mercoledì 24 aprile 2019

LA SVOLTA




Qualche giorno fa  ha annotato sulla mia pagina Facebook il breve testo, quasi da “diario in pubblico”, che potete leggere anche qui sotto.

A tavola 251 della storia con il ritorno di Hellingen (che sto scrivendo per i disegni di Sedioli/Verni) ho deciso di smettere di pensare a come giudicheranno i lettori le trovate che mi sono venute in mente: spettacolari o disturbanti? Avvincenti o ridicole? Di sicuro cambierà qualcosa nel microcosmo zagoriano, e ci sarà una morte inaspettata.

Un lettore, che ringrazio per l' attestazione di stima e le parole di apprezzamento,  ha commentato  come segue:

Sono BRAMOSO di leggerla... io AMO il personaggio di Hellingen in TUTTE LE SUE FORME, e, a differenza di tanti, ho apprezzato MOLTISSIMO la svolta che gli hai dato, immaginandolo razzista ed ex collaboratore di Altrove... e ho adorato la storia con Dylan Dog e Martin Mystere, dove, sono sicuro, c'è molta farina del tuo sacco.


Ciò che mi colpisce, in queste frasi, sono due espressioni: “a differenza di tanti” e “la svolta che gli hai dato”. Permettetemi di almanaccarci su. Pare che io abbia dato una “svolta” al personaggio di Hellingen nella storia che è stata pubblicata nel 2015 a partire dall’albo “Resurrezione” (Zagor n° 602) fino a “Finale di partita” (Zagor n° 605). Questa “svolta” non sarebbe stata apprezzata da “tanti”. Ora, io non so chi siano e quanti siano questi “tanti”, ma soprattutto non riesco a capire in che cosa consista la “svolta”.

Mi spiego meglio. Secondo il commentatore, il cambiamento epocale consisterebbe nel fatto che ho immaginato Hellingen “razzista”. Ecco, io non ho immaginato proprio nulla. Mi sono limitato a trarre le logiche conseguenze da quanto detto da Guido Nolitta in “Sulle orme di Titan”. Infatti, quando il mad doctor parla per la prima volta con Zagor legato per i polsi alla parete del suo laboratorio, non si scaglia contro di lui promettendogli una morte fra mille tormenti ma, al contrario, apprezzandone le doti fisiche e di combattente, gli propone di arruolarsi fra i suoi uomini! E gli dice così: “Ho bisogno di uomini che sappiano imporsi, che sappiano comandare e farsi rispettare… uomini come voi! In poche parole vi sto chiedendo di unirvi a noi. Avrete il privilegio di essere uno dei miei uomini di fiducia e di marciare alla testa del mio esercito di automi che, da questa piccola isola, si propagheranno per tutta la nazione e poi per tutto il continente!”. Poco prima, riferendosi alla tribù degli Ottawa, aveva definito i pellerossa “quel branco di selvaggi che vive sulla riva del lago”. 


Mi sembrano discorsi assolutamente da razzista, anzi da propugnatore di un regime gestito da chi si sa imporre e comandare, dai “migliori”. Viene da pensare alla razza ariana e ai discorsi di Hitler. Se ci si aggiunge il fatto che, come lo stesso Hellingen rivela, lui era stato emarginato per le sue idee dai suoi stessi colleghi scienziati, non si può fare a meno di immaginare un collegamento con  le teorie di Frederick Henry Osborne che nel 1837 (epoca zagoriana) pubblicò il suo saggio “Development of a Eugenic Philosophy” su cui si basa la follia dell’eugenetica, che propone, fra le altre cose, la sterilizzazione o la soppressione degli individui più deboli per “migliorare” la razza e giungere a una società di individui quanto più perfetti possibili. Dunque, mostrando nella mia storia del 2015 un giovane Hellingen che a un congresso di scienziati propone le stesse idee di Osborne e fa riferimento alle pratiche eugenetiche delle antiche società (Sparta con il monte Taigete, e Roma, con la rupe Tarpea), non mi sembra di aver snaturato in alcun modo il personaggio. Era già tutto scritto fin dalla sua prima apparizione, bastava leggere con attenzione i dialoghi nolittiani. Attenzione che, evidentemente, non hanno avuto i “tanti” detrattori che invece hanno ritenuto di vederlo tradito. Come al solito, parlando a vanvera.

