Questo
blog, che era nato come uno spazio in cui avevo l'abitudine di parlare anche di me e della mia vita, manifestando le mie idee sugli argomenti più vari, si è andato con il tempo trasformando in uno spazio più o meno dedicato soltanto al mio lavoro, e zone limitrofe, in cui tengo informati i fedelissimi (o chiunque sia interessato) di ciò che ho fatto, sto facendo o farò. A volte esprimo opinioni sul fumetto in generale, ma non tengo più un diario personale. Tuttavia, lo scorso anno ho fatto un'eccezione proponendo addirittutra una fotocronaca del mio matrimonio. La trovate
cliccando qui.
Proprio in quell'occasione, i miei
tre figli mi hanno fatto un regalo davvero bello e commovente, che mi fa piacere mostrarvi. La vita mi ha portato, attraverso varie vicissitudini, a vivere lontano da loro e a non potrerli vedere tutti i giorni, anche se ho cercato di essere il più possibile presente. Mi sono sempre chiesto se, nonostante tutto, sono stato un buon padre e se ho lasciato qualche segno positivo nella loro vita.
Il giorno del mio matrimonio, i tre ragazzi (ormai tutti sopra i venti) mi hanno consegnato, durante il pranzo organizzato fra pochi intimi, un libro tirato in una sola copia, spillato e in formato comic book, di cui vedete qui a sinistra la copertina.
Si tratta di una sorta di
album dei loro ricordi d'infanzia e di
adolescenza riguardanti i momenti più belli (almeno quelli che tali sono
nella memoria di tutti e tre) vissuti con me accanto. Così mi sono potuto rendere conto che sì, qualcosa di buono sono riuscito a seminarlo. Ogni "flash" della memoria è stato visualizzato dal disegnatore
Mirko Sisi, con cui i miei figli devono aver intensamente interagito come dei navigati sceneggiatori, vista l'efficacia del risultato.
Se non avete di meglio da fare, potete sfogliare insieme a me alcune delle pagine del libro, partendo da quella che vedete qui sotto, dove mi si vede tenere in braccio la prima figlia, subito dopo la nascita. Ero giovane e bello, e nei video girati nel reparto maternità mi si vede (cosa che ha colpito i ragazzi, rivedendoli) soffiare delicatamente sul volto della neonata perché mi ero accorto che, facendolo, lei sembrava divertirsi.
La
stessa figlia, poi, ricorda (forse perché le è stato raccontato dalla mamma o perché ha visto se stessa in qualche fotografia seduta fra i volumi tolto dalla libreria, più che per un caso di memoria precoce) di quando, a un anno o due, mi svuotava tutti gli scaffali a cui riusciva ad avere accesso, facendomi inalberare, dato che è una vita che riordino i ripiani secondo criteri rigidissimi.
Il secondo arrivato, un maschietto, per anni ha detto di avere un amico immaginario, che vedeva soltanto lui e a cui addirittura telefonava (persino dalle cabine pubbliche, quando andavamo in giro), chiamato Pacco. Se c'era da dare la colpa di qualche marachella, ovviamente veniva attribuita a Pacco. Che poi, un giorno, è misteriosamente scomparso (forse a causa delle Poste). Nei ricordi del ragazzo, c'è anche però il fatto che sono stato un babbo con la scure, o almeno in grado di costruirgliene una con la cartapesta, come dimostra il disegno in apertura.
Quando è arrivata la terza figlia, anche lei si unita ai primi due nell'ascoltare, ogni sera, la lettura di qualche pagina di un libro per ragazzi. Uno che è rimasto loro impresso, a giudicare dall'illustrazione commissionata a Mirko Sisi, è stato il Pinocchio di Collodi con le illustrazioni di Jacovitti. Ricordo che facevo notare ai ragazzi i salami distribuiti dappertutto, e ne erano molto divertiti.
La quarta illustrazione si intitola "La figlia filosofa" (ogni disegno ha un titolo). L'aneddoto riguarda una massima proferita con incredibile saggezza dalla bambina più piccola. Eravamo in vacanza al mare e ogni giorno (andata e ritorno mattina, andata e ritorno il pomeriggio) c'era da raggiungere una spiaggia parecchio distante dal punto dove riuscivo a parcheggiare la macchina, trasportando sulle spalle sdraio, ombrellone, cesta delle cibarie e asciugamani. La cosa mi stremava e cercavo sollievo nel mugugno. Sentendomi lamentare, la bimba disse: "Il mare è così, la vita è così". Da allora, questa è una delle frasi che mi ripeto come un mantra di fronte alle fatiche e le difficoltà dell'esistenza.
