Massimo Manfredi, a destra nella foto accanto ad Alessando Piccinelli, è un nome ben noto ai più assidui frequentatori di questo blog. In un articolo del 2013 intitolato "Vent'anni di storie" (leggibile cliccando) l'ho definito "Il lettore che ogni autore desidererebbe avere". E aggiungevo qualche spiegazione, che riporto: "Anche quando il suo giudizio è critico, il suo
parere è argomentato e senza acrimonia. E soprattutto, non serba
rancore: dalla storia successiva è pronto a valutare ciò che gli viene
proposto, senza pregiudizi. Se individua delle falle, conserva memoria
dei meriti. Inoltre, è informato, poliedrico, non è un monomaniaco nelle
sue letture ma spazia. Nel gennaio 2013 abbiamo idealmente festeggiato
insieme i primi venti anni di una consuetudine: l'arrivo in redazione di
una lunga lettera in cui, con certosina pignoleria, Massimo esamina uno
per uno tutti gli albi zagoriani dell'annata precedente appena
conclusasi. La lunga lettera, si badi bene, è riservata solo a noi della
redazione. Ogni commento è sempre stato accompagnato
da un giudizio espresso in voti, talvolta condivisibile, talvolta no, ma
sempre ben giustificato da una disamina."
Dopo aver ricevuto la lettera
del 2013, ho chiesto al mittente il permesso di pubblicare sul blog
tutte le sue recensioni di cui
si erano conservati i files, ed ecco il perché del titolo "Vent'anni di storie". Ovviamente,
non sempre sono d'accordo con i giudizi di Massimo, e talora mi
verrebbe voglia di rispondere, argomentando; altre volte condivido. Il
bello è che essendo Manfredi molto severo nei suoi giudizi, quando
sono positivi si hanno delle belle soddisfazioni (raffreddate subito dopo dal successivo giudizio negativo).
Dopo altri dieci anni di lettere, nel 2022 ho pubblicato, chiedendogliene il permesso, le sue recensioni a un altro decennio di storie zagoriane, raccolte sotto il titolo di "Dieci anni di commenti". In quell'occasione gli ho chiesto di
presentarsi ai lettori di questo blog e presentare anche il suo "metodo" di lettura e lui lo ha fatto con il testo che troverete cliccando sulle parole del testo colorate (poco sopra).
Alla fine del 2023 è giunta in redazione la solita lunga lettera con tutte le disamine del 2023: portata a mano in occasione della "pizzata" tra lettori e autori che è stata organizzata a Milano. Pare che, segno dei tempi, Massimo abbia trovato difficoltà nel trovare il fracobollo e la buca dove impostare.
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Massimo Manfredi con Anna Lazzarini
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Mi è sembrato troppo audace aspettare altri dieci anni per pubblicare questi commenti insieme a quelli degli albi da qui fino al 2032. All'epoca, se sarò sopravvissuto, sarò un settantenne residente a Villa Arzilla o Casa Serena. Meglio quindi dargli spazio (a lui piacendo) all'inizio di ogni nuovo millesimo. Di seguito, le sue disamine dell'annata 2023. Naturalmente, non ho censurato o
modificato nulla. I pareri che leggerete qui sotto (peraltro, stranamente, non completi: macano un paio di albi all'appello) rappresentano soltanto l'opinione di un singolo lettore caratterizzato da gusti personali ben precisi, da zagoriano della vecchia guardia (non esattamente ben disposto verso la sperimentazione) e da idiosincrasie (per esempio quella verso le storie brevi o verso gli elementi fantastici), e ci sarebbe da intavolare con lui una lunga discussione sul concetto di che cosa siano gli episodi "riempitivi" o sul perché le scene d'azione in un fumetto d'azione debbano togliere dei punti alla valutazione.
