martedì 31 maggio 2011

IL CASTELLO NEL CIELO

Immagino che, ormai, i frequentatori abituali di questo blog abbiamo già letto il primo, attesissimo Zagorone, intitolato "Il castello nel cielo". Sui forum se ne parla ormai da giorni, e su uBC è uscita una recensione a tempo di record. Dunque, posso passare anch'io a dire la mia dando per scontata la conoscenza dei contenuti. Occhio allo spoiler, invece, per chi ancora ne fosse all'oscuro.


Come dicevo in un articolo di qualche giorno fa, più una cosa è attesa, più rischia di deludere. Essendo lo Zagorone attesissimo, la conseguenza viene da sé. Dunque, una volta stabilito che il primo albo gigante sarebbe uscito e che avrebbe recato la mia firma, ho subito cominciato a fare training autogeno per prepararmi a superare, senza cadere in un eccesso di sconforto, le scontatissime critiche che, immaginavo, mi sarebbero piovute addosso.

Il fatto che, per certi aspetti, "Il castello nel cielo" potesse sembrare una storia fantasy, non faceva che peggiorare le cose: il fantasy ha infatti una folta schiera di accaniti detrattori tra le fila degli zagoriani. Ma, a dire il vero, hanno nemici giurati anche un po' tutti gli altri generi, per cui se si fosse trattata di una storia con una trama vagamente gialla, sarebbero insorti i paladini del "no allo Zagor Tenente Colombo"; se avessi scritto un plot tutto sommato western, ecco la rivolta di quelli che Zagor non è Tex; se ci fosse stato un pizzico di fantascienza, giù fulmini e maledizioni da quelli che invece vogliono il western perché tutto il resto non è una cosa seria. Eccetera. Sembra quasi che a volte taluni si dimentichino che Zagor è il personaggio della contaminazione per eccellenza, nato com'è dall'incrocio fra Tarzan e l'Uomo Mascherato, ed essendo stato impostato fin dall'inizio (non da me, ma da Guido Nolitta) come il Re di una foresta, Darkwood, in cui tutto può accadere, compreso che uno scienziato passo costruisca un robot alto come un palazzo o che da una palude maledetta esca il mostro della laguna nera.

Dunque, ero talmente preparato a ricevere una bordata di fischi che, tutto sommato, avendo ricevuto anche degli applausi, sono ancora incredulo e aspetto di ricevere pomodori e uova marce a stretto giro di posta nei prossimi giorni. Invece, persino Christian Di Clemente, il recensore di uBC sempre piuttosto diffidente nei miei confronti, non si è poi accanito più di tanto, del che lo ringrazio (salvo riservarmi di controbattere più avanti qualche sua affermazione). Non si contano, almeno in questi primi giorni, le telefonate in redazione, le mail e i messaggi di apprezzamento che ho ricevuto.

Tra questi messaggi, ne citerò soltanto uno perché è di un lettore illustre: Julio Schneider, il mio traduttore brasiliano, che sta approntando l'edizione in portoghese in uscita anche al di là dell'Atlantico tra qualche settimana. Julio mi ha scritto: "Caro Moreno, finita la traduzione dello Zagorone, devo dire che sono meravigliato! Mi ero stabilito di tradurre la storia una manciata di pagine ogni giorno, per la durata di una settimana, come accordato con Dorival, ma non appena ho cominciato... non mi sono più fermato! La storia è molto avvincente (e te lo dice uno a cui il fantasy piace meno di altri generi), arricchita di molto dei suoi disegni a dir poco fantastici. A volte lo stile del bravo Torricelli, in questo lavoro, fa venire in mente quello del maestro Kubert (vedi, ad esempio, le pagg. 74 e seguenti, al villaggio Osage). Che dire di più? Lasciami il tempo di far passare le emozioni e potremmo riparlarne :-). Complimenti ancora e a presto".

Ciò detto, passo a fare qualche considerazione. Quando Bonelli diede il via libera per l'operazione Zagorone da realizzarsi in concomitanza con i festeggiamenti del cinquantennale, non c'erano i margini di tempo per realizzare una storia ex-novo e sperare di finirla in tempo (230 pagine sono lunghe da disegnare, servono quasi due anni a un disegnatore di media velocità). Forse qualche velocista avrebbe potuto riuscirci, ma c'erano varie esigenze da considerare (Della Monica destinato a finire in prestito a Shanghai Devil, per esempio). Feci presente dunque a Sergio Bonelli ciò che avevamo in cantiere, suggerendo la possibilità di far diventare un albo gigante una delle storie in quel momento in lavorazione. Fra le tre o quattro che potevano prestarsi all'operazione, indicai però quella di Torricelli come la più adatta: l'argomento celebrava Darkwood come regno della fantasia, Marco è un disegnatore talentuoso e, appunto, quello con maggior "anzianità di servizio" nello staff dello Spirito con la Scure, le prime pagine già disegnate erano spettacolari e si prestavano benissimo a venire godute in formato extra large. Sergio guardò quel che già c'era del racconto e si disse d'accordo con me. In seguito, ha avuto il timore che le tematiche fantasy potessero disturbare qualcuno, ma in fondo si trattava di un albo "speciale", fuori serie, e dunque poteva benissimo essere un po' al di fuori dai canoni.

In realtà non si tratta di un "vero" fantasy, nel senso che a ben guardare siamo a Darkwood. Ci sono gli indiani, i trapper, i minatori, i due frati della Casa nel Cielo. Le scolopendre giganti non sono poi troppo diverse da altri mostri affrontati da Zagor già in passato (e persino Nolitta ha usato degli scarafaggi grossi come carri armati in una storia di Mister No, "I giorni del terrore"). Di orridi castelli ugualmente ce n'erano stati. Non mi pare proprio di aver esagerato e, anzi, forse all'interno della serie ci sono state storie molto più audaci dal punto di vista del fantastico, come alcune scritte da Sclavi o da Boselli. Se proprio devo dirla tutta, mi pare di aver fatto un notevole sforzo per portare un minimo di fantasy a Darkwood (proprio il minimo sindacale: uno stregone, un po' di mostri volanti e qualche orco) e renderlo digeribile anche per i palati più ortodossi, quelli per cui fa testo soltanto Nolitta. Però, Nolitta poteva inventarsi i mostri che Zagor affronta con Guthrum in "Viaggio senza ritorno", a me la stessa libertà non è concessa: si sa che quod licet Iovi, non licet bovi.

"Il castello nel cielo" nasce dal desiderio di mediare tra la voglia di fantasy di Torricelli e il mio desiderio di restare nell'ortodossia zagoriana. Diciamo che l'intento era quello di giocare con l'idea che a chi scrive Zagor (lo sceneggiatore = Wilbur o, se vogliamo, Koontz) è permesso di fare tutto (o di fare tutto quello che Bonelli permette, se lo sceneggiatore in questione non si firma Nolitta, ma il senso è lo stesso). E' l'arte dello scrivere, o il talento dell'affabulazione, ciò che permette di costruire i castelli nel cielo (o di fare castelli in aria, come il gioco di parole suggerisce, non a caso).

I lettori di Zagor dovrebbero essere tutti aperti ai temi fantastici e attratti dalle contaminazioni narrative, dato che questi temi fanno parte da sempre della saga e dato che, fin dall'inizio, questa è stata una precisa scelta con cui Nolitta ha pensato di caratterizzare il suo personaggio differenziandolo da Tex. Se uno non è attratto dal fantastico e delle contaminazioni, che lettore di Zagor è? Dunque non capirò mai le obiezioni basate sul fatto che "Il castello nel cielo" sarebbe un racconto "troppo fantastico" e dunque per questo inadatto a Zagor. Mi chiedo, per esempio, se non sia molto più fantastico "Il ponte dell'Arcobaleno" di Boselli. E che dire di "Incubi" di Sclavi?

Qualcuno ha fatto delle critiche argomentando sul fatto che lo Zagorone avrebbe dovuto essere "rappresentativo" del mondo zagoriano, mentre (a giudizio di questa categoria di detrattori) "Il castello nel cielo" non lo sarebbe. Mi è facile controbattere su due fronti.

1) Chi ha mai detto che uno Zagorone, il primo in particolare, dovesse essere per forza "rappresentativo"? Forse il primo Texone, così insolito almeno dal punto di vista grafico ma anche per l'ambientazione (tra i tagliaboschi e non tra i pellerossa del Sud Ovest), era rappresentativo del mondo di Tex? O il primo Maxi Tex, quello di Berardi, era particolarmente nella scia della tradizione? E il primo Nathanneverone era un qualunque numero dell'Agente Alfa semplicemente ingrandito o qualcosa di particolare?
Ma soprattutto, trattandosi di un numero "speciale", "fuori serie", "extra", "giant-size", lo Zagorone non era forse adatto a ospitare una storia un po' particolare, a sua volta sopra le righe e fuori dalla norma? Non è più rassicurante anche per un tradizionalista trovare una storia insolita ospitata fuori dalla serie regolare, come appunto un'eccezione, piuttosto che nella collana madre, dove forse è meglio mantenersi nell'ortodossia?

