lunedì 23 maggio 2011

HO VINTO QUALCHE COSA

Sabato 21 maggio ho accompagnato Gallieno Ferri a Reggio Emilia, dove si svolgeva la tradizionale mostra mercato primaverile organizzata dell'ANAFI, l'Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell'Illustrazione (quella che una volta si chiamava soltanto ANAF, essendosi la "I" finale aggiunta soltanto nel 1992). Si tratta di una kermesse molto frequentata e apprezzata soprattutto dai collezionisti, dato che non ci sono in giro cosplay e negli stand si trovano soprattutto tavole originali, libri e fumetti italiani.


Per tradizione, in questo appuntamento vengono anche assegnati i Premi ANAFI, divisi in due categorie: quelli decisi tramite referendum dagli iscritti sulla base di "nomination" di cinque nomi per ogni categoria, e quelli decisi da una giuria composta dai maggiorenti dell'Associazione stessa, tra cui figurano nomi come quelli di Gianni Brunoro, Giulio Cesare Cuccolini e Luciano Tamagnini (tanto per non farla lunga e citare in ordine alfabetico i primi tre che mi vengono in mente). Nel 1995 ho vinto il premio come Miglior Soggettista nella prima categoria. In questo 2011, ho vinto un Premio della Giuria per i miei primi vent'anni ai testi di Zagor. Già, perché proprio nel maggio del 1991 uscì la mia prima storia dello Spirito con la Scure (e, contemporaneamente, il mio primo Speciale Cico).

Così, di fronte a un folto pubblico, dopo aver assistito alla premiazione di Giancarlo Berardi come miglior sceneggiatore, e dunque lietissimo e quasi imbarazzato di poter condividere lo stesso podio con lui, ho ricevuto dalle mani di Luigi Marcianò la targa che vedete in foto qua sotto, e che d'ora in poi farà bella mostra di sé nel mio ufficio in via Buonarroti.

Nel ritirare il Premio, l'ho ovviamente dedicato, ringraziandolo, a Gallieno che era seduto davanti a me, e il pubblico gli ha tributato la più meritata delle ovazioni. Devo dire che anche quando hanno fatto il mio nome perché mi alzassi a ritirare il riconoscimento dalla sala si sono levati applausi molto calorosi e addirittura incitamenti, tanto che il banco della presidenza mi ha scherzosamente rimproverato per essermi portato la claque da casa: il tutto era dovuto agli zagoriani che, convenuti appunto per incontrare Ferri, hanno festeggiato, bontà loro, anche me. Ho potuto contraccambiare il loro calore mostrando una copia dello Zagorone in anteprima, e anche alcune prove di stampa dell'imminente Zagor speciale a colori del cinquantennale.

Come iscritto all'ANAF prima e all'ANAFI poi da molti anni, ho potuto ritirare allo stand dell'Associazione anche un po' del materiale riservato ai soci, a partire dal nuovo numero della rivista "Fumetto", un patrimonio dell'umanità quanto ad articoli e materiali recuperati e ristampati. In copertina, questa volta, un disegno di Altan: un grande autore che ho potuto conoscere non senza emozione.

Ma, fra i volumi che mi sono stati consegnati, ce n'era uno che mi sono letteralmente divorato la sera appena tornato a casa, facendo le due e mezzo di notte senza riuscire a smettere di leggere: "I nostri primi 40 anni", a cura di Silvio Costa, Paolo Gallinari e Luciano Tamagnini. Si tratta di un saggio dedicato alla storia dell'ANAFI stessa. Tante le foto, tutte emozionanti vedendo volti di amici e di autori storici così com'erano tanti anni fa, colti in momenti felici di premiazioni, cene sociali, mostre mercato dei tempi che furono. Ad alcune di quelle mostre andavo anch'io, giovanissimo, quando erano organizzate a Bologna in centro, e fu in una di quelle occasioni, come ho già raccontato, che incontrai Sergio Bonelli.

Ma, sorprendentemente, a un certo punto del libro ho scoperto che si parlava anche di me. E non per la mia collaborazione con "Il Fumetto" ma per un aneddoto di cui mi ero completamente dimenticato. Leggo infatti a pagina 40 la seguente testimonianza di Tamagnini: "Nel 1990 si palesò un altro problema, e cioè che Grillo e Giacomini davano segno di stanchezza nella gestione della rivista e delle iniziative correlate; Grillo disse con chiarezza che per problemi famigliari non sarebbe più riuscito a gestire 'Il Fumetto' come aveva fatto nel corso degli anni. Fu il caos, perché non c'era niente all'orizzonte che permettesse di pensare ad un cambio di redazione. Ovvero, c'era solo una testata redatta da un gruppo di appassionati, esperti e volenterosi, il gruppo di Lastra a Signa capeggiato da Moreno Burattini, con Saverio Ceri, Francesco Manetti e i fratelli Bastianoni che poteva dare garanzie di serietà e di quella curiosità che è sempre stata alla base del lavoro dei redattori de 'Il Fumetto'; avevano inventato una fanzine che si chiamava 'Collezionare' che, dopo un inizio stentato, si stava affermando anche attraverso tutta una serie di Speciali, come una delle migliori strade per affrontare il fumetto italiano e non. Ci furono contatti diretti con Moreno, che fu solleticato all'idea, ma che qualche tempo dopo sciolse la riserva con un no, perché non riusciva a pensare di avere abbastanza tempo per reggere tutto quello che una rivista di questo tipo voleva dire".
Sono rimasto di stucco nel sentire rievocare questi avvenimenti che mi sono subito tornati alla memoria. In effetti nel 1990 ancora avevo un lavoro dipendente, e avevo cominciato da un anno a scrivere sceneggiature per Bonelli e per Silver. E' vero però che fui lusingato dall'offerta e mi dispiacque dire di no. Del resto, qualche tempo dopo avrei detto di no anche a Fumo di China che mi aveva offerto un posto da direttore e persino a Francesco Coniglio che mi voleva assumere alla ACME.

