sabato 24 dicembre 2011

STORIA DELLE MIE DISGRAZIE

Dopo essere sceso a depositare sotto l’albero un bel po’ di scatole infiocchettate, mi collego al mio “coso” su Facebok e scrivo: “Ho finito di incartare i regali di Natale. A parte lo stress che la scelta, l'acquisto e la consegna dei medesimi comporta (tale da vanificare il relax che i giorni di festa dovrebbero garantire e distogliere clamorosamente persino i buoni cristiani dal significato religioso dei medesimi), mi sono reso conto di aver fatto praticamente tre soli tipi di doni: libri, CD musicali e vini. I primi due rischiano di diventare presto oggetti di antiquariato. Non resta che consolarci con i terzi”. Al che, Marcello Toninelli commenta: “Questo la dice lunga su come sei veeeeecchio!”.

Ahimé, temo proprio di sì. E più passa il tempo, più mi accorgo di come aumenti il mio analfabetismo digitale e cresca il gap tra me e quelli che riescono a saper maneggiare la tecnologia. Ricordo ancora quando, nel 1990, mi iscrissi a un corso organizzato dal Comune per imparare a usare il computer: all’epoca c’erano ancora gli schermi neri con le scritte bianche, le stampanti ad aghi e i floppy disk da otto pollici. Qualche anno dopo pagai un mio amico 50.000 lire l’ora per darmi tre o quattro lezioni su come navigare su Internet attraverso il normale cavo del telefono (non c’era la ADSL). A ripensarci: bell’amico, con quelle tariffe.

Oggi, se ci fosse qualcuno nei paraggi che radunasse gli sgomenti come me per insegnarci a usare lo smartphone o l’Ipad, a scaricare file dalla Rete o a vedere i film in streaming, a collegare il PC al televisore o ad aggiornare i programmi del computer, io mi scriverei subito. Però, non so di nessuno che lo faccia, segno di come si dia per scontato che tutti nascano già imparati e non ci sia bisogno di addestrare gli utenti ritenuti, a torto o a ragione, già superesperti. Al che, io mi sento sempre più un incapace. Ho finito per credere di essere vittima di mobbing digitale da parte delle macchine, che mi odiano. A volte ho accennato qui sul blog alle mie difficoltà con la tecnologia e sono stato rimproverato dai miei figli: non dire certe cose, babbo, o passi da imbecille. A forza di non parlarne, però, gli aneddoti si accumulano e alla fine raccontarli finisce per essere catartico, liberatorio. Magari, qualcuno potrebbe solidarizzare con me e dirmi che anche a lui capitano le mie stesse disavventure e magari mi sentirei meno solo. Oppure, alcuni altri (i classici buoni samaritani) potrebbero farmi pervenire delle dritte per aiutarmi. Perciò, ecco qua catalogati in ordine alfabetico i miei sconfortanti insuccessi con la tecnologia, sull’esempio della “Storia delle mie disgrazie” del filosofo Abelardo, che fu evirato dal canonico Fulberto per la sua storia d’amore con Eloisa. Anch’io, di fronte al dilagare degli apparecchi digitali (e solo, per fortuna, di fronte a quello) mi sento impotente e castrato.




COMPUTER

Fino a due mesi fa lavoravo su un portatile con lo schermo rotto e la tasti con i simboli cancellati dall’usura, che facevo funzionare attaccandolo a uno schermo e a una tastiera esterni. Il guaio era che qualunque programma lanciassi, si piantava dopo pochi minuti (il messaggio più frequente era “non risponde”). La navigazione su Internet, nonostante la linea fastweb, fosse lentissima e soggetta a blocchi a ogni piè sospinto. Disperato, ho acquistato un portatile nuovo. Non bado a spese e dico al commerciante: voglio l’apparecchio più veloce e più potente che ha. Spesa: oltre mille euro. Risultato: i programmi non rispondono e la navigazione è lenta come prima. Collegarsi a qualsisasi sito è stressante: oltre ai tempi attesa (la rotella del caricamento gira e rigira a vuoto) non c'è garanzia di leggerlo in ogni sua parte. Qualunque browser usi si pianta su qualche pagina, non so perché. Se cerco di vedere un filmato non si apre perché mancano i codec, i plugin, i driver, le applet (qualunque cosa siano). Il programma di posta è un marasma indecifrabile: per fare degli esempi, mette tutte le mail da leggere in un calderone unico qualunque sia l’account che le ha ricevute, non si possono cancellare in blocco ma solo una per una e la cancellazione richiede una ponderazione di qualche tipo che rallenta l’operazione, aprire nuovi account per collegarmi ai diversi che ho è lungo e laborioso e richiede informazioni su server e su pop-qualche-cosa che non sono in grado di dare. Il programma Word è una versione nuova talmente complicata da settare che non so più come fare per riquadrare un’immagine o regolare l’impaginazione: dovrei trovare il settaggio fra diecimila altri e mi perdo. Mi si è imposta una bipartizione dell’hard disk che non ho chiesto e che ho scoperto soltanto dopo varie e disperate esplorazioni, e dopo aver riempito il disco C con ottomila canzoni di iTunes che, una volta spostate con grande difficoltà e tempi biblici sul disco D hanno reso inutilizzabile il programma. Il vecchio “esplora risorse” fatto ad albero genealogico è sparito e non so più orizzontarmi, e così via. Mi chiedo che risultato avrei ottenuto se invece di aver chiesto la macchina migliore e più costosa mi fossi accontento di un catorcio. Ma la gente, a parte me, che compra un computer nuovo, riesce davvero a fare da sola tutti i settaggi, gli aggiustamenti, le installazioni che servono per avere una macchina funzionante? E come fa?



