mercoledì 26 dicembre 2018

NUMERI MORENI




Come ogni anno, negli ultimi giorni di dicembre, Saverio Ceri pubblica su Dime Web una accuratissima disamina della produzione a fumetti della Sergio Bonelli Editore, con una puntata speciale della sua rubrica "Diamo i numeri". Rubrica che una volta veniva pubblicata sulla rivista cartacea "Dime Press" (da lui fondata con me, Francesco Manetti e Alessandro Monti), poi fu ospitata a lungo sul blog del sottoscritto (questo) e quindi trovò la collocazione attuale. Tutte le cifre, le classifiche, le tabelle e le considerazioni riguardanti le pubblicazioni bonelliane del 2018 le troverete dunque cliccando qui:

https://dimeweb.blogspot.com/2018/12/bonelli-2018-lanno-di-tex.html


Dal canto mio, attingo solo qualche dato riguardante Zagor, il mio lavoro come sceneggiatore, e quello quale curatore di uno staff attivo, motivato e che fa squadra. Comincerò citando il numero complessivo di tavole a fumetti inedite pubblicate dalla Bonelli nel 2018: 23452. Di queste 1290 per albi e volumi da libreria. C'è un lieve calo rispetto al 2017, ma c'è un record quando a numero di albi inediti: 219. Il che significa che ci sono stati più albi, ma con meno pagine. La tendenza è dunque quella verso albi più smilzi.

La serie con più tavole è Tex:  2906 tavole per 23 albi, record storico. Segue Dylan Dog: 2636 tavole  per 21 albi.  Zagor: 2576 tavole per 24 albi. Dunque Zagor è la prima serie per numero di albi. Un risultato eccezionale, segno di una invidiabile vivacità. Faccio notare che in ogni caso, sia per numero di pagine che per numero di albi, Zagor è sul podio. 

Tra gli sceneggiatori, nella classifica delle pagine pubblicate vince Boselli con 1650 tavole (anche se non c'è, ovviamente, nessuna gara), seguito da Ruju e Vietti. Però lo zagoriano Jacopo Rauch è quarto con 1199 pagine. Io quest'anno sono soltanto ventiduesimo (su 73) con 386 pagine. Va detto però che ho ridotto volontariamente le tavole a mia firma pubblicate, essendo io che decido la programmazione, preferendo dare spazio ad altri autori per la gioia dei miei critici. Il prossimo anno, invece, per il loro dispiacere, imperverserò.

Tra i disegnatori:, vince invece Gianni Sedioli, primo su 229 con 487 tavole, e Marcello Mangiantini è secondo con 410,  Mauro Laurenti quarto con 408 e gli Esposito Bros sesti con 377, i Di Vitto decimi con 318. Tra i primi dieci, dunque ben cinque sono zagoriani. Tra i copertinisti, il nostro Alessandro Piccinelli secondo con 22 copertine, dopo Cavenago con 24.

La sintesi di Ceri riguardo a Zagor è questa: "In quest’annata record per la redazione di Zagor, Rauch interrompe dopo 20 anni il dominio di Burattini, per lui 886 tavole pubblicate in questo 2018. Sedioli, con le sue 487 tavole è invece per la quarta volta in carriera il disegnatore di Zagor più pubblicato dell’anno". Riguardo agli Speciali, invece, Saverio scrive: "gli autori  più 'speciali' dell’anno sono zagoriani: tra gli sceneggiatori Rauch con 604 pagine; tra i disegnatori i Di Vitto con 318 tavole pubblicate su albi fuori collana. Completa il trittico Piccinelli con 6 cover destinate ai fuoriserie del 2018".

Nella classifica del decennale (2010-218) io sono quarto con 8156 (primo Boselli con 16.125). Sono però al mio ventottesimo anno consecutivo di pubblicazioni in casa Bonelli, il che mi rende innegabilmente un veterano.

Qui di seguito trovate il dettaglio dei fumetti (bonelliani e non) usciti a mia firma nel 2018. Vorrei aggiungere che nel corso dell'anno ho anche pubblicato tre libri ("Il negromante e altri incubi" e "Discorsi sulle nuvole" usciti per Cut-Up e "Io sono Zagor" con il marchio Bonelli), collaborato con pezzi miei a svariate riviste, scritto numerose prefazioni e post-fazioni di libri altrui e soprattutto gestito due blog. Uno è questo, con cinquanta articoli; l'altro è "Utili sputi di riflessione", con ben centodieci (per ora). Buon 2019!


Il 2018 a fumetti di Moreno Burattini





Zagor e Jovanotti
albetto allegato al numero di febbraio 2018 della collana Zenith
Il richiamo della foresta
Disegni di Walter Venturi
26 tavole







Zagor 634, 635, 636

maggio-luglio 2018
Furia cieca
La roccia che brucia
La follia di Thunderman
disegni degli Esposito Bros


http://morenoburattini.blogspot.com/2018/06/la-roccia-che-brucia.html







Zagor miniserie a striscia
Il battello dei misteri
Sei albetti disegnati da Gianni Sedioli e Marco Verni
12o tavole








Cimiteria
L'ultimo desiderio
Disegni di Nestore Del Boccio
18 tavole
Annexia








Strip della serie
Stelle a strisce
su Enigmistica mia
Cairo Editore
Disegni di James Hogg





Than Dai
Memorie Perdute
24 tavole a colori
disegni di Francesco Bonanno e Luciano Costarelli
novembre 2018
Edizioni Cronaca di Topolinia



Vignette della serie Burattini & Hogg
su ogni numero de
Il Vernacoliere
Mario Cardinali Editore








domenica 23 dicembre 2018

POTEVA ANDARVI PEGGIO


Moreno Burattini visto da Luca "Laca" Montagliani

Ho appena aggiornato la cronologia dei miei fumetti dal 1990 a oggi, nell’apposita pagina collegata a questo blog (che potete trovare cliccando sull’apposito tasto sotto il banner iniziale oppure facendo click qui).

