giovedì 6 novembre 2014

NOSTALGIA CANAGLIA


Sergio Bonelli in un omaggio di Alessandro Chiarolla

Un giorno di trentacinque anni fa, Sergio Bonelli decise di smettere di scrivere le storie di Zagor, quelle storie così belle di cui io, noi, tutti allora, ci nutrivamo. Non ci fu subito chiaro quando, come, perché. Notavamo che negli albi l’autore dei testi non era più indicato, e speravamo sempre che la storia successiva recasse la consueta targhetta: “Testo di G.Nolitta”. Invece, niente. L’inizio di qualche avventura lasciava sperare che forse era ancora proprio lui, a raccontarcela. Ma subito si sentiva che, no, non era lui. Mancava qualcosa: quel tocco inconfondibile, quella “nolittianità” che chi era cresciuto assimilandola giorno per giorno poteva riconoscere a colpo sicuro, e che, ahimè, per quanto imitata, non c’era più. Guido Nolitta non scrive più storie per la serie di Zagor dal n° 233 della collana Zenith: da allora in poi, io per primo non ho mai smesso di sperare, fino al giorno della sua morte, di vederlo tornare a raccontarcene ancora.  I redattori della rivista "SCLS Magazine" hanno chiesto a Bonelli se si ricorda il momento preciso nel quale decise che non avrebbe più scritto Zagor:  “Non c’è mai stato un momento nel quale io abbia deciso ‘a freddo’ di rinunciare a scrivere storie a cui tutto sommato dedicavo il mio tempo libero. Il lento progressivo cambiamento della struttura della Casa editrice, l’aumento implacabile della produzione, rendevano sempre più esiguo il tempo lasciatomi dal lavoro e mi suggerivano di affidare temporaneamente ad altri la gestione delle mia ‘creatura’. Ero convinto, che prima o dopo mi sarei ripreso la gestione della serie, ma, invece, poco a poco mi resi conto di aver perduto la carica iniziale di fantasia”.

Capisco tutti quelli che rimpiangono l’età dell’oro zagoriana e trovano sempre e comunque “diverse”, se non inadeguate, le sceneggiature scritte da altri, persino quelle firmate da pezzi da novanta del fumetto come Tiziano Sclavi o Alfredo Castelli. Oggi, ormai da più di venticinque anni, io stesso mi trovo ogni giorno alle prese con la difficile eredità di Nolitta. Tuttavia, per quanti sforzi faccia e per quanto in molti trovino abbastanza “nolittiana” la mia ispirazione e la mia calligrafia, in realtà mi rendo perfettamente conto di essere comunque distantissimo dai livelli e dallo stile di Sergio Bonelli. Spesso, mi trovo a dovermi giustificare agli occhi dei lettori più nostalgici, che ancora non si rassegnano al fatto che lo Zagor di oggi e di ieri non sia più quello di ieri l’altro, quello delle origini, quello del suo creatore. Trovo strano dovermi giustificare, quando io per primo potrei avere le loro stesse perplessità, se per un momento ascoltassi le ragioni del cuore invece che quelle della mente.

Meno giustificazioni servono, per fortuna, agli occhi dei lettori più giovani, arrivati a Zagor negli anni successivi alla gestione Nolitta, magari addirittura in quella di Mauro Boselli. Costoro, i nuovi arrivati, notano meno la dicotomia con il passato e in ogni caso la comprendono, se non addirittura la apprezzano, come naturale evoluzione di un personaggio e di una serie. Ed è proprio questo il punto: capire come nessun personaggio e nessuna serie potrà mai essere sempre uguale a sé stessa, se dura nel tempo; meno che mai se la durata non si misura in anni ma in decenni, come nel caso di Zagor.

Lo Zagor di ieri e quello di oggi visti da Gianni Sedioli e Mauro Laurenti


Lo Zagor di oggi non è più quello di quaranta, trenta, venti, dieci anni fa ed è inevitabile dato che i tempi cambino e noi non essi, come diceva Fouché.  Ciò non significa che lo Zagor di oggi non sia più Zagor. Neppure l'Uomo Ragno di oggi è più quello di Stan Lee e di John Romita Senior, che a sua volta non era quello di Steve Ditko. Il Topolino di Romano Scarpa non era quello di Floyd Gottfredson e neppure lo Zio Paperone di Giorgio Cavazzano è quello di Carl Barks. Perfino i film di 007 con Daniel Craig non sono quelli con Sean Connery. E allora? L'eroe dovrebbe cambiare nome? Non sono più le stesse neppure le stagioni, e una volta qui era tutta campagna.  I lettori di oggi sono diversi da quelli di qualche decennio fa, e non sono più gli stessi neppure gli autori.  Io per primo ho nostalgia delle vecchie storie di Nolitta, come dicevo: solo che Nolitta, purtroppo, non c'è più.

