giovedì 27 novembre 2014

NELLO STUDIO DI FERRI



Si è svolta a Santa Margherita Ligure (Genova), tra il 22 e il 29 novembre 2014, una mostra dedicata a Gallieno Ferri in cui sono state esposte oltre quaranta tavole originali del maestro. Nei giorni di sabato 22 e domenica 24 io e lui siamo stati invitati dall'amministrazione comunale a partecipare a un incontro con il pubblico nel Castello della cittadina ligure, e a presenziare alla distribuzione delle cartoline con uno speciale annullo filatelico.

La cartolina con l'annullo filatelico zagoriano



Per l'occasione ho curato, con Ruzica Babic, titolare della locale Galleria Libreria dell'Arco e organizzatrice dell'evento, un albetto speciale di trentadue pagine brossurate contenente un mio racconto in prosa con Zagor protagonista, intitolato “La capanna nella palude” e corredato da decine di illustrazioni rare o poco viste di Ferri (dietro una copertina inedita). Per riuscire a impossessarsi di una delle ultime copie (dato che la tiratura è stata limitata), basta telefonare al numero 0185 285276. Si tratta della seconda avventura "scritta" dello Spirito con la Scure, dopo "Le mura di Jericho", il romanzo zagoriano pubblicato nel 2011 da Cartoon Club (e tutte e due portano la mia firma). Altri gadget sono stati un poster e una stampa numerata e firmata da Gallieno.

Il grande poster realizzato da Ferri per la mostra


All'inaugurazione della mostra erano presenti anche alcuni autori (Marcello Mangiantini, Mirko Perniola e Jacopo Rauch) ma soprattutto numerosi frequentatori del forum SCLS che hanno tenuto proprio a Santa Margherita il loro raduno, giungendo da tutta Italia. Il sindaco di Santa Margherita Paolo Donadoni, giovane e, cosa che non guasta, appassionato di fumetti, si è dichiarato interessato a proseguire l'organizzazione di eventi fumettistici anche in futuro. I forumisti hanno promosso tra di loro (e tra gli autori presenti) una raccolta fondi in aiuto agli alluvionati liguri e sono stati messi insieme quasi cinquecento euro. Complimenti agli zagoriani!

Jacopo Rauch e Mirko Perniola con le dolci metà

La manifestazione è stata un successo, a dimostrazione dell'entusiasmo che Zagor riesce ancora a suscitare. Gallieno Ferri si è seduto a cena con i lettori la sera del 22 ma, soprattutto, ha proposto di organizzare una tavolata a Recco (là dove vive) per il pranzo del giorno successivo, ed è attorno a lui che un nutrito gruppo di appassionati si è radunato per gustare la famosa focaccia con il formaggio. Di tutto questo fanno la cronaca, più delle parole, le foto che seguono. Ma, soprattutto, ho potuto realizzare qualche scatto anche nello studio di Gallieno Ferri: li trovate in fondo alla carrellata.

Gallieno Ferri nella Galleria Libreria dell'Arco a Santa Margherita Ligure


Il castello sede della mostra

Il mare di Santa Margherita Ligure da una finestra del castello

Mostra al castello

Gallieno Ferri accanto a una delle tavole in mostra

Un vero appassionato con la cover zagoriana del telefonino

Il tavolo della presentazione. Ferri è tra Ruzica Babuc e il sindaco Paolo Donadoni


Marcello Mangiantini, Gallieno Ferri e Moreno Burattini

Tavole in mostra

Autografi sull'albetto



Ruzica Babic della Galleria Libreria dell'Arco e la forumista Tesla

La focaccia col formaggio 

Esperienza mistica a Recco

Tavolata di autori e lettori a Recco

A tavola a Recco con Ferri e i lettori di Zagor

Un disegno spiritoso di Ferri con testi miei: Zagor colpisce un minaccioso polpo pronto per la padella

