Il volume che mostro orgoglioso nella foto qui sopra si intitola "Versacci", ed è il mio nuovo libro, edito da Cut-Up Publishing, uscito nel luglio del 2022 in distribuzione in libraria ma in vendita, naturalmente, anche on-line. Qui di seguito trovate il link se volete vedere come lo propongono sul sito della Casa editrice:
https://cut-up.it/prodotto/versacci-365-epigrammi/
Nella foto qui sotto, invece, potete scorgerne la costolina nel reparto "Poesia" della Hoepli di Milano, non distante da una raccolta di versi di Charles Bukowski (immagino per meri motivi di ordine alfabetico).
So anch'io (me lo
dico da solo) che la collocazione giusta sarebbe stata nel reparto
"Umorismo" (se non c'è uno scaffale "Libri che ci vergogniamo di esporre
altrove"), ma in effetti "Versacci" contiene 365 epigrammi e l'epigramma
è un breve componimento poetico ("che si esaurisce in pochi versi
pungenti, per lo più ironici o satirici, con cui si cerca di indurre il
lettore al riso ma anche alla riflessione", per citare la scritta in
quarta di copertina - e qui sotto ecco appunto la quarta di copertina, sulla sinistra nell'immagine).
A proposito di copertina, sappiate che è opera di Oscar Scalco, in arte Oskar, disegnatore versatile in grado di eccellere nel fumetto comico come in quello avventuroso e drammatico (tant'è vero che ha illustrato Alan Ford per arrivare a Zagor, passando per Nathan Never e tante altre cose). Grazie Oskar!
Se non avete mai visto Oskar, eccolo nella foto qui sotto, immortalato dopo aver ricevuto (prima di me) una copia fresca di stampa del libro.
Servirà dire due parole per spiegare come sono nati i Versacci. Tra il maggio 2020 e il maggio 2021 ho accettato e vinto una sfida con me stesso, quella di scrivere e pubblicare su Twitter, per un anno intero, un epigramma al giorno. Dunque, 365 epigrammi in fila. A pensarci bene, una vera pazzia: perché mai qualcuno dovrebbe prendersi un impegno del genere, non richiesto da nessuno e non remunerato in alcun modo? Non c’è risposta, naturalmente, se non appunto, il gusto del cimento. Perché proprio epigrammi e non, per esempio, sonetti o ottave? Perché le regole di Twitter impongono un massimo di 280 caratteri per ogni messaggio, quindi anche i miei componimenti non dovevano superare quella lunghezza. L’epigramma, per sua natura, è caratterizzato dalla brevità e dall’incisività. In più, volendo dilettarmi e dilettare con rime per lo più argute e facete, dedicarmi a questo genere poetico è stata una scelta inevitabile.
Dato che nella vita faccio anche altro, oltre che pubblicare tweet (per esempio, sceneggio fumetti e coccolo la moglie), la scrittura dei Versacci è sempre stata più o meno improvvisata: la sera, prima di dormire, cercavo di comporre l’epigramma del giorno, sperando di indovinare subito l’argomento, le rime, il tipo di verso (senario, settenario, ottonario, novenario, decasillabo, endecasillabo, dodecasillabo…) e la ritmica degli accenti. Qualche volta il parto si rivelava felice, in altri casi la composizione nasceva zoppicante. In ogni caso, si è sempre trattato di versi estemporanei, e di questo devono tener conto gli esegeti che vorranno contestare la correttezza metrica di questo o quel Versaccio. Ho sempre cercato di privilegiare la facilità di lettura e di comprensione rispetto all’uso di parole desuete o auliche, per cui la maggioranza degli epigrammi è composta da vocaboli di uso comune. Riprendendo in mano le mie nugae per la raccolta in volume ho corretto gli errori metrici più vistosi, ma alla fine ho preferito non stravolgere troppo la forma originaria dell’epigramma pubblicato su Twitter.
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Una panchina a Gavinana
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"Versacci" è stato presentato al pubblico per la prima volta il 16 agosto 2022 in Piazza Aiale a Gavinana, il piccolo borgo sulle montagne pistoiesi dove sono nato (si trova nel comune di San Marcello Piteglio). Qui sotto la locandina dell'evento, con tutti i loghi dei patrocinatori (grazie anche a loro).