2) Chi ha mai detto che "Il castello nel cielo" sia poi una storia non rappresentativa del mondo di Zagor? Che cos'è, il mondo di Zagor? Non è forse lo stesso mondo dove ci sono i robot di Hellingen, gli uomini tigre, i mostri della laguna nera, le streghe indiane, i druidi celtici, i vikinghi, gli akkroniani, i mostri a tre teste, i Wendigo, i kraken, i ponti dell'arcobaleno? Se uno sceneggiatore dovesse essere davvero rappresentativo, non dovrebbe forse inserirci qualcosa del genere? E io invece, che ci ho messo soltanto Drunky Duck, i frati Gelsomino e Serafino e due tribù di indiani, non mi sono forse trattenuto rispetto a ciò che avrei potuto fare? Qualcuno potrebbe replicare che il mostro della laguna nera e gli Akkroniani non appartengono al genere fantasy ma all'horror e alla fantascienza. A parte che a rigor di logica gli Akkroniani vengono sgominati, in una storia di Nolitta, grazie a delle armi magiche e dunque anche questa storia rientra nel genere "sword and sorcery" che è un sottogenere del fantasy, l'obiezione non regge in quanto quel che conta è il principio della contaminazione, non la rappresentatività di un genere all'interno della serie. I lettori di Zagor che hanno ben inteso il personaggio dovrebbero cercare di abbattere gli steccati, non di ergerli ("smussare i punti di attrito", vi ricorda niente questa frase?). Tuttavia, anche a livello di rappresentatività, ho appena finito di allestire una mostra intitolata "Zagor e il fantasy" e ho stabilito un percorso di quaranta copertine e quaranta tavole che potrete vedere a Parma fra pochi giorni: vi assicuro che non ho avuto nessuna difficoltà a sceglierle. Il fantasy fa parte della serie come l'horror e la fantascienza, e non l'ho introdotto io. Anzi, io mi sono adeguato alla tradizione.

Talvolta, leggendo i commenti di qualcuno (non li leggo tutti), mi vien fatto di pensare che alcuni lettori cerchino (talvolta arrampicandosi sugli specchi) degli appigli per criticare per forza qualcosa che non gli è piaciuto, in moda da argomentare il loro mancato apprezzamento sulla base di una serie di obiezioni: però, alla fine, in fondo non c'è altro argomento che questo: un certo racconto non gli è piaciuto "a pelle" e non occorre trovare giustificazioni, conta la "sensazione". Questo vale anche per il giudizio positivo, ovviamente. Talvolta qualcosa piace o non piace senza che si sappia fornire una spiegazione logica e razionale: però, si cerca di arrabattare una recensione fondata su qualcosa, anche a rischio di sollevare obiezioni francamente poco sensate.

Una di queste obiezioni è la seguente (cito un forumista di SCLS): "A un certo punto i nostri stanno nascosti in una caverna alla base della torre e non possono salire... e come risolveranno questo problema irrisolvibile? Oh, guarda caso c'è proprio un tunnel che scorre fino in cima! Ed è ininterrottamente così largo da permettere di far passare un uomo. Mah. Già questo mi pare una coincidenza pazzesca e quindi davvero ficcata a forza, ma poi sbuca in un pianoro che presumo i due frati avranno esplorato palmo a palmo e non l'hanno scoperto mai? Dai, sono trovate da storielle per ragazzini, a cui piace solo passare un'oretta divertente e non si fanno troppi problemi".

Questo tipo di obiezione è davvero strano, considerando le migliaia di storie avventurose di tutti i tipi in cui si vedono cose del genere. Alzi la mano chi non ha mai letto, prima che sullo Zagorone, di una torcia in una grotta il cui movimento segnala la presenza di uno spiffero e dunque l'esistenza di un passaggio in comunicazione con l'esterno. Davvero me lo sono sognato io, o altri hanno usato lo stesso espediente? Il tunnel segreto sarà anche un espediente da ragazzini ma ha salvato tutti i sepolti vivi in film, libri e fumetti di tutto il mondo. In realtà, poi, del passaggio interno non c'è neppure bisogno, perché Zagor ha già scalato una volta la torre di pietra e può farlo ancora. Però, dato che, appunto, la scalata si era già vista, ho preferito trovare un modo alternativo. Modo che non è neppure così balzano: sarà che ho una sorella e un cognato speleologi, ma mi pare di avere abbastanza chiaro il fatto che le montagne sono piene di buchi e fessurazioni di tutti i tipi molto di più di quanto si creda di solito. Mi sembrerebbe anzi molto più strano se una torre di pietra fosse un blocco monolitico piuttosto che se avesse delle fessurazioni al suo interno. Tant'è vero che un amico geologo mi ha confermato che la torre di pietra ha tutte le caratteristiche di una formazione vulcanica e che non c'è nulla di strano che vi sia un canale lavico all'interno.

Ci si chiede però com'è possibile che di quella fessura in particolare nessuno se ne sia accorto prima. In realtà ci sono centinaia di grotte ignote fino a un certo punto che poi vengono scoperte, ma nel caso della "Casa nel Cielo" abbiamo a che fare con un eremo, che è per definizione un luogo poco frequentato: non c'è un via vai di gente curiosa in cerca di eventuali ingressi di cunicoli (se no che eremo sarebbe?). Ma il vero punto è: chi l'ha detto che nessuno se n'è accorto prima?
Magari qualcuno se n'è accorto. E allora? Chi se ne è accorto doveva mettere dei cartelli con su scritto: scomodo cunicolo per arrivare in cima? L'unico fatto certo è che non lo sapevano i frati. Possibile, mi si dice, che Gelsomino e Serafino, esplorando il loro piazzale, non abbiano visto il buco? E chi lo dice che non l'abbiano visto? Magari l'hanno visto e avranno detto: oh, guarda, c'è un buco nella roccia vicino alla chiesa. Semplicemente, però, non si saranno calati nel buco stesso per vedere dove andava. Il che mi pare anche logico! Come fa frate Gelsomino a infilarsi in un pertugio per esplorarlo, lui che fa fatica a infilarsi nella sua tonaca?

Ma soprattutto mi sfugge la logica per cui può andare bene (dato che questo fatto non viene contestato) che un eremo diventi un orrido castello popolato da orchi, ma si trovi "roba da bambini" il fatto che ci sia una fenditura in una roccia. Il castello e gli orchi vanno bene, la fenditura no.
Davvero in un fumetto come Zagor deve essere QUESTO a scatenare l'incredulità? Sul serio? Più che il nostro Re di Darkwood attraversi il Ponte dell'Arcobaleno o vada nel regno di Golnor? Suvvia, non possono essere questi i motivi del disappunto. Il disappunto nasce casomai dal desiderio di leggere un'ALTRA storia, mentre io ho scritto questa.

Concludo rispondendo a Christian Di Clemente. Il quale, bontà sua, parla bene di altre due storie fantasy di Torricelli, "Il principe degli elfi" e "Gli eroi del ramo rosso", e di una mia, "La progenie del male", usandole per storcere il naso di fronte al "Castello nel cielo". Quelle altre sì, che era belle; "Il castello nel cielo", invece, così così. E perché "Il castello nel cielo" sarebbe così così? Sostanzialmente, perché sarebbe un "fantasy a metà". Troppo poco fantasy, insomma. Vedete com'è difficile accontentare tutti?

lunedì 30 maggio 2011

VENTI GIRI DEL CAMPO

"Mille venti leggeri / ventimila pensieri /
venti giri del campo /
e ancora c'è tempo
".


Così cantavano Dodi Battaglia e compagni, nel 1986, intonando un testo di Valerio Negrini intitolato "Venti", in un brano contenuto nell'album "Giorni Infiniti", che io comprai in vinile perché ancora non avevo il lettore CD. Era un disco con il vinile tutto bianco. L'occasione di tanto scialo era quella di festeggiare i primi vent'anni dei Pooh, e la canzone giocava appunto sul doppio senso di "venti" inteso come numero, o come plurale di "vento".

"Venti di terra e di mare / mi hanno preso, mi hanno fatto passare": e non c'è dubbio che anch'io abbia avuto un vento fortunato che ha quasi sempre soffiato in poppa, almeno professionalmente (poi, nella vita, ho avuto altrove la mia dose di disgrazie, come tutti). E i venti che mi hanno preso e mi hanno fatto passare "per le porte più strette / per le notti più chiare", hanno soffiato anche per me durante vent'anni, e spero che non arrivi troppo presto la bonaccia.


Nel maggio 1991 sono state pubblicate infatti, in contemporanea, le mie prime due storie per Zagor. Da allora, non hanno mai smesso di uscire. Vedete qui accanto la prima volta che si parla di me in un "Giornale di Sergio Bonelli" e le copertine dei primi albi con il mio nome nei credits. In apertura, mi vedete ritirare a Reggio Emilia il premio che l'ANAFI ha voluto attribuirmi per il mio ventennale contributo allo Spirito con la Scure. Proprio di questo argomento si occupa, bontà sua, Saverio Ceri nella nuova puntata della sua rubrica "Diamo i numeri".

Diamo i numero 9
Vent'anni di spirito e di scure
di Saverio Ceri



Come accennato lo scorso settembre, in occasione del quarantottesimo compleanno di Moreno Burattini, prima di celebrare degnamente i cinquant'anni dello spirito con la scure, c'è un'altra piccola ricorrenza legata a Zagor, da festeggiarsi col numero in edicola oggi: i primi vent'anni del Nostro al servizio di Patrick Wilding e della Bonelli Editore. Risale proprio all'albo "I malefici di Diablar" (Zagor 310/Zenith 361) in edicola esattamente 20 anni or sono l'esordio di Moreno, accompagnato in quel'occasione, alle matite, da Gallieno Ferri, il co-creatore del personaggio. Accoppiamento che si è rivelato di buon auspicio, visto che Moreno è poi diventato il principale scrittore delle avventure dell'eroe nolittiano. La storia che iniziava a pagina 71 di quel fatidico albo si intitolava "Cico Rubacuori" e si sarebbe conclusa solo un paio di numeri dopo, la prima avventura completa di Moreno per Zagor è quindi "Cico Trapper" uscito appena venti giorni dopo. In entrambi i casi nel titolo c'è "Cico", personaggio che grazie a Moreno finalmente ritrova il ruolo che merita a fianco dell'eroe. Le sue gag sulle pagine della serie principale ritornano a farsi più articolate e ritornano copiose le sue canzoncine improvvisate durante i lunghi trasferimenti a piedi da un capo all'altro di Darkwood.

