mercoledì 27 ottobre 2010

Il MIO TEX

Pare che i miei problemi di ubiquità si siano risolti. Ve ne avevo parlato nel mio post precedente: avrei dovuto presentare due libri diversi lo stesso giorno, alla stessa ora, in due luoghi differenti e distanti fra loro. Invece, pur non spostando nessuno dei due incontri, gli amici dell'organizzazione di Lucca Comics si sono detti sicuri di potermi traslare da una sala all'altra a tempo in record, grazie a una task force preposta all'impresa. Qualcosa di simile a un gioco di prestigio alla David Copperfield. Ve ne farò la cronaca a teletrasporto avvenuto.

A questo punto, però, vi devo spiegare qual è il libro di cui sarò chiamato a parlare in contemporanea con "Seconda creazione", l'opera collettiva di cui vi ho già detto e che sta suscitando, per fortuna, un certo interesse - per fortuna, ovviamente, perché la vendita del volume servirà a raccogliere fondi per Telethon, così come era già avvenuto per i disegni originali che lo compongono.

Come vi ho anticipato parlando del saggio dedicato a Giovanni Ticci, c'è un altro libro che va ad aggiungersi alle tante cose che ho già scritto su Tex Willer. Questa volta, si tratta di un autentico "libro d'arte", come lo ha definito l'editore Sergio Pignatone, di Little Nemo: il titolo è "Il mio Tex", il sottotitolo: "La ballata del West di Civitelli e Verger". Su chi sia Fabio Civitelli, non è il caso dilungarsi: chi legge le avventure di Aquila della Notte non può non conoscerlo e non apprezzarlo per il suo stile personale. Arrivato dallo staff di Mister No a quelle dell'immarcescibile Ranger con l'albo Gli ostaggi (marzo 1985), ha da poco festeggiato i suoi primi venticinque anni nel Far West. Forse ci sarebbe da spiegare chi è Giovanni Battista Verger, Nino per gli amici. Il libro in uscita è la sua terza fatica editoriale, dopo "Tex... e il sogno continua" del 1994 e "Cavalcando con Tex" del 1999, quest'ultima addirittura una vera e propria enciclopedia in cinque volumi dedicata alle avventure di Aquila della Notte, scritta insieme a me e a Francesco Manetti.

Adesso, Verger ci presenta questa nuova opera, che, come le altre, nasce dalla sua passione verso il Ranger di Giovanni Luigi Bonelli e di Aurelio Galleppini e dal suo desiderio di condividere con gli altri appassionati i disegni realizzati dagli illustratori dello staff texiano appositamente per la sua collezione. Verger è collezionista di un tipo davvero particolare: non raccoglie solamente tavole originali, ma le commissiona. Chiede cioè ai disegnatori di trasferire su carta i suoi sogni. Immagina scene e situazioni, emozionanti e suggestive, con protagonista Tex, le descrive minuziosamente agli autori, e poi si gode il privilegio di avere tra le mani qualcosa di davvero unico e inedito.

Alla fine, però, Nino ha accettato di aprire i suoi cassetti e mostrare a tutti i suoi tesori. Ne "Il mio Tex", Verger presenta ben novanta illustrazioni mai viste di Fabio Civitelli, uno degli artisti più rappresentati nella sua collezione. In che cosa è consistito il mio lavoro, oltre a scrivere una introduzione che comincia con un verso di John Lennon? Devo dire che si è trattato di qualcosa di divertente ed entusiasmante, che mi ha fatto sentire più un romanziere che un saggista. Oppure, uno sceneggiatore. Infatti, ho preso una per una le novanta illustrazioni e, avendo soltanto quelle davanti ho scritto per ciascuna una decina di righe che le giustificassero.

Un esempio chiarirà meglio in concetto. Ecco la didascalia di una illustrazione che ho intitolato "Le due aquile". Il testo dice: "Ti vola attorno come se ti conoscesse, Tex. Come se sapesse, o avesse capito, che sei un'aquila anche tu. Aquila della Notte, il capo bianco dei Navajos, come dice chiaramente il simbolo cucito sul petto della casacca di pelle. In piedi su una rupe delle montagne innevate attorno al Lago Tahoe, dove sei salito per studiare il percorso che in basso è avvolto nella nebbia, tu vedi lei e lei vede te. Nei vostri sguardi che si incrociano, un compiaciuto saluto".

In pratica, ho scritto novanta piccoli soggetti, novanta piccole storie ispirate da novanta bellissimi disegni, tutti rigorosamente in bianco e nero. Come in bianco e nero è la copertina. Il giorno che mi chiederanno di scrivere una storia di Tex, ho già novanta tracce da cui cominciare (ovviamente, scherzo). I miei testi sono brevissimi perché sono i disegni a parlare, da soli.

Scrive la Little Nemo presentando il libro:
"Impresso in bianco e nero su carta di pregio nell'innovativo formato cm 29×29, raccoglie oltre 90 illustrazioni inedite di Fabio Civitelli realizzate per quest'opera nel corso di ben diciassette anni. I testi di Moreno Burattini e le illustrazioni dell'artista aretino renderanno possibile un viaggio affascinante attraverso il mondo creato da Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini e i loro successori: dal West dell'avventura al mondo degli indiani, dai desolati paesaggi del deserto alle suggestive nevicate del grande Nord".

Il volume è stato realizzato in tiratura limitata, copertina cartonata. Ciascun volume è accompagnato da una litografia inedita firmata da Civitelli. Le prime 100 copie ospiteranno inoltre un disegno originale realizzato su cartoncino editoriale. Chi volesse conoscere Giovanni Battista Verger, ascoltare Fabio Civitelli e incontrare (speriamo) il sottoscritto, non ha che da presentarsi domenica 31 ottobre alle ore 17 presso il Palazzo Ducale. Nelle foto, qui sopra vedete Civitelli mentre disegna per i suoi fan e più in alto, Giovanni Battista Verger (nelle foto di Marco Andrea Corbetta risalenti alla manifestazione Oltrecomics del 2008). Civitelli davanti agli albi di Tex è invece una foto recentissima scattata in Brasile dall'amico Zeca.

lunedì 25 ottobre 2010

SECONDA CREAZIONE

Saranno tre i libri a mia firma presentati durante la prossima edizione di Lucca Comics. Di uno, il saggio su Giovanni Ticci scritto con Graziano Romani, vi ho già parlato nel post precedente. Gli altri due mi creano un po' di imbarazzo perché gli incontri con il pubblico organizzati per parlarne sono stati messi in calendario lo stesso giorno, alla stessa ora, in due luoghi diversi e distanti e io non ho il dono dell'ubiquità. Dove andrò? Lasciamo il dubbio, in modo da rendere più interessate l'attesa. Comunque sia, il libro di cui vedete qui accanto la copertina mi è particolarmente caro.
Infatti, si tratta di una storia da me sceneggiata, disegnata nientemeno che da Milo Manara. Ma è anche il mio primo testo scritto per Vittorio Giardino. La mia prima collaborazione con Paolo Bacilieri. Il mio primo fumetto fatto in coppia con Luca Enoch. Potrei continuare a lungo, snocciolando i nomi di Silvia Ziche, Paolo Piffarerio, Massimo Cavezzali, Massimiliano Frezzato, Giorgio Rebuffi, Fabio Civitelli, Daniele Caluri, Stefano Casini, Alessandro Poli... e qui mi fermo non potendo fare il nome di tutti prima di arrivare al punto. Già, perché i nomi sono centouno, centodue con il grafico autore della scritta del titolo, il mitico Luigi Corteggi.

Qualcuno sa già di che cosa si tratta, visto che la storia in questione è stata disegnata praticamente in due ore sotto gli occhi del pubblico che, durante la scorsa edizione di Lucca, quella del 2009, si è affacciato nell'Auditorium di San Romano per assistere all'incredibile sessione di disegno destinata a realizzare centouno strisce a fumetti (una per ogni autore) a scopo benefico. Vedete alcune foto della manifestazione poco più sotto. Luca Boschi ne ha parlato nel suo blog, e Gianluca Testa ha testimoniato di aver partecipato all'asta per Telethon acquistando due delle strisce realizzate per l'occasione.