Per la gioia dei miei detrattori, durante il 2018 sono state pubblicate pochissimi storie di Zagor a mia firma, di cui soltanto una nella serie regolare e negli extra tradizionali (quella che inizia con l’albo “Furia cieca”). Poi c’è stato lalbetto con Jovanotti e abbiamo avuto la serie a striscia. Fine. Ho lasciato spazio ad altri sceneggiatori, così chi si lamenta di me ha potuto rifarsi la bocca con le avventure scritte dai bravi Jacopo Rauch, Mirko Perniola, Antonio Zamberletti, Giorgio Giusfredi, Tito Faraci, Francesco Testi e Luigi Mignacco. In un fumetto seriale il bello sta anche nell’alternanza degli autori: se non piace questo, basterà aspettare il turno di quell’altro.

Purtroppo i detrattori detraggono in generale e sistematicamente, trovando nella detrazione, probabilmente, una valvola di sfogo dalle ugge della vita. E’ l’unica spiegazione che riesco a darmi quando leggo certi commenti non tanto riguardanti Zagor (che non leggo) ma un po’ dappertutto in Rete: la gente sembra impazzita scagliandosi con insulti e improperi contro chiunque, augurando morte e lanciando maledizioni. Gli haters imperversano. Anzi, da questo punto di vista noi di Zagor siamo fortunati perché ci detraggono per partito preso soltanto pochi sfigati, facilmente identificabili anche nei loro cloni e nelle false identità, che seminano dappertutto per darsi ragione da soli. Costoro, a quanto mi riferiscono, sono abbastanza isolati data la pochezza delle loro argomentazioni.

Un esempio? Mi è stato mostrato lo screenshot di un genio dell’analisi critica il quale, in un commento sulla pagina FB ufficiale di Zagor, si scagliava contro il volume “Zagor: le origini” (uscito in anteprima a Lucca e accolto con grande favore) valutandolo negativamente dalla copertina di Michele Rubini perché lo Spirito con la Scure che vi è raffigurato “non assomiglia”: sui pantaloni mancano “le striature nere”, cioè (immagino, dato che anche a livello di italiano la rimostranza non è facilmente decifrabile) le righine sulle gambe che nelle copertine di Ferri davano l’effetto jeans. Che cosa si deve rispondere a questa gente? A scrivere queste cose in pubblico ci si copre solo di ridicolo. Rubini, un artista apprezzato in tutto il mondo e che il mondo ci invidia, ha fatto un eccellente lavoro, la sua copertina è fantastica e naturalmente sarà lui a illustrare tutte quelle della miniserie.

Un’altra chicca, sempre riferita alla copertina di Michele è quella del commento di qualcuno che contesta la posizione della casa dei Wilding, collocata su una sorta di rupe e non al livello del fiume Clear Water com'era in "Zagor racconta". Ora, a parte il fatto che chiunque abbia un briciolo di intelligenza è in grado di capire che la copertina è una composizione grafica e non una raffigurazione reale (gli elementi sono stati collocati a disegnare un percorso ideale, che riassume il senso della storia, alle spalle dello Spirito con la Scure), basterebbe sfogliare il volume per vedere che la capanna dei genitori di Zagor è, nella storia, non su una rupe ma rialzata solo di qualche metro rispetto all’acqua. Immagino che gli ottusi vorranno contestare anche quel piccolo rialzamento: in “Zagor racconta” la casa era proprio sul fiume. Beh, si trattava evidentemente di una ingenuità da correggere (accettabile nel 1969 quando a queste cose si faceva meno caso, ma non oggi): chi mai costruirebbe una casa esattamente sulla riva di un corso d’acqua? Alla prima piena (e di sicuro ci sono piene tutti gli anni, più volte l’anno) l’edificio verrebbe spazzato via. Basta vedere i fatti di cronaca anche più recenti: nove morti vicino a Palermo nel novembre di quest’anno.

Dunque, se questo è il livello delle critiche, siamo ancora fortunati. La mia speranza è che i lettori ragionevoli facciano argine e muro contro questa gente. Personalmente, dovunque vada, incontro lettori entusiasti che mi incoraggiano ad andare avanti. In genere costoro mi invitano anche a lasciar perdere i detrattori (contro cui ho assestato diversi colpi anche nella mia recente raccolta di saggi "Discorsi sulle nuvole"). Confesso che a volte ci resto un po’ male (e talvolta mi vien fatto pure di agognare la pensione) perché il mio tanto darmi da fare per promuovere Zagor non viene apprezzato da questo o da quello. Mi chiedo come faccia, certa gente, a non vedere le millemila iniziative attorno al nostro eroe, vitale come pochi altri in un’epoca storica in cui tutto sembra congiurare per uccidere il fumetto. Cerco, anche nelle storie altrui che blocco o in quelle che metto in produzione, di rinnovare senza stravolgere. 

Chi, talebano della tradizione, mi accusa di eccedere sul lato fantastico (dimenticando che Zagor è un personaggio fantastico e che il western puro, che ha comunque Tex come baluardo, non è proprio il genere più di moda fra i potenziali giovani lettori) forse non sa che gli sceneggiatori che mi propongono soggetti vorrebbero scrivere solo storie fantasy con creature e magie improbabili in ambito zagoriano che io boccio di continuo, riportando tutti all’ordine e chiedendo di scrivere solo storie con mostri che il nostro eroe possa prendere a mazzate in testa. In generale, Zagor è molto più simile a com’era nel 1961 di quanto lo siano Tex o l’Uomo Ragno. C’era stata una notevole evoluzione del personaggio anche sotto la gestione nolittiana, tra il 1961 e il 1980; e vorrei vedere chi possa affermare che il Nolitta del Mister No n° 1 scriveva con lo stesso stile nella storia finale e conclusiva della saga di Jerry Drake.

