lunedì 12 marzo 2012

VENGHINO SIGNORI VENGHINO

Come promuovere gli albi a fumetti

“Venghino, signori, venghino… è arrivato il circo!”. Oppure, sono giunti in paese i saltimbanchi, i musici, i cantastorie. Della tecnica di irretire e imbonire il pubblico, fece un’arte Phineas Taylor Barnum, proprietario del famoso circo che portava il suo nome, e di cui già una volta abbiamo parlato. Nato nel Connecticut nel 1810, e morto nel 1891, Barnum aveva un incredibile talento per attrarre spettatori: affiggeva dovunque manifesti e cartelloni dalle scritte roboanti e divulgava per mezzo stampa notizie false, o esagerate, riguardo a quello che si sarebbe potuto ammirare nei suoi show. Tutto cominciò nel 1835 quando Barnum comprò una vecchia schiava di colore, Joyce Heth, per mostrarla al pubblico dicendo che aveva centosessantuno anni ed era la ex-nutrice di George Washington. Altre sue attrazioni furono il presunto scheletro di Cristoforo Colombo e un esemplare imbalsamato di sirena. Non a caso, l’impresario è passata alla storia una sua celebre battuta: there's a sucker born every minute, ogni minuto nasce un gonzo.

Non dice “venghino, signori venghino”, ma quasi, il dottor Dulcamara de “L’elisir d’amore”, opera comica di Gaetano Donizetti. Eseguita per la prima volta nel 1832, la partitura donizettiana accompagnava un divertente libretto di Felice Romani, ambientato in un villaggio dei paesi baschi alla fine del Settecento. E’ lì che giunge il carrozzone di Dulcamara, e subito il sedicente medico richiama i popolani per rifilare loro il suo miracoloso beverone. La celebre aria del venditore di elisir si intitola infatti “Udite, udite o rustici”. Dulcamara invita all’acquisto della sua bevanda ripetendo “compratela, compratela, per poco ve la do”. E quali sono i prodigiosi effetti dell’ “odontalgico, mirabile liquore (dei topi delle cimici possente distruttore)”? L’elenco è esilarante: rimette in movimento i paralitici e gli apoplettici, cura gli asmatici, gli isterici, i diabetici e i rachitici. In pratica, sgombera gli ospedali. Sana il mal di fegato, cancella le rughe alle matrone e liscia la pelle alle donzelle. Inutile il dire che garantisce fior di amanti ai giovani galanti. Vedendo come pubblicità e imbonitori televisivi riescono a convincerci all’acquisto di prodotti di cui non abbiamo bisogno e che, soprattutto, non corrispondono alla descrizione millantata, forse la frequenza delle nascite dei gonzi, noi compresi, è addirittura aumentata dai tempi di Barnum.

Ma perché vi sto raccontando tutto questo (rischiando, come al solito, di far fuggire a gambe levate gli uditori anziché convincerli ad ascoltare)? Perché vorrei continuare nel gioco iniziato qualche mese con un articolo dal titolo “Io se fossi Dio”. Il divertimento consisteva nel giocare a fare il piccolo editore e dunque immaginare che cosa avrei potuto fare se avessi una Casa editrice da gestire (o da distruggere) senza danno (dato che non ce l’ho, fare castelli in aria non costa niente). La volta scorsa mi sono cimentato a ipotizzare serie di “collaterali” da edicola, da allegare a quotidiani e riviste. Oggi, mi provo a fantasticare su quali tecniche potrei tentare per promuovere le vendite di una immaginaria nuova serie a fumetti che stessi per mandare in edicola. Anche questo argomento non è nuovo: già in passato ho citato la frase scritta da Sergio Bonelli su un cartello posto sulla porta del suo ufficio (“Dio perdona, l’edicola no”), e in un’altra occasione ho rimpianto i tempi in cui il passaggio dal chiosco del giornalaio era un momento obbligato di qualunque camminata mattutina, mentre ai giorni nostri è difficile che i più giovani ci vadano ancora e, se ci vanno, non passano in rassegna tutta l’esposizione come facevamo noi.