Nei ricordi della stessa figlia c'è poi un episodio che, ai suoi occhi, mi ha fatto apparire una sorta di Zagor (come di vede nel disegno qui sotto), anche a me non è mai sembrato di aver compiuto un'impresa così eroica. Eravamo in automobile io e lei, quando siamo stati sorpresi da una bufera di neve di quelle epocali, che creano gli ingorghi in autostrada. Rimanemmo bloccati nel traffico per ore, mentre il manto nevoso aumentava a vista d'occhio. A un certo punto decisi di uscire, ma lo svincolo era bloccato da un furgone impantanato e non si poteva passare. Avevo una corda, bisognava legarla alla mia macchina (attrezzata) e provare a trainare il veicolo quel che tanto che bastava per toglierlo dal punto in cui slittava. Così, la bimba mi vide scendere dall'abitacolo, uscire nel buio della notte sotto la nevicata e, con l'aiuto dell'altro autista, spingere e tirare, legare e strattonare quel che serviva, finché riuscimmo nell'intento e si potè ripartire. A quanto pare, nei suoi ricordi feci la figura del supereroe.
Più che il mare, a me piace la montagna. Del resto, ci sono nato. Anche i tre ragazzi sono appassionati di boschi, di verde, di panorami di alta quota, e abbiamo fatto qualche scarpinata insieme. Una volta li ho portati a vedere quello che dissi loro essere "un posto segreto". E' un punto panoramico "fuori pista", sulle montagne pistoiesi, dove il bosco, molto folto, improvvisamente si apre su uno strapiombo che nessuno si aspetta, e che non si sa trovare se non si conosce il percorso. Ne sono rimasti affascinati.
Poi c'è la faccenda dei "film obbligatori". Una volta ogni quindici giorni, più o meno, costringevo i tre a sedersi con me davanti alla TV e a guardare, in videocassetta o in DVD, un film del passato che, secondo me, non potevano fare a meno di conoscere. Credo che mi siano grati per certi che fanno parte del loro bagaglio. Ricordo la voltra che videro "Il monello" di Charlie Chaplin. La bambina piccola avrà avuto tre o quattro anni e scoppiò a piangere disperata vedendo il ragazzino portato via dai poliziotti dalle braccia del vagabondo. Si tratta di un film degli anni Venti del secolo scorso, muto e in bianco e nero: eppure lo seguirono a occhi spalancati.
Non dico che ci fossero anche le "canzoni obbligatorie", però io ho i miei gusti (musica italiana, cantautori, pop) e fra i dischi che sentivamo in macchina c'erano quelli dei miei artisti prediletti. Per un certo periodo abbiamo avuto montayo sull'automobile un impianto stereo che conteneva dieci CD, e quindi li masterizzavo in modo che, con quindici canzoni ciascuno, ci fosse una bella scelta, comprese le canzoni che suggerivano loro (da Britney Spears allo Zecchino d'Oro o le sigle dei cartoni animati). A quel punto le discussioni (a volte molto accese) erano su chi dovesse scegliere i brani da sentire (ognuno voleva ascoltare i propri preferiti): veniva stilato un elenco preciso del menu disponibile e quindi, come davanti un juke box, a turno selezionavano le canzoni che volevano.
Un altro ricordo rimasto impresso nei ragazzi sono le risposte esatte che davo ai quiz proposti da Jerry Scotti in "Chi vuol essere milionario". Secondo loro, le indovinavo tutte. Hanno insistito per anni perché mi iscrivessi per partecipare. Non l'ho mai fatto perché temevo di fare una figiraccia con le domande di sport.
Più volte ho portato i ragazzi a Milano da me, e di fronte alle mille luci della metropoli ognuno voleva essere portato da qualche part, magari nei negozi milanesi più di moda fra i ragazzi, ma anche nelle grandi librerie, a fare compere e acquisti.
Li ho portati con me anche a New York (tra l'altro). Di quel viaggio, ricordano i loro occhi meravigliati di fronte a tutto, e le vesciche che avevo io a piedi a forza di camminare (mi fermavo di continuo a mettere dei cerotti).
L'ultima illustrazione che vi faccio vedere (ce ne sono altre) mostra i tre ragazzi com'erano e come sono, che cantano con me la mia canzone preferita (ognuno ha la sua), che evidentemente piace anche a loro.