IL PUEBLO MISTERIOSO
Introduzione di Moreno Burattini
Ho
incontrato per la prima volta Bane Kerac nella città di Kraguievac, in
Serbia, nel luglio del 2011. In quella località viene allestita ogni
estate una manifestazione fumettistica e in quell’anno io ero stato
invitato per festeggiare anche alle falde dei Balcani il cinquantennale
dello Spirito con la Scure. Bane, uno fra i più conosciuti e amati
artisti serbi, attivo da decenni sia nella sua terra che all’estero, mi
parlò della grande popolarità di gode il Re di Darkwood in tutti i Paesi
della ex-Yugoslavia e mi spiegò che gli sarebbe piaciuto disegnare una
storia di Zagor da pubblicare, in tiratura limitata, soltanto in Serbia,
per i suoi ammiratori che da tempo gli chiedevano di cimentarsi con
l’eroe di Nolitta & Ferri. Mi mostrò, fra le altre cose, le sue
tavole di Tarzan, più alcuni lavori western: ne rimasi molto colpito, al
punto da desiderare di fargli fare una storia zagoriana non soltanto
per i serbi ma proprio per la serie italiana. Promisi che ne avrei
parlato con Sergio Bonelli. Però poi, come si sa, nel settembre di
quell’anno Sergio partì per un lungo viaggio, lasciandoci soli.
La
seconda volta che ho visto Kerac mi trovavo, invece, in Croazia. Per la
precisione, nella località balneare di Makarska, vicino a Spalato, nel
maggio del 2012, sempre impegnato per una kermesse dedicata agli eroi di
carta. Il rivederlo è servito a concretizzare la proposta: poiché in
Italia stava prendendo forma l’idea di una nuova collana di storie
autoconclusive tutte a colori, il Color Zagor, era appunto una di queste
che Bane avrebbe potuto illustrare, se le sue prove fossero andate
bene. Non avevo dubbi che sarebbero state perfette, avendo avuto modo,
nel frattempo, di vedere quel che Kerac aveva disegnato nella sua
carriera ed essermi convinto del suo grande talento. La Casa editrice si
è detta d'accordo con me e, di lì a pochi mesi, gli ho spedito le prime
tavole di sceneggiatura.
In seguito siamo stati entrambi ospiti
in tre altre manifestazioni in cui sono state mostrate in anteprima le
sue tavole zagoriane: a Herceg Novi in Montenegro nel 2014; a
Riminicomix nel 2015, dove è avvenuto il suo primo, festoso incontro con
i fan di Zagor italiani; in Sardegna per il rendez-vous degli Amici di
Zagor, nel 2019. In più, c’é una cosa che, come abbiamo scoperto, ci
univa, oltre alla passione zagoriana: la data di nascita. Tutti e due,
io e lui, siamo nati il 7 settembre (lui esattamente dieci anni prima di
me, nel 1952).
Lavorare con Kerac è sempre stato molto piacevole
e gratificante. Bane si è costantemente mostrato disponibilissimo
nell’accettare i miei suggerimenti e nel correggere qua e là qualche
vignetta ma allo stesso tempo, da esperto narratore qual è, ha
migliorato in alcuni passaggi il mio racconto, aggiungendo trovate delle
sue sul modo di far combattere il Re di Darkwood.
Il nostro
primo lavoro insieme è stato il Color Zagir “Il passato di Guitar Jim”
(2015). Leggendo questa storia del Color si scopre chi ha insegnato a
Jim a suonare la chitarra, chi a sparare, perché la prima volta abbia
ideato il nascondiglio della pistola nella cassa armonica del suo
strumento, come mai un bravo ragazzo dalla faccia pulita come Jim sia
diventato un rapinatore ricercato dalla legge. La seconda collaborazione
è quella riguardante il racconto pubblicato in questo volume, “Il
pueblo misterioso”, uscito in edicola, in Italia, nel 2019. Ha fatto
seguito, nel 2020, un altro Color, “La missione di Drunky Duck”.
Attualmente è in corso di realizzazione una quarta storia.
Riguardo
la lunga avventura (3124 tavole) che vi apprestate a leggere, c’è da
dire innanzitutto che si tratta di una storia ambientata nel Sud Ovest
degli Stati Uniti. Che ci fa lo Spirito con la Scure così lontano da
casa? Chi abbia letto i tre Maxi Zagor pubblicati in Italia nel corso
del 2018, sa che lo Spirito con la Scure e il fido Cico hanno compiuto
un viaggio fino alla costa del Pacifico, dove hanno vissuto un trittico
di avventure che li ha portati a incontrare vecchi amici e a scontrarsi
con antichi nemici. Lungo la strada del ritorno, eccoli dunque
attraversare la Monument Valley.