A parte, comunque, nel mondo del fumetto (in America ma ormai anche in Italia, e io non sempre apprezzo) si assiste a reboot, restyling, rinnovamenti epocali, cambi di staff che deludono i vecchi lettori e non ne portano mai tanti di nuovi quanti sarebbero auspicabili. Su Zagor questo non è accaduto. Se c’è un guardiano della tradizione, pur con un occhio attento all’ammodernamento che resta comunque indispensabile, sono io. Secondo me, cari detrattori, poteva andarvi peggio. Un altro curatore chissà che innovazioni avrebbe portato. 

Ho parlato della necessità da parte delle persone ragionevoli di far argine contro gli haters che imperversano in Rete (anche con più identità che usano dopo essere stati bloccati o aver perso credibilità). Eppure scopro che c'è chi li difende. Ecco i singolari fatti accaduti pochi giorni fa sulla mia pagina FB, fatti degni davvero di un resoconto persino degno di una risata sarcastica. 

Avevo scritto: A volte mi informano di idiozie apocalittiche scritte da qualche commentatore su forum e gruppi, riguardo questa o quella storia di Zagor. Che ci siano sempre più esagitati da tastiera alla ribalta, purtroppo è una triste controindicazione dei social. Sta però alle persone più misurate, consapevoli, intelligenti e riflessive fare da argine isolando i più scalmanati, soprattutto facendo capire che non ci sono solo loro, gli imbecilli.

Una certa signora (almeno dal nome) che non ho il piacere di conoscere, risponde piccata: "Signor Moreno Burattini, dare dell'imbecille a lettori delle testate Bonelli, le sembra il modo più intelligente di confrontarsi con chi critica? Il suo topic, senza citazioni, quale valore aggiunto può portare ? Le persone intelligenti e riflessive sono quelle che la pensano come lei?"

Ecco cosa ho risposto: Dare degli imbecilli a scrive "idiozie apocalittiche" non vuol dire darlo ai lettori Bobelli, ma appunto a scrive "idiozie apocalittiche". Se lei deve giudicare chi scrive "idiozie apocalittiche" come lo definisce? Chi non la pensa come me può essere la persona più intelligente del mondo, viceversa se io scrivo una idiozia apocalittica sono un imbecille. I social sono pieni di gente che augura la morte o invoca malattie contro chi ha idee diverse: non sono forse imbecilli? Secondo me lo sono, e lo scrivo. Il mio intervento non è contro qualcuno in particolare, è contro l'imbecillità. Ecco il valore aggiunto. Lei è forse a favore dell'imbecillità? E' a favore di chi impreca? Di chi sbraita? Io no, almeno in questo più intelligente e più riflessivo. Dopodiché se non vuol sentirmi scagliarmi conto i leoni da tastiera e contro gli haters, ci sono tanti bei posti su Internet dove trovarsi in migliore compagnia. Si accomodi. In questo mio spazio privato, purtroppo per lei, diamo dell'imbercille agli haters.

Scusatemi, ma sono buono tutto l’anno e cattivo a Natale.

venerdì 14 dicembre 2018

ORIZZONTI PERDUTI



Ho pubblicato una volta, su questo blog, un articolo intitolato "Là, Dio c'è", dedicato all'importanza delle edicole nella vita di quelli della mia generazione. "Là, Dio c'è" è, con ogni evidenza, l'anagramma di "edicola". C'è anche una possibile sciarada: "e dico, là".

In quel mio vecchio pezzo scrivevo: "Quelli come me abituati a comprare fumetti dai giornalai, sanno benissimo quanto renda felici la visita quotidiana al proprio edicolante di fiducia. E trovare qualcosa di bello da sfogliare, da leggere e poi da tenere di conto nei propri scaffali, rimirando ogni giorno la fila di costoline che vi fanno bella mostra, dimostra senza dubbio, al pari dell'alba e del tramonto, la bontà e la misericordia del Padreterno". 

In una intervista, l'editore Renzo Barbieri (uno che aveva il fiuto della serie a fumetti di successo) raccontava: "Una delle mie tecniche è quella di parlare con i giovani in continuazione, perché loro hanno il polso di quello che succede. Però bisogna avere la pazienza di fermarsi anche un'ora davanti a un'edicola di Corso Buenos Aires, di sera, per vedere cosa compra la gente. Poi mettersi davanti all'edicola all'uscita delle scuole per vedere cosa comprano i ragazzi. Questo è un lavoro che un editore deve fare".  

Oggi, Barbieri scoprirebbe che i ragazzi in edicola non ci vanno più. Le fumetterie hanno preso il posto dei giornalai soltanto in minima parte, e con ogni evidenza non sono la stessa cosa, non hanno lo stesso pubblico, non hanno la stessa diffusione.

Per me la visita dal giornalaio è sempre stato un rito di tutti i giorni. Andavo a scuola e ogni mattina mi fermavo, lungo il tragitto, nella mia edicola. Entravo dentro e mi guardavo tutti gli scaffali. Dal primo all'ultimo. Vedevo subito se erano usciti Tex o Alan Ford. Prendevo Urania, o Eureka. Compravo Il Monello o Topolino. Non mi facevo mancare L'Uomo Ragno e I Fantastici Quattro. Se c'era una novità, mi brillavano gli occhi. La sfogliavo lì, dalla prima all'ultima pagina. Le copertine colorati, i loghi delle testate, gli speciali e i supplementi, non mi sfuggiva nulla. Per i più giovani, era impossibile non notare Zagor, con la sua casacca rossa, le mitiche copertine di Ferri, i bei titoli emozionanti.  Nessuno shop on line potrà mai, ai miei occhi, avere lo stesso fascino.

