venerdì 23 settembre 2011

IL SIGNOR JACOPO

Dell’indimenticabile signor Emilio si è discusso a lungo sui forum e anche su questo blog. Adesso però è arrivata in redazione la lettera di un altro lettore indignato, al pari se non di più, dell’illustre predecessore. La missiva non è indirizzata a me ma il direttore responsabile di Zagor, il quale, se vuole, risponderà per conto suo. Potrà farlo però soltanto in pubblico, sempre che gli sembri opportuno, perché, ahimè, per caso o per dimenticanza (e di sicuro non per dolo e vigliaccheria), il mittente non ha vergato in calce (né sulla busta) alcun recapito. Di lui, quando mi è stato fatto leggere ciò che ha scritto perché ne prendessi atto, conosco soltanto il nome. Si tratta del signor Jacopo. Di più, non è dato sapere.

Mi auguro che il signor Jacopo possa leggere queste righe qui sul Web, o che qualcuno che lo conosce gliele stampi e gliele faccia vedere, perché avrei voluto, con garbo e gentilezza, rispondergli per lettera come faccio sempre a chi mi scrive, anche quando si tratta di critici. Purtroppo, non mi è possibile farlo su carta e dunque eccomi a tentare un approccio telematico. Cercherò di ricapitolare per sommi capi (ma con tutta la correttezza consentitami dalla memoria) il senso delle principali tesi sostenute dal signor Jacopo. Certo, non potrò farlo con la brillantezza del suo eloquio, ma per aprire un dibattito basterà, credo, individuare il nocciolo della questione: in altre parole, si tratta di prendere spunto da quanto l’ipercritico lettore argomenta nella sua missiva, per usarlo quale paradigma di un modo di pensare probabilmente condiviso da altri. Insomma: non importa citare le esatte parole di qualcuno, per rispondere in termini generali a chiunque la pensi allo stesso modo.

In realtà, il signor Jacopo non se la prende principalmente con il sottoscritto. Il suo principale bersaglio è Mauro Boselli e il fattore scatenante della sua ira è la storia di Zagor attualmente in corso di pubblicazione, quella in cui lo Spirito con la Scure agisce in tandem con Andrew Cain, un personaggio già comparso in altre avventure zagoriane scritte dallo stessi Boselli. Si noti che l’avventura non si è ancora conclusa, visto che si dipanerà su cinque albi. Tuttavia, già due (o forse tre) sono bastati a signor Jacopo per esprimere un giudizio senza possibilità di appello. Non so quanto il parere di un lettore tanto frettoloso e tanto ansioso di giungere alla stroncatura possa essere ritenuto attendibile: l’idea che ci sia del pregiudizio mi pare abbastanza fondata. In fondo, i voti si danno alla fine della prova d’esame e non dopo la prima o la seconda risposta sbagliata. Ma il signor Jacopo è di quelli a cui basta una prima occhiata per emettere le sentenze, e tant’è: prendiamone atto. A me, però, l’esperienza ha insegnato che è sempre meglio aspettare, prima di valutare. Ricordo quando lessi la storia “Incubi” di Tiziano Sclavi: mese dopo mese, dato che la pubblicazione fu lunghissima (anche in quel caso, cinque albi), mi sembrava che il racconto non avesse né capo né coda, che le sequenze si succedessero senza senso, che non ci fosse nulla di nolittiano. Poi arrivò la fine: mi commossi e rivalutai tutto quanto avevo letto. Il signor Jacopo, probabilmente, avrà fatto fuoco e fiamme già dopo le prime venti pagine.

Ma quali sono i motivi per cui il signor Jacopo non sopporta l’ultima storia di Mauro Boselli? Principalmente perché c’è Andrew Cain, un personaggio che non sopporta per la sua distanza dalla "nolittianità". Non so se il signor Jacopo sa che Andrew Cain non è un’invenzione del tutto originale ma è ispirato, abbastanza da vicino, al Solomon Kane di Robert Erwin Howard, uno dei maestri della heroic fantasy, il creatore di Conan il Barbaro. Di Kane, spadaccino puritano convinto di essere al servizio di Dio contro le forze del male, Howard ha scritto sedici opere tra romanzi e racconti. Da esse, il regista Michael J. Bassett ha tratto nel 2009 un film interpretato da James Purefoy. Non mi sembra il caso di impelagarmi nel dimostrare quanto l’universo zagoriano sia vicino a quello howardiano, soprattutto quello conaniano, anche riguardo a molto altro oltre a questo personaggio. Basterà sottolineare come la derivazione letteraria di Andrew Cain sia nobile, importante, colta.

