lunedì 2 aprile 2012

IL PESCE D'APRILE

Naturalmente, era un pesce d’aprile! L’unica cosa vera del post precedente, intitolato “Zagor Color Fest Humor”, era la data di pubblicazione. Lo scherzo è stato giocato con la complicità dei bravissimi Giacomo Michelon e Piero Lusso, di cui sono amico fin dai tempi di cui lavoravamo insieme a Lupo Alberto e Cattivik. Ci hanno creduto in pochi, com’era prevedibile (ccà nisciuno è fesso), ma tutti hanno avuto almeno un sobbalzo prima di gettare lo sguardo sul calendario. E, soprattutto, l’idea di un annual umoristico è piaciuta a tutti. Del resto, si sa che la nuova frontiera dei desideri degli zagoriani, dopo lo Zagorone e la ristampa, è il ritorno in edicola degli Speciali Cico. So addirittura di una raccolta di firme sotto una petizione che chiede proprio questo. Per quanto mi riguarda, una richiesta del genere sfonda una porta aperta. Se fosse stato soltanto per me, infatti, la collana degli albi comici dedicati al messicano più simpatico del mondo non si sarebbe mai interrotta. Mi sono divertito come un matto a scriverne diciannove sui ventisette usciti (gli altri otto sono stati: cinque di Nolitta, due di Faraci e uno di Sclavi) e anche l’indimenticabile Francesco Gamba (che ne ha illustrati ventidue) ha confessato più volte lo stesso divertimento.


Peraltro, se si volesse sperimentare una nuova storia del pancione come protagonista, non importerebbe neppure inaugurare una nuova serie: basterebbe sfruttare, anche solo per un anno, lo spazio dell’Almanacco dell’Avventura. L’idea è meno peregrina di quel che può sembrare. Si sa che le storie di Zagor destinate all’Almanacco sono le più difficili da scrivere perché i ritmi e i tempi zagoriani mal si adattano agli spazi brevi. A parte, forse, “Indian Circus” (un classico nolittiano), non ci sono racconti dello Spirito con la Scure confinati in 94 tavole che possano reggere il confronto con quelli lunghi il doppio, il triplo o il quadruplo. E’ questo il motivo principale, credo, per cui le storie dell’Almanacco dell’Avventura (era così anche per Mister No) godono di meno appeal presso il pubblico. Ma se lo stesso numero di tavole fosse dedicato a Cico, la verve del messicano (abituata da sempre a dar vita a sketch lunghi cinque, dieci, quindici pagine) potrebbe sfruttare nel modo migliore quel palcoscenico così ristretto, e del resto le avventure comiche del pancione sono appunto avventure e non tradirebbero il titolo della testata destinata a ospitarle. E il ritorno del pancione sulle scene di sicuro attirerebbe l'attenzione. Si tratta, com’è ovvio, soltanto di scherzi (d'aprile) e di sogni a occhi aperti (cosa che è, comunque, sempre bello fare ed è per questo che ci stiamo divertendo a farla).

E’ meno illusorio (per quanto ugualmente improbabile) pensare a un albo fuori serie, come quelli dei vecchi tempi. In questo caso, mancando Francesco Gamba, ci sarebbe da trovare un sostituto. Senza alcuno sforzo me ne vengono in mente una decina. E’ chiaro che il miglior interprete dell’humor cichiano sarebbe Ferri, da sempre mostruosamente bravo sul versante umoristico quanto su quello drammatico. Ma non volendo distogliere Gallieno dalle avventure di Zagor, si potrebbe ripiegare su altri disegnatori dello staff, a mio avviso dotati di vis comica quanta ne per condurre in porto l’operazione. Pescando tra i “velocisti” (perché è a loro che si deve ricorrere, logicamente, per non impegnare gente più lenta per anni), sicuramente spiritosi sono Gianni Sedioli, Raffaele Della Monica, Marcello Mangiantini. Ma si potrebbero anche chiedere in prestito matite e pennelli di altre serie bonelliane: Giuliano Piccininno (che con Della Monica ha disegnato a lungo Alan Ford), Giorgio Sommacal (che con me ha realizzato decine di storie di Cattivik), Oscar Scalco (noto sempre agli alanfordiani come Oskar) o il versatile e comico nato Walter Venturi (che non aspetta altro). Nell'immagine qui sopra, vedete, peraltro, un inedito omaggio a Cico di Pino Rinaldi. Tra gli zagoriani potrebbero comunque essere presi in considerazione anche i fratelli Di Vitto e i Cassaro. E per gli sceneggiatori? A parte il sottoscritto, che sarei ben lieto di essere richiamato in servizio, si potrebbero precettare anche lo strepitoso Tito Faraci (già autore cichiano e con un nomen omen: Farà Cico) e il vulcanico Alfredo Castelli. Ma, fra le nuove leve, vedo in pole position lo scalpitante e brillantissimo Mirko Perniola.

