Quella che vedete qua sopra è una foto che potrebbe portare di nuovo (spero di no) alla sospensione da parte di Facebook della mia pagina Moreno "Zagor" Burattini. Tutto dipende se un certo algoritmo è programmato per riconoscere i culi, oltre che le tette, e per censurarle anche se sono opere d'arte (come nel caso di questo originale di Milo Manara). Parlo di mia Pagina e non di mio profilo Facebook perché io, come ho spiegato una volta per tutte molti anni fa, non sono su Facebook.
Rispetto a quanto argomentato nel 2011 le cose fortunatamente sono un po' cambiate perché pare che un minimo di privacy in più sia garantita (si possono mettere dei paletti), ma in compenso sono aumentati il numero di foto di gatti e di disegni di cuoricini di buongiorno e buonanotte e soprattutto la rissosità degli haters che si sfogano in Rete. Proprio ieri un amico mi raccontava che su Facebook è comparsa la notizia di un incidente stradale avvenuto dalle sue parti e si è scatenato l'inferno nei commenti di chi sosteneva che la colpa sarebbe stata del fatto che il responsabile del cozzo parlava al telefonino, con insulti a lui e alla sua famiglia. Ma erano tutti lì a vedere? Fanno parte del corpo dei vigili urbani? Sanno le cose per poter giudicare? E se anche le sanno, devono giudicare per forza? E se devono giudicare per forza devono per forza anche insultare? Vabbè, dato che questo è l'ambientino sono lieto di non farne parte. O meglio, di limitarmi a gestire una Pagina su cui si può cliccare "mi piace" ma non "chiedere l'amicizia". La Pagina serve a far conoscere a che cosa sto lavorando a quelli che, per motivi misteriosi, sono interessati a quel che scrivo.
Tuttavia, Facebook ha ritenuto di dovermi sospendere per ben due volte la Pagina. Vi chiedete, forse, come mai. Me lo sono chiesto anch'io e ho letto e riletto le comunicazioni che mi sono giunte. Allora, i fatti sono questi: per antica consuetudine io scrivo delle schede a mo' di recensione dei libri che vado leggendo. Schede che servono più che altro a me per mettere a fuoco le idee e per ricordarmi, a distanza di tempo, di che cosa si trattava. Da quando ho la Pagina su Facebook pubblico queste recensioni a beneficio di chi è interessato. Dopo qualche giorno, o quando ho tempo, pubblico le stesse recensioni su un blog destinate a raccoglierle, intitolato "Utili sputi di riflessione" (il mio secondo blog dopo questo, su cui sto scrivendo adesso). Una settimana fa, ho dunque messo on line sul blog questo articolo:
https://utilisputidiriflessione.blogspot.it/2018/02/lettera-al-mio-giudice.html
Si tratta, come potete vedere, della recensione di un libro del 1946, pubblicato da Adelphi, di Georges Simenon: "Lettera al mio giudice". Insieme a "La camera azzurra" e a "L'uomo che guardava passare i treni", uno dei capolavori dello scrittore belga. Pochi giorni prima, la stessa recensione dello stesso romanzo era apparsa su Facebook. Come faccio sempre e come è inevitabile, recensendo un libro se ne mostra la copertina. Eccola qui sotto:
In un riquadro compare un fotogramma del film "Il frutto proibito", del 1952, tratto appunto dal romanzo in questione. Nel fotogramma si vede una donna con il seno nudo. Ora, pare che pubblicare una immagine del genere sia contro il regolamento di Facebook. Non si sa se per la segnalazione di un detrattore, come sostiene qualcuno, o per un programma automatico regolato da un perverso (e stupidissimo) algoritmo, come sostengo io, Facebook si è arrabbiato e mi ha sospeso la Pagina invitandomi a togliere l'immagine e a certificare che non ce ne sono di simili negli album fotografici a disposizione dei miei follower. Prima censura. Io ho tolto l'immagine ma ho raccontato l'accaduto mettendo un link alla recensione del blog perché chi voleva potesse andare a vedere di che cosa si trattava. L'anteprima del link ha mostrato ugualmente un pezzetto di copertina del libro, ed ecco la seconda censura. E seconda lettera dal mio giudice.
Ora, ciò che penso io del bigottismo che fa trovare scandalosa l'esibizione di un seno o di un sedere l'ho già espresso più volte. Per esempio, qui:
L'imperversare del moralismo (non dico "falso moralismo" perché il moralismo è falso per definizione e dunque sarebbe una tautologia) che ormai pare diventato, come il politicamente corretto, una sottomissione da osservare, mi lascia basito. Le donne hanno impiegato migliaia di anni per avere il diritto di potersi spogliare, se vogliono, e adesso perfino un malinteso femminismo, d'accordo con i dettami delle più retrograde religioni, questo diritto lo intende negare. Non resta che prenderne atto. In pratica, gli insulti degli haters vanno bene, il libro di Simenon non va bene. Allegria. C'è proprio da ammirare le regole di Facebook.
Mi si dice che la faccenda non poi così grave perché trattandosi di un algoritmo la censura è avvenuta in automatico. Direi che è peggio. Non c'è neppure modo di discutere, di far capire. E poi l'algoritmo qualcuno l'avrà pur programmato. Ci sarà stato un imbecille che ha dato ordine di mettere le brache di tela a tutti i sederi e i paramenti sacri a tutti i seni. Tutti, si badi bene: anche a quelli sulle copertine dei libri di Georges Simenon oggetto di una recensione. L'Adelphi farà bene a regolarsi, per i prossimi titoli, se vuole che le cover circolino su Internet. E con lei tutte le Case editrici. Stiamo scivolando nella Zona del Crepuscolo.
Ma dato che dal letame nascono i fiori, ecco che aver parlato di questo caso su Twitter ha portato l'effetto imprevisto di un certo numero di follower in più e a un discreto aumento delle visite sul mio blog letterario. Meno male, dài.