Dunque? Come fare per vendere un nuovo fumetto, convincendo le gente ad accostarsi all’edicola, entrare e investire tre euro nella pubblicazione? E’ evidente che le vecchie tecniche non servono più, o servono a poco. Se l’albo fa parte del parco testate di una Casa editrice già da tempo presente sul mercato, la pubblicità interna sugli altri albi mandati in edicola dallo stesso marchio è qualcosa che non garantisce più il successo perché è già un caso fortunato se i vecchi personaggi mantengono le loro posizioni senza perdere copie mese dopo mese, figuriamoci se è facile convincere i lettori ad aumentare il budget allargandolo ad altre proposte. Con i super aficionados può funzionare, ma soltanto con loro ed è una quota percentuale che non garantisce il successo. Quando noi, ragazzi di un tempo, vedemmo comparire sugli albi di Zagor la pubblicità di Mister No, non ce ne fu uno che non corse in edicola a comprarlo. Ma oggi, purtroppo, non è più così. Capitò lo stesso anche con Akim, che però a me non piacque e feci la collezione soltanto per i primi dieci numeri (poi, da grande, li ho comunque recuperati tutti), ma questo è nell’ordine delle cose: se il prodotto non convince, non avrà successo. Però, intanto, bisogna che la gente lo provi. Il rischio è che, ai giorni nostri, di un nuovo fumetto non gliene importi niente a nessuno e che anche il numero uno muoia in edicola senza essere notato. Perciò, il problema è quello dei mezzi più adatti per convincere gli spettatori a entrare nel tendone del circo. Si possono subito escludere, ahimé, i passaggio di pubblicità in televisione. Non perché non sia efficaci (nonostante non lo siano più come una volta, servirebbero eccome), ma perché sono troppo costosi per qualunque Casa editrice di fumetti. E allora? Ecco quel che mi è venuto in mente.

Anziché spendere un sacco di soldi negli spot televisivi, con assai meno risorse si potrebbe intanto assumere un esperto di marketing. C’è gente che riuscirebbe a sbolognare frigoriferi agli eschimesi, perché mai non dovrebbe riuscire a vendere un prodotto come un fumetto? Perché è appunto di questo che stiamo parlando: un prodotto. Lo so che a me, a voi, a tutti gli appassionati i fumetti sembrano (e lo sono) qualcosa di più grande di un “prodotto”. Ma in questo ragionamento limitiamoci a considerare un albo come un oggetto da piazzare. Di solito, almeno valutando gli standard bonelliani, si tratta di oggetti ben fatti, di qualità. Dunque non vogliamo vendere gli elisir d’amore di Dulcamara o la sirena di Barnum. Stiamo proponendo roba buona. Venga l’esperto di tecniche di mercato e ci dica come fare. Non vogliamo fare neppure quello perché siamo convinti di poter fare da soli e nessun laureato della Bocconi possa insegnarci niente? Benissimo. Forse è vero. Però, non si può ignorare la realtà e non rendersi conto che la comunicazione oggi avviene soprattutto via Internet. E se lo dico io, che non so usare uno smartphone e ho difficoltà anche a vedere i filmati su YouTube, vuol dire che è proprio vero. Dunque, non assumiamo un esperto di marketing, ma un webmaster degno di questo nome, sì.

Ci serve un sito “figo”, dinamico, accattivante, animato, aggiornato due volte al giorno, dove chiunque faccia una visita trovi sempre qualcosa di nuovo da leggere e decine di link per approfondire gli argomenti. Un sito che faccia venire voglia di scoprire che cosa è stato aggiunto, che attiri le visite perché si rinnova sempre. Ovviamente, ci si riesce più facilmente se il sito è collegato con un forum interno dove i lettori possono discutere fra loro e con gli autori. Ormai, le discussioni che avvengono in un luogo, rimbalzano in mille altri, perché ognuno dei partecipanti le condivide con i suoi contatti. Facebook e Twitter sono piazze dove è assolutamente fondamentale essere presenti con profili, con pagine dedicate, con eventi e appuntamenti. Ci vuole qualcuno che, di lavoro, faccia soltanto quello tutto il giorno: crei sempre nuove notizie, dia anticipazioni, sparga la voce riguardo al nuovo fumetto che sta per uscire.

Ovviamente, è importante che i motori di ricerca trovino subito il sito per personaggio e lo propongano come prima scelta a chiunque digiti la parola “fumetto”. Ci sono figure professionali, e dunque delle precise tecniche, che riescono appunto a far risultare un certo prodotto in cima a qualunque ricerca di Google. E noi dovremmo investire in questo tipo di comunicazione. Avendo qualcosa da investire, anziché in TV potremmo fare pubblicità su Internet, nei siti più adatti a far giungere il nostro messaggio. La pubblicità sul Web ha il vantaggio che se chi la vede viene attratto, con un click giunge subito là dove, con un altro click, volendo si può ordinare il prodotto e farselo arrivare a casa. Eh, già… perché non dovrebbe essere soltanto l’edicola il luogo dove far convergere i potenziali acquirenti, ma vanno bene anche dealer telematici (si potrebbero fare accordi con Amazon, Bol o chissà con chi, oppure organizzarsi in proprio con un efficiente servizio di spedizione).