Da parte mia, posso provare a raccontare "Seconda Creazione" con qualche estratto della prefazione che gli organizzatori di Lucca mi hanno chiesto di scrivere per il volume che, finalmente, a distanza di un anno, è stato dato alle stampe.

"Il progetto era entusiasmante: 'Stiamo pensando di radunare in un unico luogo centouno disegnatori italiani - mi è stato detto - e chiedere loro di illustrare, in pubblico e in contemporanea, ciascuno una vignetta di una storia, da realizzarsi mettendo insieme i disegni di tutti'. Centuno autori, come centuno erano gli anni da festeggiare dalla nascita del fumetto in Italia, calcolata a partire dal 27 dicembre 1908, data di uscita del primo numero del Corriere dei Piccoli. L'iniziativa avrebbe avuto uno scopo benefico, visto che gli originali delle vignette sarebbero stati messi all'asta per Telethon. A me, che non so disegnare, veniva chiesto di scrivere la sceneggiatura. In pratica, se avessi accettato, avrei lavorato con una incredibile squadra grafica, composta non soltanto da alcuni nomi illustri che hanno fatto la storia del fumetto italiano, ma anche da molti giovani, in rappresentanza delle scuole e delle tendenze più diverse.

Ma anche, avrei dovuto immaginare una storia in grado di poter mettere d'accordo tutti e con la quale ciascuno potesse trovarsi in sintonia. Per cui, qualcosa di drammatico ma anche di umoristico, di realistico ma anche di grottesco, di supereroistico ma anche di minimalista. Ho immaginato che, se avessimo portato in porto con successo un progetto del genere, avremmo dimostrato una volta di più la straordinaria versatilità del linguaggio dei comics, in grado di raccontare qualunque cosa, di piegarsi duttilmente a ogni necessità narrativa, di veicolare idee ed emozioni in modo diretto ed efficace come pochi altre forme di comunicazione. Ho detto subito di sì. (..)
Era chiaro che servivano degli schizzi di riferimento, o meglio, dei model sheets. A Lucca, per fortuna, abita un giovane disegnatore con cui in passato mi ero trovato a collaborare, con soddisfazione reciproca, a una storia a fumetti tratta da un romanzo fantasy di Renato Genovese, "La frontiera di ghiaccio". Anche in quel caso, avevamo dovuto finire il lavoro con un ristrettissimo margine di tempo: eppure, Riccardo Pieruccini si era rivelato all'altezza della situazione. Così, il bravo Riccardo è stato coinvolto e, sulla scorta delle mie indicazioni, è riuscito a fornire a tutti gli autori una serie di studi preparatori di tutti i personaggi e dei principali ambienti di "Seconda Creazione". E' grazie a lui se il marinaio, la ragazza, l'adolescente, Alfa e Omega sono riconoscibili come tali in tutte le strisce in cui compaiono, nonostante che ogni disegnatore abbia lavorato in maniera estemporanea e senza collegamenti con gli altri.

Il giorno stabilito, il 30 ottobre 2009, nell'auditorium di San Romano nel cuore di Lucca, all'interno dell'incredibile cornice di una antica chiesa trasformata in uno spazio per eventi a disposizione della città, mi sono recato anch'io all'appuntamento. (...) Il colpo d'occhio, di cui nessuna foto potrà restituire l'effetto, è stato entusiasmante. Gli autori non erano proprio centouno, ma quasi. I pochissimi che non sono potuti intervenire per cause di forza maggiore o hanno disegnato nel pomeriggio o hanno provveduto da casa, contribuendo comunque al successo dell'iniziativa".


Ciò che avrete fra le mani acquistando "Seconda Creazione" (il cui ricavato finirà per contribuire ancora alla causa di Telethon) sarà un'incredibile combinazione di stili che comunque si sono fusi per raccontare una storia di 34 tavole che sono lieto di aver scritto, almeno quanto sono onorato di aver collaborato con tutti i centouno autori che hanno partecipato con me a questa avventura. Tutti davvero, dal primo all'ultimo. Scaricando l'immagine di copertina e ingrandendola potrete vedere un particolare di ognuna delle 101+1 strisce, provando a riconoscere i nomi degli autori (che elencherò in un altro intervento).


Ci sono anche alcuni disegnatori che fanno parte dello staff di Zagor e per cui avevo già scritto delle sceneggiature: il grande Gallieno Ferri, Mauro Laurenti, Marcello Mangiantini (nella foto qui accanto mentre esegue la sua striscia) e Gianni Sedioli. Se ognuno dei centouno autori troverà dieci appassionati che vorranno avere anche questa opera del loro beniamino, "Seconda Creazione" venderà abbastanza da poter raccogliere fondi in grado di fare del bene. Ma ovviamente sono convinto che gli appassionati saranno molti di più. Il prezzo pare che sarà estremamente popolare e il volume sarà distribuito anche in fumetteria.

L'appuntamento per la presentazione è per domenica 31 ottobre alle ore 17, presso la Camera di Commercio. Devo scegliere se andare lì o, alla stessa ora, a Palazzo Ducale, per la presentazione dell'altro libro, di cui vi parlerò nel prossimo post. Il libro sarà in vendita a Lucca allo stand di Comics Day/Telethon al presso di (offerta libera, minimo dieci euro).

venerdì 22 ottobre 2010

UN AMERICANO PER TEX

Credo che, ormai, siano più di una decina di libri dedicati a Tex scritti da me o con dei miei saggi all'interno. Scorrendo l'elenco nell'apposita sezione "Scripta Manent" di questo blog, gli interessanti potranno trovare i principali.
Vado particolarmente fiero del mio consistente contributo al volume della Motta "Tex, un eroe per amico", della biografia professionale di Guglielmo Letteri edita da Glamour e dei cinque volumi della serie "Cavalcando con Tex" pubblicata da Little Nemo. Quello che però vedo sempre dappertutto, per cui posso dire di essere presente nelle librerie di tutta Italia è l'Oscar Mondadori "Il passato di Tex", che ha una mia prefazione.
C'è inoltre qualcosa di argomento texiano che ho scritto e che pochi sanno essere opera mia, e sono le schede dei riassunti della maggior parte storie, per la precisione quelle dal 1948 al 2000, pubblicate sul sito della Sergio Bonelli Editore, realizzate insieme a Francesco Manetti, come dimostrano i credits che volendo si possono andare a cercare.

Peraltro, curiosando per vedere quali collaborazioni mi sono state attribuite, leggo: "Hanno collaborato ai testi (...): Moreno Burattini (Tex, Zagor, Nick Raider, Mister No)". Già, perché ho messo lo zampino anche altrove, in qualche caso facendo l'editing alle schede altrui, in altri scrivendo le FAQ.
A tutto quello che su Aquila della Notte ho già scritto, si aggiungeranno presto altri due titoli, entrambi in uscita durante la prossima e imminente edizione 2010 di Lucca Comics. Sono particolarmente contento, per non dire euforico, di potervi finalmente parlare del primo. Dell'altro, parlerò in uno dei prossimi giorni.