Una libreria in casa Ferri


Il tavolo da lavoro di Ferri

Una tavola in lavorazione

Gli attrezzi da disegno di Gallieno Ferri

Gallieno Ferri davanti al suo tavolo da lavoro

Due strisce di una storia in lavorazione

Io con Gallieno nel suo studio

Il modellino di un gozzo ligure con la sagoma di Zagor a bordo

Le mani del Maestro



martedì 18 novembre 2014

MORTE PER ACQUA





E' uscita l'antologia curata da Sebastiano Mondadori in cui compare un mio racconto, intitolato "La signora Miller e Dio". Il libro si intitola "Morte per acqua" e vanta una copertina di Aldo Di Gennaro. E' edito da Tra Le Righe Libri e costa 14 euro. Fra gli altri autori presenti c'è anche lo sceneggiatore zagoriano Giorgio Giusfredi, con me nella foto qua sopra. Il volume sarà presentato di nuovo venerdi 28 novembre al Palazzo Guinigi di Lucca alle ore 18.30 (dopo un primo battesimo tenutosi a Pisa alcuni giorni fa). Si può trovare nelle librerie Feltrinelli. In ogni caso, il sito della Casa editrice è il seguente: http://www.tralerighelibri.it/

Di che cosa si tratta, esattamente? E' la terza Antologia Barnabooth, ovvero il frutto del gruppo di lavoro della Scuola di Scrittura Creativa tenuta a Lucca da Sebastiano Mondadori. Io sono stato invitato in qualità di  "ospite" dato che, oltre alla stima e all'amicizia, mi lega a Sebastiano un progetto comune che prima o poi vedrà la luce.  Sebastiano è uno scrittore di talento ma anche uno straordinario insegnante e conferenziere (oltre che ottimo cuoco): non a caso in apertura del volume c'è un suo saggio su John Cheever che colpisce per acume e profondità di analisi. I racconti in tutto sono quattordici e, nonostante io scriva per mestiere da venticinque anni, mi sento meno bravo a narrare in prosa di alcuni degli autori presenti nella raccolta insieme a me. Del resto ognuno ha il suo talento e ammesso che io ne abbia uno, è quello di sceneggiare a fumetti e non quello del romanziere (seppure mi piacerebbe imparare a fare anche quello). Tuttavia il mio racconto non sfigura e mi piacerà sapere che qualcuno l'ha letto. Ne ho scritto un secondo, un po' più lungo, che potrebbe comparire nell'antologia Barnabooth del prossimo anno.

Qual è il mio rapporto con la prosa? Al di là dei saggi sul fumetto, posso vantare un romanzo con protagonista Zagor, "Le muta di Jericho" pubblicato da Cartoon Club nel 2011 (che ormai ha esaurito tutta la tiratura e che è  uscito anche all'estero), due favole per bambini vincitrici di premi (mai pubblicate, però), più la scrittura di alcuni racconti apparsi su riviste di genere (potrebbero in effetti riempire una raccolta). Ma naturalmente ho, come tutti, i cassetti pieni di romanzi iniziati e novelle già finite. Vorrei spezzare una lancia in favore di queste ultime. Non delle mie, cioè, ma delle novelle in generale, dei racconti: non è detto affatto che un romanzo sia preferibile a una antologia di testi più brevi. Anzi. Fate la prova, una volta o l'altra.






sabato 15 novembre 2014

L'INCENDIO DELLA "GOLDEN BABY"



E’ in edicola “L’incendio della ‘Golden Baby’”, l’albo Zenith n°643, corrispondente allo Zagor 592 e datato novembre 2014. Contiene il proseguo della storia del ritorno di Mortimer iniziata nell’albo “Tornando a casa” e continuata in “Vendetta trasversale”, i due volumi precedenti. I testi sono miei, i disegni del bravo Marco Verni, qui (a mio avviso) alla sua prova migliore, finora. Riguardo al diabolico genio del crimine sono stato intervistato di recente dal sito Bonelli e potete andare a curiosare fra le mie risposte, se volete. Inoltre, ho approfondito l’argomento anche in questo spazio. L’avventura si concluderà a pagina 98 del numero successivo, intitolato “Mortimer: ultimo atto”. 

Se riportassi i messaggi privati, gli SMS, le telefonare, le lettere, le opinioni raccolte per strada mi sembrerebbe di volermi atteggiare a vanaglorioso, perché raramente mi è successo di ricevere tanti complimenti e apprezzamenti. In realtà mi sento sempre sotto esame e oggetto di critiche qualunque cosa faccia da venticinque anni a questa parte (da quando cioè sceneggio Zagor), per cui so che per ogni parere positivo ce ne saranno dieci negativi e non mi faccio illusioni di aver scritto una storia migliore del solito o di essere piaciuto, almeno stavolta, a tutti. Grazie comunque a chi mi ha fatto giungere un cenno di riscontro e di incoraggiamento. Tireremo le somme dopo il finale. Il mio parere sui detrattori per forza l'ho già espresso.

