sabato 31 maggio 2014

CINEMA AL CINEMA 18



Proseguono le recensioni cinematografiche di Giorgio Giusfredi, mio personale consulente, nonché scrittore, sceneggiatore di fumetti e cuoco sopraffino. I pareri che esprime sono sua responsabilità, ma di solito li condivido. In ogni caso, i complimenti e le critiche vanno indirizzate a lui.

CINEMA AL CINEMA 18
di Giorgio Giusfredi



LE MERAVIGLIE

Un film di Alice Rohrwacher. Con Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher, Sabine Timoteo, Agnese Graziani. Drammatico, durata 111 min. - Italia 2014. - Bim 

Il film premiato a Cannes è bello. Molto bello. Bellissimo. Vederlo significa essere proiettati in un mondo assolutamente verosimile dove si capiscono i sentimenti più profondi dei personaggi senza un filo di spiegazione. Ogni gesto indirizza lo spettatore in un tunnel emozionale ben preciso. Merito senza dubbio della regia e della sceneggiatura, opera di Alice Rohrwacher che nel film, probabilmente, ricorda vicende autobiografiche vissute da lei e dalla sorella Alba – come le dolci gelosie fraterne tra le due bambine più grandi, le vere protagoniste del film assieme al burbero padre. Merito anche della recitazione delicata e mai gigionesca degli attori. Le due ragazzine riassumono un mondo dentro di loro, un universo di struggente empatia femminile. Sorprendono per quanto sono brave! La storia racconta la dura vita in una fattoria a gestione famigliare che, come business principale, produce miele. Wolfgang, che intuiamo essere un vecchio rivoluzionario di sinistra tedesco, la moglie Angelica (interpretata appunto dalla sorella della regista) e le quattro figlie si spaccano la schiena sull’ orizzonte desolante di una campagna rurale del centro Italia. Vediamo il decadimento, la mancanza di speranze per quei contadini e i loro vicini esaltati dalla pochezza avvilente di un programma culturale, "Le Meraviglie",  ideato da una TV locale. Questa trasmissione, il suo sogno provinciale che si prefigge di premiare la valorizzazione del territorio e dei prodotti tipici, può sembrare un messaggio retorico di ecopolitica e, a un occhio disattento, può apparire il fulcro della narrazione. La storia invece racconta i rapporti familiari tra padre e figlie. Tra marito padrone e moglie. Tra sorelle. Perfetto è anche l’idillio mostruoso nella casa del vecchio contadino autoctono e scapolone. La sua famiglia spezza il cuore per quanto quella cruda realtà sia assolutamente riconoscibile.


GODZILLA

Un film di Gareth Edwards. Con Aaron Johnson, Ken Watanabe, Elizabeth Olsen, Juliette Binoche, Sally Hawkins. Azione, durata 123 min. - USA 2014. - Warner Bros.

Scordatevi il film di Emmerich degli anni novanta. Sì, certo, c’era Jean Reno, un Matthew Broderick in gran forma e persino Hank “io doppio tutto” Azaria. Era quindi divertente e l’intreccio “umano”, se così si può dire, funzionava. Ma non c’era il vero immenso Godzilla. Nella serie originale di film giapponesi, infatti, il bestione non è un drago di komodo, mutato, ingigantito e incattivito da far fuori, ma un “mostro” custode e protettore della terra. Certo, un po’ ingombrante. E quando si mette a combattere qualche palazzo crolla… Le vicende umane non sono interessanti benché coinvolgano anche un padre interpretato dal geniale Bryan Cranston di Breaking Bad. Invece, alcune scelte visive sono fresche e interessanti, come alcune fotografie. I paracadutisti che si calano sulla battaglia lasciando in un cupo cielo grigio scie di fumo rosso, per esempio. La tensione comunque cresce con il passare dei minuti e l’adrenalina arriva al culmine insieme a quella dello scienziato interpretato da Ken Watanabe nel momento in cui Godzilla affronta in un duello spettacolare, che davvero merita da solo il prezzo del biglietto, i mostri cattivi. Lo spettatore, dopo questo, è appagato avendo visto l’eroe-mostro mettere in pratica tutte le mosse che avevano caratterizzato l’antenato giapponese con l’umanità di un vecchio guerriero stanco e la stessa accidia di Bud Spencer quando stende un avversario con un cazzotto a mazzetta sulla testa dopo che questi, da incosciente, gli aveva appena fracassato inutilmente una sedia sulla schiena.



ALABAMA MONROE - UNA STORIA D'AMORE

Un film di Felix Van Groeningen. Con Veerle Baetens, Johan Heldenbergh, Nell Cattrysse, Geert Van Rampelberg, Nils De Caster. Titolo originale The Broken Circle Breakdown. Drammatico, durata 100 min. - Belgio 2012.

