La prima volta che ho letto il nome di Fabio Civitelli non è stato su un albo di Tex, e neppure su uno di Mister No. Forse non ci crederete, ma è stato su un albo di Alan Ford. Per l'esattezza, sul n° 16, intitolato "Un voto per Notax", dell'agosto 1970. E' lì sopra, infatti, che nella rubrica della "Posta" compare la lettera del quindicenne Fabio, che aveva inviato alcuni suoi disegni perchè Magnus li giudicasse. "Non sono malaccio" risponde il Raviola. Il destino ha voluto che poi Magnus e Civitelli (divenuto in seguito uno degli autori di punta della Sergio Bonelli Editore) si trovassero a disegnare lo stesso personaggio, Tex.
Naturalmente, della missiva pubblicata dalla Corno mi sono accorto soltanto molti anni dopo, quando ho riletto tutti gli albi della serie, Posta compresa, per scrivere con Francesco Manetti il mio "Alan Ford Index" (Paolo Ferriani Editore). All'epoca avevo già avuto modo di conoscere Fabio di persona, e anzi, di diventarne amico.
Non è un caso che, proprio di recente, ci siamo scambiati delle cortesie in pubblico: io ho scritto i commenti alle sue tavole pubblicate nel bel volume di Little Nemo "Il mio Tex", e lui ha firmato l'introduzione al libro mio e di Graziano Romani dedicato a Ticci (Coniglio Editore).
Durante lo scorso salone di Lucca ci siamo trovati a presenziare insieme alle rispettive presentazioni dei due titoli, e credo che, in coppia, chiacchieroni come siamo entrambi, abbiamo divertito il folto pubblico presente in entrambe le occasioni.
Nella foto più sotto ci vedete insieme a Stradella (Pavia) nell'edizione 2008 di "Oltrecomics"(e quello in mezzo a noi è Giovanni Battista Verger).
Oltre a incontrarlo in redazione o in occasione di manifestazioni fumettistiche in giro per l'Italia, rischio di imbattermi in Civitelli anche mentre faccio trekking sui crinali dell'appennino tosco-emiliano, e dico "rischio" perché mentre io arranco faticosamente a piedi, lui si getta dalle vette tra Modena e Pistoia in mountain bike, sport in cui è un asso riconosciuto, e dunque il pericolo è di venire travolti dalla sua due ruote.
Nato il 9 aprile 1955 a Lucignano, in provincia di Arezzo (città, quest'ultima, dove ancor oggi vive e lavora), Fabio Civitelli inizia giovanissimo a disegnare fumetti. I suoi primi lavori risalgono all'inizio degli Anni Settanta, quando cura per la Edifumetto di Renzo Barbieri la realizzazione di alcuni episodi di serie quali Terror e Lo Scheletro. Successivamente sostituisce Bruno Marraffa ai disegni di Zordon, della Ediperiodici, e illustra, su testi di Silverio Pisu, le storie del Dottor Salomon apparse sugli Albi dell'Intrepido della casa editrice Universo, per la quale collabora anche a L'Intrepido e Il Monello sotto lo pseudonimo di Pablo de Almaviva. Per la Mondadori cura alcune storie pubblicate su SuperGulp, cercando di riprodurre il tratto di Jack Kirby e di John Romita per realizzare i Fantastici Quattro e L'Uomo Ragno.
Nel 1979 approda alla Bonelli: l'esordio di Civitelli sugli albi bonelliani avviene con un nutrito gruppo di avventure di Mister No tra cui un paio considerate giustamente tra i classici del personaggio: "Ananga!" e "Alien", entrambe scritte da Tiziano Sclavi. Presto arriva la "promozione" alle tavole di Tex: il suo primo albo della testata leader di casa Bonelli è il 293. Da allora Civitelli si alterna con gli altri disegnatori della serie, con risultati che lo fanno annovare tra gli autori più significativi della nuova generazione di disegnatori dell'immarcescibile ranger.