Se non avete ancora letto niente, vi consiglio di non scorrere ulteriormente questo articolo, perché rivelerò particolari importanti della storia in corso (potrete tornare a vedere ciò che sto per dire una volta arrivati in fondo). Se invece avete letto “L’incendio della ‘Golden Baby’”, possiamo parlarne subito. Se nel numero precedente era morto il povero Doney, il trapper che da sempre raccontava a tutti di aver visto, una volta, una volpe a pallini neri, in questa nuova puntata le vittime di Mortimer sono due: Tabitha, la moglie indiana del dottor Sand, e il marinaio di Fishleg chiamato Samuelson. 

Non si tratta di figure di secondo piano, perché Tabitha compare da protagonista in due racconti (e questo è il terzo) della saga, più in altre apparizioni minori, e non è di poco conto quel che rappresenta con la sua figura (l’integrazione e la convivenza fra le culture, l’amore fra un uomo e una donna di razze diverse, la lotta contro l’apartheid, la malattia e la guarigione). Samuelson, dal canto suo, rappresenta tutta la ciurma variegata ed eterogenea della “Golden Baby”, è il simbolo di quel microcosmo ideato da Nolitta, ed è stato co-protaginista, con gli altri marinai, di numerose avventure. Mortimer non ha programmato di eliminare proprio Samuelson, ma ha cercato di mietere vittime quanto più possibile facendo schiantare un veliero contro la baleniera di Fishleg e scatenando un’incendio seguito a una esplosione. Avrebbero potuto esserci numerosi altri morti, magari lo stesso comandante della “Golden Baby”. Se non c’è stata una strage e se la baleniera non è affondata è stato soltanto per l’eroico intervento di Zagor, aiutato da Zarkoff e, appunto, da Samuelson. Trovo pertanto patetiche le ironie di chi (mi hanno detto) avrebbe deriso lo “spessore” delle due vittime, sostenendo che la montagna avrebbe partorito un topolino. Sommando la fine di Doney a quelle di Tabitha e di Samuelson, il livello di dramma per lo Spirito con la Scure è sicuramente altissimo. Chi non lo capisce, vuol dire che o è limitato di comprendonio oppure fa finta di non capire. Peraltro, gli stessi che deridono le vittime di questa storia (ignorando quelle che potrebbero esserci nel prossimo numero) sarebbero stati i primi a criticare aspramente se a morire fossero stati Cico, Tonka, Doc Lester o Molti Occhi. A chi vuol criticare per forza non mancheranno mai gli elementi per farlo.


Per dimostrare, però, il livello psicologico, più che logico, di certi biliosi detrattori, ecco un esilarante passaggio di una critica leggibile su un forum, che un’anima buona mi ha segnalato. Dunque, vedendo Tabitha scegliere volontariamente la morte pur di salvare l’uomo che ama, Zagor pensa:  "Ha fatto rotolare da sola il suo masso perché io salvassi Sand!". L’acrimonioso commentatore, credendo di farci morire dal ridere, commenta: “No, è che si voleva grattare la schiena!”. Ho cercato di capire perché in un cervello contorto si fosse materializzata questa battuta di fronte a un passaggio piuttosto drammatico della storia. E’ evidente che quel che a me sembra emotivamente forte a lui fa pisciare addosso dalle risate, e dunque ho sbagliato io che non so creare il necessario pathos. Ma poi ho afferrato il senso dell’intervento: al detrattore dà noia che Zagor pensi. Cioè bisognava che quel pensiero non ci fosse. Non serve che il pensiero sia brevissimo e dunque possa essere tollerato anche dai più accaniti antispiegazionisti. No: le spiegazioni proprio non ci devono essere. Lo Spirito con la Scure doveva vedere Tabitha far rotolare il masso e non pensare nulla. Questo perché il mio critico si ritiene così intelligente e superiore per acume al resto del mondo da riuscire a capire tutto benissimo senza che nessuno glielo spieghi. E per sottolineare l’elevatezza del proprio quoziente intellettivo, non può fare a meno di pigliare per il culo il sottoscritto e i poverelli come me che non ci arrivano. Il che può essere senz’altro vero (cioè: ci può stare che lui capisca tutto, e che non ci sia bisogno di spiegare niente), ma non è che si trattiene dal dirlo pensando che altri possano gradire una facilitazione della lettura. Anzi, non gli viene neppure in mente che la facilitazione della lettura sia stato proprio il motivo per cui quel brevissimo pensiero sia stato messo in testa a Zagor. Non considera neppure l’ipotesi che lo sceneggiatore voglia fare in modo che tutti i lettori capiscano come ha capito lui, e che questo faccia parte da sempre della tradizione zagoriana in particolare e bonelliana in generale. 