Non solo: nel far suo il personaggio di Howard, Boselli ha eseguito esattamente il tipo di operazione che Guido Nolitta, il creatore di Zagor, ha compiuto con altri sui characters: Hellingen deriva dal Virus di Molino e Pedrocchi, Bela Rakosi è Dracula, il mostro anfibio del Dark Canal è il Mostro della Laguna Nera, il cacciatore di uomini Lord Nicholson è frutto di una ben precisa ispirazione sia letteraria che cinematografica (come ben sa chi ha visto o letto “The most dangerous game” scritto da Richard Connell o filmato da Irving Pichel ed Ernest B. Shoedsack). Si potrebbe continuare a lungo, ma basta così. Dunque, attingere dal cinema o dalla letteratura per dar vita a riadattamenti fumettistici in chiave zagoriana (a dimostrazione di come l’Avventura sia un territorio trasversale tra i generi e Darkwood il regno della contaminazione tra di essi) era una prerogativa nolittiana.

Nonostante ciò, l’accusa principale che l’ipercritico scaglia contro Boselli è di non aver seguito l’esempio di Nolitta. Perché, pare di capire, ormai lo Zagor di oggi non ha niente di quello della sua giovinezza, definita dal signor Jacopo ormai irrimediabilmente lontana. E’ probabile che proprio in questa frase si trovi la chiave di lettura delle critiche che il non più giovanissimo lettore riversa contro Boselli (e poi, come vedremo, contro di me). Purtroppo la nostalgia è una brutta bestia. Ne so qualcosa io che tutti i giorni devo resistere alla tentazione di sospirare “o tempora, o mores”, scuotendo la testa contro i costumi degenerati dei ragazzi di oggi che giocano alla playstation invece di correre dietro alle ragazze, o contro le frequentatrici delle spiagge dei giorni nostri che non prendono più il sole in topless mentre una volta, ai miei tempi, si faceva. Dunque, per il signor Jacopo, i mostri di Nolitta (quello della Laguna Nera o gli Akkroniani) andavano bene, quelli di Boselli, pur se letterari quant’altri mai, no. Non ci resta che prenderne atto. Inutile, ritengo, obiettare che Andrew Cain, simpatico o antipatico che sia, è comunque foriero di avventure mirabolanti in cui si vedono zombi e tuareg, stregoni e archeologi. Tutti ingredienti assolutamente entusiasmanti (molto di più, per quanto mi riguarda, di quelli dei ladri di cavalli o dei mercanti di whisky). Niente da fare: i tuareg dello Sceicco Nero nolittiano potevano andare, quelli di Cain, no. Idem per gli zombi: quelli di Nolitta, buoni e belli, quelli di Boselli, brutti sporchi e cattivi.

Proprio a Nolitta si rivolge del resto il signor Jacopo: possibile, gli chiede, che lei non legga le storie prima della pubblicazione e non impedisca che giungano in edicola racconti del genere? Domanda persino un po’ offensiva, se rivolta a un editore che giustamente si fa vanto di esaminare personalmente, da sempre e dunque da oltre sessant’anni, tutto ciò che esce sotto il suo marchio. Va detto però che proprio l’attenzione di Sergio Bonelli ha fatto in modo che Zagor fosse affidato a uno staff in grado di arrivare, nonostante le difficoltà, a festeggiare il cinquantennale del personaggio. Vent’anni fa, che ci si riuscisse non era così pacifico. Raccolsi io stesso, in una intervista pubblicata su “Collezionare”, le dichiarazioni di Sergio che si diceva scettico sulla capacità di sopravvivenza di un eroe che lui per primo riteneva stanco. Si potrebbero andare a rileggere quelle frasi, per capire come tutto sommato lo Spirito con la Scure abbia avuto, negli ultimi due decenni, un rilancio che qualcuno (non io) ha definito “rinascimento zagoriano”. E chi è stato il primo artefice di questo rinascimento? Indubbiamente Mauro Boselli, proprio inserendo nella serie nuovi personaggi e nuove tematiche come, appunto, Andrew Cain e la sua lotta contro i mostri howardiani, lovecraftiani, hodgsoniani. William Hope Hodgson e Howard Phillips Lovecraft: altri due autori di importanza capitale, autentici mostri sacri della letteratura fantastica (sicuramente notissimi al signor Jacopo), a cui Boselli si è ispirato attingendo a piene mani.