Come dice il titolo: una storia d’amore. Una di quelle da versare fiumi di lacrimoni perché c’è una coppia perfetta e in sintonia e c’è una bambina dolcissima e c’è una leucemia che colpisce proprio il giovane fiorellino nel culmine della tenera e graziosa età. Il frontman di un gruppo che suona Bluegrass (definito nel film il più puro degli sili Country del sud degli US che si può fare solo con sei strumenti a corda diversi, ognuno di una cultura folkloristica-musicale europea diversa), broccola una tatuatrice e la conquista. Scapolo incallito, la sposa “costretto” da una gravidanza improvvisa dopo mesi di sesso selvaggio e spensierato. Sarebbero queste le premesse della fine di un amore? Al contrario l’idillio non continua come prima, ma addirittura migliora, finché il cancro non ci mette lo zampino. Questo regista fiammingo racconta una storia americana impregnata di un misero ephos provinciale connotato da tinte musicali e personaggi “folk”. Hillbillies buoni costretti ad affrontare problemi comuni con in sottofondo una melodia pizzicata, raschiosa, virile e sexy. Sì, tutto ambientato in un Belgio che ricorda l’Alamaba. L’affresco culturale, montato con continui flashback e flash forward (che permettono di intervallare momenti felici e scene tristi), dal fanatismo religioso alla povertà sanitaria e strutturale, di un finto cuore degli Stati Uniti è riprodotto alla grande. Chi lo vede non può fare a meno di inumidire montagne di kleeneex singhiozzando quando i due protagonisti cantano una intensa ballata a due voci consapevoli che, come nella loro canzone, il loro melodramma alla Matarazzo si consumerà fino in fondo. Le loro voci graffianti restano dentro per giorni finché non si è costretti a comprare la colonna sonora del film.



GRAND BUDAPEST HOTEL

Un film di Wes Anderson. Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe. Titolo originale The Grand Budapest Hotel. Commedia, durata 100 min. - USA 2014. - 20th Century Fox

“Ah, l’Avventura!”, si può sospirare durante ogni film di Wes Anderson. Questa pellicola non fa caso a parte. L’Avventura e la storia d’amore dolce tra due ragazzini, com’era stato nel recente Moonrise Kingdom, stuzzicano pruriti dietro le orecchie e la fanciullesca fantasia racchiusa in ognuno. Zero, simpatico fattorino adolescente, ha la stessa valenza del fedele scudiero di un nobile cavaliere che, in questo caso, è rappresentato dal capo receptionist interpretato da un Ralph Fiennes in gran spolvero. La giovane pasticcera, una candida Saoirse Ronan, riconosce la stoffa da uomo nel giovane Zero e se ne invaghisce. I due, per amicizia, valoroso coraggio e fede nella giustizia, aiuteranno appunto il concierge nella sua lotta contro il luciferino figlio (Adrien Brody) della donna che il receptionist stesso ha amato insieme a molte altre donne diciamo “mature”. Gustave H (così si chiama “il leggendario concierge”) ha questo vizietto, ma quella vecchia in particolare, da ricca carampana qual è stata, ha lasciato, secondo testamento, all’amante un quadro prezioso e tanti segreti. La storia è ambientata durante l’ascesa di una dittatura violenta in uno pseudo paese dell’est Europa. E il nobile codice del portinaio è in netta contrapposizione con la gretta mancanza di scrupoli dei potenti rappresentati nel film. Ripreso sempre a camera fissa, con montaggi serrati, la pellicola realizza un altro tassello fondamentale del passaggio tra il cinema e il fumetto fossilizzando alcune scene come illustrazioni nella testa dello spettatore. Un cagnesco Willem Defoe porta quattro anelli con il teschio e una giacca di pelle e non ci pensa due volte a decapitare donne. Attenzione: non c’è mai raccapriccio ma è consigliabili non vederlo con la propria ragazza perché tutto l’allure di virilità se ne andrà dalle spalle di un uomo una volta che si morderà il labbro strozzando una commozione dopo aver capito il motivo per cui Zero, il giovane fattorino invecchiato e divenuto proprietario del romantico albergo, si ostini, nonostante la sua ricchezza, a dormire nel sottotetto.  



THE AMAZING SPIDER-MAN 2 - IL POTERE DI ELECTRO

Un film di Marc Webb. Con Andrew Garfield, Emma Stone, Jamie Foxx, Dane DeHaan, Campbell Scott. Titolo originale The Amazing Spider-Man 2. Azione, durata 142 min. - USA 2014. - Warner Bros Italia 

Il primo film di questa nuova serie, reboot di quella (riuscita) filmata da Sam Raimi, era proprio una ciofeca. Anche in questo secondo ci sono dei difetti, come l’insopportabile incapacità di due attori ultratrentenni di interpretare ragazzi appena ventenni. Passi Emma Stone, ma Andrew Garfield proprio non si può vedere. E come la facilità da parte degli sceneggiatori di spezzare la volontà del più flessibile e bendisposto degli spettatori con scelte e soluzioni che non sono buchi ma voragini. Detto questo alcune sequenze, benché anche extradiegetiche, sono proprio belle, adrenaliniche. I video musicali insegnano: colonna sonora “a palla” e montaggi veloci, o a ralenti, creano una giusta atmosfera condita, proprio come nel fumetto, dalle battute sprezzanti e inopportune di Spidey. Tutto va comunque come deve andare, con numerose citazioni, ultima delle quali quella di piazza Tienanmen, allegoricamente rappresentata da un Paul Giamatti che più macchietta non si può e da un ragazzino con il costume da carnevale dell’Uomo Ragno. Chi conosce un po’ la serie a fumetti sa già chi muore e chi no e capisce che Andrew Garfield sia insopportabile come Peter Parker quanto perfetto fisiognomicamente come Spider-Man, grazie al suo collo lungo e alla sua testa a lampadina. 