Lo stesso Sergio Bonelli chiedeva a noi sceneggiatori che cercassimo di spiegare nel modo più chiaro possibile i passaggi di un racconto (potrei citare di nuovo certi passaggi di certe sue interviste in cui sottolinea questo aspetto, ma l’ho già fatto più volte e sarebbe inutile). Ma soprattutto lo stesso Nolitta faceva così. Basta aprire una pagina a caso delle sue storie. Vogliamo sfogliare il classico dei classici, “Zagor contro il vampiro”? A un certo punto, Cico è nella cripta del castello di Rakosi e la lastra che copre il sarcofago in cui il barone riposa si sposta per far uscire il non-morto. Lo si vede benissimo. E che fa Cico? Pensa: “Questo lastrone si è mosso da solo”. Più avanti, lo Spirito con la Scure lotta contro il succhiasangue, sorge il sole e il vampiro viene ridotto in cenere. Lo si vede benissimo. E che fa Zagor? Pensa: “Non è rimasta che polvere!”. Il che è perfettamente logico: poiché nelle storie del Re di Darkwood esistono i pensieri (ci sono fumetti in cui non esistono), e c’è un momento nella mente del nostro eroe in cui egli capisce qualcosa, è giusto che glielo si faccia pensare. Anche al rancoroso, a un certo punto, è venuta in mente la sua brillante osservazione, e l’ha scritta. Io ho scritto la mia, e secondo lui non avrei dovuto farlo neppure in ossequio alla tradizione. Per far piacere a lui, avrei dovuto cambiare le regole stabilite da Nolitta. Soprattutto, avrei dovuto scrivere sotto dettatura (la sua) invece di assecondare il mio istinto, il mio stile. 



Non contento di aver voluto dar così tanta prova di acume, il detrattore concede il bis. Infatti, qualche pagina più avanti, Zagor legge, scritta su una parete, una frase enigmatica in cui Mortimer vuol far capire al nostro eroe che lo ha rapito Cico e lo ha condotto a Port Whale. La frase è: “save whale”, cioè, più o meno, “salva la balena”. Il Re di Darkwood pensa: "La balena potrebbe essere un riferimento alla stazza di Cico". Naturalmente, per il saputello tutto ciò è anatema (per quanto breve sia il pensiero, a lui sembra troppo). Perciò il detrattore sghignazza: “No, a tua sorella la buzzicona!”. Zagor non solo non deve pensare, ma non deve neppure risolvere gli enigmi. I lettori devono farlo da soli, capire tutto al volo, appunto come il sommo commentatore. Lo so che con questi miei appunti forse avrò infastidito il detrattore in questione (non so neppure chi sia, in verità), ma del resto come io, scrivendo, presto il fianco alle sue critiche, anche lui, scrivendo, presta il fianco alle mie. Ma lo faccio con benevolenza, per tenerlo in esercizio e stimolarlo a criticare per partito preso sempre di più.