Nella foto che segue, eccomi accanto al moderatore Alberto Tognelli, mentre leggo alcuni epigrammi davanti a un folto pubblico. Nello scatto il pubblico non si vede ma giuro che c'era, numeroso, e che ci siamo molto divertiti. Non
ho soltanto recitato le mie facezie ma anche parlato della storia
dell'epigramma partendo dal greco Callimaco fino agli italiani dei
giorni nostri. Ho anche spiegato la regola dell'endecasillabo, dato che
in un capitoletto in fondo al libro mi sono peritato nel dare qualche
informazione (per il poco che ne so) su quella materia affascinante che è la metrica italiana.
Se volete approfondire, ecco il testo con il mio tentativo di
divulgazione (basta cliccare):
Se siete curiosi di vedermi e ascoltarmi mentre leggo tre Versacci, potete cliccare sui link che seguono.
Già pochissimi giorni dopo l'uscita, c'è stato un recensore - fortunatamente benevolo. Si tratta dello sceneggiatore Filippo Pieri (quello di "Viviane, l'infermiera" e di tante altre cose). Qui sotto trovate il link al post sul suo blog "La seconda cosa", in cui espone le sue impressioni dopo la lettura del libro. Più sotto ancora, c'è una sua foto con i "Versacci in mano".
Ho dato alle stampe "Versacci" anche per poter scrivere una introduzione intitolata “Anche poeta!”. Titolo che è una citazione della signorina Silvani, la quale nel film “Fantozzi” (1975), invitata dal ragioniere interpretato da Paolo Villaggio a salire sulla sua Bianchina, così commenta i versi di Lorenzo il Magnifico da lui recitati: “chi vuol essere lieto sia, di doman non c’è certezza”. “Che belli, sono suoi?”, domanda lei. “Sì, una mia cosettina giovanile”. “Ah… anche poeta!”, conclude la Silvani, sputando nella vaschetta del mascara. Ecco, d’ora in poi si potrà dire lo stesso pure di me (sputo compreso). Come di tanti altri, beninteso. Del resto, le poesie le scrivono tutti. Sicuramente molti di più di quanti le leggono.
Se volete rivedere la scena del film con la battuta recitata da Anna Mazzamauro, cliccate qui sotto:
Ho accennato alle regole della metrica. Se volete mettervi a contare le sillabe dei Versacci, ricordatevi che le sillabe metriche non corrispondono alle sillabe grammaticali, per tutta una serie di casistiche (principalmente appunto per gli strani fenomeni chiamati sinalefe e dialefe, sineresi e dieresi). Ma, vi chiederete, serve applicare le regole della metrica per scrivere poesia? No, assolutamente no. Però, a me piacciono le rime. Mi piace il ritmo cantabile del verso, scandito dagli accenti. Mi piacciono le filastrocche. Mi piace che la poesia abbia forma di poesia e si differenzi dalla prosa. Mi piace soprattutto che la poesia non sia criptica. Nessun poeta criptico ha cambiato il mondo, alcuni che hanno cantato in modo da farsi capire dal cuore della gente, sì. Non che io voglia cambiare il mondo, naturalmente. A proposito di un poeta che non è criptico, Virgilio, sappiate che in appendice ai "Versacci" troverete la mia parodia dell' Eneide, intitolata "Eneode", già contenuta nel mio libro "Facezie", ma qui corredata dalle illustrazioni di James Hogg (ne vedete una qui sotto)
Ogni volta che mi capita di riflettere sulla poesia e sui poeti, mi torna in mente l’introduzione di Federico Sardelli
alle sue “Proesie” (Cardinali Editore). Il musicista (Sardelli è uno
dei massimi esperti di Vivaldi) e umorista (è stato uno degli autori di
punta del “Vernacoliere”) premette infatti alla sua raccolta di versi
(comici) un vademecum intitolato "Metodo facile e sicuro per diventare
poeti", che oltre a essere esilarante dice anche tanta più verità della
maggior parte dei saggi teorici sulla poesia.
