E’ uscito, in occasione della mostra dedicata ai cinquant’anni di Diabolik organizzata prima a Milano in occasione di Cartoomics (16-18 marzo 2012) e poi a Napoli nei giorni del Comicon (6 aprile – 2 maggio 2012), il bel catalogo “La diabolika Astorina”, che fa il paio (per formato e impostazione) con quello intitolato un paio di anni fa a “L’Audace Bonelli”. A dare alle stampe il libro (brossurato, 260 pagine a colori) sono le Comicon Edizioni, con la collaborazione del Museo del Fumetto di Lucca e la cura di Mario Gomboli. All’interno, articoli di saggisti molto brillanti e di primo’ordine (quali, elencati alfabeticamente: Alino, Andrea Agati, Roberto Altariva, Andrea Artusi, Davide Barzi, Giancarlo Berardi, Gianni Bono, Luca Boschi, Sergio Brancato, Diego Cajelli, Loris Cantarelli, Andrea Carlo Cappi, Alfredo Castelli, Gino Frezza, Pier Luigi Gaspa, Tito Faraci, Luca Fassina, Antonio Iannotta, Patricia Martinelli, Angelo Nencetti, Giuseppe Palumbo, Andrea Pasini, Roberto Recchioni). In più, due interviste a Lorenzo Mattotti e Milo Manara. Il volume contiene tutto quello che ogni appassionato di fumetti (o interessato ai fenomeni di costume) dovrebbe sapere, e si conclude con una ricca bibliografia. Ultimo dopo cotanto senno, anch’io ho collaborato con un mio saggio, come già feci con il libro sulla Bonelli (dove i saggi furono due). Il mio articolo si intitola “Il fattore K”, e parla del fenomeno dei fumetti neri e degli epigoni di Diabolik. Al di là del mio contributo, vi consiglio caldamente di procurarvi il tomo, che costa soltanto venti euro e ne vale almeno il doppio.
Mentre mi preparavo per scrivere il mio pezzo, mi è tornato in mente che, nel 1996, fui contattato da un’altra casa editrice, “Lo Scarabeo”, per collaborare a un volume simile, intitolato “Diabolik, l’uomo dai mille volti”. Anche in quel caso si trattava di un libro che metteva insieme articoli di vari autori, tra cui Alberto Gedda, Franco Fossati, Franco Spiritelli, Guido Tiberga e altri ancora. In quel caso furono due i testi a mia firma. Uno, intitolato “Kappe nere”, aveva lo stesso argomento di quello da me affrontato su “La diabolika Astorina” (anche se il testo ha finito per essere diverso). L’altro, lo chiamai “Humor nero” e trattava delle parodie di Diabolik. Fra esse, ne citavo (non senza imbarazzo) una mia: una storia di Cattivik in cui il Genio del Male si scontra appunto con il Re del Terrore, ribattezzato per l’occasione “Diavolik”. I disegni di Giorgio Sommacal resero quella storia molto divertente.
Nel volume targato Comicon c’è, per l’appunto, un pezzo sui tanti epigoni comici di Diabolik, e l’ha scritto (molto meglio di quanto avrei saputo fare io) Luca Boschi. Il suo saggio si intitola “Parodie diabolike”, e vi compare anche il riferimento alla mia storia cattivikiana (cosa di cui sono molto contento). Dato che non ho avuto modo di affrontare di nuovo l’argomento “funny Diabolik” nel volume appena uscito, ripropongo qui di seguito l’articolo che apparve sul volume de Lo Scarabeo ben sedici anni fa.
