Ho ritrovato per caso, cercando altro, la puntata della "Postaaa!" di un albo dello Spirito con la Scure del 1991, quella del numero 308. E' firmata da Sergio Bonelli, che mi presenta per la prima volta al suo pubblico nell’imminenza dell’uscita della mia prima storia. Vi si legge: "Moreno ha le carte in regola per diventare una delle colonne del nuovo Zagor, se riuscirà a sottrarre un po' di tempo ai suoi numerosi impegni (tra cui un impiego a tempo pieno con tanto di regolare stipendio). Siate dunque, cari lettori, giustamente severi ma anche comprensivi con il nuovo autore: Moreno è zagoriano da quando ha imparato a leggere, e ha cominciato a scrivere al sottoscritto quando ancora frequentava le elementari! E' uno di voi, un lettore diventato autore! Gli ho affidato il compito di scrivere lo Speciale Cico di quest'anno, 'Cico Trapper'. Ho letto le prime tavole da lui sceneggiate e vi posso assicurare, amici, che si tratta di un Cico molto divertente e persino 'nolittiano'".
Dopo aver sorriso sulla combinazione che volle far apparire il pronostico sul mio futuro quale "colonna" zagoriana su un albo intitolato "Sinistri presagi", mi sono commosso ripensando a Sergio e, forse perché siamo in clima di bilanci di fine anno, mi sono soffermato a fare un esame di coscienza su ciò che Bonelli si aspettava da me e sul contributo che, quasi venticinque anni dopo, sono effettivamente riuscito a dare alla sua Casa editrice e al suo per principale personaggio, Zagor. Come diceva Vittorio Gassman nella sua autobiografia (del 1989, lo stesso anno in cui io ho iniziato a scrivere la mia prima sceneggiatura), “ho un grande avvenire dietro le spalle”. Tirando le somme, le sensazioni sono contrastanti. Da una parte, ho la consapevolezza di essere diventato (per merito o per fortuna, chissà) l’autore che ha scritto più pagine dell’eroe di Darkwood di qualunque altro, superando in quantità (e mai in qualità) quel Guido Nolitta che ebbe fiducia in me tanti anni fa e che continuò a dimostrarmela fino al giorno della sua morte. Giorno che il caso volle seguire di poche settimane l’uscita di un mio libro dedicato alla sua vita e alla sua carriera, scritto in occasione del cinquantennale zagoriano per ripagare l’immenso debito che avevo verso di lui, come lettore e come addetto ai lavori.
Il mio lavoro sulle pagine di Zagor mi ha portato anche a essere uno degli sceneggiatori più pubblicati in assoluto dalla Bonelli in tutta la sua storia: credo di essere al settimo posto, comunque nella top ten. Essere fra i primi dieci autori più pubblicati da sempre dalla Casa editrice, dietro una serie di nomi davanti ai quali levarsi tanto di cappello, mi fa a volte sorridere pensando a quali saranno gli autori più pubblicati, non so, dalla Mondadori: magari Simenon, Asimov, Pirandello, Ken Follett o chissà chi. Mi figuro la scena di uno di costoro che, invitato per qualche cerimonia, arrivi a Segrate: come minimo, tappeti rossi, strette di mano, brindisi, flash di fotografi, grandi sorrisi di compiacimento e soddisfazione. Quando invece entro in Via Buonarroti non alzano la testa neppure le centraliniste e di solito mi si convoca dal direttore solo per ricevere (di solito meritate) lavate di testa.
Il mio primo incontro con Sergio Bonelli, nel 1987 |
Ritratto d'autore. Moreno Burattini fotografato da Nick Mascioletti |
Mi conforta però la stima e la considerazione che ha per me Gallieno Ferri. Anche a Parma, l'ultima volta che ci siamo incontrati in un bellissimo incontro pubblico alla Feltrinelli, Gallieno mi ha commosso per il lungo discorso che ha voluto dedicarmi parlando di me ai suoi lettori. Così riprendo coraggio, mi asciugo le lacrime e mi faccio forza per andare avanti, continuando come sempre a interpretare il mio lavoro così come lo concepisco io, perché ho le mie convinzioni, e a presentare proposte e progetti regolarmente bocciati ma che è bello poter comunque sognare di realizzare. Due parole infine sul termine “nolittiano” usato da Sergio Bonelli nella “Postaaa!” da cui siamo partiti. La "nolittianità" è un concetto che può essere variamente interpretato, giacché non esiste un testo sacro che ne spieghi i limiti e le forme. Peraltro, lo stesso Nolitta aveva evoluto il suo stile tra i primi anni e gli ultimi della sua produzione. "Nolittiano" inoltre, applicato a una "scuola" di epigoni, non significa "scritto da Nolitta" ma "alla maniera di Nolitta" o "cercando di rifarsi alla lezione di Nolitta", si intende ciascuno alla propria maniera e secondo i propri talenti, perché soltanto Nolitta scriveva come Nolitta (e io non sono Nolitta, come nessun altro - ahinoi - lo è). Ci sono da considerare poi i trenta e passa anni che ci separano dall'ultima sceneggiatura scritta da Nolitta per Zagor: sarebbe folle oltre che impossibile non tenerne conto, i tempi cambiano e bisogna adeguarsi, pena l'estinzione. Anche volendo, nessuno potrebbe restare uguale a se stesso o a un modello prestabilito per sempre. Altrimenti saremmo tutti fermi all'imitazione di Omero, Virgilio o Dante.
C'è poi da considerare il fatto che Nolitta non indicò solo degi stilemi ma una tecnica da utilizzare per rinnovarli: attingere dalle proprie letture e dalle proprie esperienze per riversarle nei propri fumetti, ed è quello che, appunto in chiave nolittiana, personalmente non ho mai smesso di fare. Conta poi anche la maturazione personale per cui se uno comincia"imitando" poi scopre soluzioni proprie: è accaduto a tutti gli "artisti" (cosa che io non sono) e sarebbe assurdo contestare a Giotto di non aver continuato a essere un imitatore di Cimabue. E' vero poi che "non me lo fanno fare" nel senso che se utilizzassi cinquanta pagine di un albo per una gag di Cico o facessi ricorso alle didascalie che descrivono ciò che si vede nella vignetta o dilatassi i tempi di un viaggio, eccetera, il direttore me lo contesterebbe e sarebbe inutile la scusa del "lo faceva anche Nolitta". Il quale, peraltro, era l'editore di se stesso e rischiava soldi suoi qualunque scelta facesse, in tempi in cui il pubblico lo seguiva e lui seguiva il pubblico. Io non ho questi privilegio e questa fortuna: devo rispondere a una struttura gerarchica e ho limitati spazi di movimento. Se nonostante tutto qualcosa di buono ugualmente viene fuori, mi piacerebbe se mi vi venisse riconosciuto con una pacca sulle spalle e non con un calcio nelle palle.