E-MULE

Non ho mai scaricato un film dalla rete e ho sempre diffidato di e-Mule, convinto che non fosse onesto ma soprattutto che attraverso quel programma potessero entrarmi nel computer chissà quanti hacker. Per anni, però, ho continuato a sentirmi elencare da chiunque le tonnellate di pellicole scaricate sul suo computer (e da lì, attraverso meccanismi misteriosi a me del tutto incomprensibili, visibili anche sul televisore di casa). Così, ultimo al mondo, approfittando del cambio di portatile, ho installato e-Mule sull’apparecchio vecchio, giusto per fare un esperimento: male che vada, mi dicevo, rovinerò un computer ormai in disarmo. Scopro che a e-Mule dà noia tutto. Non so come facciano quelli che lo usano in contemporanea con altri programmi, ma il mio esemplare era infastidito da qualunque applicazione aperta insieme a lui. Dunque faccio pulizia di tutto sul vecchio hard disk tranne che del necessario per navigare. Naturalmente e-Mule non vuole il collegamento wi-fi (da cui è rallentato) e tollera solo quello via cavo. Lo accontento. Non gli va bene neppure il firewall. Lo tolgo. Ha uggia dell’antivirus. Via. Ugualmente, ottengo solo una “connessione offuscata”. Leggo quintali di manuali on line e apprendo che per settare il programma bisogna essere tecnici della NASA: serve sapere certi numeri di certe porte (ignoro di che si tratti), sapere esattamente certe specifiche tecniche del modem, calibrare il flusso dei dati in entrata e in uscita. Non so come faccia il resto del mondo: a me non è riuscito mantenere attiva una connessione per più di dieci minuti, senza dover chiudere e riaccendere il programma dopo che si era piantato. I due o tre film che ho provato a scaricare hanno impiegato giorni e giorni per giungere fino in fondo, e quando ho tentato di guardarli erano di qualità pessima. Risultato: lasciamo perdere.




NAVIGATORE SATELLITARE

Un paio di anni fa mi è stato regalato un navigatore satellitare da usare in automobile. L’ho subito ribattezzato Multivac e ho cominciato a usarlo. Ovvero, va detto che non sono stato buono a farlo parlare con una voce scelta da me, scaricandola dal sito così come indicato dalle istruzioni scritte nella guida: pazienza. Tuttavia, pur con la voce che pareva a lui, Multivac era in grado di collegarsi più o meno nell’ottanta per cento dei casi con un satellite e di guidarmi con una buona approssimazione là dove volevo. Non era in grado però di stare attaccato né al vetro del parabrezza né alla plastica del cruscotto per cui mi cascava sempre addosso, di solito fra le gambe, proprio quando c’era da fare un fatidico cambio di direzione, quello più fondamentale nell’itinerario prescelto, e di solito finiva proprio sotto il pedale del freno, impedendo la frenata. Ma, lo ammetto, questo non è un problema elettronico per cui non parliamone.