Ma c’è dell’altro. Nella storia “Resurrezione” io ho immaginato la clonazione di un Hellingen riportato esattamente nella condizione in cui Nolitta l’aveva lasciato, in “Magia senza tempo” (Zagor 182, 1980).  Infatti il professore che viene ricreato ha i ricordi dell’originale disintegrato dalla cabina degli Akkroniani. Tutto ciò, dopo che due altri miei illustri colleghi, Tiziano Sclavi e Mauro Boselli, avevano trasformato Hellingen in un personaggio molto diverso da quello nolittiano, con avventure del tutto fuori dai canoni, visionarie, trascendentali, magiche, al punto che alla fine era stato spedito persino nel Mondo del Caos del demone Wendigo, dunque in un’altra dimensione. Però, io che riporto Hellingen a com’era all’epoca di Nolitta, avrei operato una “svolta” che “tanti” non hanno apprezzato; Sclavi e Boselli invece sarebbero rimasti nel solco della tradizione. Mah. In teoria, i cultori della nolittianità dovrebbero ringraziarmi per la restaurazione dello status quo. Invece vengo accusato (io, non Sclavi e non Boselli) di aver “svoltato” troppo. Davvero non si finisce mai di imparare.

sabato 20 aprile 2019

IL FETICCIO DI FUOCO



Il n°  645 di Zagor (Zenith 696), datato aprile 2019 e intitolato "Il feticcio di fuoco" propone, nelle prime trentadue pagine, il finale della storia  iniziata in gennaio e ambientata nei deserti del Sud Ovest: i testi sono miei, i disegni di Bane Kerac. Nella restante parte dell'albo comincia invece una nuova avventura, scritta da me e illustrata da Nando e Denisio Esposito. Di questa, parleremo il prossimo mese. 

Qualche parola invece sulla conclusione della vicenda imperniata sulla controversa figura di Julia Schulz, studiosa dell'Università di Harvard, artefice di un piano criminale e responsabile della strage dei componenti della spedizione archeologica di cui faceva parte. C'è stato persino un recensore che l'ha ritenuta dalla parte della ragione, mossa da principi condivisibili, e dunque non riusciva a considerarla una "cattiva". In effetti alla base delle azioni di miss Schulz c'è il senso di rivalsa di una donna che sente di non poter avere, proprio per la differenza di genere, le stesse possibilità di carriera dei colleghi uomini, si sente emarginata o poco tenuta in considerazione, nonostante la sua preparazione e suoi meriti, in un ambiente quasi del tutto maschile. Proprio per questo crede di poter ottenere i riconoscimenti desiderati facendo del tutto propria l'incredibile scoperta dello staff del professor Stone, di cui entra a far parte. La scoperta in questione consiste in un carico di papiri della Biblioteca di Alessandria giunto in modo fortunoso, nell'antichità (nel V secolo dopo Cristo), sul continente americano. 

Per quanto la battaglia per i pari diritti delle donne (cominciata da Olympe De Gouges durante la Rivoluzione Francese, e approdata negli Stati uniti negli anni Quaranta del XIX secolo, dunque in epoca zagoriana, con Elizabeth Cady Stanton) sia sacrosanta, Julia Schulz però la conduce per il proprio personale tornaconto e non facendosi scrupolo di uccidere. Inevitabilmente deve considerarsi una "cattiva". Peraltro, a giudicare dai commenti letti, una "cattiva" che ha particolarmente colpito i lettori, per merito anche della efficace caratterizzazione di Bane Kerac.



