Non c’è bisogno del “Miranda warning”, la formula recitata agli arrestati resa famosa dai polizieschi americani, per sapere che qualunque cosa si dica potrà essere usata contro di noi. Perciò, sono consapevole di correre dei rischi parlando degli Youtubers, che peraltro possono sicuramente disporre di uno stuolo di avvocati da far invidia alle multinazionali.
In realtà non voglio neppure parlare proprio degli Youtubers, conoscendo pochissimo l’argomento (e non essendo interessato a conoscerlo, dato che non si può conoscere tutto e qualcosa si deve per forza rimandare alla prossima vita). Mi interessa, e neppure poi tanto, accennare a un problema che ho io con gli Youtubers, e quindi parlare di me (se mi è consentito farlo dallo spazio privato del mio blog).
Immagino di dover giustificare il titolo (spiritoso) di questo articolo: l’ho preso in prestito dopo aver visto un volume a fumetti di 350 pagine così intitolato, disegnato da sette giovani autori ed edito da Blatta Production. Quindi non sono io a fomentare la rivalità (e neppure i sette giovani autori, che descrivono soltanto i rapporti fra i due universi).
Prevengo subito un’altra delle accuse che mi potranno essere fatte: sei invidioso degli Youtubers. Ora, l’invidia è qualcosa di umano e niente di ciò che è umano mi è alieno, tuttavia se proprio devo essere sincero, non sapendo quasi niente degli Youtubers ed essendo molto indaffarato a portare avanti il mio lavoro, mi piacerebbe davvero tanto avere del tempo, che non ho, da dedicare all’invidia. Da ragazzo volevo fare il fumettista, lo faccio tra trent’anni, non ho niente da chiedere al fato, auguro a tutti di riuscire a realizzare i propri sogni di bambino, Youtubers compresi. Sono contento così. Del resto, non sono invidioso del successo di una velina o di una qualunque star della TV, mi fa piacere se un film sbanca al botteghino (o meglio, ormai, su Netflix), non ho niente da dire riguardo ai trionfi dei rapper: faccio un altro mestiere, mi felicito con chi ha fortuna nel proprio. Anche io e gli Youtubers facciamo mestieri diversi, per cui a ciascuno il suo. Se di invidia vogliamo parlare, ammetto di essere invidioso della bravura di Giancarlo Berardi.
Purtroppo, sono (quasi) sicuro che se a una qualunque manifestazione ci fossero due tavoli per gli autografi posti uno accanto all’altro e dietro a uno ci fosse Berardi e dietro l’altro un tipo che pubblica in rete dei video con lui che commenta le proprie partite a un videogioco, ci sarebbe una fila chilometrica davanti al secondo e di pochi metri davanti al primo. E stiamo parlando del mitico sceneggiatore di Ken Parker. Ma anche questo non rientra nel campo dell’invidia, casomai dello stupore. Del resto mi stupisco anche degli ascolti dell’Isola dei famosi o del Grande Fratello, senza che invidi nessuno dei partecipanti. Di sicuro il fumetto più clamoroso non susciterà mai neppure la metà dell’interesse di un medio Youtuber che parla dei Pokemon: ma anche in passato il fumetto più venduto non raggiungeva gli ascolti del Segnale Orario della RAI. Mondi diversi, pubblico diverso, canali diversi.
Un’altra cosa che non capisco perché debba vedere gli Youtubers come ospiti nella manifestazioni legati ai fumetti, quelle che hanno (a volte non si sa perché) la parola “comics” nel nome. “Lamporecchio Comics”: e ci trovi i cosplayers, quelli che vendono gli accessori fantasy e gli Youtubers. E i fumetti? Mezza bancarella con dei manga. Togliete il “comics”, allora, e fate “Lamporecchio Pop” o “Lamporecchio Net”. Parlo con gli organizzatori e pare che per attirare gente gli Youtubers siano indispensabili: hanno milioni di visualizzazioni. Ma allora non invitate neppure i fumettisti, che tanto non attirano nessuno. Mi è stato detto: “abbiamo chiesto le tariffe del tale Youtuber o del talaltro, ma chiedono cifre folli per partecipare, cinquemila, diecimila euro, alla fine abbiamo trovato uno che viene per meno a patto di poter avere uno stand in cui vendere le sue magliette”. Cinquemila, diecimila euro? Io vado gratis dovunque a volte mi pago anche vitto, viaggio e alloggio. In un posto dove sono stato invitato, mi hanno alloggiato in un Bed & Breakfast e la proprietaria della struttura mi ha detto: “guardi, la colazione non gliela posso dare perché gli organizzatori della fiera avevano un budget così ridotto che a malapena ho accettato di farla dormire”. Va bene, per carità: dormo anche su un divano. Bed & Breakfast senza neppure breakfast: i soldi, forse, servivano per uno Youtuber.
Che poi si fanno pagare tantissimo, ma ho sentito raccontare da un illustratore che pubblica sul Web questo aneddoto: uno Youtuber gli commissiona un disegno per una maglietta da vendere, e pretende di saldare il lavoro in “visibilità”. “Fammi la grafica della maglietta e io ti faccio pubblicità in Rete”, sarebbe stata la proposta. “Io con la visibilità non ci pago le bollette”, ha risposto il disegnatore. Nessun problema per lo Youtuber: il disegno gliel’ha fatto gratis qualcun altro.
Tutto ciò riguarda però, com’è evidente, solo il fenomeno di costume, senza inficiare in nessun modo il giudizio sulla qualità dei contenuti (giudizio che non esprimo sapendone poco o niente). Immagino, anzi ne sono certo, che non tutti gli Youtubers siano coatti che si filmano mentre fanno le scoregge con le ascelle. Ci saranno di sicuro, e saranno anzi la stragrande maggioranza, gli Youtubers che recensiscono libri o recitano poesie o parlano di sport o arricchiscono in cultura o in divertimento i loro followers con gli strumenti di cui dispongono e di cui sono padroni. Elogi e complimenti in ogni caso, perché se una cosa ha successo vuol dire che risponde ai desideri del pubblico.
Arrivo (finalmente) al punto. Qual è il mio problema con gli Youtubers? Lo spiego raccontando una cosa che mi è accaduta: vedo seduti sui gradini di una scalinata due ragazzi sui diciotto anni, uno dei quali mostra all’altro lo schermo del proprio telefonino, e indicandolo ride per qualcosa di buffo che c’è sopra. Anche l’altro guarda e ride. Sbircio passando: è un video di quelli che, pare, tutti cliccano di continuo, per poi guardarne un altro simile che fra dopo poche ore sarà soppiantato da altri cento. Del resto anche le "storie" su Instagram si cancellano da sole dopo un giorno, se non ho capito male. Mi chiedo: ma alla loro età, io che cosa mostravo, indicando entusiasta con il dito a un amico, per riderne insieme? Lo so benissimo: le strisce delle Sturmtruppen, o una gag di Alan Ford. Lasciamo perdere che nessuno sotto i trent’anni sa che cosa sono le Sturmtruppen o Alan Ford. Il punto è un altro, ed è il mio problema nel senso che mi dà tristezza riguardo a un mondo che scompare: io, volendo, posso ripescare nei miei scaffali in qualunque momento i fumetti di Bonvi e di Magnus & Bunker, e ridere oggi come allora. Non sono invecchiati. Mi hanno fatto compagnia per una vita intera e mi reputo fortunato per averne goduto. Ecco: ma degli Youtubers, che cosa resterà?