Sarà fresco di stampa presso lo stand lucchese della Coniglio Editore, disponibile fin dal primo giorno della fiera, il saggio "Giovanni Ticci, un 'americano' per Tex", scritto da me e da Graziano Romani, pubblicato nella collana "Lezioni di Fumetto" e messo in vendita al prezzo (che non dovrebbe spaventare nessuno) di dieci euro. Si tratta del secondo libro scritto in coppia con Romani, il cantautore rock di cui già vi ho parlato, autore del disco tutto dedicato allo Spirito con la Scure, "Zagor king of Darkwood", uscito lo scorso anno sempre presso Coniglio.
Il precedente, è stato un volume particolarmemte fortunato, intitolato "Gallieno Ferri, una vita con Zagor": ne sono state fatte, per ora, due edizioni in Italia e sono in uscita tre traduzioni estere in Croazia, Serbia e Turchia. Dopo aver parlato di una leggenda vivente come Ferri, il secondo titolo della ormai collaudata coppia Burattini/Romani non poteva che essere dedicato a un altro pezzo da novanta. E secondo noi, Ticci è uno fra i più grandi disegnatori viventi al mondo. Dopo Galep, il disegnatore senese è quello con maggiore anzianità di servizio nello staff del ranger bonelliano, nei confronti del quale può vantare il merito di aver portato le innovazioni mutuate dalle sue esperienze "americane", riuscendo a dimostrarsi uno dei migliori interpreti per personaggio, quanto a sintesi espressiva e dinamismo, eccellendo nella resa degli scenari western e dei cavalli.
Come sanno coloro, fortunatamente tanti, che hanno letto il libro precedente, io e Graziano non ci limitiamo a intervistare gli autori ma raccontiamo di loro, ne ricostruiamo la vita, recuperiamo notizie dimenticate, snoccioliamo aneddoti, curiosiamo sui tavoli da lavoro, rovistiamo nei cassetti. All'inizio del 2009 siamo andati a perquisire la casa e i ricordi di Ferri, a Recco, tornando con un ricco bottino di notizie, foto e disegni inediti (qui accanto una foto di Graziano Romani con Ferri scattata in quell'occasione); nella primavera del 2010, abbiamo bussato alla porta di Ticci, a Siena, riuscendo a trafugare ancora più materiale. Il saggio "Un 'americano' per Tex" vanta numerosissime illustrazioni, in gran parte inedite, e un bel po' di fotografie mai viste. Come già accaduto per Ferri, non ci siamo limitati a parlare dell'autore in rapporto al suo personaggio più noto, Zagor nel primo caso, Tex in questo, ma ci siamo dilungati sui lavori precedenti e meno noti.
Agli occhi di qualcuno io e Graziano Romani potremmo sembrare, forse, una strana coppia: che c'entra un ex-fanzinaro diventato fumettaro e fumettologo, come il sottoscritto, con un musicista e cantante, grintoso esponente della scena rock italiana? In realtà, basta parlare dieci minuti con Graziano per capire la sua competenza sui comics. Unire le nostre forze significa, attraverso il suo sito e i suoi concerti del tour "Darkwood to Dreamland", fare in modo che il pubblico dei suoi spettacoli e dei suoi dischi faccia causa comune con quello dei lettori di fumetti. Due mondi che si incontrano, come due sogni che si contaminano a vicenda.
Potrete comunque giudicare da soli ascoltandoci nella prima presentazione del libro che avverrà domenica 31 ottobre alle ore 10, in Palazzo Ducale (nel centro di Lucca). Saremo presenti noi autori, Laura Scarpa, Giovanni Ticci e Fabio Civitelli, un altro grande disegnatore di Tex, autore della prefazione del volume. Giovanni Ticci sarà anche presente allo stand della Coniglio Editore, per firmare il libro, nel pomeriggio di sabato 30 ottobre. In vari momenti della kermesse, ci saremo anche io e Graziano Romani. Spargete la voce anche nei forum di Tex, fate i segnali di fumo, e partecipate numerosi. Potrete anche chiedere a Romani maggiori lumi sul disco "My name is Tex" che ha appena finito di incidere.

mercoledì 20 ottobre 2010

INTERVISTAH!AH!AH!

C'era una volta una fanzine. Si chiamava "Collezionare", e sui rapporti di diretta discendenza che sussistono con "Dime Press" abbiamo detto qualche post fa. "Collezionare" nacque come fanzine fiorentina, e circolava inizialmente in un ambito piuttosto ristretto proprio sulle rive all'Arno e del suo affluente Bisenzio, che bagna Prato. Niente di strano, dunque, che volendo vivacizzare con un po' di umorismo le sue pagine pensammo di ricorrere al vernacolo fiorentino. Il metalinguaggio di Roberto Benigni, tanto per capirci.
Sul numero 7, datato marzo 1986, Enrico Cecchi (con il suo formidabile sense of humor che sempre rimpiangeremo, dato che lui, purtroppo, non c'è più) iniziò a prendere in giro Tex e Diabolik. Di Enrico potete vedere una foto cliccando qui, e vedendola capirete a chi mi sono ispirato creando Battista il Collezionista (sempre che sappiate chi è Battista il Collezionista).
Sul numero 8 (gennaio 1987) io e lui insieme proseguimmo con una intervista in vernacolo a Zagor, e quindi sul 9 (maggio 1987) io da solo firmai quella al Comandante Mark. Per la cronaca, sul numero 10 fu la volta dei Fantastici Quattro, e lì ci fermammo perché "Collezionare" cominciava a essere venduta in tutta Italia e il vernacolo, a torto o a ragione, ci pareva troppo provinciale.

In vernacolo fiorentino ho scritto anche alcune commedie, e una di queste, la più fortunata, l"Il vedovo allegro", 'ho anche "tradotta" in italiano (chi fosse intetessato, dato che in otto me l'hanno chiesto da quando ho aperto il blog, può scaricare il copione qui). Ho fatto stesso sforzo anche con l'intervista a Zagor, che vi ripropongo qua sotto. L'Eroe viene un po' preso in giro, è altrettanto vero che, come sostiene Umberto Eco in "Diario Minimo", dove si mette in parodia persino Lolita, scrivere una parodia significa rendere omaggio al modello.

TUTTO CIO'
CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE
SULLO SPIRITO CON LA SCURE
E CHE NESSUNO
HA MAI OSATO DIRVI!

Di Moreno Burattini ed Enrico Cecchi

Signore e signori, vi voglio parlare d'uno dei più ganzi eroi del fumetto italiano. Quest'eroe sarebbe Zagor. Zagor vive in una capanna in mezzo alla foresta di Darkwood, situata fra le Hard Rock Mountains e il Punk River. In questa foresta, oltre a lui, ci stanno anche duemila tribù d'indiani di tutti i tipi. Siccome gli indiani maschi son tutti piuttosto bruttini (e si dice anche poco dotati), e siccome invece Zagor è parecchio belloccio (anche quando ha fatto a botte con trenta è sempre pettinato), le squaw di Darkwood fremono tutte per lui, e in parecchie hanno provato a portarselo nel tepee. Ma Zagor non ne vuol sapere, e anche a quelle più belline gli dice sempre di no: difatti lui non vuole altra compagnia che quella del suo amico Cico. Per questo gli indiano lo chiamano Zagor-the-Gay. Il nemico di Zagor più cattivo è il professor Hellingen, che non è il professore che lo interrogava a tradimento e lo bocciava sempre quando andava a scuola, ma uno che ci ha la passione dell'elettronica ed è fanatico dei robot trasformer. La prima volta che si vide, n'aveva montato uno che sembrava tutto Mazzinga. Zagor gliene disfece e gliene buttò nel lago. Da allora in poi non si sono più potuti vedere, e Zagor glien'ha fatte di tutte a quel povero Hellingen: gl'ha dato fuoco, gl'ha tirato una fiocina nello stomaco, l'ha fatto scoppiare con il suo laboratorio, ma non gli è mai riuscito a levarselo da' piedi.

Intervista a Zagor e Cico(ripresa fedelmente dal nastro magnetico)

Intervistatore: Volete presentarvi ai nostri amici lettori? Cominci lei, signor Cico.

Cico: Cico non è altro che l'abbreviazione del mio vero nome: don Cico Felipe y Martinez y Cayetano y Gonzales y Raimundo y Fuentes y Pibe de Plata y Fedora (ma per pochi intimi)y Sances y Tonito y Piullargo y Chellungo y Ramires y Rotundo y Barreiro y Pescador y Maldito hijo de perro y...