Fondamentalmente, il problema con i lettori molto critici è quello di ritenere che ciò che non piace a loro non possa essere apprezzato da qualcun altro, fino a ipotizzare che certe collane meno canoniche non dovrebbero neppure uscire. L'esperienza insegna che ogni storia non gradita a qualcuno riscuote il gradimento di qualcun altro e che alla fine i perplessi autori si trovano regolarmente di fronte a giudizi che dicono tutto e il contrario di tutto. Le recensioni che seguono sono utili anche per far meglio capire quanto sia difficile il lavoro di chi scrive e disegna Zagor, sapendo di dover fare i conti con lettori molto attenti e per niente accomodanti. Uno stimolo in più, per noi, per cercare di fare sempre meglio.
IL PASSATO DI ROCHAS
(Nn. 689/691)
Burattini - Gramaccioni
Testi: 7. Confesso che, dopo il proliferare negli
ultimi tempi di ritorni e di “passati di…” (complice anche la collana Color),
sono partito non troppo bendisposto. Invece questo passato di Rochas si
dimostra nel complesso ben scritto e con più di un momento degno di nota.
Quello che non ho
apprezzato in molte storie precedenti è stata infatti la sensazione che certe
cose si rivelassero “per contratto”, senza una reale ispirazione, e che di
conseguenza venissero sbrigate in poche pagine, nelle quali si cerca soprattutto
il facile effetto-rivelazione, anziché costruirci una storia attorno. Qua abbiamo invece una bella avventura valida a sé stante, nella quale le
rivelazioni sono intrinsecate in modo naturale, anziché odorare di forzate. Pur
essendo uno dei personaggi secondari più caratteristici, di Rochas non sapevamo
granché, a parte la sfida con i pugni. È stato bello quindi dotarlo di una
personalità, e anche di valori che si rivelano in linea con quelli del
protagonista di testata. Il suo “drammatico passato” viene così percepito
davvero come tale, perché il dramma appunto c’è, nel senso che questo viene
fatto vivere e toccare con mano al lettore, e non solo raccontato. Il momento
culminante è dato ovviamente dalla scoperta della strage al campo indiano e
conseguente morte di Aryana, ma bello anche il dialogo successivo col sergente
Nemers, e altri similari. Discreti anche i nemici (specie il reverendo) e
comprimari vari, ma proprio su questi si poteva spingere di più. Forse il
difetto di base è proprio questo, che ci si è molto concentrati su parti di
avventura neutra (indagini, inseguimenti, deduzioni, ecc.) e non si sono
sfruttati pienamente tutti i momenti che parevano pregni di maggiore intensità. Ma va bene, è stata una
buona lettura. Poi non conteneva nemmeno un grammo di magie, mostri, e simili,
che ultimamente per me diventa un valore aggiunto già in partenza.
Disegni: 6+. Non è uno stile che mi è mai piaciuto, e
non lo trovo molto adatto a Zagor. Talvolta sembra quasi un fanzinaro, e con
tratteggi e bordature indie. Il primo albo va in questa direzione, ma col tempo
sembra impegnarsi maggiormente, con maggiore ricchezza di particolari e cura
dei volti. Il terzo albo è quindi più che discreto, a parte una grave rigidità
nelle scene di movimento, che sembrano proprio non riuscirgli.
LA NAVE VOLANTE (Color
n. 16)
Perniola – Russo
Testi: 5. Difficile dare un giudizio disgiunto dal
Color n. 11, di cui l’attuale sembra non un reprise, ma proprio la seconda
parte fatta uscire due anni dopo per qualche motivo redazionale. Ma anche
questo albo non aggiunge nulla alla banale vicenda fatta di scontri e mostroni
che già vedemmo allora, e pertanto la delusione rimane la stessa. I dialoghi
sono anche di discreto livello e contribuiscono ad una leggibilità accettabile,
ma purtroppo non possono fare più di tanto a causa del peso del soggetto che
trascina giù nel trash tutto quanto.
Già lo Speciale toninelliano non era granché, e questo doppio ritorno è
probabilmente anche peggio, pertanto mi auguro proprio che a Ol Undas non ci si
torni più.
Disegni: 8. Quasi uno spreco usare un disegnatore
bravo come Russo per questa storia, nonostante venga a mio parere parecchio
penalizzato dal colore.
