Non che adesso io sia particolarmente famoso e goda di chissà quale considerazione, ma nel lontano 1990 ero proprio un signor Nessuno. Lavoravo già, è vero, sulla mia prima sceneggiatura di Zagor (il cui soggetto mi era stato approvato nell’ottobre dell’anno precedente), e avevo all’attivo una pluriennale militanza tra i fanzinarari d’assalto, ma niente di mio era apparso in edicola e, soprattutto, nemmeno una pagina mi era ancora stata pagata.
Pur essendo speranzoso per il tentativo in corso con lo Spirito con la Scure, ero tutt’altro che certo di riuscire a portare a termine l’impresa con un risultato soddisfacente e niente garantiva che dopo quel primo racconto avrei potuto scriverne altri. Però, sceneggiare fumetti era da sempre il mio sogno e a quel punto, incoraggiato dal riscontro positivo in casa Bonelli, decisi di tentare qualche altro colpo.
A uno come me, abituato a recarsi tutti i giorni in edicola e non uscire prima di aver passato ai raggi X tutti gli scaffali, non era certo sfuggita la nascita di una nuova casa editrice chiamata “Acme”, che aveva cominciato a mandare in edicola due testate horror in formato comic book, “Splatter” e “Mostri”, che non si limitavano a cavalcare l’onda del successo di Dylan Dog ma proponevano giovani autori di ottimo livello quali Stefano Andreucci, Bruno Brindisi, Roberto De Angelis, Luigi Siniscalchi e tanti altri. Perciò inviai all’indirizzo romano della redazione alcuni miei soggetti, incrociando le dita. Non passò una settimana che ricevetti una telefonata. “Sono Francesco Coniglio”, disse il mio interlocutore. Infatti, dietro l’Acme c’era proprio lui, che aveva fatto società con Guido Silvestri, in arte Silver. Non avevo mai visto Francesco di persona, ma il suo nome era una sorta di mito presso i fanzinari, dato che era stato, con Luca Raffaelli, uno degli artefici di una fanzine storica del comicdom italiano, “L’Urlo”, passata alla storia per le contestazioni che erano costate lo Yellow Kid all’Enciclopedia Mondiale del Fumetto a Lucca Comics edizione 1978 (una storia, questa, su cui potremmo un giorno ritornare). Che io conoscessi Coniglio di fama, dunque, era nell’ordine naturale delle cose. Che lui conoscesse me, invece, no. Eppure era così: Francesco disse di essere un fedele lettore di “Collezionare”, la rivista amatoriale che io dirigevo, e di essere sobbalzato nel leggere il mio nome quale autore delle proposte che gli avevo inviato, dato che apprezzava il mio lavoro ed era proprio in cerca di gente come me. Senza esitazione alcuna, mi invitò a raggiungerlo a Roma nel più breve tempo possibile.
Nel giro di pochi giorni, saltai sul treno e feci la sua conoscenza nella redazione dell’Acme. Mi trovai di fronte una persona straordinaria, sulla mia stessa lunghezza d’onda: grande appassionato di Zagor, pieno d’entusiasmo e di idee, rapidissimo nel prendere decisioni e nel mettere in campo progetti. Scoprii che non si era improvvisato editore con “Mostri” e “Splatter” ma che da tempo si occupava di fumetti erotici con la sigla EPP (naturalmente li conoscevo), curando comunque numerosissime altre iniziative editoriali. Andammo a pranzo insieme io, lui e Roberto Dal Prà, lo sceneggiatore de "L'uomo di Mosca", di Jan Karta e di Anastasia Brown, altra splendida persona, a quei tempi editor in casa Acme. Al termine della giornata, non soltanto un paio di soggetti mi erano stati approvati, ma ero stato invitato a scrivere anche sceneggiature per Cattivik. Accadde così che la mia prima storia a fumetti uscita in edicola sia apparsa su "Mostri", nel settembre 1990. Fu Coniglio, insomma, a tenermi a battesimo.