Ma al signor Jacopo non importa. Lui ha soltanto nostalgia dei vecchi mostri di un tempo. Beninteso, di quelli tutti gli zagoriani, me compreso e per primo, hanno nostalgia. Non a caso, ho scritto tempo fa un articolo dal titolo “Nostalgia canaglia” dedicato al rimpianto per Nolitta. Lo ripubblicherò presto su questo blog. Nessuno è più nolittiano di me, come dimostrano non solo trent’anni di mie scritti ma anche e soprattutto un libro che ho da poco dedicato alla figura del Bonelli sceneggiatore. Però, dato che Nolitta (per sua scelta) non scrive più Zagor, e dato che anche lui, se tornasse a scrivere, non scriverebbe più come una volta (e temo che anche Ferri, pur inossidabile, non disegni tale e quale ai bei tempi che furono), ecco che Mauro Boselli mi sembra un autore abbastanza colto, intelligente e vulcanico a cui si può solo dire grazie per aver rilanciato lo Spirito con la Scure.

Ma dato che il signor Jacopo mette in dubbio le capacità di Sergio come editore, imputandogli la pubblicazione di storie che a lui sembrano del tutto inadeguate, vediamo se davvero Andrew Cain è così sgradito ai lettori da dover sconsigliare la pubblicazione delle sue storie. Esiste in rete quello che gli autori hanno definito il “sondaggio perfetto”, rintracciabile nella sezione “commenti alle storie” del forum SCLS. Il sondaggio si aggiorna quotidianamente con i voti dei sempre nuovi frequentatori del sito, ed è dunque un termometro attendibile degli umori del pubblico. Ebbene, visionando la classica delle storie, troviamo al primo posto “La radura delle voci”, ovvero “La marcia della disperazione”, un classico di Nolitta & Ferri. Seguono altre sei storie di Nolitta, e poi “L’esploratore scomparso” di Mauro Boselli. Poco dopo, in tredicesima posizione su quasi quattrocento storie, “Il terrore dal mare”, un’altra storia boselliana. Indovinate con chi, quale co-protagonista? Ma certo, il nostro Andrew Cain. Quello che il signor Jacopo non sopporta. Un personaggio, evidentemente, non così sgradito agli altri lettori, se una storia in cui compare è fra le primi quindici dell’intera serie, preferita evidentemente a molte altre nolittiane. Mi pare che qualunque editore, dunque, non avrebbe potuto che incoraggiare Boselli a far tornare il personaggio, visti anche gli ottimi piazzamenti degli altri racconti con lo spadaccino cacciatore di mostri.

Il signor Jacopo, però, non demorde e cala il suo asso. Il motivo per cui lo Zagor di oggi non gli piace è perché non è più il fumetto western di una volta. Giunto a questo punto, ho dovuto rileggere e stropicciarmi gli occhi. Giuro che c’era scritto proprio così. “Fumetto western”. Anzi, il nostro ipercritico riteneva che in passato, ai tempi appunto di Nolitta, le escursioni nel fantastico fossero molto rare, mentre oggi sembra di leggere un fumetto di fantascienza. E qui, poiché in cauda stat venenum, giunge la stoccata al sottoscritto. Io, secondo il signor Jacopo, sarei stato con ogni evidenza sotto l’effetto di qualche acido (il paragone è esattamente questo), quando ho scritto l’orribile ZagoroneIl castello nel cielo”. Anche quello, pieno di mostri assurdi, evidentemente lontani da ogni forma di nolittianità.

Ora, con tutto il rispetto per un così acuto lettore, mi chiedo quale sia l’acido che fa definire Zagor un fumetto western. Zagor è nato per essere antitetico al western. Quando uscì, l’intento degli autori era chiaramente quello di contrapporsi a Tex. Tex era il western, Zagor l’avventura. Tex agisce nel Sud Ovest, Zagor nel Nord Est. Tex dopo la guerra di Secessione, Zagor prima. Su Tex il fantastico è un’eccezione, su Zagor è di casa. Tutto questo pare solo a me, perché ho la mente obnubilata, come ritiene il signor Jacopo, o è incontestabile, come ritengo io? E com’è possibile che ci sia chi trova blasfemo, in nome della nolittianità, leggere della fantascienza nelle storie attuali, e non reputi fantascientifico il robot Titan, emblema di tutto ciò che è nolittiano? Allibisco. Ma la storia con i dischi volanti degli Akkroniani, chi l’ha scritta? Il sommergibile Squalus a chi va imputato? I missili telecomandati, i televisori, le lampadine elettriche e tutto quanto fa spettacolo nelle basi di Hellingen da chi sono stati inseriti nella serie di Zagor? Perché i miei orchi e i mostri volanti, inseriti ne “Il castello del cielo”, sono anatema, e le creature del “Viaggio senza ritorno” contro cui lottano Zagor e Gutrhum invece vanno bene? Va detto che “Il castello nel cielo” (per quanto il racconto si sforzi di portare il fantastico a Darkwood) è piaciuto più ai lettori delle nuove generazioni che a quelli della vecchia guardia, tant’è vero che su “Il fatto quotidiano” Stefano Feltri ha scritto una lunga ed entusiastica recensione definendo lo Zagorone “degno dei migliori manga d’azione”. Tuttavia, non mi sembra di essere stato più “visionario” (nel senso di sotto gli effetti di stupefacenti) di molti altri autori zagoriani, primo fra tutti il già citato Sclavi in “Incubi”. Chissà se il signor Jacopo ha scritto anche all’epoca, scagliandosi contro quel nuovo e giovane autore che sicuramente Sergio Bonelli avrebbe dovuto licenziare perché incapace.