Per quanto riguarda i soggetti, ci sarebbe davvero l’imbarazzo della scelta. Dovete sapere, infatti, che per ogni storia di Cico da me sceneggiata, io ho portato a Bonelli altre tre o quattro proposte tra cui scegliere (e raramente Sergio sceglieva quella che io preferivo). Perciò, restano in attesa alcune decine di abbozzi già pronti, finiti in fondo a un cassetto. Il più delle volte non riuscivo a capire perché Nolitta scegliesse un’idea invece di un’altra, in qualche caso invece mi veniva spiegato. Successe, per esempio, con “Cico d’Egitto”. Eravamo in un periodo (metà anni Novanta) in cui l’Antico Egitto andava molto di moda e furoreggiavano i romanzi di Christian Jacq dedicati al faraone Ramses. Perciò, dissi a Bonelli che sarebbe stato divertente raccontare le avventure di un antenato di Cico chiamato Tutan-Cik vissuto quando si costruivano le piramidi, scriba egizio al servizio di un faraone, le cui avventure il messicano inizia a raccontare al divertito Zagor. Era già successo, infatti, che il pancione di Darkwood raccontasse storie di alcuni suoi antenati. Nella cartelletta di gag che presentai a Sergio c’erano avventure riguardanti mummie, papiri, geroglifici, piramidi, sfingi, piene del Nilo, deserti assolati, tombe di faraoni, grandi sacerdoti, schiavi, sette esoteriche, coccodrilli, cammelli… gli spunti si sprecavano. Ma Bonelli mi gelò subito: “Cico d’Egitto” non si sarebbe fatto proprio perché l’Egitto era così tanto sulla cresta dell’onda, e lui non voleva dare l’impressione di cavalcare una moda o di sfruttare il successo di Jacq. Noi sceneggiatori, mi disse, dovevamo tirare fuori dal cilindro idee nuove e non seguire la corrente copiando gli altri. “Neppure per farne parodia?”, azzardai io. “Neppure per quello”.

Questa cosa della generosità degli sceneggiatori nello scovare sempre idee nuove e fresche fu uno dei primi insegnamenti che Nolitta mi diede all’inizio della mia carriera, e sempre a proposito di Cico. Fu la prima volta che mi capitò di subire le “ire” di Sergio in ambito professionale. Nella primavera del 1990 andai nel suo studio a discutere con lui degli sketch da me ideati per “Cico Trapper”, il primo dei miei speciali dedicati al messicano. Anche in quel caso, c’era una ricca cartelletta piena di spunti, un canovaccio con annotati in bell'ordine tutta una serie di sketch in cui il pancione vestiva i panni del cacciatore di pellicce: le idee erano davvero tante, alcune brillanti, altre meno, altre ancora da perfezionare e mettere a punto. Nel prospettare a Sergio quale avrebbe potuto essere lo svolgimento della vicenda, feci l'errore di buttar lì un discorso di questo tenore: "scegliamo quali sono le gag da inserire in questo racconto, in ogni caso non butteremo via niente perché quelle scartate verranno buone per la serie regolare o per il prossimo special". Non l'avessi mai detto: Bonelli, con un tono che non ammetteva repliche, mi gelò ammonendo che invece lui era pronto a stracciare in ogni momento qualunque pagina che avesse scritto, e che pertanto anch'io avrei dovuto fare lo stesso di fronte a quelle idee che fossero state bocciate. Bisogna essere generosi con i lettori, disse Sergio, avere il coraggio di gettare nel cestino ciò che non funziona, dimenticarsene, e uscire subito con un'idea nuova. Se non avessi imparato a farlo, non sarei mai diventato un buon sceneggiatore. Io, che non sono vulcanico come Nolitta, sto ancora faticando per imparare il mestiere e chissà se mai lo imparerò: quella, comunque, fu una bella lezione.