Riconoscibile per il suo tratto pulitissimo, abilissimo nel gioco di contrasti fra bianco e nero, Fabio Civitelli dà il meglio di sè nella ricostruzione minuziosa di scenografie e di oggetti, fatta sempre alla luce di una ineccepibile documentazione. Da ricordare, a questo proposito, l'ottima e storicamente attendibile ricostruzione della New Orleans nella quale si muovono Tex e Carson nella storia "La città corrotta" (Tex 323).
Sempre pronto a sperimentare soluzioni grafiche, straordinario nella recitazione dei personaggi, Fabio è apprezzatissimo anche all'estero, come testimoniano gli omaggi tributatigli in Portogallo e in Brasile (al punto da aver disegnato alcune copertine per il mercato di questo Paese), Civitelli è anche stato l'autore del Tex a colori del sessantennale e, caso più unico che raro nella serie di Aquila della Notte, anche il soggettista di una storia. Si tratta anche di uno degli autori più intervistati in Rete, come dimostrano le sue risposte sul Tex Unofficial Site, il Tex Willer Blog, Collezioneggio, Amazing Comics, Fumetti di Carta e chi più ne ha più ne metta.
Saverio Ceri, l'impareggiabile curatore della rubrica "Diamo i Numeri", dedica proprio a lui la nuova puntata del suo spazio mensile. Gli cedo la parola. A seguire, per i più curiosi (dato che contiene gustose note autobiografiche), la prefazione scritta da Fabio per il libro "Giovanni Ticci, un 'americano' per Tex" .
FABIO CIVITELLI: 30 E LODE
di Saverio Ceri
di Saverio Ceri
Molti hanno festeggiato nell’anno appena trascorso, i 25 anni di carriera Texiana di Fabio Civitelli. Pochi hanno notato che alcuni mesi or sono il disegnatore aretino ha festeggiato un altro importante traguardo: i trent’anni in Casa Bonelli. L’esordio di Civitelli per l’editore di Via Buonarroti risale infatti a Mister No n° 65 dell’ottobre 1980. Fu Alfredo Castelli a tenere a battesimo l’allora venticinquenne disegnatore, che in pochi anni divenne uno dei pilastri della testata dedicata al pilota amazzonico, per poi passare nel 1985 sulle pagine della serie ammiraglia della casa editrice: Tex.
In questi trent’anni bonelliani il nostro Fabio ha sfornato ufficialmente 4918 tavole; a queste andrebbero aggiunte per rimanere in ambito bonelliano le 16 pagine de “Il duello” una delle rare storie fuori-serie di Tex, realizzata completamente in technicolor in coppia con Nizzi per il settimanale Specchio nel 1998 e “Segnali di fumo” una tavola autoconclusiva sempre di Tex, sempre con Nizzi per il volume “il riposo del guerriero” delle Edizioni Hazard nel 2004.
Quattro le testate che hanno ospitato le tavole di Civitelli (lasua foto qui a destra è copyright della brava Rita Carioti): Tex, Mister No, Collana Almanacchi e Orient Express.
3572 le tavole di Tex,
1334 quelle di Mister No
e 12 quelle di “Pomeriggio Cubano”, episodio autoconclusivo pubblicato su Orient Express 15 nel 1983.
Diciassette, a oggi, le avventure di Tex nelle quali Fabio ha messo lo zampino, otto quelle di Mister No.
Curiosamente, al contrario di quello che si potrebbe pensare, la “carriera” più lunga è quella su Mister No. Se infatti la prima tavola risale all’80, l’ultima è apparsa 26 anni dopo nel corso dell’ultima lunghissima avventura di Jerry Drake.
Primato quello dell’anti eroe nolittiano destinato ad essere presto battuto: se è vero, infatti, che la “carriera” di Civitelli su Tex è ferma a 24 anni (1985-2009), è anche vero che con la prossima avventura del ranger che verrà pubblicata a firma del nostro Fabio, le gerarchie verranno ristabilite e Aquila della Notte tornerà ad essere il personaggio sul quale Civitelli ha lavorato per una arco temporale maggiore.
