giovedì 29 dicembre 2011

L'ULTIMO COSO DELL'ANNO

Le regole del gioco ormai dovrebbero essere chiare. Una volta al mese, raduno in un unico articolo i brevi testi da me pubblicati sul mio “coso” su Facebook. Ormai, lo sanno tutti che il "coso" non è un profilo vero e proprio (temo di non esserne in grado di gestirne uno) ma una pagina di tipo diverso, uno spazio ricco di appunti, notizie, commenti ad immagini, facezie, segnalazioni, recensioni che, pur non seguendo un preciso filo conduttore, trattano un po’ tutti i temi che sono solito affrontare su questo blog, più altri maggiormente insoliti. Confido che si tratti comunque di una lettura interessante e magari, a tratti, persino divertente. I testi che seguono hanno il pregio di essere brevi e indipendenti, e dunque si possono leggere solo i pezzi che hanno il titolo più divertente o l'illustrazione più accattivante. E' il mio ultimo articolo dell'anno: che dirvi se non grazie per avermi seguito fin qui?


BUON COMPLEANNO, MARK
1° dicembre. Complice l'anniversario della nascita di Mark Twain e il logo di Google a tema, ieri 30 novembre il mio articolo "Eva così scriveva" è stato di gran lunga il più cliccato sul blog "Freddo cane in questa palude".




IL CURRICULUM DI DIO
1° dicembre. Ho letto "Il curriculum di Dio", di Jean-Louis Fournier (Vallecchi). L'idea, fantastica, è che Dio si annoi e mandi il suo curriculum a una multinazionale per essere assunto. "Impressionante, - dice il direttore del personale -non capita tutti i giorni di trovarsi tra le mani un simile curriculum. Se lei è d'accordo, lo esamineremo insieme". Alla fine l'assunzione viene sconsigliata dall'ufficio legale, temendo troppe cause per risarcimento danni vista la fedina penale del Creatore (colpevole, per dirne una, di essere il mandante di 25200 terremoti che hanno causato 242 milioni di morti). Dio comunque, durante il colloquio, si rivela anche divertente: "Mi ricordo che, al momento della creazione del mondo, ho cominciato a fare i pesci prima di aver terminato il mare. Ho dovuto buttare via tutto".




NON HO L'ETA'
2 dicembre. Estratto da una delle lettere giunte alla rubrica "I tamburi di Darkwood". "In una intervista, a un certo punto ti si chiede a quali lettori ti rivolgi nello scrivere Zagor. Tu rispondi che scrivi rivolgendoti principalmente a lettori di 40-50 anni, senza escludere che ci siano anche lettori più giovani dello Spirito con la Scure. Ora, io sono proprio uno di quei lettori più giovani. Leggo Zagor dall'età di 6 anni, adesso ne ho 23, e ti scrivo per capire bene il significato di quelle tue parole. Ho sempre pensato che Zagor sia e debba essere un fumetto per tutti, ho apprezzato molto alcune tue storie recenti, come il primo Zagorone (nel quale la prefazione di Sergio bonelli mi ha veramente commosso!) e il maxi 'La banda aerea'. Quello che mi auguro è che sia tu sia gli altri autori possiate vedermi un lettore come tutti gli altri, che non pensiate mai di rivolgere le vostre avventure a un pubblico specifico, a un pubblico con una precisa fascia d'età, poichè una convinzione del genere mi farebbe sentire escluso come lettore. Mi pare che ci sia una sorta di 'gelosia' profonda verso il personaggio dei lettori che lo leggono sin dai suoi esordi, e questo mi fa sentire come escluso dal mondo della zagorianità, come se quel mondo fosse riservato a coloro che lo hanno visto da sempre, e faticasse ad aprirsi a coloro che invece lo hanno scoperto in tempi più recenti. Mi rendo conto che, per te che Zagor lo leggi da una vita e lo conosci bene, deve essere molto più facile scriverlo pensando ai tuoi coetanei, a coloro che hanno in comune con te le stesse sensazioni, del resto a me Zagor lo ha fatto conoscere mio padre, che è del '63, e lo leggeva quando era ragazzo. Mi chiedo: devo vedere l'eroe di Darkwood come il prodotto di una generazione diversa dalla mia, o anche per un giovane lettore come me è possibile nutrire in sè uno spirito zagoriano, sapere che chi scrive quelle fantastiche avventure, in cuor suo spera di far divertire anche il figlio di un tempo diverso? Dopotutto i valori dello Spirito con la Scure sono senza tempo, e quindi nemmeno l'età di chi lo legge dovrebbe avere importanza". Con l'ultima frase, il lettore ha risposta da sé alla domanda.




GLI AMICI DEI MICI
3 dicembre. Con due gatti in casa, capita di dover andare dal veterinario. Stamani, vaccinazione per entrambi. Nella sala d'attesa, si incontrano persone ad aspettare il proprio turno, tutte con la gabbietta sulle ginocchio o il cane accovacciato accanto alla sedia. Si fraternizza con grande facilità e ci si scambiano commenti sugli animali. Ecco, se tutta la gente fosse buona come quella che si trova in coda dai veterinari, il mondo sarebbe un posto più bello.



CONSIGLI AL CREATORE
4 dicembre. E' difficile finire la lettura dei quotidiani senza che vengano in mente commenti che, se riferiti, sembrino qualunquisti (forse perché davvero lo sono). Però, l'impressione che si ricava dalle notizie sulla crisi è che si tratti sostanzialmente di trovare il modo di pagare la marea di debiti fatta non dai cittadini, ma dagli Stati. Così a prima vista si direbbe che per interi decenni i governanti abbiano gettato i soldi pubblici dandogli ai falsi invalidi, ai consulenti amici degli amici, ai costruttori di strade mai finite e di ospedali rimasti a mezzo, ai produttori macchinari inutili mai adoperati e perfino ai registi di film che mai nessuno è andato a vedere. Ecco, ciò che dispiace nel pagare le tasse è che più soldi diamo a chi ci amministra (che siano sindaci, governatori o ministri) più ne avranno a disposizione per gettarli dalla finestra. Alfonso di Castiglia disse una volta che se fosse stato presente al momento della creazione avrebbe saputo dare qualche utile consiglio per una migliore sistemazione delle cose. Ecco, dare consigli a Dio forse può essere utile perché magari con un miracolo ogni tanto gli capita di rimediare a qualche svista. Ma darne a chi si occupa della pubblica amministrazione temo sia vano e che persino Dio, di fronte a loro, sia sostanzialmente impotente, esattamente come noi comuni mortali.



MILIARDARI E MINORENNI
4 dicembre. Mi accorgo di parlare sempre bene dei libri che vado leggendo. Forse dovrei anche citare quelli che ho letto e non mi sono piaciuti. L'ultimo che ho richiuso con delusione dopo essere arrivato stancamente in fondo è "L'amante", di Marguerite Duras (Feltrinelli). Noia allo stato puro, vista la pochezza degli accadimenti narrati. Però, a pensarci bene, la storia di passione e di desiderio tra un ricco cinese e una quindicenne francese, sullo sfondo dell'Indocina degli anni Trenta è intrigante perché politicamente scorretta: chi oserebbe oggi in Italia, sopratutto se donna, raccontare in positivo una storia di sesso tra una minorenne e un miliardario? E poi l'ambientazione esotica e coloniale è affascinante proprio perché poco vista come scenario narrativo, almeno per i miei occhi: la vita dei francesi sul Mekong, i difficili contatti via nave con la madrepatria e il Sud Est asiatico, i cinesi capitalisti prima della rivoluzione, i costumi perbenisti e lo scandalo sociale visti sia dal punto di vista occidentale che da quello orientale, sono elementi interessanti. In conclusione: mi è difficile parlar male anche di un libro che mi ha annoiato.



CASTI E PURI
5 dicembre. Leggo che Herman Cain, candidato alla nomination repubblicana per le presidenziali americane, è stato costretto a gettare la spugna perché accusato di essere infedele alla moglie (che pure era accanto a lui durante l'annuncio del ritiro). Temo che se la fedeltà coniugale dovesse divenire condition sine qua non per venire eletti in qualunque carica pubblica, piuttosto che l'intelligenza o la competenza, dovremmo ricorrere ai single o ai preti. La politica aperta soltanto ai celibi. Mah. Mi chiedo a chi interessi delle presunte corna della signora Cain, a parte lei. Però, tant'è.




