lunedì 17 aprile 2017

CICO COWBOY



E' in edicola il n° 24, dato aprile 2017,  della collana a colori bimestrale dedicata dalle Edizioni If alla riproposta degli albi di Cico in ordine cronologico (quelli originariamente usciti, in bianco e nero, sotto il marchio Bonelli tra la fine degli anni Settanta e il 2007). Si tratta di "Cico cowboy", con testi mie e disegni di Francesco Gamba (copertina di Gallieno Ferri). La prima edizione Bonelli, in bianco e nero, risale al 2004.

In "Cico cowboy" il pancione racconta un altro episodio del suo passato (quello immediatamente successivo ai fatti raccontati in "Cico cercatore d'oro") e narra di come venne assunto in un ranch, trovandosi a lavorare in una valle dove due allevatori erano in rivalità tra di loro. Il tutto, basato sulla parodia della vera vita dei mandriani del vecchio West, riguardo la quale mi ero documentato con molte letture. 

L’argomento sembrerebbe di tutta tranquillità, tale insomma da non dover impensierire l’editore Sergio Bonelli che ne aveva affidato lo sviluppo a uno sceneggiatore di provata esperienza (il sottoscritto, giunto ormai al mio sedicesimo albo al momento della prima pubblicazione di questo episodio nella primavera del 2004). Eppure, Cico era un personaggio a cui Sergio teneva in modo particolare e che controllava e correggeva vignetta per vignetta. Bonelli, peraltro, era uno straordinario umorista e dunque era difficile per chiunque, se non impossibile, competere con lui scrivendo sketches comici. Come se non bastasse, l'umorismo in sé è un terreno minato, perché non tutti ridono per le stesse cose. Se una cosa che dovrebbe far ridere non lo fa, lo si vede subito: non si ride punto e basta. Sergio era un severo giudice riguardo a ciò che, secondo lui, era o non era cichiano (del resto, Cico era un suo personaggio). Per esempio, mal tollerava i giochi di parole o le gags basate sulle battute, preferiva l’umorismo che nasceva dalle situazioni e dai capitomboli in stile slapstick. Io invece con i calembour ci vado a nozze (ma naturalmente comandava lui). L’esperienza mi ha insegnato a censurarmi da solo, facendomi facilmente prevedere che con spunti comici di un certo tipo o su un determinato argomento non avrei accontentato quel Nolitta che avevo sempre come esempio. Questo però mi precludeva un sacco di possibilità e alla fine risultava difficile inventare cose nuove. Così, ci provavo lo stesso: proponevo i miei giochi di parole sperando che passassero il vaglio dell’editore. A volte ci riuscivo, a volte subivo la censura bonelliana.  

Nel corso della realizzazione dei mie albi di Cico le battute scartate sono state così tante che tutte le non ricordo neppure. E se sono state bocciate, probabilmente è perché non erano buone. Per cui, meglio averle dimenticate. Una però la rammento e apparteneva proprio alla sceneggiatura originale di questo albo. Il pancione è stato assunto come cowboy ma non ha un cavallo. Il soprastante del ranch allora invita alcuni uomini a condurre Cico nella stalla e a dargli un quadrupede. Uno dei mandriani dice al messicano:  “Seguici alle scuderie e ti daremo un pezzato! ...Anzi, un baio!”. E Cico:  “No, no... me ne basta uno”.