Così si affrontano i detrattori




giovedì 6 novembre 2014

NOSTALGIA CANAGLIA


Sergio Bonelli in un omaggio di Alessandro Chiarolla

Un giorno di trentacinque anni fa, Sergio Bonelli decise di smettere di scrivere le storie di Zagor, quelle storie così belle di cui io, noi, tutti allora, ci nutrivamo. Non ci fu subito chiaro quando, come, perché. Notavamo che negli albi l’autore dei testi non era più indicato, e speravamo sempre che la storia successiva recasse la consueta targhetta: “Testo di G.Nolitta”. Invece, niente. L’inizio di qualche avventura lasciava sperare che forse era ancora proprio lui, a raccontarcela. Ma subito si sentiva che, no, non era lui. Mancava qualcosa: quel tocco inconfondibile, quella “nolittianità” che chi era cresciuto assimilandola giorno per giorno poteva riconoscere a colpo sicuro, e che, ahimè, per quanto imitata, non c’era più. Guido Nolitta non scrive più storie per la serie di Zagor dal n° 233 della collana Zenith: da allora in poi, io per primo non ho mai smesso di sperare, fino al giorno della sua morte, di vederlo tornare a raccontarcene ancora.  I redattori della rivista "SCLS Magazine" hanno chiesto a Bonelli se si ricorda il momento preciso nel quale decise che non avrebbe più scritto Zagor:  “Non c’è mai stato un momento nel quale io abbia deciso ‘a freddo’ di rinunciare a scrivere storie a cui tutto sommato dedicavo il mio tempo libero. Il lento progressivo cambiamento della struttura della Casa editrice, l’aumento implacabile della produzione, rendevano sempre più esiguo il tempo lasciatomi dal lavoro e mi suggerivano di affidare temporaneamente ad altri la gestione delle mia ‘creatura’. Ero convinto, che prima o dopo mi sarei ripreso la gestione della serie, ma, invece, poco a poco mi resi conto di aver perduto la carica iniziale di fantasia”.

Capisco tutti quelli che rimpiangono l’età dell’oro zagoriana e trovano sempre e comunque “diverse”, se non inadeguate, le sceneggiature scritte da altri, persino quelle firmate da pezzi da novanta del fumetto come Tiziano Sclavi o Alfredo Castelli. Oggi, ormai da più di venticinque anni, io stesso mi trovo ogni giorno alle prese con la difficile eredità di Nolitta. Tuttavia, per quanti sforzi faccia e per quanto in molti trovino abbastanza “nolittiana” la mia ispirazione e la mia calligrafia, in realtà mi rendo perfettamente conto di essere comunque distantissimo dai livelli e dallo stile di Sergio Bonelli. Spesso, mi trovo a dovermi giustificare agli occhi dei lettori più nostalgici, che ancora non si rassegnano al fatto che lo Zagor di oggi e di ieri non sia più quello di ieri l’altro, quello delle origini, quello del suo creatore. Trovo strano dovermi giustificare, quando io per primo potrei avere le loro stesse perplessità, se per un momento ascoltassi le ragioni del cuore invece che quelle della mente.

Meno giustificazioni servono, per fortuna, agli occhi dei lettori più giovani, arrivati a Zagor negli anni successivi alla gestione Nolitta, magari addirittura in quella di Mauro Boselli. Costoro, i nuovi arrivati, notano meno la dicotomia con il passato e in ogni caso la comprendono, se non addirittura la apprezzano, come naturale evoluzione di un personaggio e di una serie. Ed è proprio questo il punto: capire come nessun personaggio e nessuna serie potrà mai essere sempre uguale a sé stessa, se dura nel tempo; meno che mai se la durata non si misura in anni ma in decenni, come nel caso di Zagor.

Lo Zagor di ieri e quello di oggi visti da Gianni Sedioli e Mauro Laurenti


Lo Zagor di oggi non è più quello di quaranta, trenta, venti, dieci anni fa ed è inevitabile dato che i tempi cambino e noi non essi, come diceva Fouché.  Ciò non significa che lo Zagor di oggi non sia più Zagor. Neppure l'Uomo Ragno di oggi è più quello di Stan Lee e di John Romita Senior, che a sua volta non era quello di Steve Ditko. Il Topolino di Romano Scarpa non era quello di Floyd Gottfredson e neppure lo Zio Paperone di Giorgio Cavazzano è quello di Carl Barks. Perfino i film di 007 con Daniel Craig non sono quelli con Sean Connery. E allora? L'eroe dovrebbe cambiare nome? Non sono più le stesse neppure le stagioni, e una volta qui era tutta campagna.  I lettori di oggi sono diversi da quelli di qualche decennio fa, e non sono più gli stessi neppure gli autori.  Io per primo ho nostalgia delle vecchie storie di Nolitta, come dicevo: solo che Nolitta, purtroppo, non c'è più.