LA MASCHERA DEL DIAVOLO
(Zagor+ n. 8)
Russo - Esposito
Testi: 7. Bene, sembra che Russo, dopo il
promettente Color, abbia imboccato una strada virtuosa, offrendoci un
apprezzabile extra dalla struttura bilanciata, e arricchito da dialoghi di buon
livello. I personaggi sono tutti ben tratteggiati e credibili, e anche la componente
fantastica (i poteri di Smile) non risulta invasiva né sbraca come in altre
occasioni. Seguendo l’impostazione nolittiana, il fantastico si innesta in una
vicenda sostanzialmente realistica, ed è proprio in questo modo che riesce a
meravigliare più efficacemente il lettore. Per tutti questi motivi, Smile
risulta un villain azzeccato, bastardo e di spiccata personalità, in grado di
dare filo da torcere a Zagor. La portata e la pericolosità dei suoi poteri, e
di conseguenza l’adrenalina che trasmette la lettura, viene percepita proprio
attraverso le difficoltà dell’eroe nel fronteggiarlo, mostrandone il dolore e
addirittura l’obbligo di fuga, per poi tornare dopo aver studiato qualche
contromossa elaborata che vada oltre il semplice scontro fisico. Chicca finale
il trucchetto del fuoco, che riporta a quella antica teatralità zagoriana di
cui sento molto la mancanza.
Disegni: 8. Sempre bello il tratto dei Bros, che a
questo giro mi è sembrato particolarmente ricco di dettagli. Manca però qualche
scena spettacolare o più d’effetto: ad esempio le pagine del delirio di Zagor
sono troppo elementari, mentre poteva essere un’occasione per creare
un’atmosfera più elaborata graficamente.
LA BANDA DEGLI
ASSASSINI (N. 692)
Burattini - Sedioli
Testi: 5. Una vicenda solo cazzotti e azione,
senza nulla d’altro. Non si legge malissimo, ma è totalmente piatta, di nessun
interesse. Meno di un riempitivo.
Disegni: 5,5. Un Sedioli quasi irriconoscibile,
abbozzato, con gli usuali visi disarmonici ma peggiorati.
I PREDONI DEL NORD
(Speciale n. 36)
Rauch – Di Vitto
Testi: 6+. Dividerei in due parti il giudizio. La
prima, quella relativa alla linea portante delle donne rapite e della ricerca
di Bogan è buona: lui è un bel comprimario, e tutti i dialoghi sono
interessanti. Commovente anche il finale. La seconda, quella legata alla fase
di azione, è invece troppo lunga e ripetitiva, e affossa pesantemente il resto.
Facendo due conti, risulta che addirittura la metà delle pagine di questo albo
è costituito da pistolettate, assalti e scontri vari: tutte pagine che si
scorrono senza nemmeno soffermarsi troppo sulle vignette e perciò parecchio
noiose.
Il che risulta due volte
grave, dato che la sequenza a Pleasant Point in cui Sam racconta dei vari rapimenti,
di quello di Tom e dei suoi giri tra adozioni e unione ai predoni, della
ricerca dello zio, e del nuovo racconto che poi quest’ultimo aggiunge, è
davvero pastosa e difficile da seguire con tutti questi fatti: ecco, sarebbe
invece stato meglio usare molte delle pagine di scontri, per far vedere quanto
è stato raccontato. Sarebbe stato più facile da assimilare e piacevole da
leggere.Quindi alcune parti valide
e altre pesanti, che portano la media verso una sufficienza.
Disegni: 6. Anche nella componente grafica, si può fare
una media tra la notevole ricerca dei dettagli, specie nei fondali, e troppi
visi sgraziati, tra cui alcuni di Zagor davvero pessimi.
LO SPIRITO DEL LUPO
(Zagor+ n. 9)
Testi (voto
complessivo): 5. Sorprendentemente,
la storia migliore è quella di Testi (Il grizzly), un autore in cui io
vedo potenzialità ma che si perde sistematicamente dietro a mostroni. Beh, se
vogliamo, anche qua c’è un mostrone, ma è anche trattato come tale, cioè una
minaccia davvero tosta e terrificante. Però il livello è innalzato dalla
qualità media dei dialoghi, attenti a rispettare le psicologie dei personaggi (tra
i quali spicca come una gemma quello di Fitzy sulla metafora del piccolo orso
verso il piccolo Pat), e anche dalla sorpresa finale.