HUMOR NERO
Le parodie di Diabolik
di Moreno Burattini
Dal volume "Diabolik, l'uomo dai mille volti"
Edizioni Lo Scarabeo (1996)
Quando Umberto Eco, nel 1975, presentò l'edizione del suo "Diario Minimo" all'interno degli Oscar Mondadori, si dichiarò un po' preoccupato. "Entrando il libro in una collana popolare di vasta diffusione - scriveva - potrebbe cadere nelle mani di chi non è capace di riconoscere a prima vista i modelli a cui le parodie si ispirano". E via a spiegare che scrivendo "Nonita" voleva rifarsi alla Lolita di Nabokov. Nel caso delle parodie di Diabolik, il problema non sussiste. Tale è la popolarità del personaggio delle sorelle Giussani, che basta far vedere un tale mascherato con una calzamaglia nera per far capire immediatamente quale sia il punto di riferimento. E poiché l'umorismo scatena tanta più ilarità quanto più è immediato, ecco il motivo per cui le parodie di Diabolik sono state così numerose nel corso degli anni. Sia ben chiaro: il fatto che in molti abbiano scherzato sul Re del Terrore non significa affatto che il character sia risibile. Significa solo che è estremamente popolare, al punto che in recente carosello televisivo è stato fatto comparire insieme a Dracula e Frankenstein, personaggi entrati a far parte dell'immaginario collettivo, ritenuti a ragione immediatamente identificabili da parte della platea dei teleutenti. Il fatto che la parodia non debba essere intesa di necessità in una accezione negativa, viene autorevolmente confermato dallo stesso Eco, nel testo di cui sopra: "Non sempre una parodia si esercita su un modello che considera negativo; sovente parodiare un testo significa anche rendergli omaggio". Questo è dunque lo spirito nel quale vanno intese le buffe controfigure di Diabolik inventate a ripetizione dagli Anni Sessanta a oggi, opera peraltro anche di autori di grandissimo livello.
Diabolik, che già in nuce si ispirava al modello del letterario Fantomas (l'inafferrabile genio del male creato da Allain e Souvestre nel 1911), si trovò già poco dopo la sua apparizione a essere a sua volta fonte di ispirazione, se non di pedissequa imitazione, da parte di una folta schiera di epigoni. Attratti dal grande successo riscosso da Angela e Luciana Giussani con il loro Re del Terrore, moltissimi altri personaggi a lui riconducibili cominciarono ad affollare le edicole fino a rappresentare un autentico boom: quello del fumetto nero. Kriminal e Satanik, di Magnus & Bunker, ebbero il merito di differenziarsi subito per forma e contenuti: tuttavia aprirono la strada a una incontrollata proliferazione di testate come Sadik, Zakimort, Demoniak e chi più ne ha più ne metta: una vera e propria inflazione di "kappa" infilate da tutte le parti.
Come tutti i fenomeni di costume, anche questo si prestò a far da bersaglio a una nutrita serie di parodie: così, proprio mentre sugli schermi cinematografici giungeva la trasposizione in celluloide di Diabolik per la regia di Mario Bava, al serio si contrapponeva il faceto e veniva immediatamente proposta un'altra pellicola, "Arriva Dorellik" in cui Johnny Dorelli scimmiottava in calzamaglia nera il criminale (e il film non faceva che seguire il successo di una serie di sketch televisivi scritti per Dorelli da Amurri e Jurgens in uno show del sabato sera). Al di là delle parodie di celluloide o via etere, anche nei fumetti i cattivi con la "kappa" cominciarono ben presto a essere oggetto di rifacimenti ilari e dissacranti. Proprio sulle pagine di Diabolik (per l'esattezza, in appendice all'albo "La miniera di diamanti", del 4 gennaio 1965) il giovanissimo Alfredo Castelli, autore destinato a un glorioso avvenire, esordì con il suo primo fumetto, Scheletrino, da lui realizzato nei testi e nei disegni (in realtà, confessa lo stesso Castelli "scopiazzato un po' qua e un po' là, soprattutto da Mad, e illustrato in modo talmente primitivo da farmi per sempre abbandonare l'idea di diventare disegnatore"). Benché sia di una levità assoluta, il che lo rende più che mai godibile, Scheletrino è in qualche modo paradigmatico nei confronti della schiera di parodie imperniate non solo su Diabolik, ma su tutto il genere nero, quello dei personaggi con la "kappa". Infatti, la sua testa a teschio fa chiaro riferimento alla maschera di Kriminal, ma poi mancano altri riferimenti più puntuali al personaggio di Max Bunker e le brevi storie di Scheletrino raccontano in realtà le disavventure di un generico criminale sfortunato a cui non ne va mai bene una. In uno degli episodi, comunque, il character castelliano incontra Diabolik in persona: minacciando la casa editrice Astorina di passare alla concorrenza ("l'editoriale che pubblica Salamik"), ottiene il permesso di avere un albo tutto suo, e il Re del Terrore si vendica obbligandolo a comprarne tutte le copie in circolazione.