Se il panciuto messicano rappresenta, nel contributo burattiniano alla serie, lo "spirito", la "scure" è invece rappresentata dal suo successivo ruolo di supervisore. La sua scure si è abbattuta sulle tavole di prova degli aspiranti sceneggiatori e disegnatori che negli anni si sono sottoposti al suo giudizio. Del resto non poteva essere diversamente, essendo cresciuto, da sceneggiatore, alla severa scuola di Renato Queirolo, uno dei migliori curatori dei testata della casa editrice di Via Buonarroti.

Tornando ai numeri, non c'è molto di nuovo rispetto a otto mesi or sono, essendo uscite da allora solo due storie di Moreno, a parte un paio di curiosità.
Le tavole scritte da Burattini per la Bonelli, con "La progenie del male", sono 17589, sessantaquattro in più di quelle fino a oggi pubblicate di Manfredi. Burattini diviene il settimo sceneggiatore bonelliano di tutti i tempi (e questa è la prima novità). La lotta per il settimo posto è quindi iniziata, nei prossimi due anni si prevedono molti sorpassi e controsorpassi fra i due contandenti, visto che Manfredi dopo qualche mese di stop causa la chiusura di Magico Vento, tornerà presto con Tex e soprattutto, e in maniera costante, con Shanghai Devil dall'autunno. Nel frattempo Moreno potrebbe prendere un po' di vantaggio con lo zagorone, il numero celebrativo dei 50 anni e la trasferta sudamericana. Alle loro spalle Berardi avanza a un ritmo costante di circa 800 tavole l'anno, esattamente la quantità di tavole che lo separano dai due in lotta per la settima piazza.

A livello annuale con l'albo di oggi Moreno balza al secondo posto a 44 tavole da Boselli, attualmente in testa, in questo caso, essendo a maggio, la classifica è talmente corta che in un mese si possono guadagnare o perdere molte posizioni. Tireremo le somme a fine anno.

L'altra curiosità è che la storia in coppia con Pesce di aprile e maggio 2011 è la novantanovesima di Moreno per la Bonelli. Il primo zagorone "Il castello nel cielo" è quindi la storia numero 100 sceneggiata da Moreno per l'editore milanese (di cui 93 legate a Patrick Wilding e al suo mondo): non male venti anni, cento storie.

A proposito di Patrick Wilding, sapete chi è stato a "battezzarlo" così?

Saverio Ceri


venerdì 27 maggio 2011

GLI ALLUPATI DELL'ONTARIO

Ho appena acquistato in edicola il n° 107 della collana "Il comandante Mark" delle Edizioni If, che ristampa la storia "Il demone mascherato", da me scritta nel 1997 e apparsa per la prima volta nel giugno di quell'anno come ottavo albo speciale del personaggio, all'epoca pubblicato dalla Bonelli.

Non era la mia prima storia di Mark. Già era uscito, l'anno precedente, un altro speciale intitolato "I sabotatori dell'Ontario": in quel caso, però, il soggetto non era mio ma di Dario Guzzon, l'ultimo rimasto sulla breccia dei tre autori della EsseGesse (gli altri due erano Pietro Sinchetto e Giovanni Sartoris, scomparsi rispettivamente nel 1991 e nel 1989). Quando ricevetti, non senza emozione, il soggetto di Guzzon scritto a mano su un paio di fogli ed ebbi da Decio Canzio l'incarico di sceneggiarlo, Dario era ancora vivo: sarebbe scomparso nel 2000.


I disegni furono affidati a Lina Buffolente, una incredibile signora attiva come disegnatrice fin dal 1941, quando aveva soltanto diciassette anni. Si dice che sia stata la prima donna fumettista in Europa (ma non saprei dire chi l'abbia preceduta in America). Lina è stata legata per molti anni all'editrice Universo, realizzando personaggi molto famosi negli anni Cinquanta e Sessanta come Liberty Kid e Fiordistella, ma suoi lavori sono apparsi anche sul Vittorioso (Capitan Walter), e su molte testate francesi e tedesche. Poi, negli anni Settanta, arriva in Bonelli occupandosi del Piccolo Ranger e di River Bill, prima di ereditare i disegni del Comandante Mark. La signora Buffolente era molto affettuosa con me, ogni volta che mi vedeva, e mi diceva che le piaceva come scrivevo. E' scomparsa, purtroppo, nel 2007, all'età di ottantatre anni.



Se siete curiosi di leggermi alle prese con qualcosa di diverso da Zagor, potete recuperare "Il demone mascherato". Ricordo che Decio Canzio mi riempì di complimenti per questa storia, dicendo (bontà sua) che era il migliore degli speciali usciti fino ad allora. Per scriverla, tentai il recupero di un personaggio simile al "Pipistrello", un bandito che si opponeva al Grande Blek. Ho anche cercato di costruire una storia il più possibile essegiessiana, pieno dei topoi della produzione di Guzzon, Sinchetto e Sartoris. Un misterioso nemico mascherato da demone, Asmodeus, lotta contro Mark che deve portare al comando americano dei documenti sottratti da un patriota, i piani di una ritirata strategica degli inglesi. Il gioco del racconto consiste soprattutto nello scoprire chi é Asmodeus, chi si nasconde sotto la maschera. Sfogliandola, mi pare una storia ben congegnata ma, soprattutto, professionale nel senso che mi sembra (poi sarete voi a giudicare) di aver rispettato le caratteristiche del protagonista e dei suoi amici in modo da soddisfare l'ortodossia dei personaggi prima che le mie velleità di autore. Mark è uno di quei personaggi che a tutti gli sceneggiatori piacerebbe gestire alla propria maniera, rendendolo magari più cupo, più realistico, più drammatico: ma io ero chiamato a rivolgermi al pubblico della EsseGesse e a rispettare una tradizione che ancora oggi, viste le continue ristampe, fa proseliti in Italia e in molti paesi del mondo. Dunque, se anche mi sono concesso il lusso di congegnare una trama gialla piena di indizi e di false piste, alla fine non credo di aver deluso gli abituali lettori delle storie dei Lupi dell'Ontario.


Dopo "il demone mascherato" ci fu (e dunque potrete rileggerla il prossimo mese grazie alle Edizioni If) un'altra storia lunga, "L'orso sacro". Ma, personalmente, vado orgoglioso per le storie brevi di Mark da me sceneggiate per gli albetti spin-off che all'epoca venivano allegati agli Speciali Bonelli. Scrissi quelli dedicati a Flok, El Gancho, Mark da giovane e Betty Gray. Di queste due ultime storie, che hanno una certa importanza nella ricostruzione dei fatti del passato e nel perfezionamento della coerenza interna della serie, torneremo a parlare presto, grazie anche al contributo di Angelo Palumbo, grande esperto della saga di Forte Ontario. A proposito di questo forte, non va dimenticato che in una mia storia di Zagor, "Soldati fantasma", lo Spirito con la Scure visita le rovine dell'avamposto, molti decenni dopo la fine della guerra d'indipendenza.Devo però adesso mantenere una promessa fatta all'epoca della pubblicazione, su questo blog, di una inedita intervista a Dylan Dog, da me abbozzata ai tempi della fanzine Collezionare.


In quell'occasione scrissi: "A giudicare dai commenti, devo pensare che i lettori abbiano trovato invece abbastanza divertenti le 'interviste impossibili' che venivano pubblicate sulla rivistina e che ho ripubblicato in rete. Originariamente, dato che Collezionare veniva realizzata in provincia di Firenze e aveva, nei suoi primi numeri, una diffusione locale, si trattava di testi di cabaret scritti in vernacolo fiorentino. In questa versione vi ho fatto leggere, per esempio, l'intervista ai Fantastici Quattro. L'intervista a Zagor, invece, l'ho proposta su questo blog 'tradotta' in italiano. Tutte e due hanno fatto ridere o sorridere e ne sono contento. Resta ancora da pubblicare l'intervista al Comandante Mark (lo farò, prima o poi, prometto - o minaccio, a seconda di ciò che avete pensato delle prime due)". Eccomi perciò a pubblicare quel testo, non senza prima aver ricordato che risale agli anni Ottanta, quando era fresco il ricordo della tragedia dello stadio dell'Heysel, quando in giro invece degli emo c'erano i dark e quando capitava ancora di sentir parlare della signora Giannini, madre di sei gemelli, che compariva anche in uno spot destinato a reclamizzare dei detersivi.



INTERVISTA A I' COMANDANTE MARCHE
di Moreno Burattini
da Collezionare n° 9 (maggio 1987)

Intervistatore - Bongiorno, Comandante Marche.



Comandante Marche - Bongiorno un corno! ...Ma sentitelo! Mi gira le scatole come le pale d'un mulino a vento, e questo mi viene a dire: bongiorno! Sortimi da tre passi, sennò t'arrivo du' tonfi ti levo ti sentimento!

I - La vedo un po' agitato, Comandante.