Al secondo posto, ma già
ai limiti della sufficienza, Il vecchio soldato (Mosca). Gradevole
lettura ma poco consistente, gravata anche da diverso spiegazionismo. Peccato
perché gli elementi interessanti c’erano anche, ma così compressi non trovano
sfogo adeguato.
Scarse Il monte della vendetta (Contu) e Fuga nella notte (Burattini).
La prima ha un tema non originale ma su cui si può lavorare, peccato che lo
spazio costringa a trovate telefonatissime e scene d’azione forzate (Zagor che uccide
un puma con le mani legate non si può vedere, su). La seconda presenta l’idea
carina dello spirito del lupo, ma poi nei fatti è composta di quasi sola
azione, peraltro con troppi passaggi poco credibili e telecronache mentali.
Personalmente, credo che la formula delle storie brevi andrebbe eliminata o
fortemente ridotta. Inizialmente c’era l’effetto novità, ma questo terreno, già
di suo così poco zagoriano, dopo tanti anni sta davvero mostrando la corda, con
una qualità media che va precipitando.
Disegni (voto complessivo): 7,5.
primo posto ex aequo per Candita e Bertolini, per la grande
precisione dei dettagli e per l’utilizzo di tecniche particolari, tra cui la
mezzatinta. Discreto Devescovi, ma troppo canonico per lo spirito di
testata, e solo religioso silenzio davanti a un monumento come Roberto Diso.
VENDETTA SEMINOLE (Nn.
693/696)
Rauch – Di Vitto
Testi: 9. Eccellente davvero questo ritorno a
Britannia! Tecnicamente da scuola, con una perfetta alternanza tra scene
d’azione e di pausa, senza che nessuna delle due diventi di lunghezza
eccessiva. Non ci sono arzigogoli narrativi, ma tutto viene raccontato in presa
diretta, rendendo agevole la lettura. In quanto storia lunga si può permettere
apprezzati cambi di location, spaziando dal classico western alla più esotica
seconda parte. Questo è lo spazio giusto per l’avventura zagoriana, non c’è
niente da fare.
Ottimi i cattivi, cazzuti e sempre mostranti personalità, con in testa ovviamente
Chaka, che riecheggia classicità nolittiane passando dalla posizione di nemico,
anche molto temibile, ad alleato con momenti di fragilità. Zagor giganteggia da
protagonista, guidando i combattimenti, spronando il capo Seminole nei suoi
momenti di sconforto, spiegando ai coloni i pregiudizi sugli indiani, e
soprattutto durante la strepitosa sequenza del dialogo notturno con Cico nella
palude. Davvero, sono 5 pagine che da sole varrebbero tutta la run, se non ci
fosse anche molto altro. Sono queste le sequenze che voglio vedere, il cuore
del vero Zagor, questa intensità, queste punte di commozione, altro che pagine
e pagine di scontri. Il suo eloquio profondo, la capacità di porsi dubbi, di
riflettere sul senso della sua missione, la profonda amicizia con Cico
(trattato anch’egli stupendamente)… applausi!
Ma le scene ad alta intensità sono davvero tante: la sua indignazione quando si
getta contro i soldati o come insegue Hazon fino a massacrarlo di pugni, il
finale sulle rovine del forte ricordando l’amico Manetola… ripeto: uno Zagor
che si prende la scena in lungo e in largo! Mi è piaciuto anche il riportare in
auge l’alone mitico che nel periodo classico circondava la figura del Signore
di Darkwood, sia tra gli indiani che tra i bianchi, e che negli ultimi tempi si
era accantonata anche in nome di un politically correct fuori luogo.
Ottima e avvincente tutta
la parte avventurosa, e svolta in modo credibile, non mi sono annoiato un solo
secondo. Bellissimo tornare a Britannia, ritrovare quei luoghi letti e riletti
mille volte nella nostra infanzia, ma non in modo gratuito per sfruttare un
hype, ma con una solida trama e solide motivazioni.