Il vero guaio è che, dopo un mesetto, mi sono reso conto di come Multivac fosse del tutto all’oscuro della maggior parte delle rotonde di nuova costruzione. Sembrava aggiornato a cinque anni prima. C’erano uscite autostradali o svincoli delle tangenziali di cui non sapeva una beata mazza. Da qui l’esigenza di scaricare nuove mappe. Ora, io davo per scontato (e mi sembrava il minimo) che nell’apparecchio ci fossero delle mappe aggiornate. Ma, se proprio mi volete sbolognare un coso che non sa le strade, fate in modo che si aggiorni da solo attraverso il satellite. Invece no: pur trattandosi del navigatore in assoluto più pubblicizzato, bisognava fare gli aggiornamenti via Internet (e a pagamento).

Ora, io tremo sempre quando devo scaricare qualcosa dalla Rete perché l’esperienza i dice che lo download il più delle volte dura una vita e fa piantare il computer, o importa dei virus, o non si sa dove deposita i file (e io non riesco più a trovarli), o provoca conflitti con altri programmi, o quel che si scarica semplicemente non si installa o non funziona. Tuttavia, provo ad aggiornare il Multivac seguendo le complicatissime istruzioni. Risultato: il Multivac smette di dare segni di vita. Il tentativo di aggiornamento delle mappe ha portato al crack dell'apparecchio. Telefono al centro assistenza (con una procedura lunghissima e spese telefoniche astronomiche prima di parlare con qualcuno), vengo guidato nei tentativi di far riaccendere lo schermo del navigatore, ma il tutto non porta a niente. Anche quelli del centro assistenza non ci capiscono nulla e mi dicono che l’unico modo è spedire l’oggetto lì da loro e farlo riparare da un tecnico. Spesa preventivata: circa trecento euro. Dato che l’aggeggio ne costa, nuovo, più o meno duecentocinquanta, ho lasciato perdere. Ho buttato il Multivac nel cestino e da allora viaggio con le cartine stradali di carta, quelle che l’unica difficoltà che danno è non sapere come fare per ripiegarle.





PAGAMENTI ON-LINE

La gente fa shopping on-line. Io ho sempre trovato grosse difficoltà e mi chiedo come facciano quelli che sanno farlo. Naturalmente, possiedo una carta di credito. Però, so che non è troppo prudente divulgare in giro per la rete le cifre del codice: il rischio che vengano intercettate e usate per prosciugarmi il conto corrente è più che concreto. Dunque sono restìo a digitare il fatidico numero. Mi informo, e sento parlare di carte prepagate. Ora, se io trasferissi cinquemila euro (ammesso di averli) su una carta prepagata, correrei lo stesso rischio di vedermi derubato che se usassi la carta ordinaria. Ergo, conviene caricare sulla prepagata piccole cifre per volta. E fin qui, tutto bene. Ma allora, prima di fare un acquisto, bisogna sapere quanti soldi si hanno a disposizione e, se non se ne hanno abbastanza, rimpinguare la scorta. Ma come si fa a sapere quanto abbiamo?

Ecco quel che è successo a me: vado alla mia banca e chiedo una carta prepagata che carico, per cominciare, con cinquanta euro. Dopo un mesetto, provo a fare un acquisto: la carta non funziona. Provo in tutti i modi a risolvere il problema on-line, niente. Appena possibile, torno in banca. Scopro che nel frattempo l’istituto di credito è stato ceduto a uno più grosso, ha cambiato nome e tutte le carte prepagate sono state bloccate per essere sostituite da quelle del nuovo proprietario. Rifaccio tutta la procedura, con noie e traversie inenarrabili perché il passaggio di proprietà ha creato incertezze e scompensi di tutti i tipi e nessuno sembra sapere come comportarsi per trasferire dalla prima carta il denaro sulla seconda. Alla fine, trafelato, ottengo la ricaricabile nuova. Provo a usarla, funziona. Ma con un limite: on line non c’è modo di sapere quanto c’è dentro. Per saperlo, bisogna andare a farsela leggere allo sportello, in banca, facendo la fila per parlare con un impiegato (non scherzo: mi sono informato, è proprio così). L’ultima volta che l'ho fatto, perdendo tutto l'intervallo della pausa pranzo, ho scoperto di averci solo sette euro: se avessi tentato di acquistare qualcosa che costava otto, non avrei potuto farlo. Per ricaricare la carta, poi, c’è tutta una trafila che vi raccomando: andare sul sito della banca, ricordarsi password e nome utente (o far ricorso al luogo, di solito dimenticato, in cui si tiene nascosto l’appunto), compilare tutti i format nel modo giusto, usare la chiave di sicurezza (una volta che si sia trovata là dove si tiene abitualmente, ammesso che ci sia), fare il trasferimento. Quindi tornare sul sito dell’acquisto e fare la trafila del dare il numero della prepagata, confidando sul fatto che la ricarica sia già arrivata, e poi appuntarsi la spesa per cercare di ricordarsi quanto denaro ci sia rimasto per non dover tornare in banca a farselo dire, e quindi non dimenticare dove si è messo l’appunto e sperare, la volta dopo, di essersi ricordato di aggiornarlo la volta prima. Uno stress micidiale che, personalmente, mi uccide. Il più delle volte rinuncio allo shopping on line e preferisco andare di persona nei negozi.