Il click potrebbe anche servire a far leggere una anteprima di alcune tavole dell’albo in uscita, qualcosa di molto accattivante, con una adeguata colonna sonora. La stessa anteprima potrebbe essere proposta sottoforma di app per l’Iphone o l’Ipad, da scaricare gratuitamente, e ovviamente il nostro sito conserverebbe tutte le anteprime e tutte le app di tutte le pubblicazioni, in modo da poterle sempre far gustare come assaggi ai lettori indecisi. Se poi si potesse vendere l’albo intero sottoforma di app, meglio ancora. Ormai il futuro è quello (non in modo esclusivo, ma in percentuale sul venduto, sempre più quelli che erano i libri e le riviste diventeranno file da scaricare: file che io non comprerò, ma i miei figli magari sì).

Non si trascuri YouTube! Di ogni albo ci dovrebbe essere un trailer filmato, come quelli che la Zagor TV ha fatto spessi per tante storie di Zagor (anche il trailer deve essere disponibile sul sito e linkato sul forum, su Facebook, su Twitter), e altri filmati possono essere fatti mostrando interviste agli autori e scene dei disegnatori al lavoro. I filmati (tutti brevi) girano facilmente in rete: però serve che ci sia chi li fa e chi li fa girare.

A questo punto bisogna però che si parli del nostro fumetto non soltanto sul nostro sito e nei nostri spazi, ma dovunque si faccia informazione. Ecco che serve un agguerrito e dinamico ufficio stampa, in grado di lanciare due notizie al giorno, e creare un evento dopo l’altro, dovunque. Perché può darsi che una notizia non passi dalle agenzie nazionali, ma se in venti città c’è una mostra, una conferenza, un dibattito, un concorso, una cena, una lezione nelle scuole, una donazione di albi alle biblioteche e chissà che altro, le pagine delle cronache cittadine (e i siti Internet di informazione locale) daranno senz’altro dei riscontri. Ugualmente, serve una presenza massiccia in tutte le mostre mercato, con uno stand in cui gli albi si vendano, magari con dei gadget speciali (opuscoli, spille, portachiavi, statuette, portfolio). Gli eventi potrebbero, e dovrebbero, riguardare anche e soprattutto le librerie e le fumetterie.

L’albo stesso, per finire, dovrebbe avere una confezione accattivante. Non sto entrando nel merito della qualità del racconto dal punto di vista dei testi e dei disegni (anche se, a dire il vero, un esperto di marketing potrebbe stabilire se ci sono più probabilità di successo con un albo a colori o con uno in bianco e nero, con un certo prezzo piuttosto che con un altro, di un certo genere invece che uno diverso). Dico che, come è facile capire, un fumetto si vende, all’inizio, soprattutto per la copertina. La cover è la prima forma di pubblicità. Ora, io non sono un grafico e forse appartengo a una generazione che dovrebbe rassegnarsi a leggere su una sedia a dondolo con il plaid sulle ginocchia, ma la tendenza a fare copertine poco accattivanti, poco vistose, colorate con toni cupi e quasi monocromatici mi sembra deleteria. Secondo me, le cover dovrebbero essere colorate in modo da spiccare in edicola come raggi di sole fra i rami degli alberi, come stroboscopiche nella notte. Il rosso e il giallo della casacca di Zagor, insomma, era un richiamo irresistibile in qualunque scaffale delle edicole della nostra infanzia. Oggi sembra che le nuove pubblicazioni giochino a nascondino, vogliano scomparire nel buio del marrone e del grigio. Dico tutto questo soltanto per evidenziare un problema, quello dell’efficacia della copertina, che dovrebbe essere messo al punto numero uno di qualunque ordine del giorno in cui si discuta di come promuovere un albo a fumetti. E’ inutile avere una copertina da far rimbalzare per tutta la Rete, se la copertina è brutta o colorata male. Poi, su ciò che sia bello e su quale colorazione risulti più efficace, lascio volentieri le decisioni agli altri. Per fortuna, però, questo è solo un gioco e io non ho nessuna responsabilità da caricarmi sulle spalle.