Dopo la pubblicazione del Color
dedicato a "Guitar" Jim, da lui illustrato, chiesi a Bane Kerac che
scenario o argomento avrebbe preferito per una successiva storia. Bane
disse: "basta che ci sia un pueblo”. Temo però di aver giocato un tiro
mancino al nostro Kerac, giacché per assecondarlo sul pueblo gli ho
chiesto di assecondarmi nel tirare in ballo anche la Biblioteca di
Alessandria e la matematica e astronoma Ipazia, esponente della
filosofia neoplatonica, nata tra il 350 e il 370 dopo Cristo e morta nel
marzo del 415, uccisa durante un tumulto di cristiani nemici della
cultura "pagana" che lei rappresentava. Fu una donna illuminata che
riuscì a ottenere rispetto e ammirazione in un contesto che certo non
prevedeva "quote rose" e la si può indubbiamente considerare una martire
del libero pensiero. Nel 2009 il regista Alejandro Amenábar ha girato
il film "Agora" in cui Ipazia è interpretata da Rachel Weisz. Questa
pellicola mi ha fatto scaturire l'idea da cui poi è nata la storia
illustrata da Bane Kerac. Secondo me, Bane se l'è cavata egregiamente
anche nella realizzazione delle scene ambientante nel V secolo ad
Alessandria d’Egitto.
La
vicenda è sostanzialmente western, ma contaminata da spunti mysteriosi
(alla Marin Mystère, cioè) , dato che ruota attorno a una scoperta
archeologica legata al viaggio di antichi navigatori che nel V secolo
dopo Cristo avrebbero nascosto in America un carico di papiri
della Biblioteca di Alessandria. Numerosi sono i riferimenti alla
filosofa greco-alessandrina Ipazia, ispiratrice del viaggio tra cui
l'annotazione del perfezionamento dell'astrolabio (ideato da Ipparco di
Nicea seicento anni prima) da parte appunto di Ipazia e di suo
padre Teone, valente matematico. Il nome del pueblo al centro del
racconto, Teon, parrebbe (questa l'ipotesi di Julia Schulz e di Angus
McFly, due studiosi dell'università di Harvard) derivare proprio da
quest'ultimo.
Qualche parola invece sulla controversa figura di
Julia Schulz, studiosa dell'Università di Harvard, artefice di un piano
criminale e responsabile della strage dei componenti della
spedizione archeologica di cui faceva parte. C'è stato persino un
recensore che l'ha ritenuta dalla parte della ragione, mossa da principi
condivisibili, e dunque non riusciva a considerarla una "cattiva". In
effetti alla base delle azioni di miss Schulz c'è il senso di rivalsa di
una donna che sente di non poter avere, proprio per la differenza di
genere, le stesse possibilità di carriera dei colleghi uomini, si sente
emarginata o poco tenuta in considerazione, nonostante la sua
preparazione e suoi meriti, in un ambiente quasi del tutto maschile.
Proprio per questo crede di poter ottenere i riconoscimenti
desiderati facendo del tutto propria l'incredibile scoperta dello staff
del professor Stone, di cui entra a far parte. La scoperta in questione
consiste in un carico di papiri della Biblioteca di Alessandria giunto
in modo fortunoso, nell'antichità (nel V secolo dopo Cristo), sul
continente americano.
Per quanto la battaglia per i pari diritti
delle donne (cominciata da Olympe De Gouges durante la Rivoluzione
Francese, e approdata negli Stati uniti negli anni Quaranta del XIX
secolo, dunque in epoca zagoriana, con Elizabeth Cady Stanton)
sia sacrosanta, Julia Schulz però la conduce per il proprio personale
tornaconto e non facendosi scrupolo di uccidere. Inevitabilmente deve
considerarsi una "cattiva". Peraltro, a giudicare dai commenti letti,
una "cattiva" che ha particolarmente colpito i lettori, per merito anche
della efficace caratterizzazione di Bane Kerac.
Il
rischio, su cui ho riflettuto a lungo mentre pensavo e scrivevo la
storia, era quello di sembrare sessista senza volerlo essere. Cioè, mi
dicevo, non parrà mica che raccontano di una criminale "femminista"
(anche se sono l'ambizione e il desiderio di successo a muoverla, più
che le istanze ideologiche) possa essere accusato di dipingere come
"cattive" le donne che rivendicano le stesse opportunità degli uomini?
La soluzione
a questo dubbio mi è parsa evidente allorché ho contrapposto a Julia
un'altra, potente, figura femminile: la filosofa Ipazia. Ipazia è il
contraltare di miss Schulz. Della filosofa abbiamo parlato nei
precedenti articoli dedicati su questo blog alle scorse puntate della
storia, e il personaggio compare in varie scene ambientate ad
Alessandria d'Egitto, là dove Ipazia visse tra il 350 e il 415 dopo
Cristo (a cui è stato dedicato il bel film "Agora"). Il confronto con la
positiva Ipazia dimostra la negatività di Julia Schulz: la
studiosa greco-alessandrina si può davvero considerare una paladina
dell' emancipazione femminile, avendo dimostrato come una donna possa
dimostrarsi valente al pari e di più degli uomini; Julia cerca invece la
sua emancipazione comportandosi da uomo, cioè con l'arroganza e
la violenza. Dal confronto fra queste due figure femminili scaturisce la
"morale" della storia, se una morale proprio ci deve essere.