Milo Manara per Georges Wolinski |
I morti sono tutti uguali, ma a me a Parigi, il 7 gennaio 2015, hanno ucciso Georges Wolinski, uno dei fumettisti francesi che ho più amato. Georges è stato ammazzato (“giustiziato” è un termine che non si dovrebbe mai usare, men che mai quando la vittima è un innocente) insieme ad altre undici persone nel corso di un attacco terrorista nella sede di una rivista satirica francese, “Charlie Hebdo”, di cui era una delle colonne. Tra esse c’erano altri vignettisti, compreso il direttore, Stephane Charbonnier, detto Charb, le cui parole sulla paura dei fanatici, da cui era stato più volte minacciato, andrebbero incise sulla pietra di un monumento: preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio. Come al solito, quando ci sono di mezzo la religione e le ideologie, non mancano coloro che hanno trovato il modo di giustificare i killers. Quelli di “Charlie Hebdo” se la sarebbero cercata, le loro vignette erano offensive. Non sono le vignette a essere offensive, è chi le legge che si offende. Se qualcuno si ritiene offeso, prenda la matita e satireggi pure lui, se ne è capace. Oppure se ne lagni, tenga il muso, scriva lettere di protesta. Nei casi estremi, se proprio è stata infranta una legge, si rivolga alla magistratura per far pagare una multa agli umoristi. Ma se prendi il mitra e macelli chi ha soltanto disegnato, è evidente che hai perso la ragione. Le idee si combattono con le idee. Se le combatti con le armi, vuol dire che le tue idee sono più deboli. Il fatto che Charb o Wolinski o chiunque altro disegnassero vignette che qualcuno non facevano ridere o che qualcun altro indignavano, non ha nessuna importanza rispetto al principio che quegli autori avessero il diritto (e perfino il dovere) di pubblicarle. Non può darsi in alcun modo il caso che un autore (scrittore, giornalista, cineasta, fotografo, disegnatore, poeta, filosofo, blogger) non possa esprimere il proprio pensiero nel timore di essere ucciso. Per questo il coraggio di “Charlie Hebdo” è una bandiera dietro la quale tutti dovremmo essere orgogliosi di sfilare. Personalmente rispetto i credenti di ogni religione e mai farei qualcosa per impedire a chiunque di manifestare o praticare la propria fede. Su questo non ci piove. Temo però, purtroppo, che alcuni credenti di alcune di queste fedi non siano altrettanto ben disposti verso gli altri quanto me. Non prevedo niente di buono per il futuro. Non sarà facile, per chi scrive storie per mestiere, continuare a lavorare con serenità. Dire qualcosa di troppo che suoni offensivo verso chissà chi potrebbe voler dire vedersi sterminare la famiglia, venire massacrato con un gruppo di amici, scatenare una rivolta popolare in qualche lontano (o magari vicinissimo) paese. Tutti ci censureremo da soli, per evitare il peggio. Non vedo come se ne potrà uscire, perché purtroppo i buoni vincono soltanto nei fumetti.