Il rischio, su cui ho riflettuto a lungo mentre pensavo e scrivevo la storia, era quello di sembrare sessista senza volerlo essere. Cioè, mi dicevo, non parrà mica che raccontano di una criminale "femminista" (anche se sono l'ambizione e il desiderio di successo a muoverla,  più che le istanze ideologiche) possa essere accusato di dipingere come "cattive" le donne che rivendicano le stesse opportunità degli uomini? 

La soluzione a questo dubbio mi è parsa evidente allorché ho contrapposto a Julia un'altra, potente, figura femminile: la filosofa Ipazia. Ipazia è il contraltare di miss Schulz. Della filosofa abbiamo parlato nei precedenti articoli dedicati su questo blog alle scorse puntate della storia, e il personaggio compare in varie scene ambientate ad Alessandria d'Egitto, là dove Ipazia visse tra il 350 e il 415 dopo Cristo (a cui è stato dedicato il bel film "Agora"). Chi ha constato il presunto didascalismo del racconto della vita e della morte della filosofa non ha evidentemente capito che era fondamentale spiegare chi fosse stata Ipazia per dimostrare l'errore di Julia Schulz: la studiosa greco-alessandrina si può davvero considerare una paladina dell'emancipazione femminile, avendo dimostrato come una donna possa dimostrarsi valente al pari e di più degli uomini; Julia cerca invece la sua emancipazione comportandosi da uomo, cioè con l'arroganza e la violenza. Dal confronto fra queste due figure femminili scaturisce la "morale" della storia, se una morale proprio ci deve essere. Il destino di Julia si compie quando anche lei lo capisce.




venerdì 5 aprile 2019

IL GHOST WRITER



La vignetta che vedete qui sopra, opera di Alessandro Piccinelli, illustra uno dei miei aforismi contenuti in "Utili sputi di riflessione" (una raccolta edita da Allagalla), e serve perfettamente a illustrare l'aneddoto che sto per raccontarvi. Mauro Boselli, mio mentore prima che mio collega, viene da me e mi dice (più o meno, cito per sommi capi): "Ieri mi sono messo a leggere i commenti sui forum di Zagor e ho trovato uno che ce l'ha con te, il quale contestava non so quale scelta narrativa in una delle tue ultime storie. Il detrattore con il dente avvelenato sosteneva che se le tue sceneggiature del passato sembravano migliori, era perché te le riscrivevo io. Incredibile! La gente parla a vanvera: tu sei uno dei pochissimi a cui non ho corretto quasi niente, se non ritoccare un toscanismo!". In pratica, qualcuno ipotizza (senza prove e solo per malevolenza) che Boselli sia stato un mio ghost writer. Questa la dice lunga sulla pretesa di taluni di sproloquiare senza conoscere le cose. 

Ora, siccome sto riferendo un discorso fatto a voce e non pretendo perciò di essere creduto (men che mai dai detrattori per partito preso che hanno le loro crociate da portare avanti), citerò un passo della mia prefazione al libro "Il boss del fumetto", di Francesco Manetti e Nicola Magnolia (Youcanprint). In quel testo (stampato, letto da Boselli e mai contraddetto) si legge: 

In una intervista, che mi sono appuntato per potermene un giorno vantare (cosa che finalmente avviene adesso), Boselli dichiara: “Pur leggendo a quei tempi ogni singola pagina che mi mandava Moreno, mi sembra di ricordare che i miei interventi fossero davvero molto limitati (al massimo gli correggevo qualche toscanismo!). Credo anche (e anche questo è un record per chi mi conosce e sa quanto sono interventista) di avergli chiesto, in dieci anni, solo la riscrittura di un paio di sequenze”. 

L'intervista in questione venne pubblicata proprio su un forum. Dunque tutte le storie di Zagor che ho scritto sono farina del mio sacco, belle o brutte che siano. Si può chiedere a Bonelli stesso se sia vero: prego, accomodatevi. L'espressione che mi verrebbe fatto di usare  sarebbe "prima di dare aria alla bocca" sarebbe meglio contare fino a dieci, sennonché (udite udite) è la stesso consiglio che viene dato a me da un augusto lettore dopo aver letto sul blog di Marco Corbetta una mia risposta riguardante la storia "Non umani" (nella rubrica che tengo da tempo lì sopra, in cui rispondo appunto alle domande degli zagoriani). 