CM - Son agitato sì! Non ne posso più! ...Tanto per cominciare, non so più icché fare con questi Inglesi. Gl'è da quande son nato che non fo altro che sterminarli, eppure non finiscan mai! ...Voglio dire: dall' Inghilterra più d'un bastimento per volta non ne manderanno, no? E invece ne sorte fori da tutte le parti! A regola devano aver noleggiato la signora Giannini, la mamma de' gemelli, e gliene fanno fare sei in continuazione. E tutti maschi, e tutti cattivi, tutti tifosi del Liverpul! ...Se poi si va a contare quelli che ha fatto fori i' mi' collega Blec Macigno, tu vedrai se fra tutti e due un se ne sarà sterminati mezzo miliardo. Ma più se n'ammazza, più n'arrivano!



I - La ci ha ragione da vendere!

CM - Bah! A me m'è bell'e venuto a noia. Pe' esempio, io mi struggo dalla voglia d' affrontare qualche volta un po' di zombi, due o tre òmini volanti, un robòtte, un omo lupo, una pianta carnivora... qualche cosa d'i' genere, insomma, come fanno Zagor e Dilan Dogghe. Ma a dirlo a' mi' autori l'è come dire a i' muro! S'arriva a' i' numero dopo e... zacchete! Riecco un'altra volta gli Inglesi! ...Non c'è nulla da fare! Altro che EsseGesse, quelli andavan chiamati Esse-Esse. Ce l'hanno a morte con gl'Inglesi più che i tedeschi con Cercil!



I - Ma a parte gl'Inglesi, non mi pare che la ci abbia troppo da lamentarsi: la vive a contatto con la natura, gl'è Comandante, la ci ha una bella donna...



CM - Icché? Sta' zitto, sai! Non me la rammentare nemmeno, quella! Anche lei, la Betti, non la reggo più!

I - Perché? O come mai?



CM - O come perché? Non lo vedi come m'asfissia? L'è più gelosa lei d'una sposa palermitana! L'è sempre a domandarmi in dove son stato, la mi controlla se ci ho i capelli d'un'altra su i' giubbino... fra me e Martin Mistere non si sa più come fare! Io ci ho la Betti, lui ci ha la Diana! Credimi, non si vive più!



I - Sicché lei conosce il professor Mistere!


CM - Bah! Lo conosco sì: s'esce in edicola insieme! Anzi, s'è bell'e detto di fare uno scambio: lui mi manda la su' pistola a raggi al posto del mi' catorcio che spara un colpo per volta, e io gli mando Gufo Triste al posto di Giava. Certo, siccome Mistere l'è sempre a indagare su' casi misteriosi e sugli estraterrestri, invece di chiamarlo Gufo Triste gli si leverebbe la G e si chiamerebbe Ufo Triste.

I - Ma torniamo alla Betti. Anche se gl'è gelosa, l'è parecchio bellina.



CM - Anche troppo. La me la guardan tutti con gli occhi di fori. Siccome poi l'è anche l'unica donna d'i' forte, i mi' òmini gli sbavano tutti dietro. Mi tocca a mettergli i' bromuro nel bere, per tenerli boni! Appunto per questo gli chiamano "gli Allupati dell' Ontario".


I - Senta, Comandante: ma le vendite, come vanno?



CM - Punto bene! Non si dà via un giornalino nemmeno a tirarglielo dietro alla gente. Ormai mi comprano soltanto i tifosi della Iuventus, per via che stermino gl'Inglesi.


I - E cosa pensa di fare, a questo proposito?


CM - Di rendermi più aderente a' tempi moderni, d'assimilarmi a' gruppi e sottogruppi delle tribù giovanili. Dato che i' giubbino nero ce l'ho di già, presto cambierò nome.


I - Come: la cambierà nome?

CM - Sì. Invece di "Comandante Mark" mi chiamerò "Comandante Dark"!

lunedì 23 maggio 2011

HO VINTO QUALCHE COSA

Sabato 21 maggio ho accompagnato Gallieno Ferri a Reggio Emilia, dove si svolgeva la tradizionale mostra mercato primaverile organizzata dell'ANAFI, l'Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell'Illustrazione (quella che una volta si chiamava soltanto ANAF, essendosi la "I" finale aggiunta soltanto nel 1992). Si tratta di una kermesse molto frequentata e apprezzata soprattutto dai collezionisti, dato che non ci sono in giro cosplay e negli stand si trovano soprattutto tavole originali, libri e fumetti italiani.


Per tradizione, in questo appuntamento vengono anche assegnati i Premi ANAFI, divisi in due categorie: quelli decisi tramite referendum dagli iscritti sulla base di "nomination" di cinque nomi per ogni categoria, e quelli decisi da una giuria composta dai maggiorenti dell'Associazione stessa, tra cui figurano nomi come quelli di Gianni Brunoro, Giulio Cesare Cuccolini e Luciano Tamagnini (tanto per non farla lunga e citare in ordine alfabetico i primi tre che mi vengono in mente). Nel 1995 ho vinto il premio come Miglior Soggettista nella prima categoria. In questo 2011, ho vinto un Premio della Giuria per i miei primi vent'anni ai testi di Zagor. Già, perché proprio nel maggio del 1991 uscì la mia prima storia dello Spirito con la Scure (e, contemporaneamente, il mio primo Speciale Cico).

Così, di fronte a un folto pubblico, dopo aver assistito alla premiazione di Giancarlo Berardi come miglior sceneggiatore, e dunque lietissimo e quasi imbarazzato di poter condividere lo stesso podio con lui, ho ricevuto dalle mani di Luigi Marcianò la targa che vedete in foto qua sotto, e che d'ora in poi farà bella mostra di sé nel mio ufficio in via Buonarroti.

Nel ritirare il Premio, l'ho ovviamente dedicato, ringraziandolo, a Gallieno che era seduto davanti a me, e il pubblico gli ha tributato la più meritata delle ovazioni. Devo dire che anche quando hanno fatto il mio nome perché mi alzassi a ritirare il riconoscimento dalla sala si sono levati applausi molto calorosi e addirittura incitamenti, tanto che il banco della presidenza mi ha scherzosamente rimproverato per essermi portato la claque da casa: il tutto era dovuto agli zagoriani che, convenuti appunto per incontrare Ferri, hanno festeggiato, bontà loro, anche me. Ho potuto contraccambiare il loro calore mostrando una copia dello Zagorone in anteprima, e anche alcune prove di stampa dell'imminente Zagor speciale a colori del cinquantennale.

Come iscritto all'ANAF prima e all'ANAFI poi da molti anni, ho potuto ritirare allo stand dell'Associazione anche un po' del materiale riservato ai soci, a partire dal nuovo numero della rivista "Fumetto", un patrimonio dell'umanità quanto ad articoli e materiali recuperati e ristampati. In copertina, questa volta, un disegno di Altan: un grande autore che ho potuto conoscere non senza emozione.

Ma, fra i volumi che mi sono stati consegnati, ce n'era uno che mi sono letteralmente divorato la sera appena tornato a casa, facendo le due e mezzo di notte senza riuscire a smettere di leggere: "I nostri primi 40 anni", a cura di Silvio Costa, Paolo Gallinari e Luciano Tamagnini. Si tratta di un saggio dedicato alla storia dell'ANAFI stessa. Tante le foto, tutte emozionanti vedendo volti di amici e di autori storici così com'erano tanti anni fa, colti in momenti felici di premiazioni, cene sociali, mostre mercato dei tempi che furono. Ad alcune di quelle mostre andavo anch'io, giovanissimo, quando erano organizzate a Bologna in centro, e fu in una di quelle occasioni, come ho già raccontato, che incontrai Sergio Bonelli.

Ma, sorprendentemente, a un certo punto del libro ho scoperto che si parlava anche di me. E non per la mia collaborazione con "Il Fumetto" ma per un aneddoto di cui mi ero completamente dimenticato. Leggo infatti a pagina 40 la seguente testimonianza di Tamagnini: "Nel 1990 si palesò un altro problema, e cioè che Grillo e Giacomini davano segno di stanchezza nella gestione della rivista e delle iniziative correlate; Grillo disse con chiarezza che per problemi famigliari non sarebbe più riuscito a gestire 'Il Fumetto' come aveva fatto nel corso degli anni. Fu il caos, perché non c'era niente all'orizzonte che permettesse di pensare ad un cambio di redazione. Ovvero, c'era solo una testata redatta da un gruppo di appassionati, esperti e volenterosi, il gruppo di Lastra a Signa capeggiato da Moreno Burattini, con Saverio Ceri, Francesco Manetti e i fratelli Bastianoni che poteva dare garanzie di serietà e di quella curiosità che è sempre stata alla base del lavoro dei redattori de 'Il Fumetto'; avevano inventato una fanzine che si chiamava 'Collezionare' che, dopo un inizio stentato, si stava affermando anche attraverso tutta una serie di Speciali, come una delle migliori strade per affrontare il fumetto italiano e non. Ci furono contatti diretti con Moreno, che fu solleticato all'idea, ma che qualche tempo dopo sciolse la riserva con un no, perché non riusciva a pensare di avere abbastanza tempo per reggere tutto quello che una rivista di questo tipo voleva dire".
Sono rimasto di stucco nel sentire rievocare questi avvenimenti che mi sono subito tornati alla memoria. In effetti nel 1990 ancora avevo un lavoro dipendente, e avevo cominciato da un anno a scrivere sceneggiature per Bonelli e per Silver. E' vero però che fui lusingato dall'offerta e mi dispiacque dire di no. Del resto, qualche tempo dopo avrei detto di no anche a Fumo di China che mi aveva offerto un posto da direttore e persino a Francesco Coniglio che mi voleva assumere alla ACME.