Uno Zagor realizzato oggi, chiunque lo realizzi sarà inevitabilmente diverso dallo Zagor di quarant'anni fa, quello che i lettori della vecchia guardia (come me) vagheggiamo. Ferri non disegna più come allora, perché il suo stile si è evoluto (e si è evoluto continuamente, dal primo numero in poi), Nolitta, se ancora ci fosse, non scriverebbe più come allora. Dunque, un qualunque Zagor del nuovo millennio non potrebbe mai essere uguale a quello degli anni Sessanta, o Settanta. Io non sono Nolitta, né potrei esserlo, Boselli non è Nolitta né potrebbe esserlo. Possiamo essere nostalgici quanto vogliamo, e oltre a rimpiangere Nolitta rimpiangere anche la spensieratezza della nostra infanzia, i giorni felici della nostra gioventù, il primo bacio con la fidanzatina. Però quei tempi non torneranno, e temo che vivere sospirando sui ricordi del passato non sia la migliore delle condizioni possibili. Viceversa, se consapevoli di come il linguaggio dei media si evolve sempre più in fretta, riusciamo ad apprezzare come per fortuna alcuni nostri eroi, tra cui Zagor, riescono a tenersi al passo con i tempi ed essere accanto a noi dopo più di cinquant’anni, forse allora abbiamo ancora la speranza di divertirci e non finire a fare la figura dei vecchietti brontoloni che scuotono la testa contro la gioventù degenere. 

Lo Zagor di uno dei più recenti acquisti dello staff: Emanuele Barison
Guardando un TG degli anni Settanta e uno di oggi non sembrano neppure parenti. Gli spot pubblicitari del vecchio Carosello non assomigliano in nulla alle pubblicità di oggi. I miei figli che guardano i film che avevano appassionato me da ragazzo li trovano insopportabilmente noiosi: mi è successo di recente di vederli fuggire da “Papillon”. Un personaggio non deve (o non dovrebbe) limitarsi a sopravvivere come uno zombi della zona del crepuscolo, ma per dimostrarsi vivo e vitale deve (o dovrebbe) tenersi al passo con i tempi, si tratta di cercare di farlo in modo che non venga snaturato. Da questo punto di vista, anziché lamentarsi di come Zagor sia cambiato, dovremmo tutti meravigliarci di quanto sia cambiato poco, in così tanti anni e in anni che così tante rivoluzioni hanno visto succedersi nel mondo della comunicazione massmediale. Lo Spirito con la Scure di oggi è molto più simile a quello delle origini dello Spiderman attuale rispetto a quello di Stan Lee. Oserei dire che lo Zagor di oggi è più Zagor di ieri di quanto il Tex di oggi sia il Tex di ieri (ma agli zagoriani nudi e puri, ovviamente non basta). Dopo decenni e decenni, Zagor è ancora qui a volare di ramo in ramo, a lanciare la sua scure, vestito con la sua casacca rossa un po' da supereroe, nella sua foresta incantata: c’è qualcuno che pare lamentarsene, e allora ha torto lui.

Nessuno degli sceneggiatori chiamati a scrivere le avventure dello Spirito con la Scure dopo Nolitta ha tramato contro Sergio perché lasciasse il suo posto: ovviamente Bonelli se ne è andato di sua spontanea volontà. Non solo: Sergio ha scelto personalmente tutti i suoi successori e, finché è stato fra noi, ne ha guidato il lavoro. Quando mi ha dato fiducia (e l'ha fatto ininterrottamente dal 1989 fino all'ultimo giorno della sua vita) ha visto in me, quanto meno, un vero appassionato disposto a dare l'anima per il suo personaggio. E la stessa passione io l'ho vista in tutti o quasi i miei colleghi chiamati a proseguire l'opera nolittiana. Che il nostro lavoro sia stato fatto bene lo dimostra il fatto che Zagor, a differenza di altri personaggi, è ancora in edicola e ancora infiamma i cuori. Non pretendo che tutti questi sforzi debbano ricevere lodi universali, e che ci debba essere detto grazie, ma sperare almeno nel riconoscimento e nel rispetto per l'impegno profuso non mi sembra fuori da ogni logica.