Qualche settimana fa ho ricevuto un plico da Ade Capone, lo sceneggiatore zagoriano con la maggior anzianità di servizio sulle spalle, essendo sulla breccia dal 1987 (ma già dal 1980 aveva iniziato a scrivere fumetti per Skorpio e Lanciostory). Il prossimo anno, dunque, festeggeremo i suoi venticinque anni con lo Spirito con la Scure, mentre i fratelli Cassaro stanno portando avanti una sua nuova storia dal titolo provvisorio di “Erie Canal”. Nel plico c’era una copia di un libro, con una dedica personale. Si tratta di “Contatto – Incontri ravvicinati con altri mondi” (Piemme), un saggio scritto dallo stesso Ade sulla scorta della sua esperienza ormai pluriennale come autore televisivo, quale colonna di programmi come “Il bivio” prima e “Mistero” dopo. I libri sono sempre regali graditissimi, ma questo lo avrei sicuramente comprato anche se non lo avessi ricevuto in dono. Non soltanto per il nome dell’autore e perché con lui ne avevamo parlato prima che uscisse, ma perché l’argomento è di quelli che mi intrigano.
Non si tratta semplicemente di UFO (un tema che comunque meriterebbe un approfondimento, e che già abbiamo sfiorato parlando di cerchi nel grano), ma di abductions. Ovvero, di rapimenti di esseri umani da parte di (pare) creature aliene. Quelli che si definiscono incontri ravvicinati del quarto tipo. Il primo tipo è l’avvistamento di un oggetto volante non identificato. Il secondo, l’evidenza fisica dell’atterraggio o del transito di un velivolo extraterrestre. Il terzo, l’incontro con uno o più alieni. Il quarto, il trasporto da parte dei medesimi di un soggetto all’interno di una loro base o di una loro astronave.
Ora, mi è già capitato in più occasioni di spiegare qual è il mio atteggiamento di fronte a casi che sfiorano i confini della realtà o, a volte, decisamente li superano. Non è che sono scettico o incredulo per partito preso: pongo delle domande e valuto le ragioni di chi cerca di rispondermi, disposto a dirmi possibilista o ragionevolmente persuaso qualora si tratti di argomentazioni convincenti. Il più delle volte, per non dire quasi sempre, i fenomeni paranormali e la magia, così come i miracoli o i misteri legati all’occulto e al trascendente, ma anche la dietrologia e il complottismo, l’astrologia e le medicine alternative, le pratiche pseudoreligiose e lo spiritismo non riescono scuotermi dalla mia perplessità che anzi, domanda dopo domanda, aumenta più che mai per mancanza di risposte fondate su qualcosa di sensato.
La possibilità che esistano civiltà al di fuori del Sistema Solare, tuttavia, non è un dogma di fede o una credenza magica. E’ realmente un’opzione più che plausibile, data la vastità dell’universo e l’incredibile numero di stelle e sistemi planetari. Fior di scienziati ne discutono da anni. Uno di essi, l’astronomo Carl Sagan è stato tra i più attivi fautori della nascita del SETI, vale a dire un programma scientifico di ricerca sistematica non della vita, ma dell’intelligenza extraterrestre (Search for Extra Terrestrial Intelligence), finanziato anche dalla NASA. Isaac Asimov ha dedicato all’argomento uno dei suoi saggi più interessanti, “Civiltà extraterrestri”, giungendo a conclusioni che mi hanno perfettamente convinto e di cui vi dirò più avanti. Questo, per differenziare l’argomento delle possibili forme di vita nello spazio da quelli delle sedute spiritiche, le madonnine che lacrimano sangue, gli oroscopi e le quartine di Nostradamus. Purtroppo, il principale ostacolo a un corretto dibattito sugli alieni sono gli ufologi, che raramente sono scienziati e spesso sembrano adepti di una setta (ce n’è anche uno con le stigmate, Giorgio Bongiovanni).
Quando mi è capitato di vedere qualche filmato o qualche fotografia di dischi volanti esibita da sedicenti esperti di UFO, sono rimasto sempre perplesso. Di solito, non si vede niente, se non macchie indistinte che potrebbero essere qualunque cosa. Nei filmati, spesso si vedono delle luci nel cielo. L’ufologo di turno, che da bambino deve aver visto troppi cartoni animati di Actarus, dice: “E’ un’astronave della flotta di Vega”. Io dico: è una luce nel cielo, un punto luminoso. Prima di dire che sono degli alieni, sarà meglio verificare che non possano essere realtà più terrene, a partire da scherzi, fotomontaggi più o meno abili, abbagli, fischi per fiaschi. In certe foto si scambiano per UFO delle cavallette che hanno avuto la ventura di saltare davanti all’obiettivo al momento dello scatto. Si sono viste anche persone convinte che stia per iniziare la guerra dei mondi dopo essere sbigottite di fronte al pianeta Giove nei momento del suo massimo splendore (è una bella palla di luce nel cielo notturno). Personalmente, sono ancora basito al ricordo del filmato di una presunta autopsia di un alieno che si diceva essere stato sottratto da una base segreta americana: mi misi a guardarlo credendo di vedere chissà che, ed era con tutta evidenza un video amatoriale fatto da un burlone con un pupazzo costruito da qualcuno che credeva di essere Carlo Rambaldi. Ecco, vorrei dire agli ufologi della domenica: l’argomento è serio, cercate di esserlo anche voi. Forse gli extraterrestri esistono davvero, ma si finisce per parlarne negli stessi ambiti in cui si racconta di apparizioni di fantasmi, guarigioni miracolose, profezie dei Maya, esorcismi e malocchi.