Ma torniamo alla targa che mi è stata attribuita. Non è il primo riconoscimento che vinco, e questo mi rincuora perché se un premio si può vincere per sbaglio o ti può venir dato da persone a cui sei simpatico, il ripetersi dei trofei nel corso degli anni significa che almeno un po' uno se li è meritati. Nel mio palmares ci sono dunque i due premi ANAFI, ma anche un Premio Fumo di China (come miglior sceneggiatore umoristico), un Gran Guinigi ricevuto a Lucca a un Premio Cartoomics conferitomi a Milano, entrambi come miglior sceneggiatore (il Coccobill che vede qui sotto è il simpatico trofeo milanese) . Poi ci sono targhe di altro tipo, come quella "Ayaaaak" per Mortimer o un'altra per la miglior Tesi sul Fumetto. Ma vorrei raccontarvi anche di altre quattro cosette extra-fumettistiche che mi fanno sorridere se ci ripenso.

Il primo premio che ho vinto me lo vedete consegnare nella foto in apertura. Avevo nove anni, era il 1971: avevo avuto una pagella piuttosto buona in quarta elementare e mi fu data una borsa di studio di ben dodicimila lire, che dovevano essere, presumo sottoforma di assegno intestato a mio padre, nella busta che stringo in mano. Del premio io non sapevo nulla, mi ricordo che fui prelevato in classe e condotto con il cappottino addosso in una sala (penso quella del Comune di Campi Bisenzio, dove abitavo), fecero la premiazione mia e di altri studenti modello e io mi ritrovai a dover sorridere stranito al fotografo ufficiale (che sicuramente avrà fatto pagare dodicimila lire lo scatto prontamente rivenduto al mio babbo).

Del secondo premio non ho documentazione fotografica, e se qualcuno ce l'avesse mi farebbe piacere vederla. Ero in prima liceo al Classico Cicognini, a Prato. In quella città esisteva (non so se esista ancora) un premio letterario chiamato, con grande fantasia, "Città di Prato". Quell'anno lo vinse il romanzo "Le mani pure", di Ferruccio Ulivi. Era la biografia romanzata di Bruto. Era previsto anche un premio minore per quello studente delle superiori che avesse scritto il miglior saggio sul romanzo stesso. Si trattava insomma di farne una lunga recensione. La mia insegnante di lettere riteneva che io fossi in grado di poter competere e mi iscrisse d'ufficio alla gara. Vinsi, e ricevetti il premio nel Teatro Metastasio della città. Il premio consisteva in una targa (che non so più dov'è finita), una somma in denaro destinata alla scuola e un buono acquisto di centomila lire in libri. Il preside mi convocò per chiedermi di fargli avere una lista con i titoli che desideravo, e sarebbe stato lui a procurarmeli. Lo feci e lui sgranò gli occhi. Due giorni dopo mi diede tutti i volumi consegnandomeli uno a uno e scuoteva la testa disperato perché invece di classici della letteratura avevo scelto tutti libri di fantascienza, gialli e horror. Il mio saggio su "Le mani pure" fu stampato in un opuscolo e distribuito agli studenti delle scuole pratesi, i quali lo avranno di sicuro usato per farci le barchette di carta.

Gli altri due premi riguardano un concorso che, all'inizio degli anni Ottanta, veniva organizzato a Pontecagnano (Salerno). Era un "Premio Nazionale per Favola per Bambini", e avevo trovato il bando da qualche parte, forse nelle bacheche dell'Università. Fatto sta che scrissi la prima favola della mia vita, intitolata "Karith": parlava di un bambino dell'età della pietra. La spedii senza troppe speranze. Invece, ricevetti la comunicazione che avevo vinto! Fui invitato in Campania e ci andai in treno con la mia fidanzata di allora. Vedete la foto della premiazione. Addirittura, quella favola è divenuta uno spettacolo teatrale organizzato dagli insegnanti di una scuola di Pontecagnano. Il regolamento del concorso prevedeva però che per un tot numero di anni i vincitori non potessero più partecipare. Lasciai passare il tempo necessario e appena potei rientrare in lizza, spedii una seconda favola: "Ravi". Questa volta, l'ambientazione era indiana (intendendo in India). Incredibile ma vero: vinsi di nuovo. Di nuovo tornai in Campania, questa volta in macchina: con una Panda 30 color celeste che riuscì a fare tutto il tragitto da Firenze a Salerno e tornare indietro. Nessuna delle due favole è mai stata pubblicata.

venerdì 20 maggio 2011

IL SIGNOR EMILIO

Ho promesso che avrei spiegato chi è il signor Emilio su cui, talvolta, tra i lettori zagoriani che scrivono sui forum, capita di sentir fare dell'ironia. Ne parlo perché il caso, sebbene scaturito da una mia storia pubblicata nel gennaio 2005, è ancora attuale. Qualche post fa, accennando ai limiti del "politicamente corretto" imposti agli autori di fumetti, ci fu un lettore di questo blog che inviò un commento sostenendo che stavo raccontando balle, allorché parlavo di genitori pronti a scrivere lettere di fuoco per una scena appena un po' sanguinolenta che avrebbe potuto turbare i propri pargoli o di associazioni di consumatori che chiedono alla magistratura il sequestro delle tirature degli albi in cui Tex fuma.


Il lettore in questione, Roberto, scriveva testualmente: "penso che questa storia delle severe associazioni che vi censurano sia una sonora balla, altrimenti queste associazioni dovrebbero censurare tutto: pubblicità, film, videogiochi, manifesti, ecc. Penso che ci sia a monte l'autocensura volontaria dell'editore, il quale non vuole sigarette per Tex e allora niente sigarette altro che associazioni di consumatori! Le quali - al massimo - potrebbero esprimersi senza per questo obbligarvi a nulla! (...) Lasciamo perdere i genitori timorosi che c'entrano ben poco in questa linea editoriale". Evidentemente Roberto non sa nulla dell'esposto del Codacons e del vespaio che suscitò pochi anni fa, non sa nulla del processo agli autori dell' Intrepido quasi contemporaneo, non sa nulla dei sequestri dei capolavori di Miguel Angel Martin nella sede della Casa editrice Topolin che li pubblicava in Italia e soprattutto non sa nulla del signor Emilio. Cercherò di raccontargli quest'ultimo caso, avendo già trattato del primo e promettendo di riferire prima o poi anche del secondo e del terzo.



I fatti sono questi. Nelle pagine finali dell'albo di Zagor n° 474 "I bassifondi di New Orleans" (Zenith n° 525), da me sceneggiato per i pennelli di Gallieno Ferri, un certo Velasquez, uno sgherro agli ordini del malvagio Richter, interroga un messicano per ottenere da lui un'informazione. Nel farlo, essendo un appunto un cattivo (e i cattivi, si sa, fanno cose cattive - se no che cattivi sarebbero?), Velasquez ordina a un tirapiedi che il prigioniero venga picchiato: vediamo così assestargli tre (dico: tre) pugni. A quel punto il malcapitato parla e Velasquez, saputo quel che voleva sapere, gli spara. Per la cronaca, la vignetta del "bang" mostra un colpo indirizzato verso il fuori campo.
Subito dopo la storia si sposta nella giungla dello Yucatan, dove sorge una città misteriosa popolata dai discendenti degli antichi aztechi, i quali proseguono a praticare gli usi e i costumi dei loro avi. Assistiamo perciò a un sacrificio umano. Sottolineo: uno (mentre si sa che le usanze azteche prevedevano sacrifici di massa, con migliaia di vittime immolate). Quel che si vede è un disgraziato posto su un altare, un sacerdote che abbassa un coltello colpendo fuori campo, la mano del sacerdote che stringe qualcosa che non si distingue fra le sue dita (è un cuore umano, ma lo si intuisce senza vederlo), lo stesso sacerdote che getta quel qualcosa (che si continua a non vedere) dentro la bocca di un idolo. Quindi, il cadavere viene fatto rotolare giù per la gradinata di un tempio. Fine della scena.


Tutto questo, non in un albo di Paperino o della Pimpa, ma sulle pagine di Zagor: un fumetto d'avventura, dove regolarmente ci si aspetta che qualcuno, da qualche parte, debba essere ucciso: come minimo, o la vittima innocente che lo Spirito con la Scure deve vendicare, o il cattivone che paga il fio delle sue colpe. Sulla copertina de "I bassifondi di New Orleans", peraltro, si vede Zagor che tira un pugno a un ceffo armato di uncino, mentre un altro con un bottiglia spezzata è pronto a infilzarlo giungendogli alle spalle. Immagino che dopo una cover così, l'acquirente, per quanto incauto, possa aspettarsi che dentro si vedano volare dei cazzotti e che scorra un minimo di sangue. Oserei dire che se all'interno lo Spirito con la Scure si limitasse ad ammirare le bellezze architettoniche di New Orleans, i lettori avrebbero giustamente il diritto di protestare. La copertina, semplicemente, promette quel che l'interno mantiene. Peraltro, nei precedenti 473 albi di Zagor, non è che il sangue non si fosse mai visto. Anzi, nelle primissime tavole del n°1, "La foresta degli agguati", Guido Nolitta e Gallieno Ferri mostrano la strage dell'equipaggio di una chiatta e lo fanno in modo molto drammatico. A pagina 10 c'è persino una freccia che trapassa da parte a parte il cuore di un battelliere, e quando Zagor arriva sulla scena del massacro si vedono dovunque lance infilzate nei petti e coltelli piantati nelle schiene. Insomma, dopo un inizio di serie del genere è logico attendersi che, pur senza mai scadere nel truculento e nello splatter, pugni e coltellate facciano parte della saga.