Se all'interno degli stessi albi di Diabolik trovava spazio una parodia del genere nero e delle "kappe" imperversanti, lo stesso accadeva anche su altre pagine. Per esempio, nelle avventure di Soldino, già nel 1966, il Reame di Bancarotta iniziò ad essere teatro delle criminali imprese di Malvagik e Crudelia (chiaramente ispirati a Diabolik ed Eva Kant). Sulla loro strada, però, anziché il buon Ginko, i due fuorilegge trovavano spesso l'energica Nonna Abelarda, che li sconfiggeva a suon di sganassoni. Nel 1968, una autoctona versione di Mad chiamata Tilt, pubblicò l'avventura "Dentiera di sangue", con protagonista un certo Diabetik. Autori dei testi erano Alfredo Castelli (sempre lui) e Mario Gomboli, i disegni portavano la firma di Carlo Peroni. "Diabetik - si legge in una didascalia della prima pagina - è il più diaboliko, il più sataniko, il più demoniako, il più kriminale mai apparso in un fumetto nero! Dotato di un coraggio sovrumano, è sempre accompagnato da Eva Kunt, la sua dolce ed affettuosa compagna". La storia, sinceramente esilarante, è una parodia puntale ed efficace degli stereotipi contenuti nelle storie di Diabolik, ed è ricchissima di gag. Da ricordare quella in cui il Re del Terrore, pur avendo la Jaguar piena di trucchi, non può fuggire perché non ha fatto il pieno di benzina. "Porca Eva!", sbotta Diabetik. E subito la "dolce e affettuosa compagna" lo schiaffeggia perché quell'esclamazione proprio non le piace.
Nel 1969, perfino i Disney italiani presero spunto dal Re del Terrore per creare il personaggio di Paperinik, alter ego di Paperino. La prima storia, "Il diabolico vendicatore", scritta da Guido Martina e disegnata da Giovan Battista Carpi, comparve divisa in due puntate sui numeri 706 e 707 di Topolino. Sembra che alla base del personaggio ci sia stata un'idea di Elisa Penna, redattrice della testata. Martina costruì una storia divertente e intrigante in cui in una villa diroccata, Paperino scova il diario di Fantomius, ladro gentiluomo, e pensa di imitarne le gesta. I riferimenti a Diabolik sono molteplici, e non solo limitati alla "kappa" finale nel nome: basti pensare che, rincorso dalla polizia, Paperinik usa alcuni trucchi nascosti nella sua auto per seminare gli inseguitori. Del resto, il nome di "Fantomius" fa immediatamente pensare a Fantomas, ergo allo stesso Diabolik . Sulla scia del grande successo del personaggio (che è entrato a far parte dell'universo Disney in pianta stabile, al punto che viene disegnato in tutto il mondo, e non si è trattato dunque di una effimera apparizione), nel 1973 nasce anche Paperinika, in verità molto meno efficace: a far vestire i panni di una eroina mascherata a Paperina sono il solito Martina e Giorgio Cavazzano (su Topolino n° 906). Franco Fossati, all'epoca responsabile delle sceneggiature, sostiene che il fascino dei personaggi mascherati con la "kappa" nel nome era talmente forte che lui doveva continuamente opporsi alle proposte di soggettisti desiderosi di scrivere storie con altri character disneyani trasformati allo stesso modo, come DePaperonik.