E oggi? I miei figli e i loro amici non vanno in edicola quasi mai. Non dico che la evitano, ma certo non viene loro in mente di passarci. Dunque, se anche uscisse il fumetto più bello del mondo, loro non lo saprebbero. Non se ne accorgerebbero. Il problema, dunque, non è che i fumetti non sono belli e i ragazzi non li comprano perché, avendoli letti, non li apprezzano. Il problema è che i ragazzi non sanno neppure che esistono, quei fumetti che potrebbero loro piacere.

Non è soltanto una questione di ragazzi. Anche i più grandi latitano. Con il fatto che le notizie vengono lette (gratis) in Rete, è sparita l'abitudine di fermarsi a comprare il quotidiano o le riviste di informazione, e dunque anche i fumetti cascano meno sotto gli del potenziale acquirente. Risultato: le edicole chiudono. 

Le statistiche parlano di cinque chiusure al giorno, domeniche comprese. Chiunque di noi può facilmente verificare quante rivendite siano sparite lungo il percorso che facciamo per andare al lavoro. La cosa strana è che quando chiude un'edicola, spariscono anche i suoi clienti: soltanto in minima parte costoro vengono redistribuiti fra gli altri chioschi dei dintorni rimasti aperti. Il fenomeno riguarda tutta la carta stampata, non soltanto gli albi a fumetti.  La minor remunerazione del mercato riduce anche il numero di distributori locali, e ci sono zone che non sono più neppure raggiunte dal servizio.  E' vero che talvolta a chiudere sono i giornalai meno capaci di gestire il proprio commercio, oppure svogliati o disillusi che non chiedono maggiori rifornimenti, non espongono bene la loro merce, non sanno consigliare il cliente, mettono subito in resa ciò che credono non venderanno (così non lo venderanno di sicuro). Gli edicolanti intraprendenti, informati e capaci invece tengono testa alla crisi, e si fanno intendere con i distributori per rinfoltire le copie ricevute o per far arrivare ciò che non arriva.

Ciò che mi colpisce di più di questa crisi, però, è il fatalismo con cui la vivono gli attori del dramma. Sembra quasi che editori, distributori e rivenditori siano rassegnati al vedere scomparire il loro (e il nostro) mondo, invece di mettersi d'accordo tutti insieme, in qualche modo, per vedere di raddrizzare le cose. Non dico che dandosi da fare si riporteranno le folle in edicola, ma se ci sono pubblicazioni da calibrare nella grafica e nei contenuti, modalità di distribuzione da migliorare, tecniche commerciali da mettere in atto, la rete dei punti vendita esiste ancora ed è abbastanza capillare da poter essere messa a frutto. Io non darei l'edicola per spacciata e farei di tutto per valorizzarla. Come, non lo so: non è il mio mestiere, servono (come in tutti i campi) gli esperti. Ma ci sarà pure il modo di fidelizzare i clienti e far riscoprire il giusto della visita in un negozio affascinante, gestito bene, rifornito bene. Le edicole erano magiche: secondo me il trend discendente a un certo punto troverà un suo assestamento,  ci sarà un momento in cui le chiusure finiranno, resteranno i gestori più in gamba e si creerà un nuovo meccanismo funzionante.


venerdì 30 novembre 2018

MEMORIE PERDUTE





E' in distribuzione già da qualche giorno il nuovo episodio un una serie western a fumetti, di produzione italiana e ormai sulla scena dal 2005, dedicata alle avventure di Than Dai. Il volume, brossurato e di grande formato (cm 21 x 30, 32 pagine), si intitola "Memorie perdute", e reca il marco  CdT, vale a dire "Cronaca di Topolinia". Quattordici anni di vita sono tanti, soprattutto se si considera che si tratta di albi pubblicati da una piccola casa editrice, e basterebbe questo a giustificare il fatto che ve ne parli. In realtà c'è un altro motivo per cui lo faccio, ed è che in "Memorie perdute" c'entro qualcosa anche io. Sono infatti l'autore del soggetto e della sceneggiatura: in tutto, ventiquattro pagine alla francese (quattro strisce ciascuna). I disegni sono dei bravissimi Francesco Bonanno (venti tavole nel presente narrativo) e Luciano Costarelli  (quattro tavole in flashback). La copertina è di uno strepitoso Dante Bastianoni, i colori del valido Beniamino Delvecchio.  Un cast grafico di prim'ordine, visti i curricula dei quattro (sottolineo in particolare, senza voler far torto agli altri, quello di Dante: Martin Mystère, Nathan Never e Zagor in Bonelli, Fantastici Quattro per la Marvel). Bastianoni, mio amico da tempo immemorabile, è anche l'autore di quattro stampe: una verrà data, compresa nel prezzo, con il volume; altre tre sono a richiesta. Le vedete riprodotte qui sotto. 