La domanda, fatta evidentemente da un lettore a cui quel racconto era piaciuto, chiedeva se mai ci sarebbe stato un seguito. Rispondevo così:

Nelle mie intenzioni, sì. Mi trattiene solo l’odio viscerale che ha per quella storia la componente antifantascentifica e antiorrorifica dei lettori zagoriani, quelli che vogliono soltanto indiani, trapper, soldati, mercanti di whisky e trafficanti d’armi. Va detto che l’alieno mutaforma che è rimasto a Darkwood ha assunto l’aspetto di un normale trapper, chissà che mostrarlo sempre con quelle sembianze potrebbe andar bene ai più bizzarri tra il pubblico che pur leggendo Zagor da una vita non si sono mai accorti che proprio per volere di Nolitta (il quale non voleva far concorrenza sul piano del western a Tex) lo Spirito con la Scure è nato per essere luogo di incontro e contaminazione fra tutti i generi.

Dunque ritenevo "bizzarri" coloro i quali non si sono accorti che le storie di fantascienza ci sono sempre state su Zagor per preciso volere di Nolitta (basti pensare a "Sulle orme di Titan"). Esiste persino un video su YouTube, che vedete qui sotto, in cui Sergio (intervistato da Vincenzo Mollica) dice chiaramente che lo Spirito con a Scure è "falsamente" indicato come appartenente al genere western, mentre è più legato al fantasy. Vedere (e ascoltare) per credere.


Perciò, chi ritiene che non ci debba essere l'elemento fantastico in Zagor esprime sicuramente una opinione bizzarra. Peraltro è lecito essere anche bizzarri (io lo sono). Si è liberi di dire quel che si vuole e si può senza dubbio manifestare il proprio non apprezzamento per una storia, figuriamoci. Ma  se si argomenta "non mi è piaciuta", si entra nel campo dei gusti personali e va tutto bene, se si argomenta "su Zagor non ci devono essere gli alieni", questa affermazione lascia perplessi.  Ecco però che, travisando il senso della mia pur semplice e inoffensiva affermazione, un tale commenta cos':

"Caro Burattini, a me non piace Non umani. Quindi sarei una persona bizzarra, secondo tigo?!? O forse son contrario a storie di horror o fantascientifiche?!? Oppure a tuo avviso sono un detrattore di Sergio Bonelli?!? Caro Burattini, lo sai vero che prima che tu nascessi io gia' leggevo Zagor e Tex?!? Beh, questo cosa vuol dire...vuol dire che prima di dare aria alla bocca conta almeno fino ad un miliardo di miliardi e poi forse, dico forse, forse avrai da dire qualcosa di sensato..."

E' chiaro che di fronte a tanta autorevolezza (testimoniata dal tono garbato e signorile) non mi resta che chinare il capo e cospargermela di cenere, tuttavia non posso fare a meno di notare che un lettore, per il solo fatto di leggere Tex e Zagor da prima di me, ritiene che il sottoscritto, sceneggiatore di Zagor da trent'anni, debba tacere di fronte a lui e non esprimere un parere. Se mi è stato permesso (da Sergio Bonelli in primis) di scrivere più pagine di Zagor dello stesso Nolitta e di occupare un ruolo di responsabilità (curatore della serie) evidentemente è perché cose del tutto insensate non scrivo e non dico. Del resto, allo Spirito con la Scure ho dedicato saggi, libri, articoli e tutti sanno il da fare che mi do per promuovere il personaggio. Personaggio che gode per fortuna di ottima salute ed è circondato da tanto entusiasmo. Però, devo tacere. Sciacquarmi la bocca. Questo il livello della detrazione. Me ne faccio una ragione.