Zagor: Buonanotte! A aspettare quest'altro si fa domani. Il mio nome è Zagor, abbreviazione di Za-gor-the-nay, che in dialetto algonchino (una lingua che non ci si capisce nulla, peggio del bergamasco) vuole dire: Lo Spirito con la Scure.

Intervistatore - Allora lei rifiuta la voce secondo la quale il suo vero nome sarebbe Zagor-The-Gay.

Zagor - La rifiuto nel modo più assoluto. Chi l'ha messa in giro è un cattivone che se lo trovo lo graffio tutto!

Intervistatore - Qual sarebbe di preciso il suo mestiere?

Zagor - La mia missione è: difendere i deboli e gli oppressi dai soprusi dei prepotenti.

Intervistatore - Un compito ingrato?

Zagor - Abbastanza. La mia vera vocazione la sarebbe stata quella d'aiutare i prepotenti a dargliene ai deboli e agli oppressi; ma la Casa Editrice dice che così non si venderebbe nemmeno un giornalino.

Intervistatore - Ci parli dei suoi rapporti con la Casa Editrice. Come sono?

Zagor - Per nulla buoni!... Lo vedrebbe anche un cieco al buio che la serie è fatta in economia: tutti gli altri eroi ci hanno degli aiutanti svelti di mani e di cervello, a me invece m'hanno affibbiato un immigrato clandestino messicano, che solo di vitto mi consuma metà dello stipendio.

Intervistatore - Insomma, vita dura.

Zagor - Più dura di così, si muore. Come se non bastasse, anche il mio look lascia un po' a desiderare. Come si fa a tendere un agguato a qualcuno con questa canottierina rosso fuoco e con questo tondo giallo sole nel mezzo? I banditi mi vedano a due chilometri di distanza, e scappano via al galoppo. E poi, anche l'armi in dotazione fanno proprio pena, siamo sinceri!

Intervistatore: Non è contento della sua scure?

Zagor - Non son contento, no! M'hanno dato un pezzo di legno e un sasso e m'hanno detto: - Tié, questa è la scure - e me l'hanno legata in vita, cosicché quando cammino mi sbatte contro la coscia provocandomi ematomi e lividi che mi fanno vedere le stelle!

Intervistatore - Eh, certo... dev'essere un bel supplizio.

Zagor - E dulcis in fundo, ha visto come mi tocca a parlare? Mettiamo il caso che mi tirino una freccia: io, prima di scansarmi devo dire: - Per tutti i tamburi di Darkwood! - Dimmi te come fo a non pigliarla! No era meglio farmi dire: mondo assassino! O: Maremma diavola?

Intervistatore - Il lavoro come procede?

Zagor - Quello non manca di certo. M'hanno dato anche a me un nemico irriducibile: il professor Hellingen. Un pazzo! Voleva trasformare la mia bella foresta in un parco dell'orrore con antichi vikinghi, morti viventi, piante carnivore e uomini volanti.

Intervistatore - Meno male che gliel'ha impedito! E oltre a Hellingen, quali sono i suoi nemici?

Zagor - Antichi vikinghi, morti viventi, piante carnivore e uomini volanti!

Proprio in quel mentre s'udì il tam tam di una tribù vicina che annunciava l'ennesima minaccia di quel pazzo di Hellingen. Ascoltato il messaggio, Zagor balzò in piedi e gridò:

Zagor - Questo è un lavoro per Superman! Via, più veloce della corrente elettrica!

E s'alzò in volo.Per fortuna restava ancora la compagnia di Cico per scambiare due parole.

Cico - ...y Pedrinho y Luvanor y Jair y Toninho y...
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Due parole sulle illustrazioni. La mia caricatura è opera di Mauro Laurenti, uno dei miei amici più cari. Zig-Zagor è una parodia opera di Marcello Toninelli, che di Zagor è stato a lungo sceneggiastore ma che è uno straordinario autore completo umoristico. La vignetta "Se dovesi disegnare Zagor" è tratta dal blog "Diariodeformato". La vignetta di "Massy" me la sono trovata nell'hard disc senza avere la minima idea di come vi sia giunta. Massy, se ci sei, batti un colpo. Invece, il disegno di Conan sulla copertina di "Collezionare" è opera mia, ma avevo davanti un albo Marvel, ovviamente.

martedì 19 ottobre 2010

SINDROME DA SINDONE

Lo so che si dovrebbe scherzare con i fanti e lasciare stare i santi, ma la più bella barzelletta del 2010 riguarda la recente ostensione della Sindone. Non è blasfema, per cui la racconto senza timore di offendere nessuno. Due amici si incontrano e uno dice all'altro: "Ieri sono stato a Torino". "Ah, e l'hai vista la Sindone?". "Macché! Sono andato, ma c'era un lenzuolo davanti".
Ho anticipato, qualche tempo fa, che mi sarebbe piaciuto dire qualcosa sull'argomento del telo di lino custodito nel Duomo di Torino, dopo essermi azzardato nell'esprimere pareri sui cerchi nel grano e sugli oroscopi (con due post, peraltro, premiati da una larga affluenza, soprattutto il primo). Non che ritenga di poter mettere sullo stesso piano la sindonologia, l'ufolologia e l'astrologia, sia ben chiaro. Però diciamo che tutti e tre gli argomenti riguardano il campo del mistero e del trascendente, da cui sono fortemente attratto e verso il quale, però, mantengo un atteggiamento non scettico a priori, ma razionale. Cioè, chiedo di poter capire. Mi faccio delle domande e cerco delle risposte. Se ci sono argomenti convincenti, a favore o sfavore, sono disposto a farmi convincere. Viceversa, di fronte ad affermazioni che mi lasciano perplesso, sospendo il giudizio in attesa di ricevere spiegazioni che mi tolgano tutti i dubbi.

Ciò premesso, mi azzardo a fare qualche ragionamento anche sul sudario torinese noto appunto come Sacra Sindone. Sacra o Santa, tanto per cominciare? Wikipedia, che denomina laicamente la voce dedicata alla reliquia come "Sindone di Torino", dice "sacra". Il "sito ufficiale della Santa Sindone" (almeno, così si autodefinisce), dice appunto "santa". La faccenda non è peregrina, perché molte cose possono essere "sacre" (per qualcuno lo è, per esempio, il suolo patrio), ma poche dovrebbero essere "sante". E' probabile che anche molti atei possano riconoscere la "sacralità" di qualcosa, ma magari non una "santità". Per quel che ne so, la Chiesa cattolica, attualmente non si esprime né a favore né contro l'autenticità della reliquia, ma ne autorizza il culto come icona della Passione di Gesù. Dunque, discutendo dell'argomento, e non accettando a priori l'autenticità del Sudario, sono certo di non turbare la coscienza religiosa di alcuno come accadrebbe, per esempio, se mettessi in discussione la santità di un Dottore della Chiesa. E qua già si crea il primo dubbio, uno di quelli che (credo) sorgono spontanei a chi esamini l'immagine impressa nella Sindone. Non si può fare a meno di notare, infatti, come l'Uomo raffigurato nel telo torinese abbia il segno dei chiodi delle mani lasciati all'altezza dei polsi (peraltro, va detto, là dove in effetti dovrebbero essere). Viceversa, Padre Pio (o San Pio, come forse andrebbe chiamato) aveva le stigmate nel palmo delle mani (dove ce le hanno i santini). A questo punto, è lecito o non è lecito domandarsi quali siano le vere piaghe di Cristo? Verrebbe da dire che o è falsa la Sindone o è falso Padre Pio, dato che tertium non datur. La Chiesa, santificando il Frate di Pietrelcina (e dunque certificando che le sue stigmate non erano autoinferte con l'acido fenico), ha forse stabilito la falsità della Sindone? Non lo so, chiedo.