Tornai molte altre volte a Roma, incontrando personaggi incredibili come Greg (della coppia Greg & Lillo) che all’epoca lavorava come redattore della Acme e disegnava un esilarante fumetto dal titolo “I sottotitolati”. Ogni volta che vedevo Coniglio, tornavo a casa carico di cose su cui lavorare, avendo respirato l’aria effervescente di una redazione in cui si inventavano testate che erano proprio come quelle che io avrei voluto trovare in edicola: Torpedo, Cattivik, Lupo Alberto, Hard Comic Album, Animal Comic, Hey Rock, Ciacci, Zio Tibia. Alcuni progetti non arrivarono mai in porto, ma ci lavorammo. Qualche mese dopo, quando il nostro rapporto di collaborazione si fu consolidato, Francesco mi propose di trasferirmi a Roma a lavorare da lui. Lo ascoltai incredulo: si trattava di una vera e propria offerta di assunzione per fare il redattore della Acme. Fu in pratica il primo a convincersi che avevo la stoffa per essere utile in una Casa editrice. Era il lavoro che avevo sempre sognato. Chiesi quanto fosse lo stipendio. Era il normale stipendio per quel lavoro, né più né meno. Io però, a Firenze, avevo già un impiego e guadagnavo un po' meglio. Inoltre, trasferendomi a Roma avrei dovuto trovare un appartamento in affitto. Facendo due calcoli, capii che togliendo le spese per l’alloggio non mi sarebbe avanzato molto. Così rifiutai. Però sono sempre stato grato a Coniglio per quella dimostrazione di stima.
Purtroppo, troppo presto, l'Acme ha chiuso, come varie altre Case editrici fatte e disfatte dal loro inventore, in un incredibile ottovolante di successi e fallimenti. C'erano trionfi, come le 120.000 copie mensili di Lupo Alberto o le centomila dei Simpson, poi tracolli come quelli di Torpedo. Ai tempi di Macchia Nera, il marchio che sostituì quello dell'Acme, Coniglio mi chiedeva prefazioni per certe sue pubblicazioni, oppure di curarne alcune (come il volume della collana Acme Comics dedicato alle Sturmtruppen), ma anche semplici consigli (da cui nacquero, per esempio, un volume a fumetti sulla strage di San Valentino e la raccolta delle comiche di Cico & Trampy di Nolitta & Ferri). Fu lui a chiedermi di curare la Posta e le rubriche umoristiche di Cattivik, cosa che feci per lungo tempo con lo pseudonimo di Gustavo La Fogna.
Poi, però, io e Francesco abbiamo preso strade diverse, ma siamo sempre rimasti in contatto. Ho cominciato a incontrarlo a Milano, nella redazione Bonelli, dove lui capitava in visita a Sergio Bonelli, di cui era grande amico. A volte ci facevamo qualche telefonata che durava a lungo perché erano sempre tante le cose da dirci e alla fine concordavamo sul fatto di doverci sentire più spesso. Ho sempre seguito tutte le sue riviste, da “Blue” a “Scuola di Fumetto”, e ho acquistato una bella scelta di libri del suo catalogo, dei generi più diversi, sempre desideroso di comprarli tutti perché dietro a ognuno c’era, e si vedeva, un’idea geniale. A un certo punto, lui è tornato a essere il mio editore con i tre saggi scritti insieme a Graziano Romani, inseriti nella collana “Lezioni di Fumetto”.
Ricordo che quando uscì il primo, “Gallieno Ferri, una vita con Zagor”, capitò il caso di doverlo presentare un certo giorno a Godega, in provincia di Treviso, dove io sarei andato partendo in automobile da Viareggio. Per un ritardo di stampa, le copie richieste non poterono essere spedite in tempo e si prospettò l’eventualità di dover parlare in pubblico del volume senza averlo fra le mani. Non accadde, perché Francesco partì da Roma con la sua macchina e mi raggiunse in Versilia la sera prima del mio viaggio, portandomi personalmente due scatole di libri. Disse che gli faceva piacere rivedermi e cenare con me. In effetti fu una cena piacevolissima, durante la quale mi parlò delle sue riviste di musica, delle scoperte che aveva fatto rovistando nei vecchia archivi dell’RCA, dei suoi tanti progetti editoriali, uno più bello dell’altro. Io, da parte mia, gli accennai al disco di Graziano Romani dedicato a Zagor che era in fase di registrazione. Francesco parve molto interessato. Il giorno dopo, mentre ero in viaggio verso Godega, mi telefonò dicendomi: “Ho visto su YouTube tutto quello che c’era da vedere su Graziano: digli che quel disco su Zagor lo voglio pubblicare io!”. Francesco Coniglio è fatto così.