IL RITORNO DEL RE
5 dicembre. Ho promesso che avrei recensito il nuovo romanzo di Stephen King dopo aver finito di leggerlo, e ogni promessa è debito. Il problema è che qui abbiamo poco spazio. Sarò telegrafico. "22/11/'63", titolo che prende spunto dalla data dell'assassinio di JFK a Dallas, è sicuramente uno dei più bei romanzi del Re. "It", "L'ombra dello scorpione" e "Il miglio verde" restano migliori, ma quest'ultimo uscito si legge con un coinvolgimento degno del King dei vecchi tempi, pur non essendo un horror. Ci si accorge di essere coinvolti quando ci si perde a fantasticare, anche a libro chiuso, su cosa faremmo noi se trovassimo a nostra volta una "buca del coniglio" che ci riportasse, con un semplice passo, nel settembre del 1958 e ci permettesse di tornare indietro, anche dopo aver trascorso mesi o anni nel passato, avendo perso soltanto due minuti nel presente. Io ci ho fantasticato a lungo. Inquietante poi l'idea della Storia che non vuole essere cambiata e ostacola il viaggiatore nel tempo con ogni sorta di intralci, arrivando persino a cercare di ucciderlo con un cancro, pestaggi di malavitosi e incidenti stradali. E con un buon motivo: i cambiamenti provocano scompensi imprevedibili, e non è detto che salvando la vita a qualcuno si faccia un piacere al mondo. Davvero evitando che JFK venga ucciso si evita la Guerra del Vietnam e non se ne scatena, magari, una nucleare? Dovrete arrivare in fondo alle oltre 750 pagine del romanzo per scoprirlo. Fatevelo regalare per Natale, se già non l'avete comprato.



RADIO ACERRA LIBERA
6 dicembre. Due notizie collegate fra di loro da una coincidenza significativa impongono un commento. Ieri, Luca Crovi mi ha informato che il suo storico programma su Radiorai 2, "Tutti i colori del giallo", dedicato al poliziesco, è stato chiuso per far posto a una trasmissione di un'ora dedicata all'astrologia. Oggi, sento che la terza parola più cliccata su Google nel corso del 2011 è "oroscopo" (lascio immaginare le prime due). Il che fa veramente cadere le braccia. Quel che penso dell'astrologia (e non ne penso male, nel senso che come argomento a livello di antropologia culturale è molto interessante) l'ho già scritto. Però, ecco, finché un'ora di oroscopi viene trasmessa da Radio Castellammare di Stabia International o da Radio Acerra Libera, va bene. Ma dalla RAI, pagata con i soldi di tutti, mah.




DA SCANNO CON FURORE

6 dicembre. Se volete vedere un video che mi riguarda ma fa anche venire l'acquolina in bocca... cliccate qui.
La torta al cioccolato e alla papaya di cui parlo, è opera del pasticcere scannese Angelo Di Masso, il primo nella foto poco sopra, vincitore di un premio per quella strabiliante ricetta.



IL LUPOSKY
6 dicembre. Stamattina ho preso in edicola, sulla passeggiata a mare di Viareggio, le ultime due uscire della collana "Fumetti in 3D collection" della Hobby & Work. Per l'esattezza, il n° 34 (Tarzanetto) e il n° 35 (Pugacioff). Il luposky dovreste vederlo nella foto qui accanto, ma anche il piccolo Tarzan con e bombetta è una chicca. In generale, le statuette dei personaggi umoristici risultano migliori di quelli realistici (Geppo, Cattivik, Tiramolla, Cipputi, il signor Bonaventura, Soldino, Marta, Lupo Alberto sono deliziosi tanto quanto Dylan Dog è brutto). Nel rimirare i due acquisti mentre tornavo a casa, mi sono sorpreso a non saper rispondere a un paio di domande. 1) Sarò scemo a spendere soldi, e non pochi, in statuette del genere? 2) Ma i ragazzi di oggi, lo sanno (e soprattutto gli importa di sapere) chi sono Pugacioff e Tarzanetto?

SPESE PESE
7 dicembre. Chi è stato a fare il pieno stamattina si è già accorto degli effetti del nuovo decreto legge di emergenza economica. Certo, che ci volesse un supertecnico della Bocconi per risolvere la crisi aumentando la benzina, e non bastasse un commercialista di Rioveggio per avere questa strabiliante idea, è davvero strano. Comunque ho pagato ben contento di contribuire al risanamento dei conti pubblici, perché lo sanno tutti che dopo esserci frugati in tasca questa volta, d'ora in poi i soldi non saranno più sperperati. Il punto però, è un altro. A che cosa rinunceranno gli italiani, per far fronte al gasolio e alla verde diventati più cari della grappa? Si potrebbe ipotizzare che in tempi di crisi gli oggetti più a buon mercato siano avvantaggiati rispetto a quelli di lusso. Tutti a comprare ciò che costa meno, insomma. Dunque, un fumetto che costa 2,70 euro dovrebbe vendersi meglio di un videogioco da 70. Scommettiamo, invece, che la prima cosa che taglieranno i nostri concittadini saranno le spese all'edicola?



L'ALLUVIONE
7 dicembre. Ho letto il terzo numero di "Shangai Devil", ben disegnato dall'ottimo Stefano Biglia, dalla chiara ispirazione milazziana. Un aneddoto tra il serio e il faceto che riguarda il disegnatore è questo: qualunque illustratore giunga al termine di quasi cento tavole che arrivano in edicola aspetta a gloria quel momento e non vede l'ora che amici e conoscenti si procurino il fumetto, per poter mostrare loro il frutto della sua fatica. Sennonché Biglia è genovese e l'albo appena uscito si intitola "L'alluvione". In redazione, qualcuno racconta di averlo sentito dire, sconsolato: dopo quel che è successo, a Genova non lo comprerà nessuno.



GLI ORFANI CON I GENITORI VIVI
7 dicembre. Ho già scritto una volta qualcosa sul difficile lavoro dei giudici, che mai io vorrei fare. C'è però una categoria di magistrati il cui compito è ancora più impossibile, ed è quella di chi lavora nei tribunali dei minori. Ora, non si dovrebbe mai mettere in dubbio la correttezza di chi giudica, però se c'è una ingiustizia che grida vendetta al cospetto di dio è quella dei bambini strappati dalle loro famiglie e chiusi in istituto o affidati ad altri senza che i genitori sappiano il perché e senza che possano far ricorso o sperare in un giudice terzo che riconosca lo sbaglio del primo. Chi segue "Chi l'ha visto?" o legge i giornali sa di casi incredibili ed aberranti in cui davvero sembra che il capriccio di un giudice o la protervia di un assistente sociale sottraggano dei figli a gente assolutamente per bene, o a cui al limite basterebbe un po' di aiuto per potersi occupare della prole. Talvolta basta un disegno malizioso che possa far sospettare di un abuso per dividere le famiglie per anni, salvo per appurare il disegno l'aveva fatto qualcun altro o che l'abuso non c'era stato: però intanto è scattata la sindrome dello sceriffo del magistrato di turno, che ovviamente si impunta e si picca di aver ragione, per rovinare la vita di interi nuclei famigliari (ho fatto un esempio basato su un vero fatto di cronaca). L'ultima notizia è quella di un giudice che ha tolto un figlio ai genitori perché obeso. D'ora in poi bisognerà stare attenti a quanto pesano i ragazzi perché se no ce li tolgono.
Ovviamente io sto parlando delle ingiustizie. Il mio discorso riguarda soltanto quelle. Se anche uno dei casi di cui si parla a "Chi l'ha visto" fosse vero, sarebbe già troppo. In ogni caso, servirebbe sempre la possibilità di un appello, che non è data. E prima di arrivare a togliere un figlio a dei genitori bisognerebbe proprio arrivare a casi estremi, ma estremi davvero. Perché tanto i segni fisici e psichici i bambini tolti ai genitori li avranno lo stesso. Per fare i giudici minorile bisognerebbe essere persone equiibrate e sagge, ma così equilibrate e sagge che ha visita dallo psicologo dovrebbero farla loro una volta al mese: hanno nelle mani la vita delle persone. Invece, l'impressione è che non sia così: sono troppi i casi di veri e propri rapimenti di minori sottratti alle famiglie senza nemmeno aver fatto delle indagini, sulla base di relazioni campate in aria o della presunzione di essere divinità infallibili. Io, che infallibile non sono e non mi sento, so benissimo di poter farla fuori dal vaso. Bisognerebbe che avessero dei dubbi su loro stessi anche quelli del tribunale dei minori, quelli che tolgono i bambini alle madri iperprotettive (è uno dei casi di cui so) e non a chi li manda a mendicare nella metropolitana. Forse, in entrambi i casi, prima si allontanare i figli dai genitori si dovrebbero aiutarli, i genitori.




FIORI DI ZUCCA
8 dicembre. Racconto colto in treno, fatto da un anziano signore a una donna seduta al suo fianco, che riferisco: "Passo davanti a un ortolano e vedo una cesta di zucchine. Mi sembrano belle, penso di comprarne un po'. Ne chiedo mezzo chilo, me lo danno: tre euro e venti. Pago, un po' perplesso, e me ne vado con il sacchetto. 'Non è possibile - mi dico - è troppo!'. Ma ormai è fatta e mi dispiace tornare indietro e fare discussioni. Però, arrivato a casa molto agitato, mi decido a rifare la strada in direzione opposta: 'Non è giusto stare sempre zitti e prenderlo in quel posto, qualche volta bisognerà pure reagire'. Così torno dal fruttivendolo e gli dico: 'Guardi, lei mi ha venduto mezzo chilo di zucchine per tre euro e venti, ci dev'essere un errore'. L'uomo controlla lo scontrino e dice: 'E' vero! Ha ragione! Ho sbagliato: sono tre euro e sessanta! ...Ma non importava che tornasse indietro per così poco'. Pago la differenza senza fiatare e me ne vado con lo sguardo perso nel vuoto".