Ora, continuare a farsi domande su ogni particolare allungherebbe a dismisura questa riflessione. Una semplice ricerca su Internet consente a tutti di approfondire l'argomento e ricostruire la storia della Sindone (o delle Sindoni, dato che ce ne sono più di una).

C'è chi ritiene che l'impronta termica lasciata sullo strato superficiale del lino sia il negativo fotografico della "folgorazione" della Resurrezione, chi pensa a una riproduzione artistica realizzata tramite pirografia, o a una falsa reliquia come le tante fatte circolare nel Medioevo. Ci sono coloro che sostengono di aver trovato ogni genere di conferme, dal tipo di tessitura ai pollini conservati fra le fibre tessili, a sostegno dell'autenticità della reliquia. A costoro, rispondono quelli che smontano sistematicamente le prove a favore. Alcuni, addirittura, dicono di aver trovato i segni di monete posti sugli occhi del Crocifisso, come si sarebbe usato in Palestina ai tempi di Gesù, ma ecco documentati saggi di smentita. Di recente, una discussa studiosa (discussa non da me, sia ben chiaro, ma dai suoi detrattori), Barbara Frale, ha sostenuto di aver trovato perfino delle scritte sul telo con il nome di Gesù. Subito, l'ipotesi è stata negata da chi dice che le scritte le vede soltanto lei. Tre diverse datazioni con il radiocarbonio hanno indicato come epoca della tessitura del sudario un periodo compreso tra il 1260 e il 1390. La datazione è stata contestata, e la contestazione, ricontestata a sua volta.

Per quel che mi riguarda, trovo difficile discutere su questo tipo di argomentazioni, dato che non sono uno scienziato. Posso dirmi più o meno convinto dalle tesi di questo o di quell'esperto, ma sicuramente non potrò essere io a dire chi abbia ragione: mi limito a registrare che non ci sono prove certe dal punto di vista scientifico, e che dunque chi crede all'autenticità lo fa appunto ascoltando le ragioni del cuore e non basandosi su dati di fatto.
Ma, giunti a questo punto, mi chiedo: ci sono delle riflessioni di semplice buon senso che può fare, su due piedi, anche un profano come me? Sicuramente sì, e il metodo è sempre lo stesso: farsi qualche domanda e cercare di darsi delle risposte il più possibile logiche.

La prima cosa che, nella mia ingenuità, mi viene da chiedermi è questa. Ma nei Vangeli, quando (a seconda delle discordanti versioni degli Evangelisti) le Pie Donne o alcuni degli Apostoli, entrarono nel Sepolcro di Gesù, trovandolo vuoto, si accenna al fatto che ci fosse la Sindone ripiegata da qualche parte?
Non stiamo adesso a discutere sull'attendibilità dei Vangeli in quanto scritti alcuni decenni dopo i fatti ad opera di autori sconosciuti (individuati dalla tradizione in Marco, Matteo, Luca e Giovanni) e giunti a noi attraverso codici probabilmente rimaneggiati in più parti, come sostengono molti filologi biblici. Diamo per scontato che un fondo di attendibilità ci sia.
Matteo, Marco e Luca accennano a un "lenzuolo" in cui sarebbe stato avvolto Gesù per deporlo dalla croce e trasportarlo fino al Sepolcro: ma, appunto, solo come mezzo di trasporto. Non fu in quel lenzuolo che Cristo venne sepolto, o almeno, non lo si dice. Ed è evidente che un corpo martoriato avvolto subito dopo la deposizione in un lenzuolo non avrebbe lasciato l'immagine "in posa" che ha l'Uomo della Sindone. E nel trasporto verso la tomba non avvenne certo la "folgorazione" della Resurrezione. D'altro canto, nessun evangelista fa cenno a lenzuoli trovati nel Sepolcro. Soltanto Luca e Giovanni descrivono l'interno della camera funeraria e parlano di "bende" lasciate a terra. Giovanni, in particolare, dice espressamente che il corpo di Gesù fu fasciato prima di essere sepolto. Ora, è chiaro che l'impronta sulla Sindone di Torino è quella di un uomo nudo, e non fasciato. E se Gesù fosse stato fasciato, non avrebbe potuto lasciare quell'impronta. La domanda (spero legittima) che mi pongo (chiedendo di capire) è questa: chi crede all'autenticità della Sindone, dunque, non crede all'autenticità delle parole di San Luca e San Giovanni?

Altro dubbio. Leggo che l'Uomo del telo di Torino è alto all'incirca 185 centimetri. Cioè, un'altezza notevole anche per i nostri giorni. Ma addirittura spropositata per i tempi dell'Impero Romano, e soprattutto per i palestinesi di quell'epoca. Pare che gli ebrei del primo secolo fosse alti di media tra un metro e cinquanta e un metro e sessanta. Può anche darsi che Gesù fosse più alto della norma. Però, i Vangeli non lo dicono. Non solo: i Vangeli dicono che Giuda dovette abbracciare e baciare il suo Maestro per consegnarlo ai soldati, la notte del suo tradimento. Questo perché andava individuato senza possibilità di equivoco in mezzo ai suoi discepoli. Ma se Gesù fosse stato venticinque o trenta centimetri più alto degli altri, non ci sarebbe stato bisogno di nessun bacio. Dunque? Crediamo alla Sindone o al bacio di Giuda? Non è una domanda ironica, e men che mai sarcastica: è la ricerca di una spiegazione, che ci può senz'altro essere.


Ma c'è qualcosa che lascia ancora più perplessi. Ed è questa. L'Uomo della Sindone è nudo. Ma ha le mani pudicamente riposte sul pube. Ora, se qualcuno avesse voluto creare una falsa reliquia o dipingere tramite pirografia una raffigurazione artistica, avrebbe inevitabilmente avuto lo scrupolo di realizzare qualcosa che si potesse esporre in una chiesa alla venerazione dei fedeli. E gli sarebbe stato indispensabile coprire i genitali. Viceversa, seppellendo un morto, non ci si pone il problema di qualcuno che debba vederlo. La posa dell'Uomo della Sindone è forzata, e se quello fosse Gesù, avrebbe avuto le braccia distese lungo i fianchi. Il fatto di costringere una figura umana con le mani sul davanti, indica che si pensava a un pubblico.

Leggo che secondo le regole ebraiche le mani del morto devono essere stese lungo il corpo, con i pollici ripiegati all'interno "affinché con la loro posizione traccino il segno di Daleth". Ho anche registrato la dichiarazione del rabbino Israel Levy che dice di "non aver mai viso un ebreo seppellito con le mani incrociate sulla regione pubica: la cosa, non solo sarebbe stata considerata impura, ma era contraria alle prescrizioni del Talmud; gli ebrei sono sempre stati seppelliti con le braccia distese lungo i fianchi del corpo". Non so se sia vero, ma trovo che queste affermazioni concordano con il buon senso. Anche i nostri morti vengono, in linea di massima sepolti con le mani sull'addome e non già a coprirsi il pube. Non c'è, a lume di naso, nessun motivo per quella posizione delle mani se non la necessità di salvaguardare l'esposizione al pubblico, specificamente quello pudibondo di epoca cristiana che frequenta le chiese e si mette in fila davanti alle reliquie. Si tratta, comunque, soltanto di un altro mio dubbio: qualcuno, magari Barbara Frale, forse mi spiegherà domani che all'epoca di Gesù era precisa consuetudine seppellire i morti con le dita sui genitali, e guai anzi a chi non se li copriva. Ma finché non ne avrò conferma mi sembra che la posa dell'Uomo della Sindone sia appunto iconografica e pudica.
Troppo, per essere vera.

