lunedì 23 luglio 2018

LA FOLLIA DI THUNDERMAN





E' in edicola lo Zagor n° 636, intitolato "La follia di Thunderman” Si tratta della terza e ultima puntata della storia iniziata nell’ albo "Furia cieca" e proseguita in “La roccia che brucia”. I testi sono miei, i disegni sono dei fratelli Nando e Deniso Esposito (Esposito Bros), la copertina è opera di Alessandro Piccinelli. La principale singolarità di questa storia, come si era già detto, è il ritorno in team-up di due vecchi (se non vecchissimi) avversari dello Spirito con la Scure: Marcus, l'uomo volante con poteri da ipnotizzatore, e Alfred Bannister, alias Thunderman. Due villain di vecchio (se non vecchissimo) stampo, che abbiamo cercato di riportare sulle scene giustificandoli meglio e dando loro maggiore spessore (le loro origini sono state raccontate in modo diverso, anche se non entrando in totale contraddizione con quel che già si sapeva: da qui la necessità di alcuni flashback). Per approfondire l’analisi del racconto potete andare a rileggere i miei precedenti due articoli (apparsi su questo blog in maggio e giugno). 
      
Oppure, potete dare un’occhiata alla recensione di Marco Corbetta pubblicata sul blog “Zagor e altro” a questo indirizzo:


“Questa storia mi è proprio piaciuta! Molto ben costruita, semplice, lineare, con il ritorno di avversari apparentemente imbattibili, con l’eroe in difficoltà ed inferiorità fisica, l’eucatastrofe finale…”, scrive (bontà sua) il recensore, che era partito invece sottolineando la problematicità della prima apparizione di Thunderman all’inizio degli anni Ottanta.  I critici verso il ritorno del supervillain confezionato dal sottoscritto avranno invece apprezzato più quella, e va benissimo: si sa che ogni “ritorno” scontenta qualche nostalgico, ma gli autori tendono a volerci provare. 




La follia di Thunderman” contiene una  sorta di (scusate la brutta parola) “morale”. Non è necessaria coglierla, per carità. Sono del parere che le storie debbano divertire e non insegnare. Se le mie suscitano qualche riflessione, buon pro faccia a chi riflette. Se non la suscitano, non volevano neppure farlo. Tuttavia, qualcuno potrebbe aver notato che alla fine il succo è questo: non bastano dei superpoteri per vincere, ma soprattutto non basta essere forti per essere eroi. 

Marcus si atteggia (e si atteggiava già ai tempi della sua prima apparizione) a governante di un popolo: non è un bandito solitario, ma ha un seguito di guerrieri (con le loro famiglie) che gli obbediscono riconoscendolo come loro capo. Tuttavia lui, al di là dell’appagamento della propria vanità, si rivela non in grado di proteggere la gente che a lui si affida. Si sceglie un alleato pericoloso, non riesce a dominarlo, causa la morte di coloro di cui aveva, in qualche modo, la responsabilità. Non è in grado di essere un capo, può essere solo un criminale. E Thunderman? Il potere è nulla senza controllo: non basta lanciare fulmini dalle mani, se l’energia di cui si dispone fa perdere il senno. E che tornare alla “roccia che brucia” fosse pericoloso già Alfred Bannister lo aveva sperimentato. Il desiderio di supremazia e di potenza, però, gli ha offuscato la ragione prima ancora che lo facessero le scariche del meteorite. Zagor, al loro confronto, esce due volte vincitore: prima perché li sconfigge, pur non avendo i loro poteri (e quindi essendo virtualmente inferiore); poi, perché si rivela in grado di essere un “governante” che protegge il suo popolo, dunque un vero Re di Darkwood.
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