DARSI A DARCY
9 dicembre. Una delle letture più belle di questo 2011 è stato "Orgoglio e pregiudizio", di Jane Austen. Ovviamente, dati i tempi in cui il romanzo venne scritto (fu pubblicato nel 1813), manca quasi del tutto di pruriginosità e di approfondimenti sulle pulsioni sessuali dei protagonisti, a parte, forse, la fuga della svergognata Lydia, sorella minore della protagonista Lizzy, con un seduttore da strapazzo (si dà a intendere che sia stata disonorata ma non lo si dice mai esplicitamente). Lizzy e la sorella maggiore Jane si innamorano in modo puro ed angelico senza mai dare l'idea di essere sfiorate da un desiderio carnale, e anche i loro corteggiatori non allungano le mani (almeno che si sappia). Il bel tenebroso con cui alla fine Lizzy corona il suo sogno d'amore si chiama Darcy, ma prima di arrivare alla fatidica unione i due non si scambiano neppure un bacio. Tuttavia è lecito immaginare che Lizzy qualche fremito l'abbia avuto. E' chiaro a tutti che Lizzy vuol Darcy.
PS - Questa frase finale è una battuta. Dopo che ho scritto un intero papier per giustificarla, cercate almeno di capirla.



LINK PER L'INK
9 dicembre. E' uscito il nuovo numero di "Ink", il sessantesimo in diciotto anni di attività, datato ottobre 2011. Gli zagoriani ricorderanno il precedente dedicato al cinquantennale dello Spirito con la Scure, con all'interno una storia inedita di Iannis Ginosatis. Questa volta in copertina ci sono Cattivik e Lupo Alberto, due personaggi a me molto cari, dato che ho scritto decine di storie per entrambi. Fra gli intervistati, i miei amici Giacono Michelon e Giorgio Sommacal, quest'utimo fresco sposo con un'altra disegnatrice dello staff silveriano di un tempo, Laura Stroppi. Auguri e figlie femmine, dato che sono le donna a rendere più bello il mondo. Per maggiori informazioni su "Ink": http://www.menhiredizioni.altervista.org/



FOLLE FOLLA
11 dicembre. La visita al salone del libro usato è stata (almeno per me) una specie di gita in paradiso. Come ha detto qualcuno, forse il paradiso è un'immensa biblioteca. C'era però il blocco del traffico, che mi è parso stesse mandando in bestia gli espositori. Eppure, un servizio navetta gratuito collegava Fieramilanocity con la stazione Lotto della metropolitana, e raggiungere il salone era facile e comodo. Per di più, l'ingresso era libero e gratuito. Però, dentro, c'era davvero poca gente. Che tristezza. Nel pomeriggio, ci spostiamo in centro. Le ragazze della prole premono per fare acquisti in un negozio chiamato Abercrombie e Fitch, che pare esserci a Milano ma non a Firenze. Ci andiamo. La folla! Novantadue minuti di coda. Una fila di sette chilometri e mezzo per poterci entrare! Dentro, modelli seminudi con cui farsi la foto, e commessi che si muovono, ridicolmente, a tempo di musica. Buio pesto, forse per non far vedere i difetti della merce (a mio avviso di modestissimo livello). Compriamo una felpa che al mercatino rionale costerebbe dieci euro, e lì ottanta. Fermo restando il dato che il blocco del traffico c'era per tutti, perché tanta differenza tra l'afflusso di pubblico tra i due indirizzi milanesi?


Probabilmente la preda più significativa nella mia caccia al salone del libro usato è "Tommy River e lo scozzese", di Mino Milani (Mursia, prima edizione 1964), come nuovo, con le illustrazioni di Mario Uggeri. E' un po' che sto dando la caccia a tutto quel che porta la firma di Mino Milani e questo pezzo mi mancava. Il prezzo sulla bancherella era di 15 euro. Lo avrei preso comunque, ma il venditore di mi ha riconosciuto e me lo ha ceduto a dieci.


CALENDE GRECHE
12 dicembre. In questi giorni di fine anno in cui si cercano agende e calendari per il 2012 (almeno, lo fanno quelli che non hanno ancora venduto l'anima ai tablet) sento forte una mancanza che noto ogni volta che si arriva a dicembre. Mi piacerebbe tanto trovare in edicola (o in cartoleria) un calendario Bonelli con dodici spettacolari illustrazioni di altrettanti eroi bonelliani. Ma anche una agenda, con copertina gommata o plastificata ma nel formato Tex, con ogni giorno commentato con un disegno e ogni settimana con una tavola, magari con materiale inedito. Non ho mai capito perché cose del genere (che sono di carta, e dunque vicine al nostro modo d'essere) non le abbiamo mai fatte. Il calendario da parete è un aggetto di arredamento, come un poster o la cornice con la foto di una persona cara. Le agende sono comunque "oggetti" belli da possedere, conservare, maneggiare e palpare come tali: potranno essere sostituite nella funzione pratica ma non in quella catartica. In Bonelli non ho sentito (ancora) dire alcunché ma certo non era questo l'autunno giusto per mettere in cantiere iniziative del genere. Temo però che si debbano aspettare le calende greche. In passato sono state realizzate agende di Tex o di Martin Mystere o di Dylan Dog, fatte su licenza da altre aziende, non è quel tipo di oggetto a cui pensavo io, troppo simile a tanti altri: gli "esterni" prendono un'agenda di Snoopy, ci scrivono Lupo Alberto, cambiano tre disegni ed è finita lì. Io vorrei proprio una agenda bonelliana fatta con spirito bonelliano per i bonelliani. E' quel tipo di cose in cui sarebbe maestro Alfredo Castelli, se gliele lasciassero fare.



SENTI CHI PARLA
13 dicembre. Telmo Pievani, filosofo della scienza di cui ho letto di recente il consigliatissimo saggio "La vita inaspettata" (Cortina), spiega in un suo articolo come il linguaggio umano (una caratteristica che distingue la nostra specie da tutte le altre) derivi dal "maternese". In pratica, la progressiva encefalizzazione del genere homo ha portato la scatola cranica dei nascituri al massimo delle dimensioni possibili per garantire il successo del parto (il passaggio dalla regione pelvica femminile). Se avessimo la testa più grossa, non riusciremmo a venire al mondo. Così, l'evoluzione ha fatto in modo di farci nascere in qualche modo prematuri, con parte dello sviluppo da fare dopo nati. La nostra prole non è dunque autosufficiente per molto tempo, diversamente dai cuccioli di altri animali, e i piccoli umani dipendono totalmente dalle madri, a cui devono riuscire a comunicare i propri bisogni con versi di vario tipo. Versi che comportano una risposta materna. Da questa interazione sarebbe nato il primo abbozzo di comunicazione verbale. Mi colpisce molto il fatto che siano stati i bambini, in pratica, a insegnare a parlare agli adulti. E' una cosa che dovremmo sempre tenere presente.






SODDISFATTI O RIMBORSATI
13 dicembre. La rivista letteraria "Satisfiction" propone recensioni librarie "soddisfatti o rimborsati". Funziona così: se la critica di "Satisfiction" ci convince a comprare un libro, ma dopo averlo letto riteniamo che l'entusiasmo del recensore abbia deluso le nostre aspettative, bisogna inviare una mail a redazione@satisfiction in cui spieghiamo perché il volume acquistato non fosse poi così imperdibile e assolutamente da leggere: dopodiché, "Satisfiction" rimborserà il prezzo di copertina. Non aspettatevi lo stesso trattamento da me quando vi consiglio qualcosa, ma l'idea è bella.




IL GIORNO DEL GIUDIZIO
13 dicembre. C'è un lettore che scrive una lettera (su carta) una volta all'anno, in dicembre o all'inizio di gennaio, mandando un'unica missiva di diverse pagine con cui esprime il suo parere su tutti gli albi dei dodici mesi appena trascorsi e fa, dunque, un bilancio complessivo della produzione zagoriana. Si tratta di una disamina molto ponderata e ben scritta che io e Mauro Boselli ormai aspettiamo a gloria come un appuntamento irrinunciabile e che ci fa piacere ricevere. La Lettera è arrivata oggi. Non posso ricopiare tutto il lunghissimo testo ma ecco i voti sintetici.

La banda aerea (Maxi Zagor 15): testi 8,5 - disegni 7,5.
Il grande torneo (Zagor 547-548): testi 5 - disegni 6,5.
La danza degli spiriti (Speciale 23): testi 8+ - disegni: 9.
A volte ritornano (Zagor 549-550): testi: 9 - disegni: 8,5.
Il Castello nel Cielo (Zagorone 1): testi: 6- - disegni: 9.
Lo scrigno di Manito (Zagor 551): testi 5,5 - disegni: 10.
Nelle terre dei Dakota (Maxi Zagor 16): testi 8 - disegni 9.
Lo scettro di Tin-Hinan (Zagor 552/556): testi 9- - disegni 9,5.