Disegni: 7,5. Mediamente il lavoro è decisamente
buono, specie nei ricchi particolari e anche in non poche inquadrature
d’impatto statiche. Al contrario, nelle scene che richiedono una forte enfasi
drammatica, magari in movimento, non rendono altrettanto bene. Questo anche a
causa del loro storico punto debole, ovvero l’espressività o comunque la resa
dei volti, tra cui alcuni di Zagor davvero da matita rossa.
BRACCATI! (N. 696 bis)
Della Monica
Testi: 4,5. Voto più di saturazione che per la
storia in sé, comunque brutta. Pim pum pam inutile come quasi tutti gli
appartenenti al genere, linea piatta di cazzotti e spari. La saturazione arriva
dopo l’ennesima uscita extra di cui davvero non si capisce il senso, dato che
non ci sono idee a supportarle. Mah.
Disegni: 8. A disegnare è bravo come sempre, niente
da dire.
IL SIGNORE DEI CIMITERI
(Color n. 17)
Fantelli – Mangiantini
Testi: 5,5. Come sempre difficile scrivere bene
Zagor in questo spazio. Fantelli ci prova e qua e là riesce anche a fare
qualche centro, in alcuni dialoghi e caratterizzazioni di personaggi vari (lo
schiavo liberato da Zagor, la vecchia Yolande…) ma anche cadute più o meno
pacchiane. In primis, l’idea di fondo che si possano addestrare degli zombi a
operazioni complesse come quelle richieste dal lavoro di minatore è parecchio
forzata. O anche Cummings che ordina di uccidere la figlia e renderla zombie
solo perché gli si è messa contro, e altre minori. Sono situazioni che non
sembrano essere state adeguatamente preparate, a causa dello spazio e delle
tante linee buttate dentro. Sullo stregone, altro esempio, non viene
approfondito il motivo per cui è obbligato a servire Cummings, o perché porti
una maschera. Niente di male, si può anche soprassedere, però forse sarebbe
meglio ridurre il numero di cose, e approfondire bene queste poche anziché il
contrario. Peccato perché ripeto, alcuni passaggi sono scritti efficacemente,
per cui spero che abbia un’altra chance.
Disegni: 7,5. Non mi piace il volto di Zagor ma tutto
sommato un lavoro discreto di Mangiantini, preciso e leggibile, a cui mi pare
che il colore doni anche qualcosa, pur nascondendo però in cambio i suoi bei chiaroscuri.
IL CAPITANO NEMO (Nn.
696/698)
Rauch – Della Monica
Testi: 8-. Il soggetto è invero banalotto, al netto
degli inserimenti “esterni” di matrice verniana, ma la sceneggiatura fa
enormemente innalzare il tutto. Per almeno una metà, infatti, abbiamo i
classici elementi di una avventura marinara (tempeste, naufragi, ecc.), ma
anche tali “banali” avversità naturali – come insegna proprio Nolitta – se ben
raccontate, con i giusti tempi, riescono a coinvolgere il lettore. Del resto la
narrativa avventurosa si muove quasi sempre attraverso lo stesso pugno di
topoi, ma quando vengono riportati bene, come qua, torni ogni volta a leggerli molto
volentieri. È una storia che pur fantastica nelle sue punte, è credibile e
realistica nelle sue basi, e proprio per questo le punte spiccano come tali. I
mattoni con cui si costruisce questo effetto sono i dialoghi sempre calibrati e
realistici che vanno a delineare ottimamente i vari personaggi, in primis
ovviamente Nemo (molto bello il confronto tra lui e Zagor, peccato che sia
stato solo così corto). Le parti peggiori: il finale un po’ concitato e anche
la fase col calamaro gigante, di suo un po’ trash, ma ovviamente ineludibile.
Disegni: 8,5. Come sempre bravissimo in tutto ciò che
disegna, a mio parere ha il suo unico storico difetto (piccolo ma presente)
nella fase spettacolare. Pertanto in una storia del genere forse fa perdere
qualcosa sullo sprigionamento della meraviglia, il che è un peccato. Mi sarei
infatti aspettato che il cosiddetto “effetto wow”, sarebbe stato uno dei punti
di forza di un fumetto (nel senso di arte visiva) tratto dal meraviglioso libro
di Verne.