In questo contesto si va dunque a inserire il diabolico Cattivik, che il suo primo autore, Franco Bonvicini (in arte Bonvi) non intende però solo come una parodia degli eroi neri allora in voga. «Volevo fare un personaggio per bambini che fosse "cattivo" in maniera dichiarata - ha confessato l'autore in una intervista - all'epoca il personaggio più "cattivo" era il Lupo Pugaciov, il che è tutto dire». Bonvi fu infatti uno dei primi disegnatori europei ad organizzare attorno a sè uno staff di collaboratori con cui portare avanti la sua nutrita e variegata produzione: al giovane Guido Silvestri, destinato alla celebrità sotto lo pseudonimo di Silver, egli finì per delegare sempre più spesso la realizzazione delle storie di Cattivik, finche nel 1972 il character finì per l'essergli del tutto affidato. Silver dette il via alla seconda fase dell'evoluzione del personaggio iniziando a realizzare strisce e storie breve in cui Cattivik si evolve nella forma (non assomiglia più a un peperone come quando lo disegnava Bonvi, ma si è assottigliato assumendo prima la silhouette di una melanzana poi quella di una pera) e le sue storie, soprattutto, hanno raggiunto un notevole livello grafico snodandosi attraverso vignette ben costruite e molto curate, supportate anche da divertenti sceneggiature. Nel gennaio 1989, con la nascita della ACME, una casa editrice di cui Guido Silvestri è titolare, viene sperimentata una testata tutta dedicata a Cattivik. Accanto a una riproposta cronologica di tutte le vecchie storie di Bonvi, vengono presentate avventure inedite: è l'inizio della terza era del personaggio, che Silver affida a uno staff di collaboratori tra cui spiccano Massimo Bonfatti e Giorgio Sommacal: il primo, una vecchia conoscenza dei più attenti appassionati del comicdom; il secondo, un nuovo talento scoperto dell'ACME. Cattivik acquista una nuova silhouette a forma di castagna e si rimpicciolisce, caratterizzandosi sempre più e sempre meglio anche dal punto di vista psicologico e comportamentale. Le storie diventano man mano più lunghe e più spassose, impreziosendosi anche dal punto di vista grafico.
Attraverso le varie fasi che hanno contraddistinto la sua evoluzione grafica e letteraria, Cattivik è oggi più vivo che mai mentre quasi tutti i neri eroi del male da cui fu ispirato sono da tempo morti e sepolti: quasi tutti, appunto, perché il suo principale ispiratore, Diabolik, è appunto vegeto e in buona salute. Non a caso, in un paio di occasioni, Cattivik si è scontrato con un personaggio chiamato Diavolik, vale a dire con una puntuale parodia (disegnata con rara efficacia da Giorgio Sommacal) del suo stesso modello in positivo. Autore dei testi delle due storie in questione, il sottoscritto. Ricordo che presentando a Silver la proposta del primo soggetto, mi sentii raccomandare: "Diabolik è l'ispiratore di Cattivik, e dobbiamo rendergli omaggio come si deve: bisogna che venga fuori una signora storia!". Sul risultato, come parte in causa, non mi pronuncio. Come semplice lettore posso invece dichiararmi divertito dalla più recente delle parodie a fumetti: "Parabolik", opera di Stefano Nocilli che nel 1996 ha distribuito nel circuito delle librerie specializzate uno spiritoso numero unico che ricalca la grafica e le dimensioni dei tradizionali albi di Diabolik. Non è solo l'onafferrabile criminale a venir preso di mira, mostrato com'è grasso e imbranato, ma ne fanno le spese anche Ginko, divenuto Rinko, ed Eva, il cui cognome si è tramutato in Katz. Anche se siamo di fronte a una parodia smitizzante, nessun dubbio che si tratti comunque di un omaggio frutto di un grande amore verso il Re del Terrore. E questo ci riporta al discorso fatto in apertura, e alla frase di Umberto Eco: "parodiare un testo significa anche rendergli omaggio". E il cerchio si può chiudere.