domenica 17 ottobre 2010

MONITOR E TRIBUNA

Nella colonna qui a fianco, a destra, c'è una mia breve autobiografia, poco più di un epitaffio, intitolata "Monitor e tribuna". Un titolo che a qualcuno potrebbe sembrare antipatico se lo si considera come indice di presunzione e vanagloria, oppure spiritoso se si intuisce subito che è semplicemente l'anagramma del mio nome. Il fatto che io coltivi la passione per l'enigmistica e i giochi di parole è cosa che dovrebbe essere ben nota a chi segue questo blog fin dagli esordi.
Tuttavia, "Monitor e tribuna" è un titolo che ben si adatta volendo parlare dei video su YouTube che mi riguardano.
Facendo una ricerca ho scoperto che, almeno quelli con il mio nome nel titolo, sono circa settanta. Se poi ce ne sono altri in cui sono stato filmato e etichettato come "Buffo sciatore che si schianta contro un mucchio di neve" o "Idiota che inciampa nel marciapiede dopo essersi voltato a guardare il sedere a una ragazza", non lo so.
I due più recenti sono quelli relativi a una intervista fattami da Gianluca e Adriana della Zagor TV, di cui vi ho diffusamente parlato in un recente post. Ricordo a tutti che Gianluca ha suo blog "fumettoso" in cui sono visibili foto e filmati da lui realizzati durante incontri con sceneggiatori e disegnatori, così come c'è un blog dedicato proprio alla Zagor TV, un canale frutto del lavoro di appassionati zagoriani in cui compaiono però video dedicati anche ad altri eroi dei fumetti.

Qui di seguito ho inserito i due filmati della recentissima intervista, in cui ci sono alcune anticipazioni che mi riguardano, e altri due video che potrebbero interessare qualcuno.

Riguardo alle anticipazioni, già da un po' mi si chiede, sui forum, di rivelare, come tradizione in questo periodo dell'anno (in realtà, credo di averlo sempre fatto in novembre) il programma di Zagor dei dodici mesi a venire, dunque da gennaio a dicembre del 2011. Di solito, mi facevo vanto di essere l'unico curatore di testata in casa Bonelli a far approvare tutti i titoli dell'anno successivo già prima che finesse quello precedente.

Quest'anno, non so se farlo. Nel corso del 2009 e del 2010 si è verificata la necessità di cambiare a programmazione, sostituendo titoli e storie, per cause di opportunità o di forza maggiore. Se si stabilisce un titolo dieci mesi prima che esca un racconto, non si ha sottomano già la copertina di quell'albo e può essere che il disegno scelto evochi un titolo diverso e più adatto (è il caso di "Ombre gialle"). Può essere anche che idee migliori vengano avendoci pensato più a lungo. A volte si sono cambiati i programmi perché una storia messa in calendario non era pronta. E se si danno troppe anticipazioni poi si devono smentire e correggere. Per non parlare poi della mancanza di attesa e di una diminuzione dell' "effetto sorpresa" in un pubblico che sa già tutto quello che sta per uscire: titoli, autori, durata delle storie. Mi chiedo perciò se non sia meglio, almeno per un anno (per fare un esperimento) non rivelare nulla. Voi che ne dite?

Intanto, vi rivelo qualcosa: l'albo di Zagor di dicembre, previsto e annunciato un anno fa come una storia di Perniola-Mangiantini dal titolo "La danza degli spiriti", non sarà nè di Perniola nè di Mangiantini, e avrà per titolo "Uomini senza legge".















giovedì 14 ottobre 2010

DIGITALE PURPUREA

Che fra me e la tecnologia ci sia tutta una serie di incomprensioni mai sanate che macerano da anni, è cosa arcinota. L'argomento è stato persino uno dei primi che ho affrontato aprendo il blog.
Le incomprensioni non riguardano soltanto il computer ma tutto ciò che abbia un meccanismo abbastanza complesso. Per esempio non sono mai riuscito a caricare la penna stilografica che mi hanno regalato per la laurea. Ho difficoltà addirittura a far funzionare il rubinetto dell'acqua: in redazione c'è un lavandino che quando lo apro io provoca un getto così potente da scatenare un effetto Vajont, rimbalzando sul lavabo e colpendomi con micidiale precisione all'altezza della zip dei pantaloni, così che quando esco dal bagno sembra sempre che mi sia fatto la pipì addosso. Sono anni che provo a girare piano la manopola in modo da governare il flusso, ma lo schizzo passa dal gran secco allo tsunami nell'arco di una frazione di grado. Agli altri colleghi, pare che non succeda. Guardo il pacco a tutti quando escono, ma sono asciutti (e chissà che pensano dei miei sguardi).
Di recente, per il mio compleanno, in famiglia mi hanno fatto dono di un cellulare, di quelli senza tasti, che funzionano (o dovrebbero funzionare) toccando lo schermo. Una tragedia. Ho smesso di mandare SMS perché non riesco più a rispondere: batto gran colpi sul vetro senza che l'aggeggio mi degni della minima considerazione, e c'è una specie di punteruolo che gli altri riescono a estrarre dal corpo macchina e che io non trovo mai, mimetizzato com'è non so dove. Per di più, se tengo il telefono in verticale le scritte mi si mettono in orizzontale e viceversa. Il problema non è soltanto questo (e mi avvicino così al tema di questo post), ma è soprattutto nell'umiliazione che provo nel vedere che il resto del mondo non ha problemi. L'altra sera, dopo aver inutilmente cercato di convincere per dieci minuti buoni il mio telefonino a comporre il numero di un certo Francesco dando colpi d'unghia, di polpastrello, di nocche, ho passato l'apparecchio a mio figlio che mi guardava con aria compassionevole. Lui si è rivolto all'apprecchio, gli ha detto "Francesco" a voce alta, con tono deciso, e il telefonino ha immediatamente fatto il numero. Gli ha obbedito! E' bastato dirglielo, comando vocale. Inutile dire che se gli parlo io, il telefonino non dà segni di vita. Ho capito che non si tratta soltanto di incomprensioni. A me, la tecnologia mi odia. Sono vittima di mobbing da parte del mio cellulare.

Così, sono mortalmente invidioso quando vado sul blog di Roberto Recchioni e leggo frasi come questa: "Non c'è una App per comprare i libri attraverso l'iPad. Cosa normale una volta che si scopre che l'iPad non può leggere i libri presenti su Biblet a causa del DRM che li protegge. Ovviamente, lo stesso discorso vale per Kindle.
In sostanza, per il momento i due maggiori reader al mondo sono esclusi e l'unico device su cui potete leggere i vostri libri comprati dallo store della Mondadori è il computer".
Eh? Che è l'App? Che è Biblet? E il DMR? E Kindle? E che sono i reader e i device? Per fortuna immagino (ma non ne sono del tutto sicuro) che "lo store della Mondadori" sia una libreria, e mi auguro che dovendo cercarla i passanti a cui chiedessi informazioni sappiano indicarmela anche se la chiamo libreria e non store. O è una libreria telematica? Mah.

Sul blog di Diego Cajelli non va meglio.
Leggo che, avendo dei problemi con un suo fantascientifico telefonino (per fortuna, anche lui) se ne lamenta e scrive: "posso fare il downgrade del firmware, ho capito come farlo ed è alla mia portata perché non sono un celenterato". Al che mi rendo conto che sono un celenterato io, dato che è la prima volta nella mia vita che leggo parole come "downgrade" e "firmware". Al post c'erano due chilometri di commenti di gente che gli dà consigli. Anch'io ho aggiunto il mio, al che la discussione si è interrotta, nessuno ha più osato replicare: "Ho letto quello che avete scritto e non ci ho capito una beata mazza. Non ho idea di che siano HTC wildfire, Android, ios, downgrade e ovviamente non ho afferrato quali siano i problemi del non-so-cosa di Diego. Mamma mia".