RITORNO A PARADISE GATE
(Zagor+ n. 10)
Testi – Chiarolla
Testi: 6. Nel salutare positivamente la prima
storia di Testi totalmente realistica, debbo altresì rilevare un curioso
fenomeno da montagne russe relativamente ai miei gusti. Ci sono infatti alcune
pagine davvero notevoli, e altre da sonori sbadigli. Tra le prime, la sequenza
iniziale con l’approfondimento psicologico di Howens e Hilton, e poi la
conoscenza con Amber, la fase dell’innamoramento, ecc.: una trentina di pagine
ottime. Poi tutta la parte che va a delineare il bel villain Lansa: la sua
storia, l’odio a seguito della morte del padre, fino al confronto finale
durante il duello con Zagor e l’abbandonarsi alla morte.
Peccato che tutto il resto è composto da scene d’azione noiosissime, che
sembrano messe lì per contratto perché “Zagor deve sparare e fare a pugni”: una
sarabanda di personaggi e scontri continui che a un certo punto confesso di
aver smesso di seguire, sfogliando velocemente. Nel mezzo anche il ritorno di
Mac Kay che, a parte reso malissimo graficamente, esce come una macchietta, un
disadattato mentale che prima sembra una brava persona in famiglia, poi
massacra un suo sorvegliante per una cosa futile, e non contento mena pure la
bambina (per non parlare di come prende a spaccarla di botte una volta
ritrovata da grande).
Insomma, peccato per questa forte disarmonia nuovamente espressa da un autore
in cui io continuo a vedere potenzialità alte, ma che poi crolla sistematicamente
nelle fasi dinamiche.
Disegni: 7,5. Pur non a suo agio in una storia
realistico-western, Chiarolla riesce a portare a casa una bella prova grazie ai
suoi sempre efficaci dettagli, e al sapiente utilizzo della spettacolarità in
quelle scene che lo consentono (il fatto che tante scene si svolgano sotto la
pioggia lo favorisce di certo). Anche le scene d’azione, suo storico limite
anatomico, mi sono sembrate migliori.
LA MALEDIZIONE DEGLI
INCAS (Nn. 698-699)
Rauch - Venturi
Testi: 6,5. Riempitivo più che discreto (fossero
tutti così i riempitivi) che forse soffre della compressione obbligata in vista
del 700. Voglio dire, quando ti trovi in una vicenda di pirati, Diggin Bill,
ecc. la mente non può che correre al ricordo di Oceano, perché chi l’ha
letta lo sa bene quale immane livello di epica avventurosa si può raggiungere
con questi ingredienti. Ma ovviamente ci vuole lo spazio per farli dispiegare,
e qua non c’è.
Ciò nonostante la lettura è piacevole perché ben scritta in modo realistico,
con anche un tocco di soprannaturale, che però risulta calibrato adeguatamente
e non sbraca.
Disegni: 8,5. Venturi è tornato al taglio realistico e
lo rilevo con gioia. A parte alcune interpretazioni dei visi di Zagor e Cico
che lasciano a desiderare, è tutto uno strabordare di particolari (notevole il
lavoro sulle giubbe dei pirati, fibbie ecc.) che riempiono di gusto la lettura.
Strepitose poi alcune scene marinare, e in particolare durante le tempeste.
LA FORESTA DEI DESTINI
INCROCIATI (N. 700)
Giusfredi – Piccinelli
Testi: 6. La storia in sé non è male, ma è davvero
poco celebrativa nella trama, non ha niente di speciale per reggere
l’occasione, il che oggi può essere visto come un difetto. Se lo è, per quanto
mi riguarda, non lo considero grave: l’importante è sempre la sceneggiatura, e
questa è piacevole, scorre bene, e Zagor è centrato in modo efficace.
Scorre bene nonostante la vicenda
sia particolarmente ingarbugliata e se vogliamo da un lato è certamente un
pregio riuscire a mantenere una sufficiente fluidità di lettura in mezzo a
continui flashback, sogni che si mischiano alla realtà, personaggi che vengono
presentati diversi da ciò che in realtà sono, e piani ingannatori del cattivo.