Nove gli sceneggiatori che hanno scritto le sue storie; eccoli in rigoroso ordine di quantità:
Nizzi 3418
Castelli 377
Sclavi 303
Bonelli G.L. 268
Manfredi 220
Missaglia E. 198
Boselli 94
Nolitta 28
Ferrandino 12
Due considerazioni: di gran lunga Claudio Nizzi è stato il compagno d’avventure preferito da Civitelli, il 70% delle sue tavole sono state scritte dallo sceneggiatore di Fiumalbo; inoltre Civitelli è l’unico disegnatore bonelliano a poter vantare la collaborazione con i cinque più prolifici sceneggiatori di tutti i tempi della casa editrice, ha infatti lavorato su sceneggiature di G.L. Bonelli, Nizzi, Nolitta, Castelli e Boselli.
L’avventura più lunga realizzata da Fabio è “Gli spiriti della notte” (Tex 346-369), 369 pagine su testi di Nizzi, la più breve è “Pomeriggio Cubano”, 12 pagine sceneggiate da Ferrandino per Orient Express 15.
L’anno più prolifico per il nostro è stato il 1982 con 465 tavole pubblicate, seguito dalle 406 tavole del 1983 e dalle 369 del 1989. Il quinto posto è la posizione più alta raggiunta da Civitelli nella graduatoria annuale di tavole pubblicate dai disegnatori bonelliani; è successo tre volte nel’82, nell’86 e nell’89.
Ovviamente il minor numero di tavole annuale è 0, ed è accaduto per dieci volte. Il periodo di astinenza maggiore per i suoi fan è stato di due anni e mezzo, tra il 1997 e il 2000, tra Tex 445 e 475.
Le 4918 tavole realizzate hanno portato, ad oggi, Civitelli ad essere il 20° più prolifico disegnatore di tutti i tempi della casa editrice e, il 7° disegnatore di Tex e il 7° disegnatore di Mister No. Risultati di tutto rispetto,destinati a migliorare nei prossimi anni che consacreranno, grazie a un Texone da lui disegnato, Fabio Civitelli come uno dei grandi del fumetto, non solo italiano.
Saverio Ceri
UN DISEGNATORE “AMERICANO”
Di Fabio Civitelli
PREFAZIONE PER
"GIOVANNI TICCI, UN AMERICANO PER TEX"
di Moreno Burattini e Graziano Romani
(Coniglio Editore)
di Moreno Burattini e Graziano Romani
(Coniglio Editore)
Sul finire degli anni sessanta ero un adolescente innamorato dei fumetti. Vivevo in un piccolo paese della Val di Chiana, Lucignano, situato esattamente al confine delle province di Arezzo e Siena. Fin dalle elementari mi ero appassionato alle avventure di Tex, personaggio che reputavo più avvincente e più “adulto” dei tanti eroi ragazzini che affollavano le edicole del tempo.
Eppure il mio interesse per il fumetto non si era fermato agli autori nostrani: il Nembo Kid della Mondadori, che altri non era se non l’americanissimo Superman, e soprattutto il Tarzan della Cenisio, testata che pubblicava fior di autori come Burne Hogarth, Joe Kubert e soprattutto Russ Manning (il mio preferito in assoluto) avevano spostato il mio gradimento dai pur bravissimi Galleppini, Letteri, Bignotti, eccetera, a questi disegnatori così dinamici e realistici al tempo stesso.Eppure quando andavo in edicola non mancavo di sbirciare il Tex Gigante, dato che le mie modestissime finanze non mi permettevano di acquistarlo tutti i mesi: quando aprii il numero 91 “Vendetta Indiana” rimasi stupefatto! Tutto quello che mi affascinava dei disegnatori americani lo ritrovavo nel nostro Tex! Un dinamismo incredibile, dei cavalli che sembravano schizzare fuori dalla vignetta, e soprattutto un’inchiostratura a pennino tagliente come la lama di un rasoio!
