Come dicevo in un articolo di qualche giorno fa, più una cosa è attesa, più rischia di deludere. Essendo lo Zagorone attesissimo, la conseguenza viene da sé. Dunque, una volta stabilito che il primo albo gigante sarebbe uscito e che avrebbe recato la mia firma, ho subito cominciato a fare training autogeno per prepararmi a superare, senza cadere in un eccesso di sconforto, le scontatissime critiche che, immaginavo, mi sarebbero piovute addosso.
Il fatto che, per certi aspetti, "Il castello nel cielo" potesse sembrare una storia fantasy, non faceva che peggiorare le cose: il fantasy ha infatti una folta schiera di accaniti detrattori tra le fila degli zagoriani. Ma, a dire il vero, hanno nemici giurati anche un po' tutti gli altri generi, per cui se si fosse trattata di una storia con una trama vagamente gialla, sarebbero insorti i paladini del "no allo Zagor Tenente Colombo"; se avessi scritto un plot tutto sommato western, ecco la rivolta di quelli che Zagor non è Tex; se ci fosse stato un pizzico di fantascienza, giù fulmini e maledizioni da quelli che invece vogliono il western perché tutto il resto non è una cosa seria. Eccetera. Sembra quasi che a volte taluni si dimentichino che Zagor è il personaggio della contaminazione per eccellenza, nato com'è dall'incrocio fra Tarzan e l'Uomo Mascherato, ed essendo stato impostato fin dall'inizio (non da me, ma da Guido Nolitta) come il Re di una foresta, Darkwood, in cui tutto può accadere, compreso che uno scienziato passo costruisca un robot alto come un palazzo o che da una palude maledetta esca il mostro della laguna nera.
Dunque, ero talmente preparato a ricevere una bordata di fischi che, tutto sommato, avendo ricevuto anche degli applausi, sono ancora incredulo e aspetto di ricevere pomodori e uova marce a stretto giro di posta nei prossimi giorni. Invece, persino Christian Di Clemente, il recensore di uBC sempre piuttosto diffidente nei miei confronti, non si è poi accanito più di tanto, del che lo ringrazio (salvo riservarmi di controbattere più avanti qualche sua affermazione). Non si contano, almeno in questi primi giorni, le telefonate in redazione, le mail e i messaggi di apprezzamento che ho ricevuto.
Tra questi messaggi, ne citerò soltanto uno perché è di un lettore illustre: Julio Schneider, il mio traduttore brasiliano, che sta approntando l'edizione in portoghese in uscita anche al di là dell'Atlantico tra qualche settimana. Julio mi ha scritto: "Caro Moreno, finita la traduzione dello Zagorone, devo dire che sono meravigliato! Mi ero stabilito di tradurre la storia una manciata di pagine ogni giorno, per la durata di una settimana, come accordato con Dorival, ma non appena ho cominciato... non mi sono più fermato! La storia è molto avvincente (e te lo dice uno a cui il fantasy piace meno di altri generi), arricchita di molto dei suoi disegni a dir poco fantastici. A volte lo stile del bravo Torricelli, in questo lavoro, fa venire in mente quello del maestro Kubert (vedi, ad esempio, le pagg. 74 e seguenti, al villaggio Osage). Che dire di più? Lasciami il tempo di far passare le emozioni e potremmo riparlarne :-). Complimenti ancora e a presto".