Dall’altro, però, questo
piano è davvero cervellotico e a mio parere zoppica troppe volte. Se lo scopo
di Taka è la pace ed evitare che il comando finisca al guerrafondaio Bullsnake,
può chiedere a Zagor di aiutarlo intervenendo con la sua autorità, o in qualche
altro modo simile e credibile, come abbiamo già visto tante volte in questa
situazione ricorrente nella serie. Lui invece lo obbliga ad un duello, per poi
drogarlo e raccontare di avere “assorbito” la sua energia vitale che lo
ringiovanisce (non la cosa più normale da accettare come niente, diciamo),
sfruttando anche un vecchio pazzo che si veste da Spirito con la scure che
salta fuori in questa storia (perché non lo uccide così da usare lo stesso
trucco più semplice del sosia di Bullsnake?), e tutto questo arzigogolo per
mettere a capo della tribù il figlio.
E qua è lo zoppicamento più sfidante: in pratica Taka tiene nascosto questo
ragazzo per un numero imprecisato di anni, obbligandolo a vivere chiuso in una
capanna o sotto un pesante costume in modo da avere qualcuno da presentare
quando un giorno salterà fuori un Bullsnake da sconfiggere! Davvero poco
credibile. E in più, condanna sé stesso a vivere nello stesso modo occulto per
il resto della vita. Ripeto: non era più semplice e più conveniente affrontare
la cosa in modo normale?
Sembra quasi che Giusfredi si sia divertito a ingarbugliare artificiosamente
una situazione che non lo merita perché ha pensato che possa essere più
avvincente la continua ricerca del colpo di scena rispetto alla coerenza di
trama. A mio parere si tratta di una strada assai fallace, ma se si decide di
percorrerla, le premesse e il piano devono essere fortemente plausibili,
altrimenti si percepisce una forzatura fastidiosa.
Disegni: 8. Piccinelli secondo me è un altro la cui
straordinaria mano viene svilita dal colore: in particolare la sua tecnica di
ombreggiatura così caricata di nero, efficacissima in b/n, non si amalgama per
niente con l’espansione cromatica, affogando i particolari che si fa più fatica
a cercare con gli occhi anziché esaltarli come dovrebbe. Peccato.
PRESAGI DI GUERRA
(Speciale Tex Willer incontra Zagor n. 2)
Boselli – Piccinelli
Testi: 6,5. Di fondo sono contrario, a livello di
strategia editoriale, a questa sorta di miniserie che si sta strutturando
(prevedo infatti che continuerà). Questo perché avrei preferito che il
fantasmagorico e iper-atteso-da-decenni incontro tra i due massimi eroi
bonelliani avesse rappresentato un unicum, epico e indimenticabile, quando
invece già allora si scelse la linea dell’avventura qualunque.
Ma epurato il giudizio da quanto sopra, anche questo albo si rivela comunque
una piacevole lettura. L’interazione Tex-Zagor è qua ormai totalmente
depotenziata e vederli insieme è quasi come vedere due personaggi qualunque. La
piccola scintilla di adrenalina colpisce semmai solo l’occhio tramite il
disegno, mai il cervello. Questo compito è invece svolto splendidamente
dall’incipit, nel quale diventa una vera goduria il percorso di scoperta per
cui si vede prima un bambino che è la copia sputata di Cico, poi si nomina un
hidalgo discendente dei conquistadores, e infine compare il pancione dei nostri
cuori, seguito dal vecchio (anzi giovane) cammello. Una zuccherina sequenza di
puro fan-service, arricchita da Pamina, mole negro e via così.
Il resto dell’albo è una
robusta avventura boselliana, con i soliti pregi (il realismo, i dialoghi) e
difetti (la compressione del finale), sempre gradevole. Bella la didascalia nell’ultima
vignetta.
Disegni: 9. Ecco, mi arriva subito la prova di
quanto ipotizzavo sopra per il 700. Col b/n esce fuori il 100% della sua
bravura.