Qualche giorno fa ha annotato sulla mia pagina Facebook il breve testo, quasi da “diario in pubblico”, che potete leggere anche qui sotto.
A tavola 251 della storia con il ritorno di Hellingen (che sto scrivendo per i disegni di Sedioli/Verni) ho deciso di smettere di pensare a come giudicheranno i lettori le trovate che mi sono venute in mente: spettacolari o disturbanti? Avvincenti o ridicole? Di sicuro cambierà qualcosa nel microcosmo zagoriano, e ci sarà una morte inaspettata.
Un lettore, che ringrazio per l' attestazione di stima e le parole di apprezzamento, ha commentato come segue:
Sono BRAMOSO di leggerla... io AMO il personaggio di Hellingen in TUTTE LE SUE FORME, e, a differenza di tanti, ho apprezzato MOLTISSIMO la svolta che gli hai dato, immaginandolo razzista ed ex collaboratore di Altrove... e ho adorato la storia con Dylan Dog e Martin Mystere, dove, sono sicuro, c'è molta farina del tuo sacco.
Ciò che mi colpisce, in queste frasi, sono due espressioni: “a differenza di tanti” e “la svolta che gli hai dato”. Permettetemi di almanaccarci su. Pare che io abbia dato una “svolta” al personaggio di Hellingen nella storia che è stata pubblicata nel 2015 a partire dall’albo “Resurrezione” (Zagor n° 602) fino a “Finale di partita” (Zagor n° 605). Questa “svolta” non sarebbe stata apprezzata da “tanti”. Ora, io non so chi siano e quanti siano questi “tanti”, ma soprattutto non riesco a capire in che cosa consista la “svolta”.
Mi spiego meglio. Secondo il commentatore, il cambiamento epocale consisterebbe nel fatto che ho immaginato Hellingen “razzista”. Ecco, io non ho immaginato proprio nulla. Mi sono limitato a trarre le logiche conseguenze da quanto detto da Guido Nolitta in “Sulle orme di Titan”. Infatti, quando il mad doctor parla per la prima volta con Zagor legato per i polsi alla parete del suo laboratorio, non si scaglia contro di lui promettendogli una morte fra mille tormenti ma, al contrario, apprezzandone le doti fisiche e di combattente, gli propone di arruolarsi fra i suoi uomini! E gli dice così: “Ho bisogno di uomini che sappiano imporsi, che sappiano comandare e farsi rispettare… uomini come voi! In poche parole vi sto chiedendo di unirvi a noi. Avrete il privilegio di essere uno dei miei uomini di fiducia e di marciare alla testa del mio esercito di automi che, da questa piccola isola, si propagheranno per tutta la nazione e poi per tutto il continente!”. Poco prima, riferendosi alla tribù degli Ottawa, aveva definito i pellerossa “quel branco di selvaggi che vive sulla riva del lago”.
Mi sembrano discorsi assolutamente da razzista, anzi da propugnatore di un regime gestito da chi si sa imporre e comandare, dai “migliori”. Viene da pensare alla razza ariana e ai discorsi di Hitler. Se ci si aggiunge il fatto che, come lo stesso Hellingen rivela, lui era stato emarginato per le sue idee dai suoi stessi colleghi scienziati, non si può fare a meno di immaginare un collegamento con le teorie di Frederick Henry Osborne che nel 1837 (epoca zagoriana) pubblicò il suo saggio “Development of a Eugenic Philosophy” su cui si basa la follia dell’eugenetica, che propone, fra le altre cose, la sterilizzazione o la soppressione degli individui più deboli per “migliorare” la razza e giungere a una società di individui quanto più perfetti possibili. Dunque, mostrando nella mia storia del 2015 un giovane Hellingen che a un congresso di scienziati propone le stesse idee di Osborne e fa riferimento alle pratiche eugenetiche delle antiche società (Sparta con il monte Taigete, e Roma, con la rupe Tarpea), non mi sembra di aver snaturato in alcun modo il personaggio. Era già tutto scritto fin dalla sua prima apparizione, bastava leggere con attenzione i dialoghi nolittiani. Attenzione che, evidentemente, non hanno avuto i “tanti” detrattori che invece hanno ritenuto di vederlo tradito. Come al solito, parlando a vanvera.
Ma c’è dell’altro. Nella storia “Resurrezione” io ho immaginato la clonazione di un Hellingen riportato esattamente nella condizione in cui Nolitta l’aveva lasciato, in “Magia senza tempo” (Zagor 182, 1980). Infatti il professore che viene ricreato ha i ricordi dell’originale disintegrato dalla cabina degli Akkroniani. Tutto ciò, dopo che due altri miei illustri colleghi, Tiziano Sclavi e Mauro Boselli, avevano trasformato Hellingen in un personaggio molto diverso da quello nolittiano, con avventure del tutto fuori dai canoni, visionarie, trascendentali, magiche, al punto che alla fine era stato spedito persino nel Mondo del Caos del demone Wendigo, dunque in un’altra dimensione. Però, io che riporto Hellingen a com’era all’epoca di Nolitta, avrei operato una “svolta” che “tanti” non hanno apprezzato; Sclavi e Boselli invece sarebbero rimasti nel solco della tradizione. Mah. In teoria, i cultori della nolittianità dovrebbero ringraziarmi per la restaurazione dello status quo. Invece vengo accusato (io, non Sclavi e non Boselli) di aver “svoltato” troppo. Davvero non si finisce mai di imparare.