L’ultima volta che l’ho visto di persona è stato al funerale di Sergio Bonelli. L’ho abbracciato dicendogli: “Non c’è bisogno di dirci niente, vero?”. “No, niente”. Il dolore aveva ammutolito persino due chiacchieroni come noi. Sapevo delle sue difficoltà degli ultimi tempi, che sono quelle di tanti piccoli editori, ingigantite dalla bulimia di iniziative di Francesco, e sono rimasto in attesa che le cose si risolvessero come già in passato era accaduto. Negli ultimi mesi, i guai della Coniglio Editore hanno anche scatenato sulla Rete qualche polemica, come dà conto questo post di Roberto Recchioni. Non c'è nessuna polemica, però, che possa diminuire di un millimetro il chilometro di meriti di Francesco come creativo di genio.
Una intervista apparsa su Libero del 27 novembre 2011, a cura di Giampiero Mughini, fa capire che, purtroppo, la crisi ha costretto alla resa anche lui: Coniglio dice di stare per cambiare mestiere, non più editore ma editor. Cioè, consulente per altre case editrici. Se qualcuno riuscirà a imbrigliare il suo talento, mettendolo a frutto, si tratta di un capitale di conoscenze e intuizioni assolutamente da sfruttare. Nel pezzo si parla a lungo anche di Zagor, così come si approfondisce l’argomento dell’erotismo, di cui Coniglio è stato uno dei massimi editori e un sincero appassionato. Dopo aver letto la doppia pagina sul quotidiano, oggi rintracciabile anche in rete (e di cui qualcuno, come Luca Boschi e come Alessandro Bottero, ha già cominciato a discutere) mi è tornata in mente una intervista che io stesso ho fatto a Coniglio ai tempi della prima uscita di Blue, apparsa su “Exploit Comics”. La ripropongo qui sotto.
PROFONDO BLUE
INTERVISTA A FRANCESCO CONIGLIO
a cura di Moreno Burattini
(su Exploit Comics, 1992)
D) L'attuale situazione in cui versa l'editoria italiana del fumetto erotico, assai florida fino a pochi anni fa, non è delle più felici. Si parla di un grave crollo del mercato che avrebbe investito in modo particolare il settore dei pocket.
R) Sì. Si tratta comunque di un crollo che si riscontra anche nelle vendite delle riviste fotografiche, collegato senza dubbio alla messa in commercio nelle edicole delle video cassette hard. In seguito a questo nuovo fenomeno, già da tempo è iniziato una lenta discesa del venduto dei fumetti erotici formato tascabile, che andavano a gonfie vele fino a dieci/quindici anni fa.
D) E' possibile quantificare i dati della crisi? Quanto vendevano i pocket quindici anni fa, e quanto vendono adesso?
R) Quanto esattamente vendessero quindici anni fa bisognerebbe chiederlo agli editori che all'epoca operavano sul mercato, quando la Blue Press ancora non c'era. Di sicuro molto di più delle 10.000 copie che, al massimo, riusciamo a vendere adesso. Questo, almeno, è l'ordine di cifre su cui sono attestate le nostre collane tascabili, e credo che anche le altre navighino grossomodo in queste acque.
D) Meraviglia allora che la Blue Press abbia iniziato a produrre storie a fumetti erotiche in un contesto del genere.