C’è una frase che ricorre nelle lettere dei nostalgici (ripeto: sono nostalgico anch’io, perciò absit iniura verbis), ed è “questo non è il mio Zagor”. Sottolineo il “mio”. C’è dunque chi ritiene che esista uno Zagor “suo” e che, ovviamente, debba essere quello l’unico e autentico Spirito con la Scure. Noi autori dovrebbe scrivere quello Zagor lì. Ora, non solo non è ben chiaro quale sia lo Zagor che ciascuno ritiene in “suo”, ma soprattutto, mi pare chiaro che non esiste un solo Zagor come non esiste un solo Uomo Ragno, un solo Tex o un solo James Bond. Lo Spirito con la Scure ha attraversato cinquant’anni della nostra vita, che sono anche cinquant’anni della vita dei suoi autori. Ci sono stati vari periodi anche nell’ambito della produzione di ogni singolo autore, Nolitta compreso. Esiste per esempio uno Zagor di Sclavi, uno Zagor di Toninelli, uno Zagor di Boselli, forse anche uno Zagor di Burattini. Io, peraltro, immeritatamente, per miracolo o per fortuna, ho scritto persino più pagine di Nolitta. Di tutti i contributi bisogna tener conto. Una serie vive anche in ragione degli arricchimenti di tematiche e di suggestioni, chi si ferma o si fossilizza è perduto.

Boselli ha inserito nella serie tematiche non nolittiane, io ho cercato di fare da trait d’union fra le due istanze, ma Andrew Cain fa parte delle serie al pari di Hellingen e di Mortimer. Peraltro, non si può certo dire che Zagor sia diventato un fumetto horror o di fantascienza, in cui si leggono soltanto storie di mostri. Avventure con i cowboy e con gli alieni si alternano già da prima del film con Harrison Ford e Daniel Craig, praticamente da sempre: fu sul numero tre della serie che, se non sbaglio, comparve la prima tribù di nani e il primo uomo volante (e non mi dica il signor Jacopo che si tratta di tipici ingredienti western). Io stesso credo di aver scritto storie sull’uno e sull’altro fronte, anzi forse dando un piccolo vantaggio a quelle realistiche (e molto spesso, figuriamoci, vengo definito come uno sceneggiatore di chiara ispirazione nolittiana). Zagor è tutto e il contrario di tutto fin dal giorno in cui fu creato. E’ proprio questo il segreto del suo successo.

Forse il signor Jacopo, che pure ha acquistato lo Zagorone (uno fra moltissimi altri, visto che le vendite del gigante, mi dicono, sono andate bene), non ha seguito tutte le celebrazioni del cinquantennale (non ancora esauritesi e anzi in grado di riservare altre sorprese), di cui invece questo blog ha cercato di fare testimonianza. Ebbene: un lettore di Tex, di recente, mi ha detto che secondo lui neppure Aquila della Notte ha avuto tanti festeggiamenti come lo Spirito con la Scure, per i suoi cinquant’anni. Entusiasmo ovunque. Tuttavia, c’è ancora chi ritiene che il nostro editore dovrebbe licenziare gli sceneggiatori che attualmente scrivono le avventure dell’eroe di Darkwood, ritenendoli costantemente ubriachi o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Ovviamente, è libero il signor Jacopo di auspicare tutti i licenziamenti che desidera. Tuttavia, sarebbe bello se riuscissimo a valutare le cose senza ritenere, pregiudizialmente (e dunque erroneamente) che quello di cui ciascuno dice “mio” (il “mio” Zagor, il “mio” Tex) debba diventare regola e pietra d’angolo dell’intero universo.