L’argomento, dicevo, è serio perché è molto probabile che forme di vita aliena esistano veramente (forse siamo noi stessi una forma di vita aliena piovuta dallo spazio insieme all’acqua delle comete o agli aminoacidi dei meteoriti), e c’è anche qualche esile probabilità che prima o poi avvenga un contatto. Per questo non mi fanno paura gli spettri (che non esistono), ma talvolta mi angoscia la prospettiva che il SETI o qualche altro gruppo davvero scopra una civiltà extraterrestre. Secondo me, se ciò accadesse, sarebbero più i rischi che le opportunità.
Il libro di Ade Capone, in qualche pagina, sostiene la stessa tesi. Leggendo le interviste a dieci “rapiti” dagli alieni, e le altre testimonianze contenute nel saggio, si ricava l’impressione che i “grigi”, o gli altri tipi extraterrestri responsabili delle abductions non siano animati dalle migliori intenzioni. Tuttavia, i racconti dei testimoni riportati in “Contatto” tutto sono, purtroppo, fuorché convincenti.
Ahimè, una di loro, Giovanna, una volta è anche andata in TV a far vedere le foto di un feto che lei sosteneva essere figlio suo e di un alieno, dato che, a suo dire, lei sarebbe stata più volte fecondata nel corso di esperimenti di ibridazione: secondo me, quello era un coniglio spellato o, nella peggiore delle ipotesi, un gatto. Ma, soprattutto, se fossi stato in Giovanna e avessi voluto convincere qualcuno della veridicità del mio racconto, invece di limitarmi a far le foto alla carcassa scuoiata l’avrei portata in un ospedale per farla esaminare. Cosa che, evidentemente, non è stata fatta.
Assai più interessante è invece tutta la seconda parte del saggio di Capone. Quella cioè, dove si intervistano non dei testimoni la cui buona fede non è corroborata da documenti credibili (anche chi ha le allucinazioni per febbre alta o schizofrenia è in buona fede raccontando ciò che crede di aver visto), ma si cerca di trarre dalle testimonianze una serie di punti fermi e teorie complessive della fenomenologia dell’adduzione. Del resto anche Carl Gustav Jung si occupò degli avvistamenti di UFO, traendo dalla casistica una sua teoria psicanalitica. Con l’aiuto di esperti un po’ più attendibili dei presunti addotti, Ade ci consegna un quadro affascinante e suggestivo del fenomeno, pur senza spiegarlo o arrivare a risposte certe alle tante domande che sorgono durante la lettura.
Assai più risposte vengono fornite invece in un altro libro a un’altra domanda più o meno sullo stesso tema. La domanda è quella del cosiddetto “paradosso Fermi”, e cioè: se l’universo brulica di vita, dove sono tutti quanti? Fu questo, infatti, il quesito che Enrico Fermi pose ai suoi colleghi di Los Alamos durante un pranzo di lavoro nell’estate del 1950. E nel 2002, Stephen Webb ha scritto un brillante saggio intitolato proprio così: “If the Universe is teeming with aliens, where is everybody?”. Il libro è stato pubblicato in Italia nel 2004 da Alpha Test e di recente inserito nella collana “I saggi di Focus”. Il punto di partenza del “Fermi’s paradox” è che tutte le evidenze sembrano dirci che ci siano nell’universo migliaia (se non milioni) di pianeti su cui sia possibile la vita e che questa, pertanto, dovrebbe essersi sviluppata, con estrema probabilità, in molti di essi. Dunque, perché non ne scorgiamo la minima traccia? Dove si nascondono gli alieni?
Webb fornisce non una, ma cinquanta possibili risposte, tutte perfettamente argomentate con i pro e i contro. Le spiegazioni si dividono in tre gruppi. Il primo, risolve il paradosso ipotizzando che in realtà non sussista, perché il contatto è già avvenuto anche se non è di dominio pubblico. Il secondo, parte dal presupposto che gli alieni esistano ma che sia impossibile comunicare con loro. Il terzo gruppo, contiene tutte le teorie che descrivono la vita come un evento molto raro, se non unico, e comunque tendente a estinguersi con grande velocità a causa dei fattori più diversi, compresi i lampi di raggi gamma che sterilizzano intere galassie (e potrebbero verificarsi in ogni momento anche nella nostra). Insomma, gli alieni o sono già qui, o esistono ma non possiamo contattarli, o non esistono. La teoria finale di Webb è che non esistono: la vita potrebbe essere una singolarità irripetibile. Isaac Asimov la pensava diversamente: secondo lui gli extraterrestri esistono, ma le distanze interstellari sono impossibili da superare anche per loro, come per noi, e dunque siamo destinati non incontrarci. Personalmente, preferirei che non ci trovassero. Non si sa mai.