Perché vi dico tutto questo? Perché sappiate che se quello che sto per dire lo dico proprio io, che sono (lo abbiamo capito) un celenterato tecnologico, significa che non ci sono dubbi: è drammaticamente vero. Stiamo perdendo il treno, bisogna correre per saltarci sopra al volo, prima che sia troppo tardi. Ecco perché. Si è svolta da poco la Buchmesse, la Fiera del Libro di Francoforte. Nell'occasione, l'Associazione Italiana Editori ha pubblicato il su tradizionale "Rapporto sullo stato dell'editoria in Italia". I dati dicono che il fatturato è calato del 4,3 per cento, la produzione dei titoli dello 0,5 ma la lettura dei libri è aumentata dell'1,1 per cento. Il 45 per cento della popolazione legge meno di tre libri all'anno (in compenso legge chilometri di inutili chat) e il 15 per cento ne legge uno al mese. Leggono più le donne che gli uomini (gli uomini preferiscono evidentemente guardare le donne che leggono) ma, cosa incredibile, nella sola Lombardia si comprano il trenta per cento dei libri venduti in tutta Italia. Fin qui, sono le normali statistiche. Ed ecco invece il dato che mi ha fatto pensare. L'ottanta per cento dei lettori italiani dichiara di non essere disponibile a leggere romanzi sottoforma di e-book e il sessanta per cento dei "forti lettori", quelli che fanno davvero io mercato, risponde di non avere nessuna intenzione di acquistare e-book nei prossimi mesi. E' ovvio che io avrei risposto lo stesso, visto che non riuscirei neppure a far scorrere la prima pagina dopo il frontespizio (ammesso che i misteriosi e-book abbiano un frontespizio), tuttavia in Italia si prevede che i libri digitali tocchino quota 0,1% del mercato in breve tempo. Ma nel resto del mondo le cose stanno molto diversamente. Se ne è parlato a lungo a Francoforte. E anche da noi, la situazione cambierà. Basta vedere la gente che legge l'iPad in metropolitana. Basta considerare che ormai anche i quotidiani e le riviste si possono scaricare per leggersi sullo schermo. I ragazzi non passano più dall'edicola, passano dall'Ovi o dall'iTune Store.

Uno molto informato, Matteo Stefanelli (che ho la fortuna di conoscere personalmente) scrive nel suo blog che "entro fine anno il 10% delle vendite di libri in USA saranno ebook" e che "da qui al 2012 dovremo aspettarci una crescita annuale di questo segmento intorno al 42%". Il Paese dove si vendono più e-book in assoluto, sempre secondo Stefanelli, è il Giappone: nel 2009 ben 6 dei primi 10 bestseller venivano da 'edizioni' per cellulare: "ma le radici del locale mercato dell'e-book affondano su un contenuto piuttosto ignoto agli editori nostrani: il fumetto".

Eccoci al punto. Ragazzi, non so come dirlo, e mi piange il cuore a dirlo, perché io continuerò a leggere robe di carta e quando morirò vorrò essere cremato sulla pira di tutti i miei libri e i miei fumetti (di cui ai miei figli non importerà nulla avendo tutto quello che vogliono leggere nella libreria del loro iPad), però se non cominciamo a mettere i fumetti in formato digitale come e-comics e non li facciamo scaricare ai ragazzi dalla rete, non andremo molto lontano. Dovremmo cominciare almeno a far girare dei trailer, delle anteprime, che so, "Il Giornale di Sergio Bonelli" scaricabile per iPhone e iPad, ma qualcosa del genere bisogna pur pensarla. Dovremmo fare dei siti con delle animazioni, degli effetti speciali, delle applicazioni con funzione download. Dovremmo fare in modo che se i miei figli che si fanno obbedire con i comandi vocali dai telefonini vanno su un sito di fumetti possano pensare "che figata". Poi, facciamo pure i nostri albi di carta, ma se vogliamo avere un futuro presso le nuove generazioni dobbiamo pensare in modo digitale. E detto da me, è davvero clamoroso.

E' come se Maria Pascoli avesse annusato anche lei il profumo del fiore proibito, come l'amica Rachele. Che sto dicendo? Beh, fra i libri su cui sarò cremato ci saranno anche tutti quelli di poesia che riempiono un intero Billy, e fra questi molti saranno del mio amato Giovanni Pascoli, poeta su cui ho anche scritto qualche cosuccia (è il signore con la pipa qua accanto). Nei suoi Poemetti compare una poesia intitolata "Digitale Purpurea".
Nonostante il titolo, non parla di e-books ma di un fiore, quello che vedete in alto, in apertura. Il poeta racconta di sua sorella Maria che, un giorno, ritrova una sua vecchia compagna di scuola, Rachele, con cui insieme avevano frequentato un collegio di suore. Una di queste, aveva messo in guardia le educande dal profumo della "digitale purpurea" che cresceva in un angolo del guardino, dicendo che l'odore emanato era inebriante, ma mortale. La cosa ha un vago fondo di verità, dato che effettivamente dalla pianta si estrae una sostanza curativa che può essere letale se presa in una dose appena superiore. Maria, spaventata, non osò mai più avvicinarsi ai fiori purpurei. Rachele, invece, a distanza di anni, confessa di esserne stata attratta proprio perché erano proibiti, e di averne respirato il profumo a pieni polmoni. L'allusione erotica è chiarissima: l'attrazione, il desiderio, l'ebbrezza, ma anche il timore in chi teme la forza delle pulsioni sessuali. Esattamente come nel "Gelsomino notturno": "dai calici aperti s'esala / l'odore di fragole rosse". Tutti sappiamo che odore è e che cosa sono quei calici aperti. Maria rimase sempre vergine, Rachele, evidentemente, no.

Anche per me, in altro contesto, non la Digitale ma il digitale mi spaventa come se fosse velenoso:
"Ché si diceva: il fiore ha come un miele

che inebria l'aria; un suo vapor che bagna
l'anima d'un oblìo dolce e crudele".
Morirò vergine e zitello senza mai aver letto un e-book (come non ho mai visto un film in 3D), ma so che tutti gli altri si avvicinano senza paura e si inebriano.

mercoledì 13 ottobre 2010

SEICENTO


Come promesso, dopo il successo della prima puntata della sua rubrica "Diamo i numeri" (e dell'aggiunta "Top Ten"), Saverio Ceri, uno dei fondatori (con me, Manetti e Monti) della rivista Dime Press, torna a trasmetterci i dati del suo sterminato database e i risultati delle sue elucubrazioni, dedicandosi questa volta ai primi seicento albi di Tex. Gli cedo volentieri la tribuna, lo spazio, la parola.

DIAMO I NUMERI 2

di Saverio Ceri

Tex 600, appena uscito, è il pretesto per una nuova incursione nel mondo dei numeri bonelliani, texiani in particolare. Con l'albo full color del mese di ottobre, per la cronaca il 37° albo celebrativo a colori della SBE e il 7° di Tex, curiosamente Aquila della Notte raggiunge e supera anche un altro traguardo, quello delle ottantamila tavole. Sono infatti 80.003,67 le pagine di Tex pubblicate fino a oggi sulle varie collane dedicate al ranger creato da G.L. Bonelli. Il virgola sessantasette deriva inevitabilmente dalla doppia vita editoriale del personaggio. Dal 1948 al 1967 le storie inedite venivano pubblicate nel formato a striscia. Per formare una tavola, l’unità di misura di questa classifica, sono necessarie quindi tre strisce. Le strisce pubblicate in quel periodo, più una manciata aggiunte in fase di ristampa, sono 38.513 pari a 12.837,67 tavole. A queste vanno ad aggiungersi le 67.166 tavole stampate direttamente nel formato attuale; tante sono, infatti quelle pubblicate fino a oggi a partire da pagina 69 del numero 96, pagina spartiacque nella vita editoriale della testata attuale: ristampe prima, inediti dopo.

Quattro sono le collane firmato "gigante" che hanno ospitato le avventure inedite di Tex: la serie regolare, che ha riproposto come già detto tutte le avventure pubblicate nei 973 albetti a striscia, suddivisi in 36 serie della prima incarnazione editoriale dell’eroe; la prestigiosa serie Tex Speciale, o “Texone”; l'Almanacco del West; il Maxi Tex.