Se qualcuno dei miei venticinque lettori ritiene di non doversi far mancare un altro fumetto sfornato dal sottoscritto e viole aggiungere un ennesimo libro nello scaffale dedicato alle opere a mia firma, potrà cercare il volume in fumisteria (se non c'è, i librai possono ordinarlo) oppure richiederlo qui:

Il fatto che abbia scritto un fumetto western extra-bonelliano non significa, com'è ovvio, che abbia la benché minima intenzione di ridurre o interrompere la mia collaborazione con la Casa editrice di Via Buonarroti. Anzi, prima di accettare le pressanti richieste di "Cronaca di Topolinia", fattemi per anni da Salvatore Taormina che ne è il titolare, ho pregato il Tao di chiedere personalmente uno chiaro benestare ai nostri direttori. Salvatore, che in passato è riuscito a far autorizzare altre pubblicazioni da lui realizzate con personaggi e autori bonelliani, è tornato dicendomi che non c'erano problemi. Così non ho avuto più scuse per rifiutare di scrivere quello che da tempo mi chiedeva: una storia di Than Dai. Per Taormina, su "licenza" della Bonelli, avevo del resto scritto in passato anche un albetto di Zagor ("La cripta") e un altro di Cico ("Cico cacciatore di mostri") che l'Associazione Amici del Fumetto (che edita "Cronaca di Topolinia") ha regalato alcuni anni fa ai propri iscritti.

Ma veniamo a parlare di Than Dai. Nel 2009, Sergio Bonelli mi chiamò nel suo ufficio e mi chiese di scrivere un articolo su questo personaggio per l’ “Almanacco del West” (così si chiamava allora la pubblicazione che oggi viene denominata “Tex Magazine”). Dato che ormai da quattro anni Salvatore Taormina, l’artefice della rivista amatoriale “Cronaca di Topolinia”, portava avanti questa sua serie western, era ora che ne parlasse il contenitore bonelliano di recensioni e segnalazioni su tutto ciò che riguardava il Lontano Ovest (fumetti, film, libri). Il mio pezzo, intitolato “Than Dai, l’indiano bianco”, venne pubblicato sull’ “Almanacco del West” del 2010.

Ecco che cosa scrissi: “Agli appassionati capita di lamentare la penuria di storie ambientate nelle terre della nuova o della vecchia Frontiera americana. Così, Salvatore Taormina ha pensato di soddisfare la sua voglia di West ideando una saga a fumetti ambientata tra i Sioux. Ha quindi radunato uno staff di giovani autori, quasi tutti esordienti, e ha affidato loro il compito di dare vita alle avventure di Than Dai, un ragazzo bianco allevato, per l’appunto, dai Sioux, dopo che altri pellerossa avevano attaccato la carovana con cui viaggiava, uccidendogli i genitori. Divenuto un guerriero, Than Dai è protagonista di storie corali insieme agli altri membri della tribù, come Lin Sei, figlia del sakem, la bionda Belle, anch’essa una bianca che vive fra gli indiani fin da quando era bambina, il bellicoso Gor-Aka, il tenebroso meticcio Vento Nero e il giovane Thon Din. A fare da contraltare, c’è il mondo dei bianchi: gli abitanti di Rogue Town, la cittadina più prossima al villaggio dei pellerossa, i trappers e i soldati di Fort Logan, tra cui spicca il tenente Shaw, acerrimo nemico del nostro eroe (al punto da perseguitarlo anche sotto forma di demone dall’aspetto di lupo, in seguito a una magia). Le trame si snodano legate da una stretta continuità temporale e con molti cambi di scenari: Than Dai veste persino la divisa del soldato, poi abbandona la sua tribù esiliandosi volontariamente in Canada, quindi fa ritorno al villaggio trovandolo distrutto e si mette alla ricerca dei suoi amici dispersi. I testi seguono il solco della tradizione e puntano più sul coinvolgimento emotivo che sull’esatta ricostruzione di un periodo storico, e i disegnatori adattano loro sensibilità gli stilemi più classici del cinema e del fumetto western, filtrarti da ognuno di loro attraverso le proprie capacità e i propri modelli grafici. La collana è destinata al circuito delle fumetterie. Accanto agli episodi regolari in bianco e nero sono stati proposti anche alcuni speciali a colori e altri cartonati”.

A distanza di quasi un decennio da quell’Almanacco, Than Dai continua a essere protagonista di nuove avventure, anche se più diluite nel tempo quanto a uscite, e a sperimentare formati. Al di là dei miei tanti impegni che mi hanno a lungo impedito di scrivere la storia che Salvatore Taormina mi chiedeva, nicchiavo perché mi dispiaceva occupare il posto di altri sceneggiatori con meno spazi a disposizione del sottoscritto. Alla fine, ho trovato (pur a fatica) uno spiraglio fra gli impegni e ho trovato la soluzione al problema dell’ingombro del suolo altrui: avrei scritto un solo racconto (non ce ne sarò un altro mio), ma fatto in modo da poter passare la palla, aprendo un nuovo scenario avventuroso, ad altri pronti a raccogliere l’assist. “Memorie perdute”, mette infatti Than Dai di fronte al problema, che ha sempre preferito non affrontare, della ricerca delle proprie origini, del ritrovamento della sua famiglia di origine. Ho insomma creato il presupposto perché si indaghi sul passato del personaggio. Darò qualche consiglio a chi se ne occuperà, e sono curioso di vedere come se la caverà chi prenderà in consegna il mio testimone. 



domenica 18 novembre 2018

DISCORSI SULLE NUVOLE



E' da qualche giorno in distribuzione (nelle librerie e nelle fumetterie che danno spazio anche alla saggistica sul fumetto, ma anche negli shop on line) il mio nuovo libro, intitolato "Discorsi sulle nuvole", edito da Cut-Up (come già "Dall'altra parte", "Facezie" e "Il negromante e altri incubi". Si tratta di una raccolta di "saggi e assaggi sul fumetto", come recita il sottotitolo, vale a dire articoli da me scritto nel corso di parecchi anni. Testi sempre piuttosto brevi, spesso polemici, qualcuno dice brillanti, io spero non noiosi. Se di "critica fumettistica" qualcuno volesse parlare (mi auguro di no), sappia che non ho fatto riferimento ad alcuna sovrastruttura ideologica né ad alcuna scuola metodologica: ho scritto semplicemente quel che mi passava per la testa, sulla base, questo sì, di tante letture e di tanta passione. In quarta di copertina compare un breve testo che dovrebbe farvi venir voglia di comprare il volume (310 pagine, 15 euro). Eccolo:

