Fra le tante collezioni che faccio, come ad esempio quella degli albi a fumetti che erano in edicola il giorno della nascita, c'è anche la raccolta dei romanzi scritti da autori di fumetti. Credo di avere delle chicche molto interessanti, dal libro "Ultime lettere delle Sturmtruppen" di Bonvi a "L'estate dei dischi volanti" di Bepi Vigna, passando per le opere letterarie di Lorenzo Bartoli e Claudio Chiaverotti, Claudio Nizzi e Marcello Toninelli, Diego Cajelli e Cinzia Leone. E questo per limitarmi ad alcuni e, soprattutto, agli italiani, ovviamente.
Ma il libro che oggi mi sono fatto autografare dall'autore non l'ho preso semplicemente per aggiungerlo alla collezione. L'avrei acquistato anche se a scriverlo non fosse stato un collega sceneggiatore. E l'avrei fatto 1) per il soggetto, 2) per la qualità di scrittura. Quest'ultima mi era già nota sia perché sono in possesso in un altro libro scritto dal medesimo autore, sia perché conosco bene il talento del soggetto in questione, sia perché ho avuto la fortuna di leggere parte del manoscritto prima che fosse stampato, e di aver persino potuto dare qualche consiglio, essendomi stato richiesto. Sto parlando de "Il romanzo della mia vita", ufficialmente scritto da Tex Willer (questo il nome che compare in copertina) ma in realtà, come si legge a pagina quattro, opera di Mauro Boselli, "da più di vent'anni uno dei più amati e prolifici sceneggiatori delle avventure" di Aquila della Notte, come scrive Sergio Bonelli nella sua prefazione. E da più di vent'anni mio caro amico, oltre che a lungo mio editor e oggi mio compagno non solo d'ufficio ma anche di stanza in redazione.
Ma il libro che oggi mi sono fatto autografare dall'autore non l'ho preso semplicemente per aggiungerlo alla collezione. L'avrei acquistato anche se a scriverlo non fosse stato un collega sceneggiatore. E l'avrei fatto 1) per il soggetto, 2) per la qualità di scrittura. Quest'ultima mi era già nota sia perché sono in possesso in un altro libro scritto dal medesimo autore, sia perché conosco bene il talento del soggetto in questione, sia perché ho avuto la fortuna di leggere parte del manoscritto prima che fosse stampato, e di aver persino potuto dare qualche consiglio, essendomi stato richiesto. Sto parlando de "Il romanzo della mia vita", ufficialmente scritto da Tex Willer (questo il nome che compare in copertina) ma in realtà, come si legge a pagina quattro, opera di Mauro Boselli, "da più di vent'anni uno dei più amati e prolifici sceneggiatori delle avventure" di Aquila della Notte, come scrive Sergio Bonelli nella sua prefazione. E da più di vent'anni mio caro amico, oltre che a lungo mio editor e oggi mio compagno non solo d'ufficio ma anche di stanza in redazione.
Giustamente, Sergio fa notare come, rispetto ad altri suoi "non meno validi colleghi", Mauro abbia avuto la fortuna di conoscere bene Giovanni Luigi Bonelli. Boselli ebbe infatti come compagno di classe Giorgio Bonelli, figlio di Gianluigi e fratello di Sergio: capitava perciò che frequentasse la casa del mitico creatore di Tex, dal quale ricevette i primi suggerimenti su come si scrivono i fumetti e del quale fu per un breve periodo anche segretario tuttofare. Dunque, quando qualcuno in Mondadori ha avuto l'idea di commissionare alcuni romanzi pseudo-autobiografici dei grandi eroi del fumetto (il primo è stato Diabolik, e Tex giunge per secondo), subito in Via Buonarroti è stato precettato Boselli che, indubbiamente, aveva tutte le doti per riuscire nell'impresa, essendo un perfetto conoscitore del personaggio, della sua storia e della sua psicologia. Il romanzo si divora con facilità e soddisfazione pur essendo pieno di fatti e di personaggi, dato che non c'è né una parola di più, né una parola di meno di quelle che servono.