PROGRAMMI

Viene un amico a trovarmi e mi mostra orgoglioso il suo iPad (un apparecchio costosissimo, fuori della mia portata, che ovviamente io non ho). Mi dice che lo usa per guardare in treno i film e le serie TV. Io rispondo: che bella cosa, ci metti dentro il DVD e lui lo riproduce? L’amico sorride: ma no, l’iPad non ha nessun lettore DVD e non ha nemmeno la presa per la chiavetta. Inoltre, mi spiega, quel demonio di Jobbs ha fatto in modo che l’iPad non possa leggere né gli mp3 né i classici formati video usati dagli altri computer. L’iPad, scopro, scarica delle applicazioni apposite per vedere dei contenuti predisposti soltanto per lui. Dunque, dico io, ti colleghi a un sito da cui scarichi a pagamento i filmati che vuoi vedere? L’amico sorride più malizioso: ma no, se Jobbs è un demonio, gli altri programmatori lo sono ancora di più. Ha semplicemente trovato in rete in programmino che trasforma in applicazioni da Ipad i video scaricati dalla rete in altri formati, e così vede sull’Ipad quello che voglio senza pagare nulla. Ecco, quello che io non capisco è questo: io ho nel mio computer soltanto i programmi che c’erano quando l’ho comprato. Come si fa a metterci dentro altri programmi? Come si fa a installarli, a farli funzionare? Ma soprattutto, come si fa a sapere che esistono, a che servono, dove trovarli? E come essere certi che non danneggino l’apparecchio, che non entrino in conflitto con niente, che non rallentino la macchina, che non siano virus? Mah.


SKY

Alcuni mesi fa mi sono deciso ad abbonarmi a Sky, convinto dal fatto che tutti erano più aggiornati di me su film e telefilm. Prendo un pacchetto con cinema, serie TV, documentari e news (evitando il calcio che cercavano in tutti i modi di sbolognarmi). Mi arriva a casa un decoder, imballato in una scatola di cartone. Lo lascio lì, in attesa che vengano dei tecnici a installarmelo. Mi viene promesso che questi esperti arriveranno nel giro di pochi giorni. Però, intanto, l’abbonamento scatta e io comincio a pagare. Pago, ma non viene nessuno e, naturalmente, non vedo niente. Alla fine, mi decido a telefonare io: ma insomma, arriva qualcuno oppure no? Risposta: le faremo sapere. E continuo a pagare. Intanto, mi viene detto che non c’è solo da sistemate il decoder ma anche una parabola satellitare. Io, ingenuo e arretrato, chiedo: ma come, non basta la fibra ottica? Non si diceva che la cablatura delle città avrebbe permesso di ricevere anche i programmi TV via cavo? No, mi spiegano: ormai tutti vogliono i canali in HD e addirittura in 3D, per cui la fibra ottica non è sufficiente e ci vuole la parabola. Mi meraviglio di quello che mi sono perso: canali in HD e in 3D! Davvero il resto del mondo ormai si gode degli spettacolo inimmaginabili, tutti vedono cose straordinarie e io invece ne sono escluso. Ma, per fortuna, stava per arrivare il tecnico che avrebbe fatto accedere anche me alla dimensione delle meraviglie e non sarei stato più l’unico a rimanere fuori. Già, il tecnico: ma quando sarebbe venuto? Perché io già stavo pagando e non vedevo un accidente.