Ciò detto, passo a fare qualche considerazione. Quando Bonelli diede il via libera per l'operazione Zagorone da realizzarsi in concomitanza con i festeggiamenti del cinquantennale, non c'erano i margini di tempo per realizzare una storia ex-novo e sperare di finirla in tempo (230 pagine sono lunghe da disegnare, servono quasi due anni a un disegnatore di media velocità). Forse qualche velocista avrebbe potuto riuscirci, ma c'erano varie esigenze da considerare (Della Monica destinato a finire in prestito a Shanghai Devil, per esempio). Feci presente dunque a Sergio Bonelli ciò che avevamo in cantiere, suggerendo la possibilità di far diventare un albo gigante una delle storie in quel momento in lavorazione. Fra le tre o quattro che potevano prestarsi all'operazione, indicai però quella di Torricelli come la più adatta: l'argomento celebrava Darkwood come regno della fantasia, Marco è un disegnatore talentuoso e, appunto, quello con maggior "anzianità di servizio" nello staff dello Spirito con la Scure, le prime pagine già disegnate erano spettacolari e si prestavano benissimo a venire godute in formato extra large. Sergio guardò quel che già c'era del racconto e si disse d'accordo con me. In seguito, ha avuto il timore che le tematiche fantasy potessero disturbare qualcuno, ma in fondo si trattava di un albo "speciale", fuori serie, e dunque poteva benissimo essere un po' al di fuori dai canoni.
In realtà non si tratta di un "vero" fantasy, nel senso che a ben guardare siamo a Darkwood. Ci sono gli indiani, i trapper, i minatori, i due frati della Casa nel Cielo. Le scolopendre giganti non sono poi troppo diverse da altri mostri affrontati da Zagor già in passato (e persino Nolitta ha usato degli scarafaggi grossi come carri armati in una storia di Mister No, "I giorni del terrore"). Di orridi castelli ugualmente ce n'erano stati. Non mi pare proprio di aver esagerato e, anzi, forse all'interno della serie ci sono state storie molto più audaci dal punto di vista del fantastico, come alcune scritte da Sclavi o da Boselli. Se proprio devo dirla tutta, mi pare di aver fatto un notevole sforzo per portare un minimo di fantasy a Darkwood (proprio il minimo sindacale: uno stregone, un po' di mostri volanti e qualche orco) e renderlo digeribile anche per i palati più ortodossi, quelli per cui fa testo soltanto Nolitta. Però, Nolitta poteva inventarsi i mostri che Zagor affronta con Guthrum in "Viaggio senza ritorno", a me la stessa libertà non è concessa: si sa che quod licet Iovi, non licet bovi.
"Il castello nel cielo" nasce dal desiderio di mediare tra la voglia di fantasy di Torricelli e il mio desiderio di restare nell'ortodossia zagoriana. Diciamo che l'intento era quello di giocare con l'idea che a chi scrive Zagor (lo sceneggiatore = Wilbur o, se vogliamo, Koontz) è permesso di fare tutto (o di fare tutto quello che Bonelli permette, se lo sceneggiatore in questione non si firma Nolitta, ma il senso è lo stesso). E' l'arte dello scrivere, o il talento dell'affabulazione, ciò che permette di costruire i castelli nel cielo (o di fare castelli in aria, come il gioco di parole suggerisce, non a caso).
I lettori di Zagor dovrebbero essere tutti aperti ai temi fantastici e attratti dalle contaminazioni narrative, dato che questi temi fanno parte da sempre della saga e dato che, fin dall'inizio, questa è stata una precisa scelta con cui Nolitta ha pensato di caratterizzare il suo personaggio differenziandolo da Tex. Se uno non è attratto dal fantastico e delle contaminazioni, che lettore di Zagor è? Dunque non capirò mai le obiezioni basate sul fatto che "Il castello nel cielo" sarebbe un racconto "troppo fantastico" e dunque per questo inadatto a Zagor. Mi chiedo, per esempio, se non sia molto più fantastico "Il ponte dell'Arcobaleno" di Boselli. E che dire di "Incubi" di Sclavi?
Qualcuno ha fatto delle critiche argomentando sul fatto che lo Zagorone avrebbe dovuto essere "rappresentativo" del mondo zagoriano, mentre (a giudizio di questa categoria di detrattori) "Il castello nel cielo" non lo sarebbe. Mi è facile controbattere su due fronti.
1) Chi ha mai detto che uno Zagorone, il primo in particolare, dovesse essere per forza "rappresentativo"? Forse il primo Texone, così insolito almeno dal punto di vista grafico ma anche per l'ambientazione (tra i tagliaboschi e non tra i pellerossa del Sud Ovest), era rappresentativo del mondo di Tex? O il primo Maxi Tex, quello di Berardi, era particolarmente nella scia della tradizione? E il primo Nathanneverone era un qualunque numero dell'Agente Alfa semplicemente ingrandito o qualcosa di particolare?