Da quel giorno tenni sempre da parte un soldino per acquistare le storie di questo talentuoso disegnatore di cui non sapevo nulla: lo stile lo classificava tra gli autori d’oltreoceano ma il nome, italianissimo, mi mandava in confusione. Non potevo certo immaginare che il mio idolo abitasse a Siena, a meno di 40 chilometri da casa mia!Soltanto più di quindici anni dopo, quando anch’io fui chiamato a realizzare le avventure di Aquila della notte, riuscii a conoscere lui e la sua collaboratrice più fidata, la moglie Monica, che si incaricava di scrivere il lettering, con precisione svizzera, su quelle tavole meravigliose. Da quel giorno divenne anche la mia letterista e grazie al fatto di doverle portare le mie tavole mese per mese, le mie visite si fecero via via più frequenti, e così negli anni ho potuto seguire in anteprima il lavoro di Giovanni e ho provato a carpirne i segreti.
Ticci è un disegnatore realistico. Eppure il suo non è un West fotografico. Nonostante possieda una imponente documentazione, è riuscito negli anni a realizzare una sua personalissima visione del mondo della frontiera. Prendiamo le rocce: in Arizona il vento, le intemperie, la sabbia hanno levigato le pietre e le pareti dei canyon, ma le rocce che lui disegna ne sono una idealizzazione, troppo rotonde, troppo levigate, troppo belle per essere vere. Però si percepiscono come tali, e il lettore si sente catapultato nella scena tanto da sentire la polvere, l’aria secca, il sole cocente!Le sue ombre rifuggono dalle mille sfumature delle fotografie: assimilata negli anni giovanili la lezione di Milton Caniff, i suoi colpi di pennello scolpiscono le pieghe degli abiti e il manto dei cavalli come Michelangelo scolpiva il marmo! E che dire del volto di Tex: uno sguardo di ghiaccio, un sorriso appena accennato, degli zigomi prominenti su delle guance tese, un collo come una colonna dorica!
Un capitolo a parte lo meriterebbero i suoi cavalli: è l’unico disegnatore che io conosca che riesce a far piegare i cavalli in curva come delle moto da Gran Premio e a fargli sollevare tanta polvere che nemmeno una divisione di carri armati potrebbe! Eppure grazie alla sua abilità, non solo vengono visti come realistici al massimo grado, ma sono diventati un modello di riferimento imprescindibile per qualunque disegnatore (me compreso) che si avvicini al fumetto western.
Potrei parlare a lungo di come Giovanni realizza gli ambienti, potrei descrivere i mattoni di adobe con cui sono costruiti i poveri villaggi messicani e le travi di legno dei villaggi dei bianchi, mai uguali, mai troppo levigate, sempre piene di nodi e imperfezioni, poteri parlarvi delle spartane abitazioni dei Navajos e delle tende degli indiani delle pianure, disegnate con tanti oggetti e suppellettili e che ci fanno entrare nella vita quotidiana dei loro abitanti.
Quello che invece mi preme sottolineare è la capacità di raccontare. Ognuno di noi si trova davanti un foglio bianco, generalmente formato A3, e di lato ha una paginetta dattiloscritta con una descrizione sommaria delle vignette, corredate dai dialoghi. Entro questa gabbia si deve muovere il disegnatore e Giovanni con assoluta naturalezza trova sempre la prospettiva giusta e l’inquadratura più adatta per raccontare la scena: se poi la sceneggiatura prevede una scena d’azione il Nostro si scatena e riesce a infondere un dinamismo tale da lasciare a bocca aperta: i cavalli si impennano, gli zoccoli visti in primissimo piano scagliano la polvere verso il lettore, i colpi di pistola escono dalle vignette e sconfinano in quelle vicine, i banditi colpiti cadono a terra in pose scomposte!
Una vignetta dopo l’altra le sue storie scorrono davanti ai nostri occhi leggibili e comprensibili anche senza leggere il testo: sembra tutto molto semplice, ma non lo è. Con modestia, con un pennino, un pennello e un po’ di china, Giovanni Ticci ci snocciola davanti questo piccolo, affascinante film. E fatichiamo a immaginare quanto sia invece difficile costruire un flusso di immagini così armoniche, così ben collegate, finché magari non ci troviamo a leggere le storie di qualche autore meno dotato. Allora riprendiamo in mano una sua storia e ci accorgiamo di tutte le sue qualità, della sua sofisticata abilità nel raccontare e della sua capacità di farci sognare un West più vero del vero.