I TRENI INERTI
14 dicembre. E' previsto per venerdì prossimo l'ennesimo sciopero dei mezzi pubblici a Milano: un caso, temo, abbastanza frequente anche in altre città. Ora, non vorrei mai essere accusato di avere atteggiamenti antisindacali né sostenere, come alcuni fanno, che ai dipendenti dei servizi di pubblica utilità dovrebbe essere impedito di scioperare. Però, è evidente che bloccando autobus, tram, metropolitane e treni si rovina la giornata a milioni di persone che nulla c'entrano con la vertenza sindacale in atto. Gli scioperi andrebbero fatti contro i datori di lavoro e non sembrare vendette trasversali a danno di terzi. Ogni volta che resto bloccato mi sento ostaggio inerme in una faida tra sconosciuti. Eppure ci sarebbe il modo, per i dipendenti delle aziende di trasporto, di scioperare senza fare vittime innocenti. Basterebbe che scioperassero soltanto gli addetti al controllo dei biglietti: accessi liberi nel metro, nessuna multa per chi viaggia senza biglietto. L'azienda avrebbe un danno, la popolazione sarebbe lieta e solidale con gli scioperanti.
PS - "I treni inerti" è una frase palindroma.


IL CREATORE
14 dicembre. Alessandro Chiarolla. Omaggio a Sergio Bonelli.



DATA DA RICORDARE
14 dicembre. Un lettore mi ha fatto avere come regalo di Natale il CD che vedete nella foto: Data - Strada Bianca (1974). Lo cercavo da trent'anni. Chi mi conosce (e sa chi faceva parte dei Data) sa perché questo regalo mi ha fatto felice. Grazie, Maurizio.




VERGINI SI DIVENTA
15 dicembre. Ho letto "Come si diventa vergini - Gag involontarie degli adolescenti di oggi" (Coniglio Editore, 2007), di Luna Gualano. L'autrice assicura nella sua introduzione che tutto quanto scritto nel suo libro è vero: si tratta di una antologia di domande riguardanti il sesso, fatte su Internet da giovani e giovanissimi. Ne riporto due a caso: la prima è il dubbio di un ragazzo alle prime armi: "Ho cercato di toccare una ragazza, ma non ho trovato nulla...". E poi c'è il dubbio di una ragazza, che dimostra la genialità di noi maschietti: "E' vero che se tocco il mio ragazzo e non gli faccio uscire lo sperma, rischia di morire? Lui dice così". Al di là delle risate che suscita la raccolta, viene da spaventarsi di fronte all'ignoranza degli adolescenti in fatto di educazione sessuale. Del resto, viviamo in un paese dove se un comico pronuncia la parola "preservativo" su RAI 1 succede il putiferio.




CIAO PEROGATT
15 dicembre. E' morto PeroGatt, alias Carlo Peroni. Ho una sua striscia originale, della serie scritta da Castelli "La vecchia casa oscura". Ha disegnato però, oltre a quella, centomila altre divertentissime cose. Ma per me resterà sempre l'autore di Nerofumo, il simpatico negretto che usciva sulla rivista "Piccolo Missionario", che mia madre mi comprava in parrocchia all'uscita dalla messa, quando ero bambino.








SANTI E VAMPIRI
16 dicembre. Sto leggendo "Santi e vampiri" di Carlo Dogheria, edizioni Stampa Alternativa. E' così interessante che soltanto ieri sera ne ho divorato più della metà. Il capitolo sui masticatori di sudari ( cadaveri che nella tomba si sentono rodere i loro vestiti) è strepitoso. Ma sono soprattutto le leggende sui corpi dei santi che mi sembrano fantastiche. Ci sono santi che dalla loro tomba cantano durante la messa insieme ai fedeli; altri che, spogliati dopo la morte, provvedono a coprirsi da sé le pudenda. Dalla quarta di copertina: “santi che storpiano bambini colpevoli di giocare nei pressi della loro tomba, santi che espellono altri defunti di cui non gradiscono la sotterranea vicinanza, santi che accecano il custode della chiesa reo di avere spento la lampada davanti al loro sepolcro”. Non crediate che stia scherzando con i santi, che meritano ogni rispetto: casomai si scherza con dovesse prendere sul serio queste cose (e di sicuro anche i santi ridono di loro).



DITA NEL NASO
18 dicembre. Moreno Burattini con le dita nel naso.





SENTI QUESTO
20 dicembre. Non ho mai capito perché chi ascolta la musica straniera si debba ritenere superiore e si consideri in diritto di guardare con disprezzo chi segue invece i cantautori o i gruppi italiani, ma tant'è: ormai me ne faccio una ragione. Continuo a non cogliere lil motivo per cui "L'isola che non c'è" di Edoardo Bennato debba essere snobbata in favore, non so, di un qualunque pezzo di Bob Dylan. Non si possono ammirare entrambi? A confortarmi giunge per fortuna una recensione di Paolo Giordano riguardo un libro di Alex Ross intitolato "Senti questo" (Bompiani). Non ho letto il saggio di Ross, ma Giordano commenta così: "Basta con i tromboni, con gli ascoltatori a compartimenti stagni, quelli che amano solo il rock, quelli che solo il jazz: la musica dopotutto si divide solo in due categorie, quella che piace e quella che no. (...) La musica bisogna accettarla con libertà. Senza libertà non c'è arte e neppure musica. Oppure sì, c'è musica: ma l'avete già sentita e che noia. Sfrondate i luoghi comuni e vi accorgerete di quanta bella musica avete intorno senza neppure saperlo".




CHE PIZZA
21 dicembre. La pizzata natalizia zagoriana è stata un successo di affluenza all'insegna del divertimento e della simpatia. Gianni Sedioli ha realizzato un disegno, che subito posterò, distribuito in fotocopia su cartoncino a tutti gli intervenuti. In redazione, grandi arraffi di poster, di albi e di gadget. Tra quelli venuti da più lontano, alcuni dalla Toscana e dal Veneto. Il più giovane dei presenti aveva diciassette anni, il più anziano settanta. Zagor, un eroe per tutte le età.



SOGNO CB
22 dicembre. Ho guidato per più di tre ore, da Milano alla Versilia, tornando a casa dopo il turno di lavoro in redazione. Di solito ascolto un audiolibro ma questa volta non avevo la mia macchina e il lettore di quella in prestito non leggeva, chissà perché, i CD mp3. Così, ho attaccato lo spinotto dell'iPod lasciando libera la selezione dei brani casuali tra gli oltre ottomila che ci ho messo dentro. Così tanti che davvero non posso immaginare che cosa salterà fuori dal gioco random. Capita così di scoprire cose mai sentite prima e avere delle rivelazioni; oppure ritrovare brani che non si ascoltano da vent'anni e commuoversi sommersi dai ricordi che suscitano ("barconi abbandonati / che smuovi dentro me", canta Qualcuno). Oggi pomeriggio, il brano dell'amarcord che mi ha lasciato scosso per mezz'ora è stato "Sogno CB", scritto da Euro Cristiani per la voce di Umberto Tozzi (una delle pochissime canzoni che Tozzi non si è scritto da solo), riemerso dalla nebbia della memoria squarciandone il velo con un la forza di un laser. Ma per ognuno, ne sono sicuro, ci sono brani in attesa di essere scoperti o recuperati.



BASTA LA PAROLA
23 dicembre. E' buffa la pubblicità del televisore a comando vocale. Primo, perché se devo sedermi perfettamente allineato e scandire con lentezza "X Box riproduci", faccio prima a premere un tasto del telecomando stando stravaccato sul divano con la testa dove mi pare. Secondo, perché pretendere che un toscano di dire "Ics box", e non "Iss bosse" come ci viene naturale, è sottoporci a una tortura. Poi uno si chiede: ma quelli con l'erre moscia, come fanno a dire "riproduci" e farsi capire? Nella pubblicità si vede gente sorridente chiedere di vedere "Immaturi". Ottimo. Ma se uno volesse vedere "Eyes wide shut"? E' richiesta la pronuncia esatta? E i romani che dicono "bira" e "guera" con una erre sola, se chiedono "La guera dei mondi", X Box decifra? E quelli che di notte, quando tutti dormono, vogliono vedersi "Le contadine libidinose con le cosce spalancate" senza farsene accorgere, devono dire il titolo a voce alta che si sente in tutto il casamento?



COSE TURCHE
23 dicembre. Copertina di una delle primissime edizioni turche di Zagor (1962). Illustrazione di Samtm Utkun, autore locale.



