venerdì 24 aprile 2020

LA FIGLIA DEL MUTANTE






Sugli albi di Zagor n° 655 (febbraio 2020), n° 656 (marzo) e n° 657 (aprile) sono state pubblicate le 190 tavole della storia a fumetti "La figlia del mutante" (diamole il titolo dell'albo più significativo), sceneggiata dal sottoscritto e splendidamente illustrata da Denisio e Nando Esposito, ovvero gli Esposito Bros. Le copertine (due delle quali vedete sopra e più sotto) sono invece opera di Alessandro Piccinelli.


Cominciamo a spiegare, per chi non ha visto e per chi non c'era (e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera), chi sia il Mutante a cui fa riferimento il titolo. Si tratta di un vecchio nemico di Zagor, creato da Marcello Toninelli, in una sua storia del 1983 illustrata da Franco Bignotti. Davvero un grande nemico, Colin “Skull” Randall. Uno di quelli, insomma, di cui gli eroi hanno bisogno come del pane, per poter dimostrare il proprio valore, dato che un campione si giudica anche dalla grandezza degli avversari con cui combatte. 

Perfettamente caratterizzato dal punto di vista grafico, con un cranio deforme che contiene due cervelli e gli occhi cerchiati da profonde occhiaie, il villain è anche memorabile per la pericolosità dei suoi poteri e la sua complessità psicologica. Si tratta di un mutante con la capacità di leggere nel pensiero ed emettere onde telepatiche in grado di bloccare i movimenti degli altri e, volendo, farli impazzire o addirittura morire con la testa trafitta da indicibili dolori. Tuttavia, “Skull” ha anche un suo proprio senso dell’onore, visto che a un certo punto risparmia la vita a Zagor per riconoscenza (Zagor ha salvato la sua). Alla base del personaggio, quale fonte di ispirazione, ci sono evidentemente i mutanti telepatici del film “Scanners” (1981) di David Cronenberg, ma anche il “Mulo” della saga della Fondazione di Isaac Asimov.  


Nel proseguo della serie, e più esattamente nel 2006, mi sono incaricato di farlo tornare sulle scene e di rivelare, insieme all'ottimo Marco Verni,  qualcosa sul suo passato. Non tutto, perché altro ci potrebbe essere (ma non anticipiamo i tempi). Fra le altre code, scoprivamo che "Skull" Randall ha una figlia, Sophie, che ha ereditato in parte le sue capacità telepatiche. Alla fine di questa seconda, lunga avventura (ben quattro albi), Colin muore, ma uno scienziato presente sul luogo gli taglia la testa e la pone in una teca, conservata in una sostanza che gli permetterà di portarla in un laboratorio per essere studiata. Sophie, invece, incapace di dominare i propri poteri, cade in stato catatonico e viene rinchiusa in un manicomio.
Arriviamo così alla terza storia del ciclo, quella appunto del 2020.

Non starò a farne il riassunto, limitandomi a dire di essere molto soddisfatto del risultato perché, grazie anche ai disegni dei fratelli Esposito, l'avventura è riuscita a creare un senso di profonda inquietudine. Addirittura, qualcuno ha usato per lei l'aggettivo "disturbante".  Infatti Sophie non si limita, come potrebbe essere facilmente prevedibile, a  riacquistare conoscenza e a  fuggire dal manicomio di Worcester (fra l'altro, veramente esistente in Massachusetts), ma scatena i suoi poteri in un modo così spietato da aver lasciato impressionati un paio di miei colleghi in redazione, incaricati di leggere le bozze prima della stampa.

Ci sono poi due altri particolari in grado di suscitare un minimo di interesse, almeno nelle mie intenzioni (poi, chi lo sa cosa interessa ai lettori e che cosa no). Infatti, viene introdotto un altro personaggio femminile destinato a tornare: si tratta di Chloe, una procace agente di Altrove donna. Finora avevamo sempre visto scienziati e agenti uomini, mi sembrava il caso di vivacizzare la situazione proponendo una 007 del gentil sesso, peraltro molto abile.  

Ma non è finita qui: oltre a Sophie e a Chloe, ci sono altre tre donne sulla scena: sono le tre ragazze di Pleasant Point, ovvero Ellie May, Sara e Jenny. Proprio quest'ultima, la più "bruttina" delle tre (ma da sempre la mia preferita) si rende protagonista di un atto di coraggio, quello di andare ad avvisare Tonka del grave pericolo che incombe sul suo villaggio.  Tutti i lettori di cui ho raccolto il parere si sono detti pienamente convinti del talento degli Esposito nel raffigurare e caratterizzare queste figure femminili, cosa di cui non ho mai dubitato (ed è anche per questo che ho contatto su di loro nello sceglierli per questa storia). Su Jenny, però, abbiamo scoperto un piccolo segreto: Sophie Randall legge nella sua mente che è innamorata di Zagor. Non l'avevamo mai sospettato, però a pensarci bene, il fatto che conosca a perfezione dov'è ubicata la capanna nella palude ci porta a sospettare qualcosa. Subito dopo l'uscita dell'albo si è scatenato un fitto invio di messaggi a me destinati in cui mi si chiede di approfondire la cosa, e qualcuno è arrivato perfino a dire che secondo lui Jenny è proprio la ragazza che fa per il nostro eroe. Non anticipo nulla, però vi invito a leggere il Maxi Zagor di maggio, "Lungo il fiume", dove Jenny è di nuovo portata alla ribalta (e non aggiungo altro). 

Un piccolo spazio alle critiche (anche perché rispondere mi diverte): mi è giunta l'eco soltanto della vibrata protesta di un lettore che stronca la storia perché sarebbe troppo corta. Ora, non so se 190 pagine distribuite su tre albi (e tre mesi di attesa) possano essere considerate poche. Posso arrivare a immaginare che si intenda fare una critica al finale, giudicato forse frettoloso. La risposta più facile potrebbe essere: è un finale a sorpresa, e i finali a sorpresa sono fatti così. A un certo punto, giunge il colpo di scena, dopo il quale procedere troppo sarebbe allungare il  brodo. Almeno, a me hanno insegnato così e mi sono sempre trovato bene. Il racconto "La sentinella" di Fredric Brown, propone una situazione e la risolve all'improvviso con due parole: "senza squame" (no scales).  Finale troppo corto? Chissà, fatto sta che è un capolavoro.

Però, ammettiamo che un lettore, per i suoi gusti personali (sui quali non si discute), voglia una storia più lunga e un finale che invece di occupare venti pagine ne occupi cinquanta. Ecco, si può immaginare che la storia gli debba essere piaciuta: nessuno vorrebbe far durare trecento pagine una storia brutta,  tranne nei casi di feroce masochismo.  Di una storia brutta su dice che è troppo lunga anche se è breve, di una storia bella si dice che è troppo breve anche se è lunga. Questo insegna la logica. Niente da fare: secondo il detrattore, il fatto che il finale sia "troppo corto" inficia il giudizio su tutto il racconto, che perciò delude. Del fatto poi che ci sia Chloe e si scopra l'amore di Jenny per Zagor non gliene può fregare di meno, è troppo corta e basta. Siamo sempre nell'eterno problema dei lettori che vorrebbero storie scritte su misura per loro. Peccato non avere il numero di telefono di tutti per poterli consultare.