Ma soprattutto, trattandosi di un numero "speciale", "fuori serie", "extra", "giant-size", lo Zagorone non era forse adatto a ospitare una storia un po' particolare, a sua volta sopra le righe e fuori dalla norma? Non è più rassicurante anche per un tradizionalista trovare una storia insolita ospitata fuori dalla serie regolare, come appunto un'eccezione, piuttosto che nella collana madre, dove forse è meglio mantenersi nell'ortodossia?
2) Chi ha mai detto che "Il castello nel cielo" sia poi una storia non rappresentativa del mondo di Zagor? Che cos'è, il mondo di Zagor? Non è forse lo stesso mondo dove ci sono i robot di Hellingen, gli uomini tigre, i mostri della laguna nera, le streghe indiane, i druidi celtici, i vikinghi, gli akkroniani, i mostri a tre teste, i Wendigo, i kraken, i ponti dell'arcobaleno? Se uno sceneggiatore dovesse essere davvero rappresentativo, non dovrebbe forse inserirci qualcosa del genere? E io invece, che ci ho messo soltanto Drunky Duck, i frati Gelsomino e Serafino e due tribù di indiani, non mi sono forse trattenuto rispetto a ciò che avrei potuto fare? Qualcuno potrebbe replicare che il mostro della laguna nera e gli Akkroniani non appartengono al genere fantasy ma all'horror e alla fantascienza. A parte che a rigor di logica gli Akkroniani vengono sgominati, in una storia di Nolitta, grazie a delle armi magiche e dunque anche questa storia rientra nel genere "sword and sorcery" che è un sottogenere del fantasy, l'obiezione non regge in quanto quel che conta è il principio della contaminazione, non la rappresentatività di un genere all'interno della serie. I lettori di Zagor che hanno ben inteso il personaggio dovrebbero cercare di abbattere gli steccati, non di ergerli ("smussare i punti di attrito", vi ricorda niente questa frase?). Tuttavia, anche a livello di rappresentatività, ho appena finito di allestire una mostra intitolata "Zagor e il fantasy" e ho stabilito un percorso di quaranta copertine e quaranta tavole che potrete vedere a Parma fra pochi giorni: vi assicuro che non ho avuto nessuna difficoltà a sceglierle. Il fantasy fa parte della serie come l'horror e la fantascienza, e non l'ho introdotto io. Anzi, io mi sono adeguato alla tradizione.
Talvolta, leggendo i commenti di qualcuno (non li leggo tutti), mi vien fatto di pensare che alcuni lettori cerchino (talvolta arrampicandosi sugli specchi) degli appigli per criticare per forza qualcosa che non gli è piaciuto, in moda da argomentare il loro mancato apprezzamento sulla base di una serie di obiezioni: però, alla fine, in fondo non c'è altro argomento che questo: un certo racconto non gli è piaciuto "a pelle" e non occorre trovare giustificazioni, conta la "sensazione". Questo vale anche per il giudizio positivo, ovviamente. Talvolta qualcosa piace o non piace senza che si sappia fornire una spiegazione logica e razionale: però, si cerca di arrabattare una recensione fondata su qualcosa, anche a rischio di sollevare obiezioni francamente poco sensate.
Una di queste obiezioni è la seguente (cito un forumista di SCLS): "A un certo punto i nostri stanno nascosti in una caverna alla base della torre e non possono salire... e come risolveranno questo problema irrisolvibile? Oh, guarda caso c'è proprio un tunnel che scorre fino in cima! Ed è ininterrottamente così largo da permettere di far passare un uomo. Mah. Già questo mi pare una coincidenza pazzesca e quindi davvero ficcata a forza, ma poi sbuca in un pianoro che presumo i due frati avranno esplorato palmo a palmo e non l'hanno scoperto mai? Dai, sono trovate da storielle per ragazzini, a cui piace solo passare un'oretta divertente e non si fanno troppi problemi".