Intanto, mi informo sulle usanze del casamento circa le parabole. Sarebbe stato bello che già ci fosse una parabola condominiale a cui bastasse attaccarsi. Macché. Niente parabola in comune. Allora sarebbe stato bello che si potesse mettere la parabola sulla terrazza. Macché. Niente parabola sulla terrazza. Il regolamento lo vieta per motivi estetici. Bisognava mettere la parabola privata sul tetto e poi far calare un cavo fino all’appartamento. Ovviamente, il cavo non poteva passare sulla facciata esterna, sempre per motivi estetici. Sorvoliamo sul fatto che l’edificio è fatiscente e in un quartiere malfamato e non nel Foro Bonaparte, ma giustamente se già la zona è esteticamente degradata non degradiamola ancora di più. Dunque, mi appresto a sostenere tutte le spese per tutti i lavori necessari a far arrivare il segnale fino nel mio appartamento. E lotto con l’amministratore del condominio per potere, all’arrivo del tecnico, con una richiesta speciale, farlo accedere al tetto. Già, l’arrivo del tecnico. Ma quando arriva? Alla fine, Sky telefona: il tecnico arriverà un lunedì pomeriggio. Io chiedo: non si può fare il lunedì mattina? No. Non si può fare un giovedì pomeriggio? No. Quando si può fare? Soltanto il lunedì pomeriggio. Mi rassegno, desideroso di vedere finalmente i programmi che tutta l’Italia già vede e che io sto pagando senza aver mai visto, e chiedo un giorno di ferie. Già, perché io devo lavorare in redazione, ci sono gli albi di Zagor da far uscire, già faccio i salti mortali per riuscire a rispettare tutte le scadenze. Non ho molto tempo da perdere e ogni mio giorno di assenza crea dei grossi problemi. Però, se per accedere finalmente alla fruizione delle meraviglie della TV satellitare bisogna fare un sacrificio, facciamolo.

L’appuntamento con il tecnico è per le ore 15. Alle ore 16 e 15, non vedendo arrivare nessuno, faccio la prima telefonata a Sky. Mi viene risposto che il servizio effettivamente è prenotato ma non c’è modo di sollecitare il tecnico. L’unica cosa che possono fare è questa: se il tecnico non fosse arrivato, il giorno dopo mi avrebbero saputo dire il perché. Richiamo di nuovo più tardi: il secondo operatore mi dice che i servizi possono essere fatti fino a mezzanotte, per cui il tecnico avrebbe potuto arrivare anche dopo cena. Dovendo mettere una parabola sul tetto, mi sono chiesto come avrebbe fatto a lavorare con il buio, ma comunque non è venuto nessuno e sono rimasto con la curiosità. A forza di telefonate, ottengo il numero di uno Sky Service o di uno Sky Center di Milano, cui provare a rivolgermi. Lì mi dicono che sì, lavorano per Sky, ma non sono loro a fare le installazioni. Mi dicono che il servizio risulta appaltato a una ditta di cui mi danno il numero di telefono. Chiamo non una, ma dieci volte: sempre occupato. Richiamo lo Sky Center e chiedo se mi possono dare un recapito alternativo. Ottengo un cellulare. Il cellulare è collegato con una segreteria telefonica. Lascio non uno, ma quattro messaggi vocali chiedendo di venire richiamato. Inutile. Le ore passano. Vado su Internet e scopro che il numero di telefono corrisponde a una cooperativa di facchinaggio. Facchinaggio: non installazioni elettroniche (altro che tecnici specializzati). Da Internet scopro alcuni numeri di telefono alternativi della cooperativa: quasi tutti suonano a vuoto o sono collegati al fax, ma alla fine qualcuno risponde. Sì, dicono, quella ditta, benché di solito faccia facchinaggio, installa anche le parabole Sky. Però non hanno idea del perché i tecnici non sono venuti. La persona che risponde, voce maschile, promette di informarsi e di riferirmi. Non mi richiama. Continuo a chiamare il cellulare. Alla fine, risponde qualcuno anche lì (stavolta, voce femminile). Sì, è della cooperativa di facchini, sì installano Sky, no non sa perché i tecnici non sono venuti. La voce promette di informarsi e di richiamarmi. Non mi richiama. Alle ore 20 passate chiamo di nuovo Sky. Mi dicono che adesso sanno riferirmi perché i tecnici non sono venuti: una nota segnala che il servizio è sospeso per “indisponibilità del cliente”. La cosa è offensiva. Mi chiedo a che razza di ceffi avrei aperto la porta di casa, se si fossero presentati.

Scrivo immediatamente una lettera di disdetta dell’abbonamento a Sky: “Non può essere una scusa sufficiente quella di scaricare la colpa su una ditta di installatori poco efficienti: l’avete selezionata voi, forse per risparmiare qualche spicciolo. So che non ho nessun mezzo per protestare, se non questo: disdire il mio contratto. Non servirà a niente ma non avrò il rimorso e il rimpianto di essere rimasto inerte. Qualcosa ho fatto. Non voglio più avere a che fare con voi”. La lettera era datata 14 settembre. Il 30 novembre ancora stavo continuando a pagare, per dei programmi che non ho mai visto. Mi hanno anche addebitato il montaggio della parabola, che nessuno ha mai montato. Finora non ho avuto alcun rimborso. E naturalmente sono ancora escluso dai programmi in HD e in 3D di cui gode il resto del mondo.



