venerdì 5 ottobre 2012

SULLE RIVE DEL GRANDE FIUME




E’ in edicola “Sulle rive del grande fiume”, lo Zagor n° 567 (Zenith 618), datato ottobre 2012. All’interno (come usava una volta, e come siamo tornati a fare per dare il senso della continuity durante la trasferta sudamericana), finisce una storia e ne comincia un’altra. L’avventura che si conclude è quella scritta da Luigi Mignacco e disegnata da Gallieno Ferri, il cui punto di forza è l’omaggio che i due autori hanno voluto tributare a Mister No, in occasione del viaggio in Amazzonia dello Spirito con la Scure. Il racconto che inizia è firmato dal sottoscritto (testi) e da Mauro Laurenti (disegni). 

Prima di passare a commentarlo, com’è consuetudine su questo blog ogni volta che esce qualcosa di mio, lascio la parola a Luigi Mignacco prendendo in prestito ciò che lo sceneggiatore ha scritto nella rubrica “I tamburi di Darkwood” proprio su questo numero: “Cari amici, la storia che finisce questo mese non era stata pensata per commemorare Sergio Bonelli a un anno dalla sua scomparsa, il 26 settembre 2011. Anzi, l’idea di festeggiare l’arrivo di Zagor in Amazzonia, scenario principale dell’altro grande eroe nolittiano, chiedendo a Gallieno Ferri di disegnare lo Spirito con la Scure in situazioni che ricordano e ‘citano’ alcune delle sue mitiche copertine di Mister No, l’avevo raccontata anche a Sergio, durante la realizzazione della sceneggiatura. Lui non aveva commentato, riservandosi come sempre di giudicare il risultato. Credo che molti di voi abbiano apprezzato questo lavoro del disegnatore per il cui dinamico talento Sergio aveva inventato Zagor, e al quale aveva affidato oltre cento copertine di Mister No. I due personaggi sono come due facce della medaglia creativa di Guido Nolitta: fatti dello stesso metallo prezioso, una lega in cui si fondono dramma e humour, evasione e cultura, realismo e fantasia, eppure ben distinti e destinati a non incontrarsi mai. In questa storia gettiamo la moneta e le due facce compaiono insieme: le vicissitudini più recenti di Zagor ci richiamano alla memoria certe passate avventure di Mister No, che credevamo dimenticate. Gallieno Ferri e io dedichiamo questo lavoro a Sergio Bonelli, la cui passione per i fumetti d’avventura continua”.

A pagina 37 di “Sulle rive del grande fiume”, dunque, trovate la prima tavola di Mauro Laurenti della nuova storia, con un vignettone iniziale volutamente in posizione speculare a quello finale di Gallieno Ferri nella pagina precedente, a sottolineare il passaggio di testimone tra il maestro e l’allievo. Poiché il nuovo racconto si interrompe dopo sessantadue pagine ed è destinato a proseguire per altre duecentoventi (pagina più, più pagina meno), è ovvio che non è il caso di fare commenti che possano in qualche modo anticipare gli eventi futuri e togliere il gusto della lettura dei prossimi albi. Tuttavia, qualcosa si può cominciare a dire. Innanzitutto, come dovrebbe essere chiaro ma forse non lo è a sufficienza, gran parte di quel che si dice a proposito della spedizione di Francisco de Orellana è vero. Assolutamente vero, anche in certi particolari che possono sembrare inventati. Per esempio, è autentico l’aneddoto (almeno, così lo ha raccontato padre Gaspar de Carvajal, anch’egli protagonista del fumetto, che era al seguito dei conquistadores) della scultura in legno rappresentante la città delle Amazzoni che venne distrutta e bruciata dagli spagnoli.

I fatti storici si possono riassumere così. Nel maggio del 1542 un luogotenente del conquistador Pizarro, Francisco Orellana, si scontrò nel cuore della foresta tropicale che occupa il centro del Brasile con un gruppo di donne guerriere - riuscendo a stento a salvarsi. Gli indios già da tempo lo avevano messo in guardia contro questo pericolo, ed evidentemente avevano ragione. In ricordo del mitico popolo di donne guerriere che gli antichi Greci ritenevano abitare in Scizia (oggi la Russia meridionale) o a Temiscira (nel nord dell'Asia Minore), le agguerrite donzelle incontrate da Orellana furono chiamate Amazzoni e l'intera zona prese il nome di Amazzonia. Per non parlare poi del fiume che gli spagnoli stavano navigando al momento dell'attacco, subito ribattezzato Rio delle Amazzoni. Orellana le vide, altri conquistadores ne sentirono parlare: ma a tutt'oggi rimangono un mistero. 