Ma torniamo alla targa che mi è stata attribuita. Non è il primo riconoscimento che vinco, e questo mi rincuora perché se un premio si può vincere per sbaglio o ti può venir dato da persone a cui sei simpatico, il ripetersi dei trofei nel corso degli anni significa che almeno un po' uno se li è meritati. Nel mio palmares ci sono dunque i due premi ANAFI, ma anche un Premio Fumo di China (come miglior sceneggiatore umoristico), un Gran Guinigi ricevuto a Lucca a un Premio Cartoomics conferitomi a Milano, entrambi come miglior sceneggiatore (il Coccobill che vede qui sotto è il simpatico trofeo milanese) . Poi ci sono targhe di altro tipo, come quella "Ayaaaak" per Mortimer o un'altra per la miglior Tesi sul Fumetto. Ma vorrei raccontarvi anche di altre quattro cosette extra-fumettistiche che mi fanno sorridere se ci ripenso.

Il primo premio che ho vinto me lo vedete consegnare nella foto in apertura. Avevo nove anni, era il 1971: avevo avuto una pagella piuttosto buona in quarta elementare e mi fu data una borsa di studio di ben dodicimila lire, che dovevano essere, presumo sottoforma di assegno intestato a mio padre, nella busta che stringo in mano. Del premio io non sapevo nulla, mi ricordo che fui prelevato in classe e condotto con il cappottino addosso in una sala (penso quella del Comune di Campi Bisenzio, dove abitavo), fecero la premiazione mia e di altri studenti modello e io mi ritrovai a dover sorridere stranito al fotografo ufficiale (che sicuramente avrà fatto pagare dodicimila lire lo scatto prontamente rivenduto al mio babbo).

Del secondo premio non ho documentazione fotografica, e se qualcuno ce l'avesse mi farebbe piacere vederla. Ero in prima liceo al Classico Cicognini, a Prato. In quella città esisteva (non so se esista ancora) un premio letterario chiamato, con grande fantasia, "Città di Prato". Quell'anno lo vinse il romanzo "Le mani pure", di Ferruccio Ulivi. Era la biografia romanzata di Bruto. Era previsto anche un premio minore per quello studente delle superiori che avesse scritto il miglior saggio sul romanzo stesso. Si trattava insomma di farne una lunga recensione. La mia insegnante di lettere riteneva che io fossi in grado di poter competere e mi iscrisse d'ufficio alla gara. Vinsi, e ricevetti il premio nel Teatro Metastasio della città. Il premio consisteva in una targa (che non so più dov'è finita), una somma in denaro destinata alla scuola e un buono acquisto di centomila lire in libri. Il preside mi convocò per chiedermi di fargli avere una lista con i titoli che desideravo, e sarebbe stato lui a procurarmeli. Lo feci e lui sgranò gli occhi. Due giorni dopo mi diede tutti i volumi consegnandomeli uno a uno e scuoteva la testa disperato perché invece di classici della letteratura avevo scelto tutti libri di fantascienza, gialli e horror. Il mio saggio su "Le mani pure" fu stampato in un opuscolo e distribuito agli studenti delle scuole pratesi, i quali lo avranno di sicuro usato per farci le barchette di carta.

Gli altri due premi riguardano un concorso che, all'inizio degli anni Ottanta, veniva organizzato a Pontecagnano (Salerno). Era un "Premio Nazionale per Favola per Bambini", e avevo trovato il bando da qualche parte, forse nelle bacheche dell'Università. Fatto sta che scrissi la prima favola della mia vita, intitolata "Karith": parlava di un bambino dell'età della pietra. La spedii senza troppe speranze. Invece, ricevetti la comunicazione che avevo vinto! Fui invitato in Campania e ci andai in treno con la mia fidanzata di allora. Vedete la foto della premiazione. Addirittura, quella favola è divenuta uno spettacolo teatrale organizzato dagli insegnanti di una scuola di Pontecagnano. Il regolamento del concorso prevedeva però che per un tot numero di anni i vincitori non potessero più partecipare. Lasciai passare il tempo necessario e appena potei rientrare in lizza, spedii una seconda favola: "Ravi". Questa volta, l'ambientazione era indiana (intendendo in India). Incredibile ma vero: vinsi di nuovo. Di nuovo tornai in Campania, questa volta in macchina: con una Panda 30 color celeste che riuscì a fare tutto il tragitto da Firenze a Salerno e tornare indietro. Nessuna delle due favole è mai stata pubblicata.