Nonostante questo, pochi giorni dopo l'uscita in edicola de "I bassifondi di New Orleans", ecco arrivare in redazione la lettera indignata del signor Emilio. Il quale protestava vivacemente e con grande scandalo perché aveva dato l'albo in lettura a un suo figlio (che, se non ricordo male, aveva all'epoca sette anni), il quale sarebbe rimasto impressionato dai disegni di Ferri. Ora, non è ben chiaro perché il signor Emilio abbia affidato a un bambino un fumetto non adatto a lui: i genitori dovrebbero avere, fra gli altri compiti, anche quelli di vigilare su quel che capita fra le mani dei loro pargoli, e magari stare al loro fianco durante la visione di certi film o certi documentari (compresi quelli, impressionantissimi, dove i leoni sbranano le gazzelle) e soprattutto dei telegiornali, dove se ne vedono di cotte e di crude (e soprattutto, di vere, mentre i fumetti sono, per fortuna, soltanto fiction). Tuttavia, anziché prendersela con se stesso il signor Emilio se la prendeva con me. Secondo lui, se non interpreto male le sue intenzioni, pur scrivendo fumetti per grandi, io avrei dovuto comunque astenermi dal raccontare qualsiasi cosa avrebbe potuto turbare i bambini di sette anni, specie se suoi figli. Avrei dovuto dunque censurare a priori tutti gli atti di violenza, limitandomi magari a mostrare come, in un ambiente bucolico e disneyano, i pellerossa di Darkwood cuociano festosi le loro focacce o le squaw fabbrichino sorridenti dei mocassini (evitando di dire, naturalmente, che anche i nativi americani volentieri si scannavano fra loro se ritenevano di averne motivo).


In seguito alla lettera del signor Emilio, Sergio Bonelli ha dedicato all'argomento la "Posta" dello Zagor del mese di marzo del 2005, "Nella giungla dello Yucatan".
Riporto quello che venne scritto in quella rubrica:"Cari amici, un affezionato lettore, che segue Zagor dal lontano 1970, e che, quindi, può essere considerato un profondo conoscitore della saga, mi ha scritto alcune settimane fa, manifestandomi una sua civile, ma decisissima protesta. Ovviamente, a stretto giro di posta, ho già avuto modo di giustificarmi con la persona di cui sto parlando, che qui chiamerò semplicemente Emilio per rispetto della privacy; l'argomento, però, mi sembra talmente interessante per tutti che ritengo opportuno affrontarlo anche in questa sede. Per dirla in poche parole, il nostro amico ha ritenuto che due sequenze apparse nelle ultime pagine dell'albo uscito a gennaio 2005 fossero tanto impressionanti da rappresentare una riprovevole e gravissima novità all'interno della serie. Le sequenze in questione mostrano prima un cruento interrogatorio degno dei più classici spaghetti-western, poi una di quelle famose cerimonie sacrificali durante le quali i sacerdoti aztechi squarciavano il petto della vittima prescelta. Antiche pitture, film, documentari ci propongono assai frequentemente la medesima scena che, proprio qui accanto vedete raffigurata nell'immagine appartenente al cosiddetto 'Codice Fiorentino' - un celebre manoscritto illustrato, risalente all'epoca dei Conquistadores - che si riferisce al cruentissimo rito, celebrato dai 'cugini' dei Maya, ovvero gli Aztechi. Ecco perché io, appassionato cultore dell'arte precolombiana, alla mia prima lettura, non avevo sinceramente rimarcato una particolare sensazione di violenza e di orrore. Ma, a un secondo esame, devo riconoscere che il signor Emilio non aveva poi tutti i torti; in entrambe le sequenze, il segno realistico di Gallieno Ferri ha troppo enfatizzato la presenza del sangue e la crudeltà del gesto, come forse mai era successo prima. Lo sceneggiatore della storia, Moreno Burattini, che non può sicuramente venir definito un amante dell'horror, a sua volta non aveva alcuna intenzione di varcare quei precisi limiti che tutti noi ci siamo posti, nel raccontare le vicende dello Spirito con la Scure. E io stesso, in veste di autore, riesco facilmente a capire che la volontà di trasmettere un'emozione forte, in taluni casi, può arrivare a turbare qualche lettore particolarmente sensibile. Che altro potrei aggiungere, a questo punto? Che, da parte nostra, eccezion fatta per qualche spiacevole 'svista', non è in corso nessun cambiamento di rotta: Zagor non diventerà mai, caro Emilio, un fumetto orrorifico e continuerà ad avere quelle caratterstiche che lo hanno reso accessibile a ogni tipo di pubblico".


Che altro aggiungere? Innanzitutto, mi preme ricordare come nessuna delle due morti incriminate fosse gratuita all'interno della storia. La prima, quella del messicano ucciso con un colpo di pistola dopo essere stato picchiato, dimostra la cattiveria di Velasquez e lo rende un nemico di cui giustamente i lettori desiderano la punizione (dunque il male che compie suscita non compiacimento ma desiderio di giustizia). La seconda, quella conseguente al sacrificio rituale, spiega qual è la sorte a cui sono destinati alcuni amici dello Spirito con la Scure catturati dagli aztechi, se l'eroe di Darkwood non giungerà in tempo a salvarli. Mi sembra quasi inutile ricordare come lo stesso espediente fosse stato utilizzato prima di me da Steven Spielberg in "Indiana Jones e il tempio maledetto", dove a una vittima viene espiantato il cuore sotto gli occhi degli spettatori (immagino, anche di alcuni piuttosto piccoli) e successivamente la stessa cosa potrebbe essere fatta a Willie, l'amica di Indiana, se non ci fosse un deus ex machina a risolvere la situazione. Cito Spielberg ma potrei citare mille film, romanzi e fumetti. E' un classico.


Non solo: quel che io ho mostrato nella scena ambientata sul tempio della città nascosta non è qualcosa che io ho partorito perché ho la mente perversa e deviata, ma è la ricostruzione, peraltro molto edulcorata, di un rito che davvero veniva eseguito dagli aztechi. Nel mio racconto, insomma, non parlo di un serial killer che uccide strappando i cuori (e faccio notare che di serial killer che uccidono nei modi più truculenti sono pieni libri, film e fumetti) ma si mostra, semplicemente, e nel modo più documentario e aderente alla realtà possibile su Zagor, un sacrificio rituale azteco. Anzi, lo si mostra censurando gran parte della realtà che su Zagor non si può mostrare, perché, come ho già detto, i sacrifici aztechi non prevedevano l'immolazione di un singolo ma di decine o centinaia o migliaia di prigionieri (e noi abbiamo evitato di mostrare sia i sacrifici di massa, sia le successive mutilazioni dei cadaveri). Dunque, se a qualcuno può sembrare gratuita la violenza "inventata" che si potrebbe inventare diversamente, non altrettanto si può dire della violenza "didascalica" che si limita a raffigurare riti veramente praticati nell'antichità. Altrimenti sarebbe come dire che in un fumetto sull'Antica Roma non si dovrebbero vedere i leoni nel Colosseo per timore i turbare i bambini.


E appunto passando ai bambini, temo che in molti non abbiate idea di che cosa vedono (e di come si divertono a vederlo) i bambini oggi, che in TV vedono Buffy e dicendo Buffy dico una cosa all'acqua di rose. Ma sbaglio a dire "oggi" perché i bambini da sempre, e lo facevano anche in tempi non sospetti di TV edulcorata, staccano le ali alle farfalle e le abbrustoliscono sulla stufa. Nel caso del sacrificio azteco, si vedono ricostruzioni fatte molto bene e molto impressionanti, persino nei programmi di Piero Angela o di Valerio Massimo Manfredi. Perciò, anziché vietarla, io raccomanderei la lettura di Zagor ai bambini, parendomi didattica. Come didattica è la lettura di un romanzo (consigliatissimo) come L'Azteco di Gary Jennings. Lì, vi strovano descrizioni molto più impressionanti dei riti precolombiani di quella che abbiamo dato io e Ferri (e L'Azteco è uno stra-bestseller popolare venduto da trent'anni in tutto il mondo, con ben quattro sequel).


Ricordo che anche un altro lettore, oltre il signor Emilio, scrisse qualcosa dello stesso tenere su uno dei forum zagoriani: "Rimango basito di fronte ad un Velasquez che ammazza e poi brucia il malcapitato mercante dopo che questi gli aveva raccontato tutto quello che sapeva dietro la promessa di lasciarlo libero". Risposi: anch'io rimango basito quando dei banditi ammazzano un tabaccaio o un benzinaio o un tassista, ma c'è chi lo fa. E ancora il lettore: "rimango basito leggendo il dialogo dei due bianchi in cui si descrive la bravura del sacrificatore che deve strappare il cuore della vittima senza farselo sfuggire di mano e mentre questa e' ancora cosciente in modo che questa possa vedere il suo cuore". Risposta: è esattamente quello che facevano i sacerdoti aztechi alle loro vittime, durante i sacrifici. Esattamente quello descritto minuziosamente da Gary Jennings ne L'azteco. Esattamente quello che si vede, in tutt'altro contesto, in "Indiana Jones e il Tempio Maledetto".