C’era una volta il fumetto. Gli eroi di carta denunciavano, scandalizzavano, eccitavano, ma soprattutto divertivano. Erano amici, fratelli, complici e compagni di vita. Uno fra i più noti sceneggiatori italiani raccoglie in questo volume ottanta suoi articoli, editi e inediti, che raccontano il fumetto di ieri e quello che oggi ne è rimasto. Una carrellata di saggi e assaggi brillanti, divertenti, polemici e appassionati che consegnano al lettore scorci e istantanee di un panorama indimenticabile, affollato di personaggi e di autori, di editori e di testate, che hanno segnato un’epoca. E che resteranno, mentre degli Youtubers non rimarrà nulla.

I fumetti hanno fatto compagnia per tutta la vita a intere generazioni di lettori.  C’erano riviste come Intrepido e Il Monello che vendevano centinaia di migliaia di copie e praticamente non si sentiva dire di qualcuno che non leggesse o quel fumetto o piuttosto quell’altro. Le idee circolavano anche attraverso le strisce pubblicate su Linus o su Eureka, per non parlare delle storie di Alter, di Frigidaire o di Cannibale. In questo clima fiorivano le case editrici e i giovani autori trovavano sempre il modo di fare gavetta, a bottega da colleghi già affermati o negli studi professionali, pubblicando prima su piccole testate per approdare poi su quelle grandi una volta che si fossero fatte le ossa. Ai giorni nostri, gli editori in grado di portare in fumetto in tutte le edicole si contano sulle dita e in ogni caso non c’è più la ressa per comprare le testate che ci arrivano. Per chi vuol leggere fumetti, è difficile persino rintracciarli perché la distribuzione è quel che è e non tutte le edicole sono rifornite di fumetti allo stesso modo. Ci sono quelle che non lo sono affatto. E i guai sembrano destinati a peggiorare.

Prima di essere un autore di fumetti ne sono stato, fin da quando ho memoria di me, un appassionato lettore. E di fumetti ho sempre scritto, tanto e forse troppo. Ho dedicato alla nona arte persino la mia tesi di laurea, che mi è valsa (oltre al massimo dei voti e, inopinatamente, la lode) addirittura il premio  Premio Marchetti, attribuitomi a Roma nel corso di una ExpoCartoon. Non l’ho fatto per guadagnarci qualcosa: raramente sono stato pagato per la pubblicazione dei miei saggi sui comics. Ho iniziato scrivendo su una fanzine ciclostilata a manovella, Collezionare, nel 1985. Poi ho proseguito invadendo qualunque spazio: su altre riviste amatoriali, come su volumi di pregio per i quali mi era stato chiesto un contributo. Ho fondato una rivista, Dime Press, scritto libri miei e decine di introduzioni a libri altrui, firmato centinaia di articoli sul mio blog, curato gli apparati critici di collane come Alan Ford Story della Mondadori o Zagor Collezione Storica di Repubblica. Ho realizzato persino una enciclopedia in cinque volumi su Aquila della notte, “Cavalcando con Tex”.  Non ho mai fatto distinzioni fra grandi e piccoli editori, pubblicazioni fatte da appassionati o testate blasonate. 

Dopo oltre trent’anni, se dovesse fare un bilancio, direi che ho scritto semplicemente per condividere agli altri la mia passione. Scrivendo saggistica per hobby ho potuto occuparmi sempre e soltanto di temi a me cari. Tanti e diversificati sono stati gli spazi su cui ho pubblicato e miei interventi, distribuiti su un lungo arco di tempo, che sarebbe difficile per chiunque, anche per me, rintracciarli tutti nel caso qualcuno, indubbiamente pazzo, volesse farne la raccolta. Peraltro, in alcuni casi si tratta di pubblicazioni non più reperibili da anni. Ecco perciò alcuni pezzi radunato in volume.

Salvo alcuni rari casi in cui era necessario contestualizzare il testo (e dunque troverete la contestualizzazione in una nota), non ho voluto indicare però né la data della stesura originaria stessa, né gli estremi della prima pubblicazione, appunto perché si tratta comunque di testi rivisti e corretti al punto che si spero di poter spacciare per nuovi. Peraltro, alcuni dei saggi sono per l’appunto inediti, pubblicati qui per la prima volta. A voi il compito, se vi va, di scoprire quali. Non c’è un ordine di lettura consigliato, e si può perciò saltare di palo in frasca a piacimento, anche se vi immagino precipitarvi su quelli più polemici. A me piacerebbe se qualcuno di voi si incuriosisse, grazie ai miei Discorsi Sulle Nuvole, riguardo a un fumetto che non ha mai letto, lo leggesse e se ne innamorasse.

Potete acquistare il libro con un clic sullo shop on line di Cut-Up. Qui sotto il link. Di seguito, l'indice dei capitoli.