Per curiosità, sono andato a rovistare nei miei cassetti, ed è tornato fuori anche un soggetto dal titolo “Cico alla guerra di Troia”. L’idea è questa: un nuovo incontro con Homerus Bannington, l'indimenticato e indimenticabile buffo poeta protagonista di "Odissea Americana", dà modo a Cico di iniziare a narrare le disavventure di un altro suo antenato, dopo “Cico conquistador”, “Cico cavernicolo” e “Cico paladino. Si tratta di un antico greco, identico al nostro pancione nell'aspetto e nell'indole, chiamato Ciconte. Coinvolto suo malgrado nella guerra di Troia, attraverso il resoconto delle sue gesta viene data una versione alternativa dell' Iliade di Omero: Cico ha a che fare con eroi e divinità dell'Olimpo, costruendo una parodia il più possibile gustosa dei poemi epici. In uno dei miei albi di Zagor (non ricordo più quale), Cico parla, infatti, di un suo avo di nome Ciconte e dice che “fu addirittura allievo di Omero”. Zagor commenta: “Adesso capisco da dove viene la vena poetica che ispira le tue famose canzoncine!”. E Cico, di rimando: “Libero di non crederci... ma fu proprio lui che mise su carta i versi dell’Iliade e dell’Odissea che il poeta cieco con poteva vergare da solo! Anzi... fu sempre lui a suggerire al maestro i passi più famosi dei due poemi!”. Lo spunto ha dunque già un aggancio accreditato nella serie regolare, si tratterebbe soltanto di sfruttarlo.

Non ci sono, però, giacenti soltanto dei miei soggetti. Anche Alfredo Castelli, negli anni Novanta, aveva proposto fa un’idea riguardo un albo di Cico che avrebbe voluto scrivere lui stesso. Il suo soggetto prevedeva di far interagire Cico con la base di Altrove, o con una base misteriosa fatta dal Governo per sperimentare invenzioni bizzarre o risolvere casi impossibili. Per qualche mysterioso motivo, poi, Castelli non ha più scritto quel Cico ma, in seguito, mi è capitato di riparlargliene. Alfredo mi ha proposto di scriverlo a quattro mani, oppure addirittura di sceneggiarlo io sulla base del suo soggetto. Mi pare che sarebbe simpatico un Cico mysterioso intolato “Cico Agente di Altrove” (o “Cico Mystère”), che potrebbe suscitare un po’ di interesse sul caso, facendo di nuovo mettere a contatto i lettori di Zagor con quelli di Martin Mystère dopo la storia di Za-Te-Nay (che avrà presto un seguito). L’idea di vedere il messicano alle prese con i mostri, i casi paranormali e le invenzioni folli di una base di Altrove ripensata su misura per lui, mi sembra carinissima (del resto, già “Fanta Cico” era riuscito benissimo proprio partendo da uno spunto del genere).

Se mi avete seguito fin qui, avrete capito che essendo partiti da un pesce d’aprile, tutto quello che ci siamo andati dicendo non può che esserne la continuazione. Non esiste nessun progetto riguardo a Cico e ci siamo soltanto divertiti a immaginarlo. Tuttavia, spero di avervi trasmesso tutto il mio amore verso il messicano (e non ringrazierò mai abbastanza Nolitta e Ferri per avergli dato vita). Appunto perché ne sono innamorato, vi preannuncio fin da ora che dedicherò, nelle prossime settimane, almeno un altro articolo agli Speciali del pancione. Le cose da dire sono ancora tantissime, caramba y carambita!