Ma anche ne "L'ultimo dei Mohicani" di Michael Mann con Daniel Day Lewis. In una scena molto famosa, che non mi risulta sua stata vietata ai minori, Magua estirpa il cuore dal petto dell'ufficiale inglese Heyward, mentre questi è ancora vivo e lo mangia, compiendo così una sua vendetta. E che dire di "Apocalypto" di Mel Gibson? Non ha mai visto l' "Ultimo dei Mohicani", signor Emilio? O ha scritto anche a Michael Mann? E nel caso, che cosa gli ha risposto? Ha avuto lo stesso fair play e la stessa cortesia di Sergio Bonelli?
Non vedo come un sacrificio azteco descritto in modo quasi didascalico possa essere un esempio di condotta negativo. Il Sacerdote che ha compiuto quel rito è un personaggio negativo. I personaggi negativi fanno cose negative. Se i buoni non avessero dei personaggi negativi contro cui combattere non sarebbero buoni. Dunque l'esempio di condotta per un eventuale bambino che leggesse Zagor sarà quello dei buoni che combattono i cattivi. Ai bambini si racconta la favola di Biancaneve, dove c'è la regina cattiva che chiede a un cacciatore di portare Biancaneve nel bosco, ucciderla e strapparle il cuore per portarglielo a far vedere. Mi pare chiaro che la regina non è un esempio da seguire. Pur rispettando le idee del signor Emilio (e di quelli che la pensano come lui) credo che in un fumetto come Zagor (dove vengono descritte ambientazioni avventurose, con scene di lotta, guerre, duelli, e dove si rappresentano usi e costumi di civiltà e popoli primitivi) ci debba essere, per forza di cose, rappresentata qualche scena cruenta.Inoltre, Zagor non è comunque un fumetto per bambini, le scene cruente e impressionanti che contiene sono la minima parte di quelle contenute in altre testate e i bambini di oggi vedono sicuramente più violenza nei cartoni animati giapponesi e nei videogiochi.
A rappresentare i commenti della maggior parte dei lettori in seguito alla lettera del signor Emilio, ecco che cosa ha scritto Devilmax in un dibattuto sul forum SCLS: "Il signor Emilio, secondo me, ha espresso una critica eccessiva (ma che io, comunque, rispetto) alle due, ormai famose, sequenze dell'albo di Gennaio. Eccessiva perché. Nella sequenza in cui Velasquez e il suo scagnozzo interrogano il messicano, c'è un ordinario pestaggio (tra l'altro, con tre soli pugni), non ci viene nemmeno mostrata la testa del messicano colpita dal proiettile (vediamo solo Velasquez che spara), e il suo cadavere in fiamme che si vede alla fine, non è che uno degli innumerevoli cadaveri bruciati di cui la saga di Zagor è piena (basti solo pensare alla cover dell'albo 'Il genio del crimine', anno 1986). Insomma, a ben vedere, niente di nuovo!
Nella sequenza del sacrificio azteco, non ci viene mostrata l'immagine in cui il pugnale del sacerdote trafigge il petto della vittima (infatti, si vede solo il sacerdote che vibra il colpo), nè quella dell'estrazione vera e propria del cuore. E' vero che si vede il cuore nella mano del sacerdote e poi il cadavere del malcapitato buttato giù per la scalinata della piramide, ma, cavolo!, qualcosa Burattini doveva pur mostrarla, no? Altrimenti, che razza di sacrificio sarebbe stato!
In conclusione, spero anch'io, come voi, che le lamentele del lettore Emilio o di altri zagoriani, non spingano Bonelli a censurare in futuro le scene di violenza, perché ciò significherebbe falsare un fumetto, come quello avventuroso (di cui Zagor è uno splendido esempio), nel quale la violenza appunto (sia essa a fin di bene o a fini malvagi) è un ingrediente essenziale".

mercoledì 18 maggio 2011

THE BIG ONE

Con dieci giorni di anticipo sulla data di uscita in edicola, sono già in possesso del tanto atteso Zagorone. "The big one", quello grosso, come il terremoto che in California tutti aspettano da un momento all'altro. A prescindere dalla storia, che comunque spero piaccia, la sensazione nel trovarselo davanti e nel poterlo stringere fra le mani, è straordinaria. Come oggetto, indubbiamente, è bellissimo. I disegni di Marco Torricelli, anche soltanto al primo colpo d'occhio o alla prova campione nell'aprire a caso un punto del volume, sono straordinari.

Ho scattato un paio di foto per mostrarvelo in anteprima. "Il castello nel cielo è un albo davvero molto desiderato dai lettori, che per anni si sono chiesti perché dovessero esserci Texoni, Dylandogoni, Nathanneveroni e Martinmysteroni e non degli Zagoroni. L'occasione del cinquantennale è servito a far rompere gli indugi convincendo Sergio Bonelli a dare alle stampe il primo Albo Gigante.


Sui forum l'attesa dell'uscita è palpabile. In un "filo diretto" che tengo con i lettori, Teo mi ha chiesto: "Ciao Moreno, come stai vivendo l'attesa per l'uscita dello Zagorone? Paure, dubbi, felicità, trepidazione?". Ho risposto così: "Dopo tutta la fatica fatta per scriverlo, seguirne la la realizzazione grafica, correggerlo, aggiustarlo, rileggerlo, discuterne in Casa editrice, scrivere l'introduzione, preparare le pubblicità e le anteprime, mandarlo in stampa, ho spento la testa e attendo quasi con rassegnato fatalismo gli eventi. Sia quel che sia. So che più una cosa è attesa, tanto più rischia di deludere. Essendo lo Zagorone attesissimo, la conseguenza viene da sè. Non ho 'dubbi' sulla storia, dato che mi pare coerente e non priva di qualche buono spunto, nè ho dubbi sui disegni. Credo anche che il racconto sia adatto a celebrare Darkwood come terra della fantasia, punto di frontiera fra realtà e immaginazione, luogo 'letterario' per eccellenza, e infatti il co-protagonista de 'Il castello nel cielo' è uno scrittore visionario. Tuttavia, tutti i lettori si aspettano sempre di leggere la storia che scriverebbero loro, e questa l'ho scritta io".


Un altro lettore, Simon, mi ha domandato: " Moreno, a chi può essere ascritto, secondo il tuo parere, il merito per lo Zagorone? Ai chiassosi utenti dei forum o ai silenti signori Emilio sparsi per lo stivale?".

Riguardo al signor Emilio, su cui capita spesso di sentir fare dell'ironia, scriverò qualcosa prima o poi (si tratta di un acquirente che si indignò per la ricostruzione da me fatta di un sacrificio rituale azteco in una storia di Zagor).


A Simon ha replicato: "Il merito del via libera allo Zagorone non è soltanto delle continue pressioni del pubblico sull'albo specifico (lettere, petizioni, richieste fatte durante gli incontri, dibattuti sui forum), ma anche del calore che i continuamente, da anni, il 'popolo di Darkwood' manifesta attorno al personaggio e al suo staff. Sergio non ha potuto non vedere che dovunque c'erano sale conferenze piene, inviti a incontri e raduni, resoconti di feste e tavolate imbandite, mostre, interviste, eccetera. Il clima attorno a Zagor è da molti anni decisamente positivo. E un pubblico così merita di essere accontentato. Io, che pure ho perorato la causa e mi sono fatto portavoce, non posso che ringraziarvi". A questo punto, comincia il countdown per l'arrivo in edicola. Ovviamente, ne riparleremo qualche giorno dopo l'uscita del volume.
A proposito di edicola, è già disponibile nei chioschi e nelle fumetterie di tutta Italia, il n°78 di "Scuola di Fumetto", la rivista di Coniglio Editore diretta da Laura Scarpa: un must per chiunque ami davvero la letteratura disegnata e voglia conoscere meglio autori, tendenze, tecniche. La copertina, che vedete più in alto, ha Julia in evidenza (dato che vengono pubblicati degli sketchbook di Laura Zuccheri). Ma anche, più in piccolo, Zagor: si annunciano infatti i suoi primi cinquanta anni. All'interno troverete una mia intervista realizzata da Andrea Leggeri e una carrellata grafica sui disegnatori che in questi cinque decenni hanno lavorato sulle pagine di Zagor (trentadue), con tutte le loro interpretazioni dello Spirito con la Scure. Non è la prima volta che "Scuola di Fumetto" mi intervista: l'occasione precedente fu sul n°20, risalente a cinque anni fa (è il fascicolo qui accanto).

Infine, ho un'altra novità da aggiungere a tutti gli appuntamenti elencati nel post precedente (lo dicevo che mi ero dimenticato qualcosa). Nei giorni 11 e12 giugno a Casale Monferrato (AL), presso il Salone Tartara in Piazza Castello, si svolgerà la consueta kermesse fumettistica "Casale Comics", giunta alla sesta edizione. Sotto i riflettori ci saranno i Cinquanta Anni di Zagor, festeggiati con la presenza di Alessandro Piccinelli (nella giornata di sabato) e Gallieno Ferri (la domenica). Con loro, anche Claudio Villa e Gino Vercelli. Alla manifestazione, che aprirà alle ore 9 in concomitanza con il tradizionale mercatino dell'antiquariato, saranno abbinate una mostra dedicata allo Spirito con la Scure e l'emissione di uno speciale annullo filatelico con l'effige di Zagor, da apporsi su due speciali cartoline realizzate per l'occasione. Qui accanto, la locandina dell'evento.

martedì 17 maggio 2011

SUCCOSE COSE LUCCHESI







Volendo (e un po' anche dovendo) fare la cronaca dell'incontro di Lucca di domenica 15 maggio 2011, riferendo anche un po' delle novità e delle anticipazioni divulgate al pubblico presente, potrei cavarmela rimandandovi là dove, in rete, già sono apparsi commenti e sono state pubblicate delle foto. Ma, ovviamente, aggiungerò del mio.