SUN E SON
24 dicembre. Nella sua raccolta di saggi "Passato e futuro" (SIAD, 1979), Isaac Asimov, in un suo articolo sulla storia del calendario intitolato "Sul tempo" parla a un certo punto del Natale (pag. 143). Lì, racconta come in epoca romana esistesse già un periodo di festività coincidenti con il solstizio d'inverno (tra il 21 e il 22 dicembre di ogni anno) chiamate "Saturnalia". Si festeggiava la rinascita del sole, visto che da quel momento in poi, dopo un periodo in cui le ore di luce erano costantemente andate diminuendo, le giornate riprendevano ad allungarsi. Scrive Asimov: "Era una festa troppo allegra ed amata per poter essere abbandonata, così che la Chiesa fece la cosa migliore adottandola". Fin qui, tutto bene. A questo punto Asimov, con il suo solito humour e i suo amore per i calembour, aggiunge: "Il nome venne mutato in Natale, e così ogni 25 dicembre ancora celebriamo la nascita del sole (o del Figlio, se preferite)". Il traduttore (Davide Dettore) non mette nessuna nota e non spiega in nessun modo la battuta fra parentesi. Io però, già a diciassette anni, mi misi a rifletterci e giunsi alla conclusione che nel testo inglese ci doveva essere un gioco di parole tra "sun" e "Son". "La nascita del sole" (sun) dei Saturnalia diventava "la nascita del Figlio" (Son) del Natale cristiano. Figlio inteso come seconda persona della Trinità, ovvero come Gesù. Mi sono scervellato per anni su come si potesse rendere in italiano il testo inglese (un po' come per "The importance of being earnest" di Oscar Wilde, secondo me traducibile con efficacia solo con "L'importanza di essere franco", o Franco). L'unica possibilità è giocare sull'ambivalenza della parola "luce": luce del sole, Luce del mondo. Ma non è granché. Comunque sia, per trentadue anni sono rimasto con il desiderio di spiegare a qualcuno questa faccenda, e adesso mi sono tolto lo sfizio di raccontarla.




BEN BARDATI
27 dicembre. Scrivo da un romantico agriturismo sull'Appennino, in provincia di Parma. Cucina vegetariana, stanza romantica con idromassaggio per due, aria buona, fredda e pungente, gite in borghi bellissimi nei dintorni. Ieri, per esempio, visita a Bardi. Oltre che il famoso castello (ahinoi, chiuso), ho voluto vedere i bar del posto. Sono un richiamo irresistibile per un amante dei giochi parole come me. Perché? Ma è chiaro: mi sono fatto fare persino delle foto, davanti ai BAR DI BARDI. Dato il freddo, ci siamo andati ben bardati.



IL MISTERO DELL'ISOLA
28 dicembre. A Milano, dopo un ultimo controllo in redazione, ho consegnato alle stampe le 286 tavole del Maxi Zagor "Il mistero dell'isola", in uscita a metà gennaio. Si tratta di una storia piuttosto insolita per struttura narrativa e piena di personaggi, che mi è venuta in mente dopo aver sentito Joevito Nuccio parlarmi a lungo, con grande entusiasmo, del serial TV "Lost", nell'estate 2008, quando giravamo insieme la Sicilia e ancora la serie non era finita e dunque non si sapeva quale fosse la spiegazione di tutto l'ambaradan (ammesso che oggi lo si sappia). Non ho mai visto una sola puntata di "Lost" e dunque sono certo di non esserne stato influenzato. Però, lo spunto nasce da lì. Sandro Chiarolla, bontà sua, si è detto entusiasta del racconto mentre lo portava avanti con l'estro che lo contraddistingue, difficile da imbrigliare ma appunto per questo in grado di dare straordinari risultati a livello emotivo per dinamicità, espressività e suggestioni scenografiche. A mio parere questo Maxi è il suo miglior lavoro da quando presta il suo tratto graffiato allo Spirito con la Scure. Le lettrici, del resto, di solito sono concordi nel dire che il suo è lo Zagor più fico di tutti. La copertina di Ferri è molto bella. Perciò, sono ansioso di farvelo leggere.




SONO SEMPRE I MIGLIORI QUELLI CHE SE NE VANNO
28 dicembre. La scomparsa di Cita mi ha commosso. Dobbiamo parlare di lui al maschile, perché era un maschio. Credo di dovergli tanto, per la gioia che mi ha dato da bambino, quando ancora era facile vedere in TV i film di Tarzan con John Weissmuller. Di sicuro, qualcuno avrà commentato parlando di sfruttamento degli animali per fini commerciali o di chissà quale servilismo o sudditanza del simpatico scimpanzé nei confronti dei "padroni" umani. Io preferisco vedere in Cita un simbolo dell'amicizia che può legare gli homo sapiens con il resto del creato. Di sicuro, l'ottimo attore quadrumane ha instillato nei piccoli spettatori come me soltanto amore verso la natura e verso gli animali.

martedì 27 dicembre 2011

LA BIBLIOTECA DI BABELE

Nihil credendum nisi prius intellectum”, dice il teologo Pietro Abelardo: “Non si deve credere in nulla se prima non lo si è capito”. Non c’è da meravigliarsi se a lungo le sue acute analisi della Bibbia e dei testi dei Padri della Chiesa gli abbiano causato persecuzioni e accuse di eresia, soprattutto dal suo più aspro avversario, Bernardo da Chiaravalle. Eppure, Abelardo non era certo uno che non credeva in Dio o che predicava la dissolutezza. Tuttavia, si poneva delle domande e invitava tutti a cercare delle risposte. Senza voler paragonarmi minimamente a lui, mi ritrovo in questo atteggiamento: non credo a nulla se prima non mi sono almeno illuso di averlo in po’ capito. Quando ho scritto qualcosa a proposito della Sindone, dei cerchi nel grano, degli oroscopi o degli alieni, è questo il punto di vista da cui sono partito.

Perché vi sto parlando di Abelardo? Per due motivi. Il primo è che l’ho citato fin dal titolo nell’articolo precedente. Il secondo è che da tempo sto pensando di utilizzare “Freddo cane in questa palude” anche per pubblicare le mie schede bibliografiche che da trent’anni sto accumulando per esclusivo uso personale. Mi spiego meglio. Fin dai tempi del liceo, ogni volta che ho letto un libro mi sono appuntato le mie impressioni a caldo scrivendo una piccola recensione che servisse a ricordarmi meglio il contenuto del volume. Con il tempo ho ricopiato sul computer i fogli scritti a mano, e ho cercato di coltivare questa abitudine. Per un paio di anni ho provato a fare lo stesso anche per i fumetti, ma alla fine aggiornare i registri delle letture mi portava via troppo tempo e dunque mi sono limitato ai libri (anche se, ultimamente, confesso di essere rimasto un po’ indietro). In ogni caso, ho messo insieme centinaia e centinaia di mini-recensioni, alcune troppo brevi e frettolose per essere pubblicate, altre invece decisamente più elaborate. Mettendole a disposizioni di tutti qui sul blog, potrei suggerire a qualcuno il recupero di qualche libro del passato, dato che non si tratta di segnalazioni legate all’attualità ma a emozioni e riflessioni su letture del passato. Ho deciso di intitolare la rubrica “La biblioteca di Babele” (il motivo è così palese che non vale la pena di spiegarlo). Dovendo cominciare con qualcosa, ho pensato di prendere la palla al balzo e, dato che ho citato Abelardo, parlare proprio di lui. Fatemi sapere se l’iniziativa è o non è interessante.


Abelardo
STORIA DELLE MIE DISGRAZIE
E LE LETTERE D'AMORE DI ELOISA
autobiografia - Newton & Compton
Tascabili Economici Newton
Collana 100 Pagine 1000 lire
Prima edizione - 1994
brossurato - lire 1.000

"Historia calamitatum" è una breve autobiografia di Abelardo scritta come lettera a un amico perchè costui, sentendo narrate le disgrazie occorse al filosofo, si consolasse delle proprie. La scrittura di Abelardo è intrigante e avvincente, e nonostante i secoli di distanza il lettore moderno si sente partecipe della vicende romanzesche della sua vita, non certo limitate alla sua famosa storia d'amore con Eloisa. Meraviglia appunto la capacità di Abelardo di descrivere gli accadimenti senza eccessiva enfasi retorica, con precisione ed efficacia, senza ridondanza. Anche la Parigi dell'undicesimo secolo appare viva, credibile e reale; e soprattutto è coinvolgente la storia di passione con la giovanissima Eloisa, che costò ad Abelardo l'evirazione per vendetta da parte dello zio di lei, tale Fulberto.