DISCORSI SULLE NUVOLE
di Moreno Burattini

Caro Gallieno
La dea lo vuole
Perché leggere fumetti?
La nona arte
Fumettone sarà lei
La seduzione degli innocenti
Fattore K
Kriminal
Satanik
Sesso di carta
C'era una volta Biancaneve
Ferri prima di Zagor
Formato Bonelli
Il metodo Nolitta
Un classico calibro 45
Il Tex di Nolitta
IndianaTex
Il Piccolo Ranger
Mark eroe ingenuo
Frank goes to Darkwood
Bella & Bronco
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martedì 13 novembre 2018

STAR BREAK




I futuri biografi del sottoscritto prendano nota: sul n° 18 (Anno 1) della rivista "Enigmistica mia" di Cairo Editore,  datato 19 novembre 2018 ma in edicola dal giorno 13, a pagina 26 esordisce la strip umoristica "Stelle a strisce", realizzata da me e da James Hogg.  Si tratta di una serie di strisce alla vecchia maniera (quella di BC o delle Sturmtruppen, per intenderci), di ambientazione genericamente fantascientifica. Nonostante uno dei protagonisti si chiami Harrison (e dunque ricordi il Ford di Han Solo - anche se con il cappello di Indiana Jones), non si tratta della parodia di "Guerre Stellari". Il robot che gli fa da spalla infatti non assomiglia per niente a quelli di "Star Wars" e obbedisce alle Tre Leggi di Asimov. Più avanti compariranno il Maxivac ispirato al Multivac di asimoviana memoria e decine di spunti presi da Star Trek piuttosto che da Capitan Harlock. 

Predomineranno, comunque, le battute sceme senza l'intento di prendere in giro qualcosa di preciso. Fun for fun's sake. Non "Star Trek" ma Star Break, una pausa spaziale. Peraltro, il contenitore è quello di una rivista di enigmistica dove le vignette servono (come dice uno slogan preso in prestito altrove) "per rinfrancare lo spirito fra un enigma e l'altro". Io e James Hogg già da tempo collaboriamo con le riviste dell'editore Cairo con le nostre vignette (James realizza per loro anche rebus e altri giochi): abbiamo proposto questa serie a colori e ce la siamo vista accettare con entusiasmo. La Casa editrice vorrebbe pubblicare una tavola di quattro strisce ogni settimana, per ora siamo in grado di garantirne solo una al mese. Però la soddisfazione è tanta.



Chi sia James Hogg non devo certo spiegarlo a chi ha seguito le tante cose che abbiamo fatto insieme. Per tutti gli altri, ricorderò che il mio primo incontro con lui risale al 1999, quando ci trovammo a collaborare (io ai testi, lui alle matite e alle chine) a un fumetto, intitolato “Il primo assassino”, pubblicato sul “Giornale dei Misteri”. Mi piacquero molto i suoi disegni, in quel caso realistici e non umoristici, ma non credevo che avremmo potuto realizzare ancora qualcosa insieme perché poi lo vidi indirizzarsi verso l’umorismo grafico collaborando con Bonvi per Nick Carter e quindi lo ritrovai su “Lupo Alberto” ad affiancare Massimo Cavezzali nelle storie di Ava. Presissimo da Zagor, ormai pensavo che mai più avrei avuto tempo di scrivere testi comici che non avessero per protagonista Cico. Mi sbagliavo. Un incontro occasionale nel centro di Firenze ha fatto sì che io e James stringessimo di nuovo sodalizio: siamo finiti per diventare collaboratori (in coppia) de “Il Vernacoliere” e nel realizzare decine di vignette umoristiche per riviste di enigmistica. Quando è uscito il mio libro di aforismi “Sarà bre”, ho affidato proprio a Hogg le venti illustrazioni che lo corredano.  Caro James, avanti tutta!

James Hogg


domenica 28 ottobre 2018

IL SENSO DELLA MISURA




Un paio di giorni fa ho postato sulla mia pagina FB il link a una notizia data sul sito Bonelli. Per vedere quale cliccate quiSi tratta di informazioni riguardanti il grande Catalogo della mostra sui settanta anni di Tex, allestita a Milano nel Palazzo della Biennale, visitabile fino a gennaio, e che sta riscuotendo molto successo. Come ogni mostra che si rispetti, e come ben sanno quelli che le mostre le visitano, è stato confezionato un voluminoso catalogo. Di solito, questi cataloghi sono richiesti e apprezzati dai visitatori, che possono portarsi a casa non soltanto un ricordo, ma tutto un corredo iconografico e documentario. Un pezzo di mostra. Generalmente questi volumi sono vendutissimi nonostante non siano proprio economici. Del resto si tratta di pubblicazioni di grande formato, frutto di molto lavoro, curate nei dettagli, stampate su carta di qualità, rilegate in modo congruo.

Nel caso del catalogo di Tex, ecco i dati forniti dal sito Bonelli, per farvi un'idea del ponderoso oggetto di cui stiamo parlando.

Il volume ripercorre la storia del personaggio e della Casa editrice, ma anche dell'Italia intera, contestualizzando così il modo in cui Tex è diventato un vero e proprio fenomeno di costume, accompagnando ogni cambiamento - piccolo e grande - della società italiana, dal neorealismo alla rivoluzione digitale.  Si tratta di un volume cartonato di 320 pagine a colori, in formato 25 x 30, e ha un prezzo di copertina di 40 euro. Se siete fan di Tex Willer, non lasciatevelo scappare!

Dopo aver segnalato questo volume, un lettore ha commentato così, palesando stupore e indignazione:

40 euro....ma non e' che alla Bonelli hanno perso il senso della misura????

Commenti del genere si leggono ogni volta che Tex o Zagor aumentano di venti centesimi, o quando un albo a colori costa un po' di più di uno in bianco e nero o quando pubblicazioni a tiratura limitata non costano come quelle stampate in decine di migliaia di copie. E' un riflesso pavloviano contro cui è inutile combattere. Per di più non sono l'avvocato difensore della Bonelli, non ho avuto alcun ruolo nel catalogo della mostra di Tex (anche se ho visto tutto il lungo e faticoso lavoro dei miei colleghi in redazione), non ho stabilito io il prezzo e sarei felice se il volume mi venisse regalato invece di doverlo comprare (cosa che farò prima possibile). Tuttavia, dato che mi sento don Chisciotte e mi piace combattere contro i mulini a vento, ecco come ho risposto all'indignato di cui sopra (e non ho fatto cenno al fatto che anche quattro puntini di sospensione e quattro punti interrogativi sono oltre misura):

Bisogna confrontare il numero di pagine, la qualità della carta, il formato, con quelli di volumi simili. Temo che parecchi cataloghi di mostre costino molto ma molto di più. Poi se uno preferisce spendere 40 euro in una pizza in due, faccia pure.


