Sono nato lo stesso giorno di Dario Argento e di Gloria Gaynor, il 7 settembre. Cioè oggi. Naturalmente mi sento più vicino al primo che alla seconda, alla quale va comunque tutta la mia simpatia (e credo di essere perfino in grado di canticchiare un paio di sue canzoni). La Gaynor festeggia oggi sessantun anni, Dario Argento settanta, io quarantotto. Uno in meno di Zagor, che però non invecchia mai, mentre il sottoscritto sì.
Ho parlato stamattina con la mia mamma, dato che in fondo oggi è un po' anche la sua festa. Sono stato il suo primo figlio, immagino che quel 7 settembre del 1962 fosse emozionata almeno quanto me. Mi ha detto che sono nato alle otto di mattina, all'ospedale di San Marcello Pistoiese, ma i miei genitori erano due giovani sposini di un paesino vicino, Gavinana, località celebre per la morte di Francesco Ferrucci sgozzato da Maramaldo, che volle ucciderlo personalmente nonostante il capitano fiorentino fosse praticamente già in fin di vita. Da qui il verbo "maramaldeggiare", l'aggettivo "maramaldesco" e la frase "fare il Maramaldo" per indicare chi infierisce su chi non si può difendere. Tutto questo però avveniva nel 1530, perciò quando sono nato io i medici all'ospedale già parlavano d'altro. Secondo mia mamma, si scambiavano pareri sulla festa patronale prevista per l'otto settembre (Santa Celestina) e per la fiera dei vitelli che era in programma.
Mente nascevo, fuori c'era un temporale. Mi sono presentato all'appuntamento con il mondo con un braccino di traverso, che mi impediva di nascere. Hanno dovuto tirarmi fuori con il forcipe, il che forse spiega alcune cose. Si dice che nessuno si ricorda niente del momento della nascita: io (come al solito) faccio eccezione. Non è che proprio mi rammenti la faccenda nei particolari, però sono quarantotto anni che faccio periodicamente lo stesso sogno: mi trovo da qualche parte dove qualcuno o qualcosa mi costringe a passare in un varco molto stretto, come un cunicolo, un pertugio, un corridoio, che quasi mi soffoca, mi si stringe addosso, devo far forza con le spalle per farmi largo, e provo una sensazione claustrofobica. E' un chiaro ricordo di quando sono venuto al mondo. Peraltro, è questa la spiegazione delle visioni di coloro che fanno le cosiddette NDE (near death experience), o esperienze di premorte. Tutti raccontano di un tunnel alla fine del quale ci sono una forte luce e delle persone che li attendono: più chiaro di così.
Essere nati il sette settembre significa essere del segno zodiacale della Vergine. Naturalmente le costellazioni non esistono, nel senso che le stelle che le compongono sono soltanto apparentemente vicine tra loro e dunque si tratta di illusioni ottiche, così come illusioni sono gli oroscopi, ma ho scoperto che saper parlare di astrologia aiuta nell'attaccare discorso con le ragazze. Fate pure la prova: spacciatevi per esperti di segni zodiacali con una fanciulla e quella non vi si staccherà più di dosso. Purtroppo, nel mio caso, so anche che ai maschietti non conviene dire di essere della Vergine, perchè noi Vergini abbiamo fama di essere noiosi, pedanti, saccenti, insopportabili, precisini e polemici. E purtroppo più che mai, io sono un verginiano tipico. Vi chiederete come faccio a non credere agli oroscopi e nello stesso tempo a riconoscermi in un ritratto astrale: ve lo spiegherò prossimamente su questi schermi, dato che ci sarà il tempo per parlare ancora di zodiaco, spiritismo, miracoli, dischi volanti e Sacre Sindoni.
Mi è stato chiesto che effetto fa compiere un altro passo verso i cinquanta. Ho risposto che mi riconosco nei due versi più ripetuti della canzone di Max Pezzali "Uno in più": più vado avanti e più mi sembra che / io mi possa fidare di me. Il video del pezzo è linkato più sotto. A proposito, Max Pezzali legge Zagor e l'ho conosciuto di persona. Magari vi racconterò anche di questo, da qui al mio prossimo compleanno.