L'ottima introduzione di Gabriella D'Anna mette in evidenza come Eloisa si sia donata ad Abelardo con tutto il suo essere, anima e corpo, per tutta la vita: addirittura, la sua consacrazione a Dio (successiva all'evirazione del compagno) fu fatta non già per vocazione ma per adesione convinta alla richiesta dell'amato. Abelardo invece visse la sua storia con la ragazza con passione e trasporto finchè durò, dopo l'evirazione si convinse che Dio lo chiamava (proprio con quell'atto di violenza che aveva dovuto subire) ad elevarsi verso la trascendenza, e dunque il suo amore per Eloisa si stemperò in un ricordo meno passionale, in una visione filosofica della vicenda. Quando lei cominciò a scriverle lettere molto calde nella reminescenza dei loro trascorsi, Abelardo la invitò a non insistere su quel versante ma a seguirlo su piani più alti dell'esistenza. E lei, aderendo come sempre alle richieste dell'unico suo amore, non toccherà più certi tasti (due lettere d'amore di Eloisa sono contenute in appendice al volume). Molto interessante è anche seguire Abelardo nelle sue continue dispute filosofiche, il suo sapere catturare l'interesse degli uditori, il suo avere continuamente al seguito schiere di appassionati entusiasti della sua arte retorica; e come al solito, i geni scomodi suscitano risentimenti e invidie, e nei tribunali i mediocri hanno sempre ragione delle menti superiori perchè i giudici sono ottusi e miopi, legati alla lettera dei regolamenti, alla più grigia interpretazione delle scartoffie, incapaci di seguire l'intelligenza che si libra più alta dei loro assurdi codici. Infatti, Abelardo fu perseguitato e condannato proprio per l'esercizio del suo pensiero libero e superiore.

sabato 24 dicembre 2011

STORIA DELLE MIE DISGRAZIE

Dopo essere sceso a depositare sotto l’albero un bel po’ di scatole infiocchettate, mi collego al mio “coso” su Facebok e scrivo: “Ho finito di incartare i regali di Natale. A parte lo stress che la scelta, l'acquisto e la consegna dei medesimi comporta (tale da vanificare il relax che i giorni di festa dovrebbero garantire e distogliere clamorosamente persino i buoni cristiani dal significato religioso dei medesimi), mi sono reso conto di aver fatto praticamente tre soli tipi di doni: libri, CD musicali e vini. I primi due rischiano di diventare presto oggetti di antiquariato. Non resta che consolarci con i terzi”. Al che, Marcello Toninelli commenta: “Questo la dice lunga su come sei veeeeecchio!”.

Ahimé, temo proprio di sì. E più passa il tempo, più mi accorgo di come aumenti il mio analfabetismo digitale e cresca il gap tra me e quelli che riescono a saper maneggiare la tecnologia. Ricordo ancora quando, nel 1990, mi iscrissi a un corso organizzato dal Comune per imparare a usare il computer: all’epoca c’erano ancora gli schermi neri con le scritte bianche, le stampanti ad aghi e i floppy disk da otto pollici. Qualche anno dopo pagai un mio amico 50.000 lire l’ora per darmi tre o quattro lezioni su come navigare su Internet attraverso il normale cavo del telefono (non c’era la ADSL). A ripensarci: bell’amico, con quelle tariffe.

Oggi, se ci fosse qualcuno nei paraggi che radunasse gli sgomenti come me per insegnarci a usare lo smartphone o l’Ipad, a scaricare file dalla Rete o a vedere i film in streaming, a collegare il PC al televisore o ad aggiornare i programmi del computer, io mi scriverei subito. Però, non so di nessuno che lo faccia, segno di come si dia per scontato che tutti nascano già imparati e non ci sia bisogno di addestrare gli utenti ritenuti, a torto o a ragione, già superesperti. Al che, io mi sento sempre più un incapace. Ho finito per credere di essere vittima di mobbing digitale da parte delle macchine, che mi odiano. A volte ho accennato qui sul blog alle mie difficoltà con la tecnologia e sono stato rimproverato dai miei figli: non dire certe cose, babbo, o passi da imbecille. A forza di non parlarne, però, gli aneddoti si accumulano e alla fine raccontarli finisce per essere catartico, liberatorio. Magari, qualcuno potrebbe solidarizzare con me e dirmi che anche a lui capitano le mie stesse disavventure e magari mi sentirei meno solo. Oppure, alcuni altri (i classici buoni samaritani) potrebbero farmi pervenire delle dritte per aiutarmi. Perciò, ecco qua catalogati in ordine alfabetico i miei sconfortanti insuccessi con la tecnologia, sull’esempio della “Storia delle mie disgrazie” del filosofo Abelardo, che fu evirato dal canonico Fulberto per la sua storia d’amore con Eloisa. Anch’io, di fronte al dilagare degli apparecchi digitali (e solo, per fortuna, di fronte a quello) mi sento impotente e castrato.




COMPUTER

Fino a due mesi fa lavoravo su un portatile con lo schermo rotto e la tasti con i simboli cancellati dall’usura, che facevo funzionare attaccandolo a uno schermo e a una tastiera esterni. Il guaio era che qualunque programma lanciassi, si piantava dopo pochi minuti (il messaggio più frequente era “non risponde”). La navigazione su Internet, nonostante la linea fastweb, fosse lentissima e soggetta a blocchi a ogni piè sospinto. Disperato, ho acquistato un portatile nuovo. Non bado a spese e dico al commerciante: voglio l’apparecchio più veloce e più potente che ha. Spesa: oltre mille euro. Risultato: i programmi non rispondono e la navigazione è lenta come prima. Collegarsi a qualsisasi sito è stressante: oltre ai tempi attesa (la rotella del caricamento gira e rigira a vuoto) non c'è garanzia di leggerlo in ogni sua parte. Qualunque browser usi si pianta su qualche pagina, non so perché. Se cerco di vedere un filmato non si apre perché mancano i codec, i plugin, i driver, le applet (qualunque cosa siano). Il programma di posta è un marasma indecifrabile: per fare degli esempi, mette tutte le mail da leggere in un calderone unico qualunque sia l’account che le ha ricevute, non si possono cancellare in blocco ma solo una per una e la cancellazione richiede una ponderazione di qualche tipo che rallenta l’operazione, aprire nuovi account per collegarmi ai diversi che ho è lungo e laborioso e richiede informazioni su server e su pop-qualche-cosa che non sono in grado di dare. Il programma Word è una versione nuova talmente complicata da settare che non so più come fare per riquadrare un’immagine o regolare l’impaginazione: dovrei trovare il settaggio fra diecimila altri e mi perdo. Mi si è imposta una bipartizione dell’hard disk che non ho chiesto e che ho scoperto soltanto dopo varie e disperate esplorazioni, e dopo aver riempito il disco C con ottomila canzoni di iTunes che, una volta spostate con grande difficoltà e tempi biblici sul disco D hanno reso inutilizzabile il programma. Il vecchio “esplora risorse” fatto ad albero genealogico è sparito e non so più orizzontarmi, e così via. Mi chiedo che risultato avrei ottenuto se invece di aver chiesto la macchina migliore e più costosa mi fossi accontento di un catorcio. Ma la gente, a parte me, che compra un computer nuovo, riesce davvero a fare da sola tutti i settaggi, gli aggiustamenti, le installazioni che servono per avere una macchina funzionante? E come fa?



E-MULE

Non ho mai scaricato un film dalla rete e ho sempre diffidato di e-Mule, convinto che non fosse onesto ma soprattutto che attraverso quel programma potessero entrarmi nel computer chissà quanti hacker. Per anni, però, ho continuato a sentirmi elencare da chiunque le tonnellate di pellicole scaricate sul suo computer (e da lì, attraverso meccanismi misteriosi a me del tutto incomprensibili, visibili anche sul televisore di casa). Così, ultimo al mondo, approfittando del cambio di portatile, ho installato e-Mule sull’apparecchio vecchio, giusto per fare un esperimento: male che vada, mi dicevo, rovinerò un computer ormai in disarmo. Scopro che a e-Mule dà noia tutto. Non so come facciano quelli che lo usano in contemporanea con altri programmi, ma il mio esemplare era infastidito da qualunque applicazione aperta insieme a lui. Dunque faccio pulizia di tutto sul vecchio hard disk tranne che del necessario per navigare. Naturalmente e-Mule non vuole il collegamento wi-fi (da cui è rallentato) e tollera solo quello via cavo. Lo accontento. Non gli va bene neppure il firewall. Lo tolgo. Ha uggia dell’antivirus. Via. Ugualmente, ottengo solo una “connessione offuscata”. Leggo quintali di manuali on line e apprendo che per settare il programma bisogna essere tecnici della NASA: serve sapere certi numeri di certe porte (ignoro di che si tratti), sapere esattamente certe specifiche tecniche del modem, calibrare il flusso dei dati in entrata e in uscita. Non so come faccia il resto del mondo: a me non è riuscito mantenere attiva una connessione per più di dieci minuti, senza dover chiudere e riaccendere il programma dopo che si era piantato. I due o tre film che ho provato a scaricare hanno impiegato giorni e giorni per giungere fino in fondo, e quando ho tentato di guardarli erano di qualità pessima. Risultato: lasciamo perdere.




NAVIGATORE SATELLITARE

Un paio di anni fa mi è stato regalato un navigatore satellitare da usare in automobile. L’ho subito ribattezzato Multivac e ho cominciato a usarlo. Ovvero, va detto che non sono stato buono a farlo parlare con una voce scelta da me, scaricandola dal sito così come indicato dalle istruzioni scritte nella guida: pazienza. Tuttavia, pur con la voce che pareva a lui, Multivac era in grado di collegarsi più o meno nell’ottanta per cento dei casi con un satellite e di guidarmi con una buona approssimazione là dove volevo. Non era in grado però di stare attaccato né al vetro del parabrezza né alla plastica del cruscotto per cui mi cascava sempre addosso, di solito fra le gambe, proprio quando c’era da fare un fatidico cambio di direzione, quello più fondamentale nell’itinerario prescelto, e di solito finiva proprio sotto il pedale del freno, impedendo la frenata. Ma, lo ammetto, questo non è un problema elettronico per cui non parliamone.

