli. La difficoltò nel trovare spazi riguarda tutti gli aspiranti autori. Una volta esistevano decine di Case editrici e da qualche parte chi aveva talento e buona volontà riusciva a infilarsi e, con il tempo, a emergere. Oggi le Case editrici si contano sulle dita di una mano e tutte sono con problemi di sovraffollamento. Del resto, se i lettori scarseggiano il mercato si riduce e con esso le possibilità per i nuovi autori. Sono tempi molto ma molto difficili. Nel caso di Zagor la situazione è drammatica perché siamo già più di dieci sceneggiatori e produciamo più pagine a fumetti di quante ne pubblichiamo. Ciò nonostante io continuo a offrire possibilità a disegnatori ed autori di testi  ma più di tanto non posso fare. Il consiglio che si può dare è che prima di puntare a fare fumetti un aspirante sceneggiatore dovrebbe pensare bene se non sia il caso di puntare a scrivere cartoni animati o a fare testi per la TV, settori ben più attivi e remunerativi. Se poi sono i fumetti la passione della vita, allora si devono mandare proposte convincenti, ben sapendo che, comunque, sarà dura.