lunedì 26 marzo 2012

DUE FILASTROCCHE

E' una vita che, fra le altre cose, scrivo filastrocche. Non credo di essere capace di scrivere un solo verso "serio" o di metterne quattro in fila che non facciano rima fra loro, così come non saprei comporre in metrica libera ma sono ossessionato dal ritmo degli ottonari (il metro principe delle filastrocche) o degli endecasillabi, quello dei più importanti poemi. Proprio in endecasillabi, del resto, ho composto un poema io stesso, la famosa Eneode di cui vi ho giù fatto lettere prima il canto undicesimo e poi il canto ottavo (e chissà che non vi infligga anche gli altri diciotto). Non riuscendo a essere serio nel poetare, non potrò mai pubblicare nessuna raccolta di poesie, e di questo mi sono molto grati i parenti (di solito, i congiunti, e talvolta gli amici, sono gli unici a comprare, perché costretti, i libri dei poeti). Tuttavia, proprio i parenti sfruttano il mio piccolo talento per le filastrocche chiedendomi di improvvisarne una per le più svariate circostanze, dai battesimi, ai compleanni, ai matrimoni, agli anniversari di nozze. Talvolta queste rime estemporanee fatte in famiglia sono molto più divertenti delle canzoncine di Cico (di cui credo di essere diventato, negli anni, il principale compositore, e che a pensarci bene potrei riunire in un post). Di solito, a ogni richiesta del parentado ("scrivi la filastrocca per questo o per quello") io gioco a farmi pregare un po': "Non ho tempo, non ho voglia, ho finito le idee". L'estate scorsa, in occasione del matrimonio di mia sorella, nessuno mi ha chiesto di scrivere niente. Così io ho scritto lo stesso una filastrocca lamentando di non essere stato invitato a farlo. E, devo dire, l'uditorio si è divertito più del solito. In quel caso temo di aver regalato alla sposa l'unica copia, scritta su un foglio di bloc notes, della filastrocca, e dunque non ce l'ho più. Laura, vedi di farmi avere una fotocopia, grazie! Alcune delle mie filastrocche sono riuscito a riciclarle, cambiandole un po', come canzoncine di Cico. Perciò, giusto per dare un assaggio di quel che faccio e mostrarmi a trecentosessanta gradi (che è sempre meglio che a novanta), ho pensato di tirar fuori le versioni originali dei due pezzi in questione. Eccole.


QUEL GRAND' UOM CHE INVENTO' IL LETTO
(UN GENIO SCONOSCIUTO)
di Moreno Burattini


Io non so se tu lo sai,
ma saperlo è bene assai,
che ci sono dei signori
- e si chiamano inventori -
che con grande intelligenza,
con bravura e con pazienza,
costruiscon macchinari
belli e a volte necessari.

Ci è arrivato tramandato
che Leonardo un dì ha inventato
il paracadute, il telo
che fa scender giù dal cielo;
così pur, grazie a Marconi,
noi sentiam le trasmissioni
della radio, e oggi in più
vediam anche la tivù.

Pur si sa chi è il costruttore
della pila e del motore,
e sappiamo anche più o meno
chi per primo fece il treno;
poi la bici e l'aeroplano,
e persin la bomba a mano,
il giradischi e il frullatore
hanno tutti un inventore.

Ma saper mi piacerebbe
chi fu mai colui che ebbe
quell'idea così grandiosa
d'inventar quella gran cosa
che a tutti tanto piace,
che dà forza, che dà pace,
che dà gioia e dà diletto:
chi fu mai che inventò il letto?

Con la rete e col cuscino,
che sia grande o piccolino
sempre il letto fa dormire,
fa sognare, fa poltrire,
fa guarir la malattia,
la stanchezza manda via.
Senza stringere il guanciale
si starebbe tutti male.

Non consuma la corrente,
non si guasta mai con niente:
invenzione più perfetta
mai fu fatta, e benedetta
sia per sempre la memoria
(che il Signore l'abbia in gloria)
di quel tale che un mattino
fece il letto col cuscino.

Che fantastica invenzione!
Altro che televisione!
Sempre a letto si sta bene,
con le gioie e con le pene,
e col sonno, poi, si vola
a cercare le lenzuola!
Con il capo messo giù
non si lascerebbe più.

Che cervello, che intelletto
ebbe il tal che inventò il letto!
E chissà come si stava
se nessuno lo inventava!
Sai che male, sai che duro,
dormir ritti accanto al muro,
oppur stesi sopra un sasso
senza avere il materasso!

Vadan lodi, vada onore
al magnifico inventore;
è un peccato, ed è un tormento
che neppure un monumento
mai si sia a lui innalzato:
ma chissà chi sarà stato!
Sconosciuto è, poveretto,
quel grand'uom che inventò il letto.


UNA CONFESSIONE INUTILE
di Moreno Burattini

Mi accingo a fare una confessione
davanti a voi, in questa riunione,
state a sentire perchè questa qua
è la pura e sacrosanta verità.

Io qui presente a tutti dichiaro
d'essere proprio un perfetto somaro,
e m'hanno detto, non uno ma mille,
che oltre a questo son anche imbecille.

Al mondo, credete, proprio non c'è
uno che sia più grullo di me,
e tutti sanno che fin da bambino
io sono stato un perfetto cretino.

Anche se non me ne importa un bel niente
c'è chi mi dice che son deficiente,
ma più che altro, man mano che invecchio,
divento scemo, e scemo parecchio.

E' anche vero, e qui lo confesso,
che di voi tutti io sono il più fesso;
e credo sia un dato di fatto
che tra i presenti sono il più matto.

A ogni scherzo che fanno, ci abbocco:
perchè sono tonto, perchè sono sciocco.
Si sa che la zucca l'ho proprio vuota
e per chiamarmi mi dicono: - Idiota! -

Ma ripensandoci, che parlo a fare?
Quello che avete potuto ascoltare,
lo sapevate già perfettamente
anche se non vi dicevo un bel niente.