Il vero guaio è che, dopo un mesetto, mi sono reso conto di come Multivac fosse del tutto all’oscuro della maggior parte delle rotonde di nuova costruzione. Sembrava aggiornato a cinque anni prima. C’erano uscite autostradali o svincoli delle tangenziali di cui non sapeva una beata mazza. Da qui l’esigenza di scaricare nuove mappe. Ora, io davo per scontato (e mi sembrava il minimo) che nell’apparecchio ci fossero delle mappe aggiornate. Ma, se proprio mi volete sbolognare un coso che non sa le strade, fate in modo che si aggiorni da solo attraverso il satellite. Invece no: pur trattandosi del navigatore in assoluto più pubblicizzato, bisognava fare gli aggiornamenti via Internet (e a pagamento).

Ora, io tremo sempre quando devo scaricare qualcosa dalla Rete perché l’esperienza i dice che lo download il più delle volte dura una vita e fa piantare il computer, o importa dei virus, o non si sa dove deposita i file (e io non riesco più a trovarli), o provoca conflitti con altri programmi, o quel che si scarica semplicemente non si installa o non funziona. Tuttavia, provo ad aggiornare il Multivac seguendo le complicatissime istruzioni. Risultato: il Multivac smette di dare segni di vita. Il tentativo di aggiornamento delle mappe ha portato al crack dell'apparecchio. Telefono al centro assistenza (con una procedura lunghissima e spese telefoniche astronomiche prima di parlare con qualcuno), vengo guidato nei tentativi di far riaccendere lo schermo del navigatore, ma il tutto non porta a niente. Anche quelli del centro assistenza non ci capiscono nulla e mi dicono che l’unico modo è spedire l’oggetto lì da loro e farlo riparare da un tecnico. Spesa preventivata: circa trecento euro. Dato che l’aggeggio ne costa, nuovo, più o meno duecentocinquanta, ho lasciato perdere. Ho buttato il Multivac nel cestino e da allora viaggio con le cartine stradali di carta, quelle che l’unica difficoltà che danno è non sapere come fare per ripiegarle.





PAGAMENTI ON-LINE

La gente fa shopping on-line. Io ho sempre trovato grosse difficoltà e mi chiedo come facciano quelli che sanno farlo. Naturalmente, possiedo una carta di credito. Però, so che non è troppo prudente divulgare in giro per la rete le cifre del codice: il rischio che vengano intercettate e usate per prosciugarmi il conto corrente è più che concreto. Dunque sono restìo a digitare il fatidico numero. Mi informo, e sento parlare di carte prepagate. Ora, se io trasferissi cinquemila euro (ammesso di averli) su una carta prepagata, correrei lo stesso rischio di vedermi derubato che se usassi la carta ordinaria. Ergo, conviene caricare sulla prepagata piccole cifre per volta. E fin qui, tutto bene. Ma allora, prima di fare un acquisto, bisogna sapere quanti soldi si hanno a disposizione e, se non se ne hanno abbastanza, rimpinguare la scorta. Ma come si fa a sapere quanto abbiamo?

Ecco quel che è successo a me: vado alla mia banca e chiedo una carta prepagata che carico, per cominciare, con cinquanta euro. Dopo un mesetto, provo a fare un acquisto: la carta non funziona. Provo in tutti i modi a risolvere il problema on-line, niente. Appena possibile, torno in banca. Scopro che nel frattempo l’istituto di credito è stato ceduto a uno più grosso, ha cambiato nome e tutte le carte prepagate sono state bloccate per essere sostituite da quelle del nuovo proprietario. Rifaccio tutta la procedura, con noie e traversie inenarrabili perché il passaggio di proprietà ha creato incertezze e scompensi di tutti i tipi e nessuno sembra sapere come comportarsi per trasferire dalla prima carta il denaro sulla seconda. Alla fine, trafelato, ottengo la ricaricabile nuova. Provo a usarla, funziona. Ma con un limite: on line non c’è modo di sapere quanto c’è dentro. Per saperlo, bisogna andare a farsela leggere allo sportello, in banca, facendo la fila per parlare con un impiegato (non scherzo: mi sono informato, è proprio così). L’ultima volta che l'ho fatto, perdendo tutto l'intervallo della pausa pranzo, ho scoperto di averci solo sette euro: se avessi tentato di acquistare qualcosa che costava otto, non avrei potuto farlo. Per ricaricare la carta, poi, c’è tutta una trafila che vi raccomando: andare sul sito della banca, ricordarsi password e nome utente (o far ricorso al luogo, di solito dimenticato, in cui si tiene nascosto l’appunto), compilare tutti i format nel modo giusto, usare la chiave di sicurezza (una volta che si sia trovata là dove si tiene abitualmente, ammesso che ci sia), fare il trasferimento. Quindi tornare sul sito dell’acquisto e fare la trafila del dare il numero della prepagata, confidando sul fatto che la ricarica sia già arrivata, e poi appuntarsi la spesa per cercare di ricordarsi quanto denaro ci sia rimasto per non dover tornare in banca a farselo dire, e quindi non dimenticare dove si è messo l’appunto e sperare, la volta dopo, di essersi ricordato di aggiornarlo la volta prima. Uno stress micidiale che, personalmente, mi uccide. Il più delle volte rinuncio allo shopping on line e preferisco andare di persona nei negozi.




PROGRAMMI

Viene un amico a trovarmi e mi mostra orgoglioso il suo iPad (un apparecchio costosissimo, fuori della mia portata, che ovviamente io non ho). Mi dice che lo usa per guardare in treno i film e le serie TV. Io rispondo: che bella cosa, ci metti dentro il DVD e lui lo riproduce? L’amico sorride: ma no, l’iPad non ha nessun lettore DVD e non ha nemmeno la presa per la chiavetta. Inoltre, mi spiega, quel demonio di Jobbs ha fatto in modo che l’iPad non possa leggere né gli mp3 né i classici formati video usati dagli altri computer. L’iPad, scopro, scarica delle applicazioni apposite per vedere dei contenuti predisposti soltanto per lui. Dunque, dico io, ti colleghi a un sito da cui scarichi a pagamento i filmati che vuoi vedere? L’amico sorride più malizioso: ma no, se Jobbs è un demonio, gli altri programmatori lo sono ancora di più. Ha semplicemente trovato in rete in programmino che trasforma in applicazioni da Ipad i video scaricati dalla rete in altri formati, e così vede sull’Ipad quello che voglio senza pagare nulla. Ecco, quello che io non capisco è questo: io ho nel mio computer soltanto i programmi che c’erano quando l’ho comprato. Come si fa a metterci dentro altri programmi? Come si fa a installarli, a farli funzionare? Ma soprattutto, come si fa a sapere che esistono, a che servono, dove trovarli? E come essere certi che non danneggino l’apparecchio, che non entrino in conflitto con niente, che non rallentino la macchina, che non siano virus? Mah.


SKY

Alcuni mesi fa mi sono deciso ad abbonarmi a Sky, convinto dal fatto che tutti erano più aggiornati di me su film e telefilm. Prendo un pacchetto con cinema, serie TV, documentari e news (evitando il calcio che cercavano in tutti i modi di sbolognarmi). Mi arriva a casa un decoder, imballato in una scatola di cartone. Lo lascio lì, in attesa che vengano dei tecnici a installarmelo. Mi viene promesso che questi esperti arriveranno nel giro di pochi giorni. Però, intanto, l’abbonamento scatta e io comincio a pagare. Pago, ma non viene nessuno e, naturalmente, non vedo niente. Alla fine, mi decido a telefonare io: ma insomma, arriva qualcuno oppure no? Risposta: le faremo sapere. E continuo a pagare. Intanto, mi viene detto che non c’è solo da sistemate il decoder ma anche una parabola satellitare. Io, ingenuo e arretrato, chiedo: ma come, non basta la fibra ottica? Non si diceva che la cablatura delle città avrebbe permesso di ricevere anche i programmi TV via cavo? No, mi spiegano: ormai tutti vogliono i canali in HD e addirittura in 3D, per cui la fibra ottica non è sufficiente e ci vuole la parabola. Mi meraviglio di quello che mi sono perso: canali in HD e in 3D! Davvero il resto del mondo ormai si gode degli spettacolo inimmaginabili, tutti vedono cose straordinarie e io invece ne sono escluso. Ma, per fortuna, stava per arrivare il tecnico che avrebbe fatto accedere anche me alla dimensione delle meraviglie e non sarei stato più l’unico a rimanere fuori. Già, il tecnico: ma quando sarebbe venuto? Perché io già stavo pagando e non vedevo un accidente.

