Proprio mentre in Italia si preparava l’uscita di un mio albo di Zagor intitolato “Terra del Fuoco” (in edicola mentre scrivo), io atterravo in aereo a Ushuaia, la città più meridionale della Terra, poche miglia nautiche a nord di Capo Horn, a soli mille chilometri dall’Antartide. Il viaggio che mi ha portato fin lì, appunto nella Terra del Fuoco, mi è stato ispirato proprio dalle letture fatte per documentarmi nella sceneggiatura della storia, disegnata da Giuseppe Prisco.
In particolare, non si può leggere “Ultimo confine del mondo” di Lucas Bridge (in Italia pubblicato da Einaudi) e non provare l’irresistibile desiderio di recarsi sul Canale del Beagle. Facendo un bilancio dei quattro giorni trascorsi in Terra del Fuoco, che ho lasciato con grande rimpianto, mi viene in mente come prima cosa una verità elementare: se uno ha voglia di fare un viaggio in una terra lontana, bisogna che lo faccia. Deve farlo. Se ci facciamo scoraggiare dalla distanza, dal costo, dalle difficoltà, vivremo per sempre il rimpianto di non aver assecondato l'istinto. Se non fossi partito per la Terra del Fuoco, la Terra del Fuoco non sarebbe venuta da me, nonostante il fatto che il mondo giri. E qualunque cosa possiamo vedere in televisione o leggere su un libro non varrà mai l'esperienza diretta. Ho ammirato i pinguini nuotare a due metri da me nell'acqua del Canale del Beagle, ho incontrato due volpi nel Parco Naturale alle spalle di Ushuaia: ecco come tutti, anche io ho visto in mille documentari pinguini e volpi mostrati nel loro ambiente naturale, ma essere davvero lì accanto a quegli animali è tutta un'altra cosa. Tengo anche a dire che non ho fatto un viaggio particolarmente avventuroso. Non mi sono inoltrato da solo nel deserto né ho affrontato la giungla alla ricerca di Livingstone. Ho semplicemente organizzato un viaggio su misura (diverso da quello proposto dai depliant delle agenzie di viaggio, che non considerano Ushuaia degna di più di un giorno di permanenza) viaggiando su aerei di linea, alloggiando in alberghi dotati di ogni conforto, inoltrandomi per strade abitate da gente civilissima con usi e costumi molto simili ai miei, ho visitato musei e parchi naturali, mi sono unito a gruppi di turisti giunti da tutto il mondo.
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Il porto di Ushuaia |
Peraltro, la Terra del Fuoco è organizzatissima per accogliere, ospitare e intrattenere chiunque arrivi, in ogni momento dell'anno. Negozi per tutte le tasche, ristoranti, due casinò, il cinema, impianti sportivi. Nel loro inverno, che corrisponde alla nostra estate, sulle montagne attorno a Ushuaia si scia come da noi sulle Alpi, e ci sono piste da fondo e per slitte assolutamente competitive con qualunque impianto europeo. Questo va detto perché non sembri che mi sia avventurato come Shekleton alla scoperta dell'Antartide.
Tuttavia, il richiamo dell' "Ultimo confine del mondo" era diventato fortissimo: si tratta dell’autobiografia estremamente affascinante di uno dei fondatori di Ushuaia, divenuto una specie di capo bianco di Ona e Yaghan, due popolazioni indigene (peraltro, popolazioni che non avevano una struttura sociale vera e propria e non riconoscevano una particolare autorità a nessun capo). Ma non c'è solo il libro di Bridge, ovviamente. Ci sono tutti quelli che raccontano dei due viaggi del Beagle in queste terre (il primo senza Darwin, il secondo con) e le cronache avventurose delle esplorazioni dei capitani Pringle Stokes e Robert Fitzroy e dei loro primi scontri con i fuegini. Poi c'è molta letteratura posteriore: gli scritti di Coloane, Sepulveda, Chatwin... insomma, non si può leggere tanto sulla Patagonia e sulla Terra del Fuoco e non desiderare di venirci. L'unica vera impresa l'ho compiuta su me stesso: ho coltivato il desiderio di intraprendere un viaggio in un luogo lontano e, superando tutti gli ostacoli, semplicemente l'ho fatto. lo spettacolo che mi ha offerto la Terra del Fuoco risulterà più emozionante anche per quello che questo luogo simboleggia. Qui passò la nave di Darwin. Qui finisce il mondo, poi comincia l'Antartide. Qua i primi uomini bianchi si sono stabiliti da poco più di cento anni, e tuttora, attorno alla città, c'è soltanto la natura selvaggia. Una natura mozzafiato e variegata, perché dagli scenari marini si passa con sorprendente rapidità a quelli alpini.