Uno Zagor realizzato oggi, chiunque lo realizzi sarà inevitabilmente diverso dallo Zagor di quarant'anni fa, quello che i lettori della vecchia guardia (come me) vagheggiamo. Ferri non disegna più come allora, perché il suo stile si è evoluto (e si è evoluto continuamente, dal primo numero in poi), Nolitta, se ancora ci fosse, non scriverebbe più come allora. Dunque, un qualunque Zagor del nuovo millennio non potrebbe mai essere uguale a quello degli anni Sessanta, o Settanta. Io non sono Nolitta, né potrei esserlo, Boselli non è Nolitta né potrebbe esserlo. Possiamo essere nostalgici quanto vogliamo, e oltre a rimpiangere Nolitta rimpiangere anche la spensieratezza della nostra infanzia, i giorni felici della nostra gioventù, il primo bacio con la fidanzatina. Però quei tempi non torneranno, e temo che vivere sospirando sui ricordi del passato non sia la migliore delle condizioni possibili. Viceversa, se consapevoli di come il linguaggio dei media si evolve sempre più in fretta, riusciamo ad apprezzare come per fortuna alcuni nostri eroi, tra cui Zagor, riescono a tenersi al passo con i tempi ed essere accanto a noi dopo più di cinquant’anni, forse allora abbiamo ancora la speranza di divertirci e non finire a fare la figura dei vecchietti brontoloni che scuotono la testa contro la gioventù degenere. 

Lo Zagor di uno dei più recenti acquisti dello staff: Emanuele Barison
Guardando un TG degli anni Settanta e uno di oggi non sembrano neppure parenti. Gli spot pubblicitari del vecchio Carosello non assomigliano in nulla alle pubblicità di oggi. I miei figli che guardano i film che avevano appassionato me da ragazzo li trovano insopportabilmente noiosi: mi è successo di recente di vederli fuggire da “Papillon”. Un personaggio non deve (o non dovrebbe) limitarsi a sopravvivere come uno zombi della zona del crepuscolo, ma per dimostrarsi vivo e vitale deve (o dovrebbe) tenersi al passo con i tempi, si tratta di cercare di farlo in modo che non venga snaturato. Da questo punto di vista, anziché lamentarsi di come Zagor sia cambiato, dovremmo tutti meravigliarci di quanto sia cambiato poco, in così tanti anni e in anni che così tante rivoluzioni hanno visto succedersi nel mondo della comunicazione massmediale. Lo Spirito con la Scure di oggi è molto più simile a quello delle origini dello Spiderman attuale rispetto a quello di Stan Lee. Oserei dire che lo Zagor di oggi è più Zagor di ieri di quanto il Tex di oggi sia il Tex di ieri (ma agli zagoriani nudi e puri, ovviamente non basta). Dopo decenni e decenni, Zagor è ancora qui a volare di ramo in ramo, a lanciare la sua scure, vestito con la sua casacca rossa un po' da supereroe, nella sua foresta incantata: c’è qualcuno che pare lamentarsene, e allora ha torto lui.

Nessuno degli sceneggiatori chiamati a scrivere le avventure dello Spirito con la Scure dopo Nolitta ha tramato contro Sergio perché lasciasse il suo posto: ovviamente Bonelli se ne è andato di sua spontanea volontà. Non solo: Sergio ha scelto personalmente tutti i suoi successori e, finché è stato fra noi, ne ha guidato il lavoro. Quando mi ha dato fiducia (e l'ha fatto ininterrottamente dal 1989 fino all'ultimo giorno della sua vita) ha visto in me, quanto meno, un vero appassionato disposto a dare l'anima per il suo personaggio. E la stessa passione io l'ho vista in tutti o quasi i miei colleghi chiamati a proseguire l'opera nolittiana. Che il nostro lavoro sia stato fatto bene lo dimostra il fatto che Zagor, a differenza di altri personaggi, è ancora in edicola e ancora infiamma i cuori. Non pretendo che tutti questi sforzi debbano ricevere lodi universali, e che ci debba essere detto grazie, ma sperare almeno nel riconoscimento e nel rispetto per l'impegno profuso non mi sembra fuori da ogni logica.