C'è da dire subito che su Lucca, in concomitanza con l'evento, si è abbattuto un nubifragio tropicale durato praticamente dall'alba fino a quasi l'ora di cena: nonostante questo, il pubblico è stato comunque folto e caloroso. Sembrava di essere al rinfresco di un matrimonio, o a quello delle nozze d'oro, vista la ricorrenza di un cinquantennale.

Scrive Acquadifuoco, uno dei presenti, sul forum SCLS (lo vedete nella foto qui accanto, e sono suoi gli scatti successivi): "Eccoci qua a riassumere la giornata di presentazione del libro di Moreno Burattini, decisamente ricca di news molto interessanti. Moreno era molto entusiasta della giornata e credo anche della buona presenza di pubblico. Vi anticipo solo che Moreno da grande protagonista come sempre in queste occasioni,è partito in pompa magna a parlare delle varie anticipazioni zagoriane tanto da dimenticarsi di parlare del suo libro".
Incredibile ma vero, è andata proprio così. Doveva essere la presentazione del romanzo "Le mura di Jericho", e alla fine, preso dal vortice delle novità da comunicare, del libro non ho parlato. Il che non ha impedito a tutti di vederne l'abbondanza di copie sul tavolo dietro al quale parlavo, e gli interessati di acquistarne a volontà.

Del romanzo ha parlato per fortuna la giornalista lucchese Federica Di Spilimbergo, anche lei presente, nell'articolo on-line corredato da una mia lunga intervista, che potete leggere cliccando qua, intitolato "Moreno Burattini: 'Scrivere Zagor, più che un lavoro, è un modo di essere' ". Qualcuno mi ha scritto chiedendo come fare per procurarsi il libro on line: per ordini on line, basta inviare una\mail di richiesta a fdc@fumodichina.com oppure aggirarsi per il sito di Fumo di China.
Chi è intervenuto all'incontro (oltre ai toscani, c'erano zagoriani venuti addirittura da Roma) ha potuto incontrare non soltanto il sottoscritto ma anche Marcello Mangiantini e Jacopo Rauch, oltre che ascoltare un'esibizione live di Graziano Romani. Un grazie a Dante e Luca, gestori della libreria "Il collezionista" (un grande locale ricco di proposte multimediali, non soltanto fumettistiche) che ci hanno ospitato, e a Giorgio Giusfredi che ha organizzato l'evento. A tutti gli intervenuti sono state regalate copie della locandina. Però, per non far torto agli assenti giustificati, quelli cioè che avrebbero voluto venire ma sono stati impossibilitati, ecco un riassunto delle anticipazioni che sono state fatte.
Innanzitutto, il primo Zagorone, intitolato "Il castello nel cielo", in uscita il 27 maggio. Tutti i presenti erano entusiasti dell'iniziativa. Mi è stato chiesto se ci sarà un secondo albo gigante. Ovviamente, dipende dall'accoglienza del primo. Se tutti i lettori di Zagor ne comprassero una copia, sarebbe un successone. Non mi aspetto tanto, ma sono ottimista.

Già durante la mostra mercato di Reggio Emilia, il 21 maggio, sarà disponibile il nuovo numero di Ink, quello datato aprile 2011 ma in ritardo sulla data di uscita. Potete vedere la copertina in apertura di articolo: l'illustrazione è opera di Roberto Piere, uno dei disegnatori dello staff di Zagor, al lavoro da diversi anni sulla sua prima storia (che però non è stata ancora terminata, dato che il buon Roberto la porta avanti, con fatica, ogni sera al termine del lavoro in redazione, essendo lui uno dei grafici della Bonelli). All'interno interviste a vari autori e un doveroso omaggio a Franco Donatelli ma, soprattutto, una storia di Zagor INEDITA, firmata (testi e disegni) da Yannis Ginosatis, l'autore greco attualmente in edicola con la sua prima avventura di Tex.

Di che cosa si tratta? Dovete sapere che il bravo Yannis si è presentato, alcuni anni fa, proponendosi come disegnatore per lo Spirito con la Scure. Nel farlo, ha realizzato un breve racconto di otto tavole su sceneggiatura propria. Il talento era evidente, e gli è stato chiesto di cimentarsi con Aquila della Notte, ma la storia di ambientazione zagoriana è rimasta. Era un peccato tenerla chiusa nei cassetti di via Buonarroti, e dunque ho pensato di tirarla fuori. A questo punto, la caccia a Ink è aperta: se non la trovate, potete rivolgersi a Menhir Edizioni, in via De Marchi 31 a Monza, o telefonare al numero 039 5962111. Il contatto email è: paolo.telloli@email.it.

Ma ci sono altre pubblicazioni fuori-serie in arrivo. In occasione di Parma Fantasy, nei giorni 11 e 12 giugno, Zagor verrà festeggiato con una mostra e con un triplice incontro, condotto dal sottoscritto, con Gallieno Ferri, Marco Torricelli e Paolo Bisi. In quell'occasione verrà regalato ai presenti un flip-book di 16 pagine destinato a celebrare il cinquantennale dello Spirito con la Scure ma anche il ventennale di Nathan Never. I flip-book sono pubblicazioni con doppia copertina che si possono leggere in tutti e due i sensi, capovolgendo l'albo. La cover double-face è stata realizzata a quattro mani da Marco Torricelli e Ivan Calcaterra, che insieme la firmeranno riprodotta su cartoncino. Peraltro, anche Ferri ha disegnato una illustrazione molto particolare dedicata ai cinquant'anni dell'eroe di Darkwood, che verrà autografata in ottanta copie garantite dal timbro Bonelli. I contenuti del flup-book saranno, per la parte zagoriana, del tutto inediti: non anticipo altro rimandandovi a ulteriori notizie man mano che ci avvicineremo all'evento.

Un altro albetto, decisamente più corposo (32 pagine) è in allestimento per RiminiComix, una kermess balneare prevista per luglio. All'interno, dopo una copertina di Gallieno Ferri, ci saranno addirittura sette storie, di cui una assolutamente inedita. Di che cosa si tratta? Non si potevano festeggiare i cinquanta anni di Zagor senza ricordare Franco Donatelli. Così, dai cassetti della memoria, abbiamo recuperato due storie di Nolitta disegnate dal grande Frank: "Anubi" e "Voudou", di dodici pagine l'una, apparse negli anni Sessanta in appendice a due albi della Collana Rodeo e mai più ripubblicate. Sono racconti assolutamente "zagoriani" per ispirazione, come vi meraviglierete nei leggerli o rileggerli a distanza di tanto tempo, benché Zagor non vi compaia. Lo Spirito con la Scure compare invece in altre cinque storie brevi autoconclusive, tra cui quelle scritte da me e disegnate in coppia da Gianni Sedioli e Marco Verni, in cui l'eroe di Darkwood incontra i suoi autori. Forse qualcuno le ricorda per averle viste su Walhalla e sull'albetto distribuito a Godega un paio di anni fa. Ebbene: io e i soliti due amici disegnatori abbiamo realizzato una terza puntata della serie, che a me sembra la migliore delle tre. Mi saprete dire dopo esservi procurato l'imperdibile spillato.

A proposito di Nolitta: entro pochi giorni sarà il distribuzione il saggio "Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io", edito da Coniglio, di cui vi ho già accennato. Si tratta di una biografia professionale del creatore di Zagor e Mister No, raccontata dal sottoscritto e da Graziano Romani, terza nostra fatica editoriale dopo i libri dedicati a Gallieno Ferri e Giovanni Ticci. La prefazione sarà di Mauro Boselli. Benché inserito nella collana "Lezioni di Fumetto", questo libro inaugura la sezione dedicata agli sceneggiatori e, vista l'importanza del personaggio, è più corposo (quanto a numero di pagine) degli altri. Ricchissima, come al solito e forse più del solito, la parte iconografica, con foto e illustrazioni in gran parte inedite. Graziano Romani ha aggiornato il pubblico anche sullo stato dell'arte del suo nuovo disco, dedicato a Tex Willer, in uscita entro l'anno, probabilmente nel periodo di Lucca Comics nel prossimo autunno. Lucca Comics che, peraltro, come è stato confermato dai due esponenti dell'organizzazione intervenuti all'incontro, non si dimenticherà di Zagor e dei suoi autori.


Infine, dato che parliamo di autori, Marcello Mangiantini e Jacopo Rauch hanno potuto anticipare qualcosa sulle loro prossime storie. Marcello, in particolare, ha mostrato alcune tavole originali del Maxi in uscita a luglio, "Nelle terre dei Dakota", e ha svelato che sta lavorando a un altro Maxi, scritto da me, intitolato "New York". Jacopo, invece, ha reso noto che il suo racconto più vicino in uscita è previsto per settembre, quando approderà in edicola "Il vascello fantasma" contenuto nell'Almanacco dell'Avventura. La collana Almanacchi è, a mio avviso, un appuntamento imperdibile anche soltanto per la parte giornalistico-letteraria (sul numero del settembre scorso ho avuto la fortuna di pubblicare anch'io un mio articolo sulla spedizione dell'Endurance), ma il numero in arrivo a fine estate sarà da tenere d'occhio anche per il racconto di Rauch, che, complice Oliviero Gramaccioni, fa tornare Bat Batterton e recupera le atmosfere de "La casa del terrore". Dopo un paio di racconti di rodaggio, Oliviero comincia a ingranare. Ne sono così convinto che non ho esitato ad affidargli una mia storia, a cui tengo molto, dal titolo "Pionieri" (sarà la sua successiva). Mi sono dimenticato di qualcosa? Può darsi. Vorrà dire che riprenderemo il discorso.