SMARTPHONE

Un anno fa, per il compleanno, ho ricevuto in regalo uno smartphone. Cioè, un telefonino senza tasti, con lo schermo su cui battere con la punta delle dita. Un oggetto che hanno tutti e che tutti usano con la massima soddisfazione. Ora, va detto che il venditore ha cercato di farmi acquistare un iPhone, sostenendo che, nonostante il prezzo esorbitante, io avrei potuto averlo gratis in cambio di una piccola (a suo dire) rata compresa nel piano tariffario. Chiedo quale sia l’impegno economico di questo piano. Per calcolarlo, mi dice di partire dal numero di minuti che io, di solito, dedico ogni mese alle conversazioni telefoniche. Faccio un rapido conto moltiplicando per trenta i minuti giornalieri, e per i quali spendo più o meno circa cinquanta euro mensili. Con l’Iphone è risultato che ne avrei spesi centocinquanta. Ho subito rinunciato: evidentemente Steve Jobs produce oggetti soltanto per ricchi e io non lo sono. Che poi, a me il telefonino serve soltanto per telefonare, che me ne faccio della livella che mi dice se è appoggiato su un piano diritto o inclinato?

Insomma, prendo uno smartphone che non è della Apple, e che costa poco meno di trecento euro. Mi propongono un nuovo piano tariffario con l’accesso a Interner per otto euro al mese. Non ho mai avuto Internet sul telefonino, penso che avrei potuto usarlo per moderare il mio blog, accetto. Mai vista una connessione più lenta. Per aprire “Freddo cane in questa palude” ci volevano dieci minuti. Per accedere al menu di controllo e mettere la password, altri dieci minuti. Leggere i messaggi era quasi impossibile: il telefonino ha uno schermo piccolissimo, le scritte microscopiche. Ho scoperto con il tempo che si potevano ingrandire, ma non controllare: si ingrandivano a dismisura certe frasi ma non quelle che volevo, e poi scorrere il testo fino al punto giusto comportava uno sforzo sovrumano perché lo schermo non ubbidiva al tocco delle mie dita e comunque su piantava ed era lentissimo. Insomma: navigare sullo smartphone era così lento, faticoso e stressante che ho finito per non farlo mai, spendendo inutilmente gli otto euro al mese.

La faccenda dello schermo che non ubbidiva al tocco era poi una costante: mi trovavo a battere inutilmente sul vetro fino ad avere delle crisi isteriche, senza ottenere alcunché. Per non parlare delle immagini, che si disponevano regolarmente in senso orizzontale se lo schermo era verticale, e verticale se lo schermo era orizzontale. Ho anche perso dei taxi: se uno chiama il taxi dal cellulare, gli viene chiesto di confermare la chiamata premendo il tasto uno del telefonino. Ma lo smartphone non ha la tastiera! Che tasto premo? Dovrei farla comparire, durante la telefonata, battendo un dito da qualche parte sullo schermo, ma a me non è mai comparso nulla. Risultato: mi dispiace, diceva la voce, la sua richiesta è stata annullata. Argh! Due mesi dopo ho regalato lo smartphone a mio figlio e io mi sono comprato un modello da pochi euro con la tastiera, che funziona benissimo. Però ancora oggi continuo a vedere in TV la pubblicità di apparecchi touchscreen che soltanto sfiorandoli mandano le foto su Facebook. Ovviamente, non ci credo più: come posso spendere altre centinaia di euro sapendo che poi il collegamento a Internet sarà difficoltoso e lo schermo non reagirà ai miei polpastrelli?

Ora, io non ho mai fatto il test per misurare il mio quoziente di intelligenza. Però, con un minimo di presunzione, a prima vista non direi di avere un QI sotto il limite della deficienza o comunque molto più basso di chi passa il tempo a giocherellare con Supermario o a scaricare la filmografia completa di Rocco Siffredi (cosa quest'ultima, e non la prima, che farei anch'io se sapessi farla). Tuttavia, devo ancora imparare a usare il cavo di Fastweb mentre già sento parlare di "cloud", la nuvola elettronica con tutti i nostri dati nell'etere. Sono sgomento. Santo Asimov, aiutami tu.