SAVING MR. BANKS

Un film di John Lee Hancock. Con Tom Hanks, Emma Thompson, Colin Farrell, Paul Giamatti, Jason Schwartzman. Commedia, durata 120 min. - USA 2013. - Walt Disney 

“Vento dall’est, la nebbia è là… Qualcosa di strano fra poco accadrà!...”. Questa pellicola racconta quanto sono state complicate le vicissitudini che hanno portato l’autrice del successo “Mary Poppins” a cedere i diritti per una trasposizione cinematografica realizzata poi da Walt Disney. Il buon vecchio Zio Walt (in questa fiaba metanarrativa prodotta proprio da Disney) appare come l’imprenditore benevolo che fa di tutto solamente per realizzare un prodotto di qualità, sarà davvero stato così? Un Tom Hanks con delle sopracciglia insolitamente mefistofeliche coccola l’autrice insieme ai tre geniali sceneggiatori ebrei che oltre inventarsi ogni leit-motiv della film nel film (che poi diventerà un successo strepitoso), ne compongono anche le musiche. Ma il Mr. Banks di cui parla il titolo è il padre della famiglia in cui Mary Poppins entra per fare ordine, alter ego del vero padre della scrittrice, simpatico e amorevole ubriacone con una voglia di sognare a far sognare le proprie figlie oltre che inopportuna, anche inadatta ai tempi stessi, quelli di inizio secolo in una Australia agli albori della civiltà. La narrazione si snoda infatti su due linee temporali che proseguono parallele, quella dell’infanzia della protagonista e quella dell’età matura nel momento della realizzazione del successo targato Disney. Praticamente vediamo l’origine delle turbe mentali della scrittrice e, nel frattempo la soluzione di queste da parte del buon vecchio zio Walt e dei suoi fantasticissimi lavoratori. Sì, un filo di ironia non guasta nel descrivere questa parte perché si mostrano i dietro le quinte della realizzazione di una grande opera artistica con qualche difficoltà, ma zuccherando molto la pillola da mandare giù…



NYMPHOMANIAC
Volume 1 & Volume 2

Un film di Lars von Trier. Con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater, Stacy Martin, Willem Dafoe, Mia Goth. Titolo originale Nymphomaniac. Drammatico, durata 110 min. - Danimarca 2013 - Volume II. Drammatico, durata 123 min. - Danimarca 2014. - Good Films  - VM 14 e VM 18 

Un porno con Charlotte Gainsburg, questo ha dichiarato di voler realizzare il regista, Lars von Trier. In realtà si tratta di un presunto profondo discernimento filosofico su alcuni atteggiamenti umani, sia maschili che femminili, che non riguardano solo la sfera sessuale. Il laido Stellan Skarsgård è un verginello di appena sessant’anni che raccoglie una ninfomane pesta e ricoperta di piscio da un gelido vicolo di una città senza nome della mitteleuropa dopo una sequenza in puro stile Von Trier con un silenzio lungo a camera fissa, poi dei dettagli serrati con i rumori naturali e poi uno scoppio a tutto volume di una canzone violenta e demoniaca dei Rammstein (gruppo che fa del “metallo pesante”), “Führe Mich”, quando entrano in scena i due personaggi. Lui la porta a casa, la cura e la ascolta (cosa che – direbbero i maschilisti misogini – la soddisfa maggiormente). Lei racconta la storia della sua vita, della sua sessualità, dalla scoperta, quando, giocando insieme alla sua amica, strusciava il pube sul pavimento bagnato, ad aneddoti divertenti come quello del litigio di due neri superdotati durante un tentativo di doppia penetrazione. Lui durante tutti questi racconti discerne molto compostamente ogni atteggiamento con distacco comprensione e utilizzando delle metafore che vanno dalla pesca con la “mosca” alla musica. Anche lei si ispira a quello che vede nella stanza per nominare i capitoli della propria sessualità. C’è la storia d’amore con un uomo impersonato da Shia LaBeouf. le sequenze più belle sono quelle della ragazza con il padre amorevole che le spiega l’anima degli alberi. Per non farsi mancare niente ci sono storie noir di riscossione debiti, di pedofilia e di vendette saffiche. Troppo? Non è troppo, il tutto risulta divertente anche persino quando, in un twist finale, telefonato o meno, il colpo di scena conclude il film proprio come un orgasmo inatteso.