Il primo SMS mi ha raggiunto alle 10 e 50 di questa mattina. Era di un lettore di Zagor. Diceva: "Moreno, dimmi che non è vero". Io sapevo che era vero da poco più di un'ora, e ancora non riuscivo a convincermene. Sergio Bonelli ci ha lasciato.
Il primo, incredulo pensiero è stato: non sono preparato. Nessuno, mi sono detto, lo è. Sapevo che, negli ultimi giorni, era stato ricoverato in ospedale per degli accertamenti. Ma non sembrava niente di troppo grave. Mai avrei immaginato, quando l'ho salutato l'ultima volta, a fine luglio, che non lo avrei mai più rivisto. Eravamo stati insieme a Riminicomix, dove lui aveva partecipato alla grande festa per i cinquant'anni di Zagor, facendo un vero e proprio bagno di folla e riscuotendo ripetute e affettuose standing ovation da parte del pubblico. Tutti lo avevamo visto sorridente e in gran forma. Addirittura non aveva voluto mancare al concerto di Graziano Romani e si era intrattenuto fino a tardi con i musicisti della band e con un gruppo di forumisti zagoriani , scherzando con loro con quell'humour che gli era proprio. Già, perché Sergio sapeva far ridere, e ridere di gusto: non soltanto come sceneggiatore di indimenticabili sketches di Cico, ma anche e soprattutto negli incontri con il pubblico, o al tavolo di un ristorante o nei corridoi della redazione.
A Rimini, c'era stata una cosa che aveva detto rispondendo a una domanda di un lettore e che merita di essere riferita. Gli era stato chiesto se davvero, come era stato ventilato più volte, aveva pensato di vendere la sua Casa editrice alla Mondadori o alla Rizzoli piuttosto che a qualche altro colosso editoriale. Sergio aveva risposto che, quando gli era capitato di rifletterci, aveva accantonato l'idea per un motivo semplicissimo: nessuno di quei potenziali acquirenti amava il fumetto come lui. Credo che il suo segreto fosse tutto qui: il sincero amore, la vera passione, per ciò che faceva e che sapeva fare. I fumetti, appunto. Durante un altro, recente incontro a Pavia, raccontò ai presenti un altro aneddoto: durante una riunione con alcuni imprenditori abituati a ragionare secondo l'ottica della produzione industriale, qualcuno gli chiese quanti "pezzi" producesse al mese. Lui rispose: neppure uno. Perché per lui, nemmeno una copia dei suoi albi poteva essere considerata un "pezzo", come un bullone o un barattolo prodotti in serie. E infatti, i fumetti Bonelli sono fatti a mano pagina per pagina, vignetta per vignetta, perfino nel lettering. Perché si dica quel che si vuole, ma il "sapore" del balloon scritto da un letterista non potrà mai essere lo stesso di una nuvoletta riempita al computer. La grande lezione di Sergio si ritrova anche in questo tipo di cose. E in altre, che mai potrebbero capire gli industriali, come una seconda affermazione che sempre a Pavia strappò un applauso a scena aperta: in sessant'anni, disse rivolgendosi ai suoi lettori, io vi ho talmente rispettato che mai vi ho inflitto una sola pagina di pubblicità. Bonelli era un editore puro: voleva reggersi con l'unica forza del suo lavoro, delle sue idee, delle sue storie scritte, disegnate e stampate su carta. Per questo è sempre stato fondamentalmente ostile anche al merchandising. Per non parlare del prezzo di copertina delle pubblicazioni con il suo marchio, da lui sempre tenuto il più basso possibile, perché potessero arrivare a tutti.
Il tourbillon di questi e altri pensieri ha cominciato a venire interrotto da decine di telefonate e da altri SMS. Finché un altro lettore mi ha scritto così: "Sono senza parole. Noi e Zagor siamo nelle tue mani. Aiutaci e non abbandonare mai questo grande immenso sogno". Mi sono sentito schiacciato dal peso di una responsabilità troppo grande. Perché Bonelli non era soltanto un editore, ma era Guido Nolitta. Il creatore di Zagor. E se anche io mi sono trovato, per sua scelta, a raccoglierne l'eredità al timone della serie dello Spirito con la Scure, ho sempre lavorato, da vent'anni a questa parte, con Sergio Bonelli al mio fianco, pronto a incoraggiarmi e a criticarmi, a darmi suggerimenti o a impormi correzioni, a farmi una lavata di testa ma subito dopo a venirmi a cercare per mettermi una mano sulle spalle. Ho finito per scrivere più tavole di Zagor di lui, senza riuscire mai neppure a sfiorare, nella considerazione dei lettori, l'immensa ammirazione del popolo di Zagor verso le storie di Nolitta. E mai, essendo da sempre io stesso il primo ammiratore di quei racconti e del loro autore, mi sono sognato di gareggiare con lui, pur essendo stato a lungo additato come il più nolittiano dei suoi emuli. Per vent'anni ogni mia sceneggiatura è stata paragonata a quelle di Sergio, e ne sono uscito sempre con le ossa rotte. Anche l'ultimo post che ho scritto su questo blog, senza poter immaginare quale sarebbe stato l'argomento successivo, aveva per argomento le critiche di quei lettori così innamorati di Nolitta da non riuscire neppure a concepire l'idea che io e gli altri sceneggiatori siamo dalla loro parte e cerchiamo di continuare a far vivere il "grande immenso sogno" zagoriano con i talenti di cui disponiamo, impegnandoci con tutto il cuore e non certo dandoci da fare per tradirlo, come a volte a qualcuno sembra. Nolitta ha smesso di scrivere racconti dello Spirito con la Scure trent'anni fa, per sua decisione, e ha scelto lui le persone a cui affidare il suo personaggio. Io, che ho avuto (insieme ad altri) questo privilegio, ma anche quest'onore gravoso, mi sono confrontato con lui in redazione giorno dopo giorno. Adesso che non c'è più, mi sento perso.
Nel pomeriggio, ho visto che sul sito della Casa editrice, là dove si dava la triste notizia, si poteva lasciare un messaggio. In poche ore, sono stati migliaia. Non si possono leggere senza sentire le lacrime affiorare agli occhi e un nodo stringersi in gola. Senza pensarci, ne ho scritto uno anch'io: "Caro Sergio, so che non potrò mai reggere il confronto con te, pur avendo raccolto la tua eredità zagoriana. Continua a darmi una mano, se puoi. Moreno".