Volendo approfondire, sono andato a verificare quanto costa il catalogo Marsilio sulla mostra dedicata al Tintoretto visitabile a Venezia, al Palazzo Ducale, fino a 6 gennaio 2019. Eccone la copertina. Subito sotto, la scheda tecnica per acquistarlo sul sito della Feltrinelli.













Il catalogo costa € 53,00.  Conta le stesse pagine del catalogo di Tex ma è in brossura (quello della Bonelli è un libro rilegato). I tipi della Marsilio hanno perso il senso della misura pure loro, o si può convenire che un prezzo fra i quaranta e i sessanta euro è quello normale per questo tipo di oggetto e che, anzi, il prezzo Bonelli è più basso di altri?


Ma andiamo avanti. Ieri sono andato a sentire una conferenza del brillante scrittore toscano Marco Malvaldi (quello dei gialli del Bar Lume). Parlava di chimica (essendo lui anche un divulgatore scientifico). Ho acquistato un suo libro, in vendita nel teatro dove aveva luogo l'incontro, e mi sono fatto fare una dedica. Vedete qui sotto il libro e la dedica.





Si tratta, come vedete di un comunissimo libro della Rizzoli. Essendo Malvaldi scrittore molto popolare si può pensare che la tiratura non sia stata limitata a poche preziose copie numerate. "Per ridere aggiungere acqua" è in vendita in tutte le librerie italiane.  Sono 160 pagine, di formato poco più che tascabile, benché cartonato. Ecco il prezzo:





Sono  € 18, per la metà esatta delle pagine del catalogo su Tex, ma per un formato molto, ma molto più piccolo, e senza illustrazioni. Sostengo una tesi assurda se affermo che il catalogo della Bonelli costa, in proporzione, molto meno del libro di Malvaldi? Però, per l'indignato di turno, la Bonelli ha perso il senso della misura.

Per quanto mi riguarda, 40 euro sono il prezzo di una cena in pizzeria in due persone. Due pizze (dieci euro ciascuna), due birre (cinque euro ciascuna), dolce e caffè. Sperare di mangiare bene con venti euro a testa in un ristorante è cosa improbabile, ma ammetto che in qualche osteria di campagna sia possibile. Diciamo allora che quaranta euro è il prezzo di un pranzo in due in una trattoria. Pranzo che durerà due ore e che per quanto possa lasciare un buon ricordo non è paragonabile al valore di un librone destinato a far compagnia per una vita. Però, quaranta euro per il catalogo su Tex sembrano esagerati, per la trattoria va bene. E' un po' come chi si lamenta per il costo di Zagor in edicola (e si tratta di un albo che rimane e si può dare a qualcun altro) e poi lecca un gelato per lo stesso prezzo in cinque minuti. Ognuno decida come spendere i propri tre euro (o i propri quaranta), per carità, però prima di dar aria alla bocca parlando di Case editrici che avrebbero perso il senso della misura, bisognerebbe contare almeno fino a tre.


Ma forse i fumetti (o i libri sui fumetti) sembrano cari perché i videogame costano meno? Vediamo. Ho cercato il prezzo di uno dei più giocati:




€ 58,40 per Fifa 19 per X-Box. Questi, naturalmente, non hanno perso il senso della misura. Considerando che il prossimo anno ci sarà Fifa 20, non so se si possa dire che Fifa 19 però dura di più del catalogo su Tex. 




Ma ecco il prezzo di alcune scarpe da ginnastica Hogan, oggetti comunemente acquistati senza battere ciglio.  € 280,  € 320,  € 370. Anzi, so di calzature del genere comprate per cifre anche molto maggiori. In questo caso dov'è il senso della misura?



E degli Iphone qui sopra, vogliamo parlare? No, meglio di no. Vediamo piuttosto un concerto. Quello di Ed Sheeran a Firenze, il 14 giugno del 2019.




Ho provato ad acquistare un biglietto. Ecco ciò che mi è stato proposto (ho scelto i prezzi più bassi disponibili).





Vedete? € 103,  € 113.
Attenzione: non sto dicendo che il concerto di Ed Sheeran non valga il prezzo di quei biglietti. Faccio notare quanto si deve pagare per tre ore di spettacolo. Il confronto con il catalogo di Tex fatelo voi: ognuno scelga come spendere i propri soldi, e non è che una cosa escluda l'altra. Io acquisterei biglietti e catalogo, se potessi e volessi. Però non mi sembra che il catalogo di Tex abbia un prezzo fuori mercato o fuori misura.

Potremmo andare avanti a lungo (parlando magari di colazioni, sigarette, cocktail, discoteche, aperitivi, parcheggi, cinema), ma mi fermo qui e provo a trarne una morale. La morale è sconfortante. La gente percepisce come esagerato il prezzo di ciò che è collegato al fumetto. Il resto va tutto bene. Il lavoro che facciamo noi non è degno di remunerazione. Sia che scriviamo storie, sia che le disegniamo, sia che diamo vita a saghe ed eroi, sia che pubblichiamo libri ponderosi, quel che facciamo o costa pochi spiccioli o costa troppo. Se avete morali diverse da suggerirmi, ben vengano.