Intanto, mi informo sulle usanze del casamento circa le parabole. Sarebbe stato bello che già ci fosse una parabola condominiale a cui bastasse attaccarsi. Macché. Niente parabola in comune. Allora sarebbe stato bello che si potesse mettere la parabola sulla terrazza. Macché. Niente parabola sulla terrazza. Il regolamento lo vieta per motivi estetici. Bisognava mettere la parabola privata sul tetto e poi far calare un cavo fino all’appartamento. Ovviamente, il cavo non poteva passare sulla facciata esterna, sempre per motivi estetici. Sorvoliamo sul fatto che l’edificio è fatiscente e in un quartiere malfamato e non nel Foro Bonaparte, ma giustamente se già la zona è esteticamente degradata non degradiamola ancora di più. Dunque, mi appresto a sostenere tutte le spese per tutti i lavori necessari a far arrivare il segnale fino nel mio appartamento. E lotto con l’amministratore del condominio per potere, all’arrivo del tecnico, con una richiesta speciale, farlo accedere al tetto. Già, l’arrivo del tecnico. Ma quando arriva? Alla fine, Sky telefona: il tecnico arriverà un lunedì pomeriggio. Io chiedo: non si può fare il lunedì mattina? No. Non si può fare un giovedì pomeriggio? No. Quando si può fare? Soltanto il lunedì pomeriggio. Mi rassegno, desideroso di vedere finalmente i programmi che tutta l’Italia già vede e che io sto pagando senza aver mai visto, e chiedo un giorno di ferie. Già, perché io devo lavorare in redazione, ci sono gli albi di Zagor da far uscire, già faccio i salti mortali per riuscire a rispettare tutte le scadenze. Non ho molto tempo da perdere e ogni mio giorno di assenza crea dei grossi problemi. Però, se per accedere finalmente alla fruizione delle meraviglie della TV satellitare bisogna fare un sacrificio, facciamolo.

L’appuntamento con il tecnico è per le ore 15. Alle ore 16 e 15, non vedendo arrivare nessuno, faccio la prima telefonata a Sky. Mi viene risposto che il servizio effettivamente è prenotato ma non c’è modo di sollecitare il tecnico. L’unica cosa che possono fare è questa: se il tecnico non fosse arrivato, il giorno dopo mi avrebbero saputo dire il perché. Richiamo di nuovo più tardi: il secondo operatore mi dice che i servizi possono essere fatti fino a mezzanotte, per cui il tecnico avrebbe potuto arrivare anche dopo cena. Dovendo mettere una parabola sul tetto, mi sono chiesto come avrebbe fatto a lavorare con il buio, ma comunque non è venuto nessuno e sono rimasto con la curiosità. A forza di telefonate, ottengo il numero di uno Sky Service o di uno Sky Center di Milano, cui provare a rivolgermi. Lì mi dicono che sì, lavorano per Sky, ma non sono loro a fare le installazioni. Mi dicono che il servizio risulta appaltato a una ditta di cui mi danno il numero di telefono. Chiamo non una, ma dieci volte: sempre occupato. Richiamo lo Sky Center e chiedo se mi possono dare un recapito alternativo. Ottengo un cellulare. Il cellulare è collegato con una segreteria telefonica. Lascio non uno, ma quattro messaggi vocali chiedendo di venire richiamato. Inutile. Le ore passano. Vado su Internet e scopro che il numero di telefono corrisponde a una cooperativa di facchinaggio. Facchinaggio: non installazioni elettroniche (altro che tecnici specializzati). Da Internet scopro alcuni numeri di telefono alternativi della cooperativa: quasi tutti suonano a vuoto o sono collegati al fax, ma alla fine qualcuno risponde. Sì, dicono, quella ditta, benché di solito faccia facchinaggio, installa anche le parabole Sky. Però non hanno idea del perché i tecnici non sono venuti. La persona che risponde, voce maschile, promette di informarsi e di riferirmi. Non mi richiama. Continuo a chiamare il cellulare. Alla fine, risponde qualcuno anche lì (stavolta, voce femminile). Sì, è della cooperativa di facchini, sì installano Sky, no non sa perché i tecnici non sono venuti. La voce promette di informarsi e di richiamarmi. Non mi richiama. Alle ore 20 passate chiamo di nuovo Sky. Mi dicono che adesso sanno riferirmi perché i tecnici non sono venuti: una nota segnala che il servizio è sospeso per “indisponibilità del cliente”. La cosa è offensiva. Mi chiedo a che razza di ceffi avrei aperto la porta di casa, se si fossero presentati.

Scrivo immediatamente una lettera di disdetta dell’abbonamento a Sky: “Non può essere una scusa sufficiente quella di scaricare la colpa su una ditta di installatori poco efficienti: l’avete selezionata voi, forse per risparmiare qualche spicciolo. So che non ho nessun mezzo per protestare, se non questo: disdire il mio contratto. Non servirà a niente ma non avrò il rimorso e il rimpianto di essere rimasto inerte. Qualcosa ho fatto. Non voglio più avere a che fare con voi”. La lettera era datata 14 settembre. Il 30 novembre ancora stavo continuando a pagare, per dei programmi che non ho mai visto. Mi hanno anche addebitato il montaggio della parabola, che nessuno ha mai montato. Finora non ho avuto alcun rimborso. E naturalmente sono ancora escluso dai programmi in HD e in 3D di cui gode il resto del mondo.



SMARTPHONE

Un anno fa, per il compleanno, ho ricevuto in regalo uno smartphone. Cioè, un telefonino senza tasti, con lo schermo su cui battere con la punta delle dita. Un oggetto che hanno tutti e che tutti usano con la massima soddisfazione. Ora, va detto che il venditore ha cercato di farmi acquistare un iPhone, sostenendo che, nonostante il prezzo esorbitante, io avrei potuto averlo gratis in cambio di una piccola (a suo dire) rata compresa nel piano tariffario. Chiedo quale sia l’impegno economico di questo piano. Per calcolarlo, mi dice di partire dal numero di minuti che io, di solito, dedico ogni mese alle conversazioni telefoniche. Faccio un rapido conto moltiplicando per trenta i minuti giornalieri, e per i quali spendo più o meno circa cinquanta euro mensili. Con l’Iphone è risultato che ne avrei spesi centocinquanta. Ho subito rinunciato: evidentemente Steve Jobs produce oggetti soltanto per ricchi e io non lo sono. Che poi, a me il telefonino serve soltanto per telefonare, che me ne faccio della livella che mi dice se è appoggiato su un piano diritto o inclinato?

Insomma, prendo uno smartphone che non è della Apple, e che costa poco meno di trecento euro. Mi propongono un nuovo piano tariffario con l’accesso a Interner per otto euro al mese. Non ho mai avuto Internet sul telefonino, penso che avrei potuto usarlo per moderare il mio blog, accetto. Mai vista una connessione più lenta. Per aprire “Freddo cane in questa palude” ci volevano dieci minuti. Per accedere al menu di controllo e mettere la password, altri dieci minuti. Leggere i messaggi era quasi impossibile: il telefonino ha uno schermo piccolissimo, le scritte microscopiche. Ho scoperto con il tempo che si potevano ingrandire, ma non controllare: si ingrandivano a dismisura certe frasi ma non quelle che volevo, e poi scorrere il testo fino al punto giusto comportava uno sforzo sovrumano perché lo schermo non ubbidiva al tocco delle mie dita e comunque su piantava ed era lentissimo. Insomma: navigare sullo smartphone era così lento, faticoso e stressante che ho finito per non farlo mai, spendendo inutilmente gli otto euro al mese.

La faccenda dello schermo che non ubbidiva al tocco era poi una costante: mi trovavo a battere inutilmente sul vetro fino ad avere delle crisi isteriche, senza ottenere alcunché. Per non parlare delle immagini, che si disponevano regolarmente in senso orizzontale se lo schermo era verticale, e verticale se lo schermo era orizzontale. Ho anche perso dei taxi: se uno chiama il taxi dal cellulare, gli viene chiesto di confermare la chiamata premendo il tasto uno del telefonino. Ma lo smartphone non ha la tastiera! Che tasto premo? Dovrei farla comparire, durante la telefonata, battendo un dito da qualche parte sullo schermo, ma a me non è mai comparso nulla. Risultato: mi dispiace, diceva la voce, la sua richiesta è stata annullata. Argh! Due mesi dopo ho regalato lo smartphone a mio figlio e io mi sono comprato un modello da pochi euro con la tastiera, che funziona benissimo. Però ancora oggi continuo a vedere in TV la pubblicità di apparecchi touchscreen che soltanto sfiorandoli mandano le foto su Facebook. Ovviamente, non ci credo più: come posso spendere altre centinaia di euro sapendo che poi il collegamento a Internet sarà difficoltoso e lo schermo non reagirà ai miei polpastrelli?

Ora, io non ho mai fatto il test per misurare il mio quoziente di intelligenza. Però, con un minimo di presunzione, a prima vista non direi di avere un QI sotto il limite della deficienza o comunque molto più basso di chi passa il tempo a giocherellare con Supermario o a scaricare la filmografia completa di Rocco Siffredi (cosa quest'ultima, e non la prima, che farei anch'io se sapessi farla). Tuttavia, devo ancora imparare a usare il cavo di Fastweb mentre già sento parlare di "cloud", la nuvola elettronica con tutti i nostri dati nell'etere. Sono sgomento. Santo Asimov, aiutami tu.