Sono arrivato in aereo da Buenos Aires (una città a cui ho dedicato
il post precedente) dopo tre ore e mezzo di volo. Il panorama durante l'atterraggio è strepitoso, alpino e marittimo al tempo stesso, ma soprattutto colpisce l'assenza di ogni qualsiasi agglomerato urbano. Non ci sono case, strade, villaggi, paesi. Nulla. Solo montagne, neve, isole, mare, scogliere. Persino Ushuaia non si vede, arrivando in aereo, sembra di atterrare nel canale. Esce il carrello dell'aereo e non c'è traccia dell'aeroporto. Poi, invece, la pista c'è, e anche l'aerostazione: peraltro, modernissima e pittoresca, ecologica al massimo. E' il primo aeroporto che vedo costruito in legno. Sembra uno chalet alpino. Controllano tutti i bagagli perché l'ambiente è protetto e non si deve portare, per esempio, della frutta (potrebbe essere veicolo di contagio di parassiti o malattie delle piante per le specie locali).
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L'aeroporto di Ushuaia sembra uno chalet alpino |
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Appena atterrato |
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Primi panorami all'aeroporto |
Ushuaia conta circa settantamila abitanti, che non hanno nessuna altra località nei dintorni. Però atterrano dieci aerei al giorno e ci fanno scalo trecento navi da crociera all'anno(rotte antartiche e patagoniche). Ho avuto la fortuna di imbattermi in una guida che parla benissimo italiano, e che mi ha accompagnato in escursioni personalizzate. Siamo diventati amici, e mi ha detto che pochi turisti arrivano fin quaggiù informati come me sulla storia della Terra del Fuoco. Gli ho spiegato che ho letto tutto quello che ho potuto per documentarmi per la storia di Zagor che stava per uscire in edicola. Visitando il museo Yamana di Ushuaia, dedicato ai nativi ormai de tutto estinti (gli Yaghan e gli Ona in particolare) ho trovato confermate tutte le idee che mi ero fatto, e sarebbe bello poter raccontare altre storie in un fumetto ambientato da queste parti. Criminalità, zero: le "ventanas", da queste parti, non hanno "fierros", le finestre delle case sono senza inferriate. Chi vuol lavorare, trova lavoro.
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Il mio hotel |
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L'albergo sullo sfondo |
Il mio hotel, rustico ma suggestivo, sorge a pochi chilometri da Ushuaia, nella Terra del Fuoco argentina (c'è anche una Terra del Fuoco cilena), affacciato direttamente sul Canale del Beagle. Lo spettacolo che si gode guardandosi attorno è mozzafiato. Nonostante siamo in piena estate australe, la temperatura rimane quasi sempre sotto i dieci gradi: durante una escursione al lago Escondido ha persino nevicato. La guida mi dice che è un inizio di estate più freddo del solito, abitualmente in gennaio c’è un po’ più di tepore. Il tempo cambia molto velocemente per cui il sole, il vento, le nubi, il nevischio, il tepore e il freddo si alternano nel giro di pochi minuti. L'aria però è asciutta e buona da respirare. Un'altra caratteristica estiva è la lunghezza delle giornate: il sole sorge verso le tre e tramonta verso le undici di sera: tanta luce! In sé, Ushuaia è una via di mezzo fra una stazione sciistica alpina e un porto scandinavo, carina e pittoresca, molto colorata, ma niente di speciale. Quello che è speciale è l'ambiente tutto intorno. Davvero una meraviglia. Non ci sono parole. Continueremo a parlarne nei prossimi articoli, con la cronaca delle escursioni fatte per terra e per mare.
Adesso, gustavi (se volete) un po' di foto di Ushuaia e immediati dintorni.
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Pace e silenzio sulla riva del Beagle Chanel |
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La visuale dalla mia finestra |
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Il Canale del Beagle davanti al mio albergo
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Le montagne al di là del Canale sono quelle dell'isola Navarino, territorio cileno (Ushuaia è in Argentina) |
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La foce del Rio Pipo sul Canale del Beagle
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Bassa marea sul Canale del Beagle
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L'isola Navarino (Cile)
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Il centro di Ushuaia |
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Nel porto di Ushuaia è proibito l'attracco delle navi dei "pirati inglesi".
Qui ce l'hanno con i britannici per la controversia delle isole Malvinas (o Falkland che dir si voglia).
C'è anche un sacrario in ricordo degli oltre 600 morti argentini nella guerra degli anni Ottanta.
Inoltre, una base militare controlla anche il difficile confine con il Cile, altro punto di attrito. |
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Architetture alpine in una città sul mare
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Da Ushuaia partono le crociere verso l'Antartide
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Per le strade di Ushuaia i cani vagano liberi
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Il museo dedicato agli indigeni fuegini che abitavano la zona (oggi del tutto estinti)
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C'è anche un vino della Patagonia |
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La specialità locale sono questi giganteschi granchi rossi che si pescano nel Canale del Beagle |