Eccone un estratto: "Allora, si fa così. Per prima cosa non date retta a chi vi dice che bisogna conoscere i classici. Hanno gli autori classici studiato noi? No, e allora perché dovremmo fargli questa cortesia? E' anche assodato che possedere un discreto o passabile italiano parlato e scritto non serve assolutamente a niente dato che le regole sono andate completamente a farsi friggere e nessuno vi verrà mai a rompere i coglioni sulla metrica, il ritmo, l'eloquenza, l'eleganza, ma anche sul senso di ciò che dite. Scrivete come vi pare ciò che vi pare. Unica accortezza: andate spesso a capo. Ecco il primo strumento del poeta moderno: il Tasto di Invio. Questo semplicissimo accorgimento vi consentirà di spremere poesia da qualsiasi frase, anche dalla più banale e sciatta.
'Dove sei stato? Ti ho cercato tutto il tempo'
diventa magicamente:
'Dove / sei stato? / Ti ho cercato / tutto / il tempo'.
A questo strumento formidabile se ne aggiunge un secondo, altrettanto facile e potente: il rimescolamento delle parole. La stessa frase diventa pertanto:
"Tutto. / Dove? / Ti ho cercato, / il tempo, sei stato.'"
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Mauro Boselli testimonial dei "Versacci" | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |
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Due parole sull’epigramma. Credo che il miglior modo per far capire di che cosa si tratti sia citarne uno, settecentesco, del poeta giocoso toscano Filippo Pananti:
Un epigramma secco:
ogni marito è becco.
Ecco, ci siamo già intesi, L’epigramma è più o meno questa roba qua. In realtà no, c’è molto di più e ci sarebbe da scrivere fino a domani. Basterà dire, allora, per usare la sintesi tipica di questo genere di versi, che tratta di un breve componimento poetico, rapido e di solito fulminante, inducendo il lettore talvolta alla riflessione, più spesso al riso. Gli epigrammi nacquero per essere incisi sulle lapidi: su una tomba, su un monumento. E’ facile capire come dalla breve descrizione elogiativa di un uomo scolpita come epigrafe si possa passare a usare lo stesso modello per farne un componimento poetico scritto su carta, mutando di registro. Le iscrizioni diventano così ammonimenti o riflessioni sul senso della vita o addirittura commenti satirici in contrapposizione alla troppa seriosità delle epigrafi. Questa doppia linea (quella del serio e del faceto) ha caratterizzato gli epigrammi classici, greci e latini.
Fra questi ultimi vengono alla mente soprattutto Catullo e Marziale. Il primo, viene citato quale esempio di epigrammista gentile e rifflessivo; il secondo, invece, come autore mordace e velenoso. Il genere torna in auge, nella letteratura in lingua italiana, durante il Rinascimento. Trovate spiegato tutto in un aureo libretto curato da Gino Ruozzi e intitolato “Epigrammi italiani” (Einaudi). Sono quasi certo che io personalmente non verrò mai citato da nessuno fra gli epigrammisti di casa nostra, ed è meglio così perché se ho definito i miei componimenti “Versacci” un motivo ci sarà. “Anche poeta!” solo se segue lo sputo della signorina Silvani.
Per finire, qui sotto troverete quattro Versacci scelti a caso.
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Luigi Mignacco testimonial dei "Versacci" |
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Il paradiso dei gatti
Ogni volta
che mi è morto un gatto,
curioso e
intelligente più di me,
una domanda
sempre mi son fatto:
per loro un
paradiso in ciel non c’è?
Ma poi
pensando a quanto è stato amato,
nutrito,
ammirato e coccolato,
capisco, e a
dirlo non si erra,
che il gatto
ha il paradiso sulla Terra.
Una piuma sul davanzale
Ho sentito oggi una tale
dire con grande rispetto
che trovar sul davanzale
della camera da letto
una piuma proprio là
ha un gran significato:
vuole dire, in verità,
che un angelo c’è stato
quella notte lì a vegliare.
Accidenti, me cojoni,
e io stavo per comprare
uno spray contro i piccioni.
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Marco Corbetta testimonal dei "Versacci"
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Voce di mamma
Riemerge alla mente ogni tanto
un ricordo del bimbo che ero,
è sempre sorpresa ed incanto
e vivido che sembra vero.
Iersera ad esempio in un tratto
mia mamma ancor giovane e bella
mi ha detto: Moreno, hai già fatto
per scuola doman la cartella?
L' ultimo abbraccio
Al nostro cane che amiamo
un ultimo abbraccio cingendo
pietosa una morte gli offriamo
lasciando che vada dormendo.
Se all’ultimo del tempo mio
nessuna speranza rimane,
allora lo chiedo anche io:
trattatemi al pari di un cane.