Le tavole sono così ripartite:

Tex Gigante: 68.323,67 tavole (600 albi)

"Texone": 5374 tavole (24 albi)

Maxi Tex: 4520 tavole (14 albi)

Almanacco del West: 1786 tavole (17 albi)

Il totale è di 655 albi marchiati Tex, che hanno ospitato 401 avventure del più longevo eroe bonelliano. Già. Un altro traguardo raggiunto da pochi giorni, col 14°maxi, è quello delle 400 storie. Con un semplice calcolo scopriamo che la lunghezza media di un episodio di Tex è di circa 200 pagine.


Per essere pignoli, però, nella storia della casa editrice, Tex vanta un altro paio di avventure a fumetti. La prima, che risale al 1951, è quella intitolata “La banda del Campesino” di 32 strisce, pubblicata a vignette singole e alla rinfusa in quarta di copertina della terza serie a striscia. Erano i lettori a dovere indovinare la giusta sequenza e quindi a rimettere in ordine l’episodio. La seconda storia, “Pista di sangue”, è apparsa nel 1995 sul numero 27 di Ken Parker Magazine, 32 pagine firmate da Nizzi e Ticci. Esistono, infine, altre tre avventure brevi del ranger, ma sono sempre state pubblicate su testate non bonelliane.

Ma entriamo nel vivo. A pochi, in 62 anni di pubblicazioni, è stato concesso di scrivere storie di Tex. 12 gli sceneggiatori, e di questi i primi 4 in classifica coprono il 94% della produzione. Eccoveli in ordine di tavole sceneggiate:

G.L.Bonelli: 30862,17 tavole

Nizzi: 29571 tavole

Boselli: 9503,5 tavole

Nolitta: 5199 tavole

Segura: 1603 tavole

Faraci: 986 tavole

Manfredi: 495 tavole

Medda: 440 tavole

Ruju: 440 tavole

Canzio: 342 tavole

Berardi: 338 tavole

D'Antonio: 224 tavole

Gianluigi Bonelli e Nizzi risultano molto vicini nonostante che il primo abbia lavorato al personaggio per 43 anni (dal ’48 al ’91), mentre il secondo solo per 27 (dall’83 a oggi): in tempi recenti infatti le pagine annualmente dedicate a Tex sfiorano quota duemila; il record è del 2002, anno in cui sono state pubblicate 2005 tavole del ranger; nel periodo coperto da G.L.Bonelli invece al massimo si arrivava a poco più di 1300 tavole e nel frattempo quest’ultimo prestava la sua penna a un’altra ventina di personaggi . Comunque il creatore del personaggio rimarrà ancora a lungo il suo più prolifico sceneggiatore, sembra infatti che di Nizzi ci siano nel cassetto, ancora da pubblicare, soltanto 3 storie, per un totale di 664 tavole, la metà di quante ne servirebbero per fargli scavalcare l’illustre capofila. Un piccolo record c’è l’ha comunque anche Nizzi: in un solo anno (nel 2003) ha realizzato 1768 pagine di Tex; nessun’altro nella storia della casa editrice è riuscito a fare più tavole per un singolo personaggio nell’arco di 12 mesi.

La classifica annuale è stata vinta 35 volte da G.L. Bonelli, 22 volte da Nizzi, 4 volte da Boselli e 1 volta da Nolitta. Nel 2010 per ora è intesta Boselli.

Passiamo ai disegnatori. Sono 62 ufficialmente coloro che si sono occupati di illustrare le avventure di Tex. Ufficialmente significa che la graduatoria che segue tiene conto dei credits delle pubblicazioni e del sito della casa editrice. Secondo fonti diverse, ci sono sparsi qua e la, specialmente fino agli anni ’70, molti ghost artist, ovvero collaboratori più o meno occulti del disegnatore ufficiale della storia. Potremmo tornare in futuro sull’argomento: la classifica “non ufficiale” dei disegnatori texiani e le differenze con quella ufficiale sarebbe una curiosità adatta a questa rubrica.

Questa la graduatoria:

Galep: 15242,67

Letteri: 10897,33

Ticci: 7002,33

Fusco: 6980

Nicolò: 4917

Ortiz: 3902

Civitelli: 3572

Marcello: 2451

Monti: 2056

Repetto: 2035

Font: 1966

Villa: 1702

Muzzi: 1546,67

Blasco: 1272

Diso: 1096

F.Gamba: 1061

Venturi: 1015

De La Fuente: 978

Giolitti: 784

Cestaro Bros: 550

Capitanio: 541

Sommer: 534

Seijas: 489

Della Monica: 448

Mastantuono: 444

Del Vecchio: 440

Brindisi: 375

Bianchini-Santucci: 330

Cossu: 326

R. Rossi: 308

Alessandrini: 224

Ambrosini: 224

Bernet: 224

Buzzelli: 224

De Angelis: 224

Filippucci: 224

Frisenda: 224

Kubert: 224

Magnus: 224

Milazzo: 224

Parlov: 224

Suarez: 224

Wilson: 224

Zaniboni: 224

Bruzzo: 220

Milano: 220

Piccinelli: 220

Spada: 220

Jeva: 112

Devescovi: 110

Andreucci: 102

Uggeri: 96

Zamperoni: 58,67

Calegari: 47

Dotti: 47

Gattia: 47

Raschitelli: 40

Biglia: 23,5

Copello: 23,5

Leomacs: 20

Tanti disegnatori, soprattutto grazie ai texoni, ma pochi i veri pilastri della collana. In quattro coprono oltre il 50% della produzione. Con i successivi dieci autori in graduatoria, si supera l’80%.

Tex è forse il più internazionale dei personaggi dell’editore. Dal 1986, soprattutto grazie ai texoni sono entrati nella scuderia degli illustratori di Tex, molti autori stranieri, tant’è che da allora il 28% delle avventure del ranger sono state disegnate da prestigiose mani non italiane; il 15% del totale della produzione texiana. Nella storia della collana solo nel 2000 è successo che fossero pubblicate più pagine straniere che italiane; in quell’anno Resto del mondo batté Italia 1115 a 880. Quest’anno, dopo dieci anni, la storia si ripeterà, anche se di misura: 994 a 986 per la squadra di disegnatori internazionali.

Dopo gli italiani, i più prolifici disegnatori texiani provengono dalla Spagna (Ortiz, Font, Blasco, De La Fuente, Sommer, Bernet), seguiti dagli argentini (Repetto e Seijas). Chiudono il gruppo il croato Parlov, il cubano Suarez, il neozelandese Wilson e lo statunitense Kubert.

Nell’albo d’oro annuale, Galep risulta il più prolifico in 24 occasioni, seguito da Letteri (9), Fusco (7), Nicolò (5), Ortiz (4), Marcello (4), Ticci (3), Civitelli (2), Repetto (2), Diso (2), Font (2), Villa (1), Bianchini/Santucci (1).

Per finire altre brevi curiosità numeriche. La top five delle storie più lunghe è la seguente:

Ritorno a Pilares di Nolitta e Letteri (Tex 387-392) 586 tavole

Il grande intrigo di Bonelli G.L. e Nicolò (Tex 141-145) 511 tavole

L'uomo con la frusta di Nizzi e Fusco-Civitelli (Tex 365-369) 504 tavole

La strage di Red Hill di Nolitta e Giolitti-Ticci (Tex 431-435) 461 tavole

Athabasca Lake di Nizzi e Fusco (Tex 530-533) 440 tavole

La primissima avventura di tex, “il totem misterioso” è invece la più corta, insieme ad altre tre, con sole 32 pagine. L’accoppiata più assidua di autori è come prevedibile G.L. Bonelli e Galep che hanno realizzato insieme 12.582 tavole del ranger. Per stavolta è tutto. Alla prossima.

Saverio Ceri