Ciò che soprattutto colpisce è come, in soltanto duecento pagine, si copra un arco di avventure vastissimo, che vanno dalla nascita di Tex in un ranch del Texas meridionale fino al'affondamento della River Queen che conclude la vendetta di Aquila della Notte contro gli assassini di sua moglie Lilyth, vent'anni dopo la morte di lei. E il tutto senza che delle storie venga fatto un riassunto insipido. Al contrario. Questo perché la voce narrante è appunto quella di Tex Willer, un uomo di poche parole.
Ricordo quando Mauro Boselli mi confidava le sue intenzioni e mi spiegava come il racconto non potesse essere condotto che così, senza fronzoli ma non per questo senza emozioni, venendo fatto in prima persona da uno come Aquila della Notte, un tipo che punta al sodo, concreto e deciso,non avvezzo a girare attorno agli argomenti. Qualunque altra scelta (epica, lirica, intimista, psicologica, didascalica o, la peggiore di tutte, magniloquente) sarebbe stata sbagliata. Ci sono soltanto due momenti in cui Tex viene descritto dall'esterno: quando il giornalista che giunge al villaggio Navajo per intervistarlo nella primavera del 1899, Jack Granger, come il Ralph Fielding Snell de "Il piccolo grande uomo", descrive il suo incontro e il suo commiato da Aquila della Notte, il quale, indicando la sua gente, dice: "Sto invecchiando e non so quanto ancora potrò battermi al loro fianco".
Ricordo quando Mauro Boselli mi confidava le sue intenzioni e mi spiegava come il racconto non potesse essere condotto che così, senza fronzoli ma non per questo senza emozioni, venendo fatto in prima persona da uno come Aquila della Notte, un tipo che punta al sodo, concreto e deciso,non avvezzo a girare attorno agli argomenti. Qualunque altra scelta (epica, lirica, intimista, psicologica, didascalica o, la peggiore di tutte, magniloquente) sarebbe stata sbagliata. Ci sono soltanto due momenti in cui Tex viene descritto dall'esterno: quando il giornalista che giunge al villaggio Navajo per intervistarlo nella primavera del 1899, Jack Granger, come il Ralph Fielding Snell de "Il piccolo grande uomo", descrive il suo incontro e il suo commiato da Aquila della Notte, il quale, indicando la sua gente, dice: "Sto invecchiando e non so quanto ancora potrò battermi al loro fianco".
La narrazione di Tex viene fatta, in più riprese, nell'arco di una settimana. Poi si interrompe là dove abbiamo detto, perché il vecchio Ranger deve partire, con Tiger Jack, per togliere il figlio Kit da certi guai in cui si è cacciato. Inutilmente Granger dice: "Ci sarebbero tante altre cose che vorrei chiedervi...". Chissà, forse un secondo romanzo potrebbe soddisfare le sue curiosità. E noi, che diversamente da lui sappiamo già che cosa è successo dopo l'affondamento della River Queen, in realtà abbiamo ugualmente voglia di sentirci raccontare quelle stesse cose dalla voce dello stesso protagonista, in grado di farne un'esposizione asciutta ma efficacissima. In grado anche, cosa che non guasta, di mettere ordine e fare chiarezza in avventure che Giovanni Luigi Bonelli ha scritto in anni in cui non importava troppo se una storia contraddiceva un'altra, purché ci fosse da sparare e fare a pugni.
A corredo del romanzo di Boselli, così come si usava nei libri di avventura di una volta, dodici illustrazioni di Fabio Civitelli, realizzate come se fossero incisioni ottocentesche. Io, che con Fabio ho realizzato un libro in cui le sue illustrazioni texiane erano quasi un centinaio, non posso che apprezzare.