R) Ogni casa editrice stabilisce in base ai propri costi un punto di rottura o di pareggio per le sue pubblicazioni. Editori che hanno alti costi generali hanno anche delle ripercussioni sul break-even delle singole testate, che diventa più alto. Noi che siamo piccoli e agili, con pochi dipendenti, che non dobbiamo mantenere elefantiaci sistemi di produzione, abbiamo dei break-even più bassi.
D) Sembra che responsabili della grave crisi del settore siano principalmente le videocassette hard. Film e fumetti sono però due prodotti molto diversi fra loro, sia per struttura intrinseca che per prezzi.
R) Il pubblico del fumetto erotico era in gran parte formato da utenti che ne fruivano non perché interessati in modo particolare ai disegni e alle sceneggiature, le componenti specifiche del "media" fumetto, ma solo come veicolo di facile eccitamento. Oggi è per tutti molto facile accedere alla visione di una videocassetta pornografica, che si può acquistare o noleggiare praticamente dovunque, e da un certo punto di vista il film è sicuramente preferibile potendo offrire immagini in movimento, molto dettagliate, fornite di sonoro eccetera. Una grossa fetta di pubblico, che io stimerei nell'80 per cento circa, ha pertanto abbandonato il fumetto in favore delle videocassette. E' rimasto soltanto il pubblico che ama il fumetto erotico in quanto tale: a cui piace un certo tipo di storie, che apprezza i bei disegni e così via. Si tratta di un target comunque molto limitato, non sufficiente per garantire la sopravvivenza dei tascabili, nati per una massiccia diffusione a basso prezzo.
D) Dunque la Blue Press ha optato per diversificare le proprie proposte, iniziando una ricca produzione di album.
R) E' un'operazione che da molti anni viene condotta all'estero con un certo successo e che noi abbiamo introdotto anche in Italia. Cambia il prezzo, cambia il formato, cambia la carta, cambia anche il pubblico. Cerchiamo di guadagnarci un pubblico affezionato, che ama questo tipo di edizione, che colleziona gli album. E dai primi risultati sembra che il nostro esperimento stia andando piuttosto bene. Il che mi dà speranza e rinfocola la mia voglia di fare in questo settore.
D) La prima cosa che balza agli occhi sfogliando gli album della Blue Press è la qualità dei disegni, solitamente di buon livello, a differenza degli ignobili scarabocchi che spesso altre case editrici hanno in passato propinato ai loro lettori.
R) E' chiaro che quando quello che si mette a fare l'editore di fumetti è un appassionato, cerca di produrre belle storie e bei disegni. Io sono un appassionato diventato editore, e oggi pubblico i fumetti che un tempo mi sarebbe piaciuto leggere. Quindi esigo dagli autori un prodotto dignitoso, e cerco di metterli in condizioni di fornirmelo, offrendo loro giusti compensi e giusti diritti. La soddisfazione finale, in questo settore come in tutti gli altri, è fare delle cose che piacciano soprattutto a noi stessi. Se poi piacciono anche al pubblico è un fatto imprenditorialmente pagante, e ben venga. Bisogna comunque togliersi dalla testa il credere che sia facile fare soldi facendo fumetti. Chi pensa una cosa del genere, va immediatamente rinchiuso in manicomio perché è pazzo. Ci sono mille altre cose molto più semplici e meno rischiose.
D) La Blue Press continua comunque a mantenere i piedi su due staffe: accanto agli album continua a pubblicare quattro collane di tascabili.
R) Le collane pocket non stanno andando bene. Si mantengono in precario equilibrio sul filo della rottura, che pure è basso. Continuiamo a farle uscire perché resta l'unico modo per poter far lavorare degli autori giovani che ancora non hanno la necessaria esperienza per approdare ad altre testate, nostre e anche di altri.
D) E infine c'è il fiore all'occhiello, che è Blue.
R) Esattamente. Blue pubblica i classici fumetti nel cassetto, realizzati da grandi autori ma con una forte componente di sesso o di drammaticità, per cui difficilmente troverebbero altrove la via della pubblicazione. Si può parlare di una rivista erotica perché, alla fine, la maggior parte delle storie "impubblicabili" sono proprio quelle che riguardano l'erotismo.