Questo tipo di obiezione è davvero strano, considerando le migliaia di storie avventurose di tutti i tipi in cui si vedono cose del genere. Alzi la mano chi non ha mai letto, prima che sullo Zagorone, di una torcia in una grotta il cui movimento segnala la presenza di uno spiffero e dunque l'esistenza di un passaggio in comunicazione con l'esterno. Davvero me lo sono sognato io, o altri hanno usato lo stesso espediente? Il tunnel segreto sarà anche un espediente da ragazzini ma ha salvato tutti i sepolti vivi in film, libri e fumetti di tutto il mondo. In realtà, poi, del passaggio interno non c'è neppure bisogno, perché Zagor ha già scalato una volta la torre di pietra e può farlo ancora. Però, dato che, appunto, la scalata si era già vista, ho preferito trovare un modo alternativo. Modo che non è neppure così balzano: sarà che ho una sorella e un cognato speleologi, ma mi pare di avere abbastanza chiaro il fatto che le montagne sono piene di buchi e fessurazioni di tutti i tipi molto di più di quanto si creda di solito. Mi sembrerebbe anzi molto più strano se una torre di pietra fosse un blocco monolitico piuttosto che se avesse delle fessurazioni al suo interno. Tant'è vero che un amico geologo mi ha confermato che la torre di pietra ha tutte le caratteristiche di una formazione vulcanica e che non c'è nulla di strano che vi sia un canale lavico all'interno.
Ci si chiede però com'è possibile che di quella fessura in particolare nessuno se ne sia accorto prima. In realtà ci sono centinaia di grotte ignote fino a un certo punto che poi vengono scoperte, ma nel caso della "Casa nel Cielo" abbiamo a che fare con un eremo, che è per definizione un luogo poco frequentato: non c'è un via vai di gente curiosa in cerca di eventuali ingressi di cunicoli (se no che eremo sarebbe?). Ma il vero punto è: chi l'ha detto che nessuno se n'è accorto prima?
Magari qualcuno se n'è accorto. E allora? Chi se ne è accorto doveva mettere dei cartelli con su scritto: scomodo cunicolo per arrivare in cima? L'unico fatto certo è che non lo sapevano i frati. Possibile, mi si dice, che Gelsomino e Serafino, esplorando il loro piazzale, non abbiano visto il buco? E chi lo dice che non l'abbiano visto? Magari l'hanno visto e avranno detto: oh, guarda, c'è un buco nella roccia vicino alla chiesa. Semplicemente, però, non si saranno calati nel buco stesso per vedere dove andava. Il che mi pare anche logico! Come fa frate Gelsomino a infilarsi in un pertugio per esplorarlo, lui che fa fatica a infilarsi nella sua tonaca?
Ma soprattutto mi sfugge la logica per cui può andare bene (dato che questo fatto non viene contestato) che un eremo diventi un orrido castello popolato da orchi, ma si trovi "roba da bambini" il fatto che ci sia una fenditura in una roccia. Il castello e gli orchi vanno bene, la fenditura no.
Davvero in un fumetto come Zagor deve essere QUESTO a scatenare l'incredulità? Sul serio? Più che il nostro Re di Darkwood attraversi il Ponte dell'Arcobaleno o vada nel regno di Golnor? Suvvia, non possono essere questi i motivi del disappunto. Il disappunto nasce casomai dal desiderio di leggere un'ALTRA storia, mentre io ho scritto questa.
Concludo rispondendo a Christian Di Clemente. Il quale, bontà sua, parla bene di altre due storie fantasy di Torricelli, "Il principe degli elfi" e "Gli eroi del ramo rosso", e di una mia, "La progenie del male", usandole per storcere il naso di fronte al "Castello nel cielo". Quelle altre sì, che era belle; "Il castello nel cielo", invece, così così. E perché "Il castello nel cielo" sarebbe così così? Sostanzialmente, perché sarebbe un "fantasy a metà". Troppo poco fantasy, insomma. Vedete com'è difficile accontentare tutti?