Mentre non ci sono riscontri certi al racconto di Orellana, c’è da dire che alcuni recenti riscontri archeologici (tombe di donne-guerriere: scheletri femminili con corredo di armatura, lance e spade) sembrano portare a credere che una civiltà di femmine dominanti sia esistita davvero in Asia Minore. Aggiungo che il mito della Amazzoni non è soltanto greco e sudamericano. Quasi tutte le popolazioni del mondo parlano di donne-guerriero nelle loro leggende, o di isole o di città popolate solo da donne. Anche gli Aztechi erano conviti che ci fosse, nel Pacifico poco lontano dall’attuale Acapulco, un’isola abitata solo da donne, che rapivano i marinai per procreare figli, uccidendo poi i maschi e salvando le femmine. Per non parlare dei miti celtici, pieni di “regine” guerriere come Medb di Connacht.

Interessante é notare come l'etimologia della parola "amazzone" sia controversa. C'é chi sostiene che derivi dal greco a-mazon, cioè “prive di seno” (perché se ne sarebbero amputato uno per tirare meglio con l'arco), chi, più ragionevolmente, lo collega a una parola armena che significa "donna-luna", forse perché si trattava di sacerdotesse della dea Luna. Del resto, la Luna è strettamente collegata con l’idea di donna: basti pensare al ciclo mestruale che dura 28 giorni come il ciclo lunare nel cielo. Ma "donna-luna" può voler dire anche "donna che viene dalla luna", o dallo spazio, o dal cielo.

La spiegazione zagoriana del mito delle Amazzoni è già stata anticipata dall’avventura, mia e di Pino Prisco, ambientata in Perù. Nell’albo “La città sulla cordigliera” lo Spirito con la Scure si imbatte in una comunità di donne, discendenti da una millenaria sorellanza risalenti ai tempi di Atlantide, che alcuni secoli prima aveva subito una scissione: le donne animate da spirito guerriero e decise a custodire con la forza i segreti di cui sono depositarie, minacciati dall’avanzata dei conquistatori europei, si sono ritirate in una antica base atlantidea, abbandonata nella foresta brasiliana. 

Si tranquillizzino i (misteriosamente tanti) lettori “nemici” della tecnologia futuribile in Zagor: in questa prima parte della storia, non c’è nessun insolito macchinario. Mi chiedo però perché le basi di Hellingen e degli Akkroniani immaginate da Sergio Bonelli, il robot Titan, il sommergibile Squalus, i raggi che imprigionano, i missili teleguidati, i televisori e i telecomandi che si vedevano all’epoca nolittiana, andassero bene e una base atlantidea, con gadget addirittura meno fantastici, invece debbano sollevare malumori. Mah. E’ bastata una curandera la quale, come tutte le curandere, legge un po’ (e confusamente) il futuro, per far venire travasi di bile a gente a cui, invece, andava benissimo che in “Magia senza tempo” Zagor venisse chiamato tranquillamente “eletto dagli dei”. Comunque sia, in “Sulla rive del grande fiume” non c’è praticamente niente che esca dall’ordinario: Zagor si limita ad ammazzare un coccodrillo, a salvare un botanico da morte certa e ad affrontare un nemico creduto morto che ricompare inaspettatamente sulla scena.

Il botanico di cui stiamo parlando si chiama Richard Spruce, ed è anche lui un personaggio realmente esistito. Per gli storici della botanica, anzi, è una sorta di nume tutelare, visto il contributo da lui dato alla scienza che studia le piante. Cliccando qui potete leggere la voce che lo riguarda su Wikipedia. 

Inglese, nato nel 1817 e morto nel 1893, Spruce trascorse circa quindici anni a esplorare l'Amazzonia, dalle Ande fino all'Atlantico, e fu uno dei primi europei a contattare molte tribù indigene. La sua importanza non è limitata dunque all'ambito botanico, ma anche a quello storico, geografico e degli studi antropologico. Per non parlare del contributo da lui dato alla ricerca medica, soprattutto nello studio della malaria e delle sue cure.Ovviamente, Laurenti lo ha disegnato uguale ai suoi ritratti conosciuti. 

In realtà, leggendo il bel libro di Victor Von Hagen “Scienziati-esploratori alla scoperta del Sudamerica”, si vede che Spruce esplorò l’Amazzonia, per studiarne la vegetazioni, qualche anno dopo il viaggio di Zagor (un decennio più tardi). Però, diciamo che ci siamo presi una licenza poetica, oppure che il nostro botanico si chiama Richard Spruce ma non è “quel” Richard Spruce, così come il Carson di Tex si chiama Kit Carson ma non è il Kit Carson storico. Tutto ciò che lo Spruce del fumetto dice a proposito del suo lavoro in Brasile e dei suoi sforzi di catalogazione delle specie botaniche è basato su quello che lo Spruce della realtà scrisse nei suoi interessantissimi diari. Le liane spinose, gli attacchi degli alligatori, gli unguenti contro gli insetti, sono tutte cose di cui parla. Ciò detto, non resta che attendere la prossima puntata per proseguire con gli approfondimenti.