mercoledì 29 settembre 2010

MEGLIO NUDO

Una volta, gli attori dei telefilm erano i parenti poveri di quelli del cinema, i loro cugini di campagna.
Oggi, sempre più spesso, le serie TV danno lavoro a registi, sceneggiatori e interpreti di serie A. Da qui, un'idea.
Perché invece di vagheggiare film hollywoodiani con gli eroi dei fumetti Bonelli, non si potrebbero sognare serial prodotti dalla RAI o da Mediaset con protagonisti Zagor, Tex o Julia?
La suggestiva proposta mi è balzata all'evidenza proprio oggi allorché ho letto il numero di luglio di una rivista specializzata davvero imperdibile, "Ink" diretta da Paolo Telloli e solitamente dedicata a ritratti biografici e interviste a autori del passato. Ma anche del presente, e sul n° 55 viene intervistato Stefano Piani, a cui invidio molto il ritratto eseguito da Giuseppe Festino, un illustre (e illustratore) collaboratore della testata. Stefano descrive, insieme a molte altre cose, il suo passaggio dalla sceneggiatura di fumetti a quella cinematografica.

La sua ultima fatica è il copione di quello che diventerà in nuovo film di Dario Argento, dedicato alla figura di Dracula. Ma sono opera di Piani anche alcuni episodi di celebri serie televisive come Elisa di Rivombrosa o il Commissario Rex. A questo punto, mi sono immaginato Stefano Piani a proporre uno sceneggiato o una serie sullo Spirito con la Scure in occasione del cinquantennale del prossimo anno, oppure impegnato a scrivere puntate per produzioni TV italiane basate su eroi dei fumetti italiani.

Ovviamente, mi sto solo divertendo a fantasticare e non ho la minima idea dei problemi da superare o dell'eventuale indisponibilità degli autori o dell'editore a cedere i diritti, però è bello lasciar galoppare l'immaginazione e sognare a occhi aperti.
Una trasposizione sul piccolo schermo di Tex, però, solleverebbe l'interesse generale e secondo me gli ascolti sarebbero garantiti.
Una serie su Zagor potrebbe essere venduta in Francia, in Turchia, nei paesi della ex Yugoslavia, in Brasile, una su Aquila della Notte ancora in più paesi, e Julia potrebbe suscitare entusiasmo anche là dove il fumetto non è conosciuto. Ma ovviamente sarebbero serializzabili in TV anche Martin Mystère, Dampyr, Mister No, Dylan Dog, Nick Raider. Non cito Nathan Never perché forse per la fantascienza servono troppi effetti speciali.

A questo punto, continuando con il nostro gioco, ci potremmo chiedere chi sia l'attore ideale per interpretare questo o quell'eroe. Dato che io mi occupo di Zagor, mi concentrerò su di lui: vi invito comunque a fare anche voi i nomi più adatti per gli altri ruoli. Si tratta di segnalare non attori hollywoodiani, ma interpreti nostrani di quelli che sarebbe possibile coinvolgere nel giro di un anno o due nel progetto su cui stiamo fantasticando.
Del problema dell'interprete per lo Spirito con la Scure mi ero già occupato nel post "Cose turche", quando avevo parlato dei film pirati realizzati in Turchia negli anni Settanta (e ho mostrato un paio di divertenti estratti visibili su YouTube).
In quell'occasione avevo mostrato la foto di Gabriel Garko, indicandolo come un possibile Zagor. Mi è stato risposto che Garko ha la faccia troppo da duro, meglio Walter Nudo. Vedete qui sopra le foto di entrambi (Garko in alto sotto il titolo, Walter più in basso il primo sotto Zagor).

Oggi, mi ha telefonato in redazione un lettore, Alberto, entusiasta per aver visto in TV un attore a suo dire perfetto per il ruolo (vi sembrerà strano, ma c'è chi mi telefona anche per questo: gli zagoriani sono fatti così). L'attore indicato è Francesco Testi. Anche di lui mi sono procurato le foto, giudicate voi. Sono queste qui accanto.

Per fare Zagor serve un fisico da atleta, dato che l'eroe si muove con le braccia scoperte e una casacca attillata. Deve essere alto un metro e ottantasette e avere capelli neri e occhi azzurri. Voi chi preferite? Va bene Testi, restereste su Garko o è meglio Nudo? Forse Walter Nudo non è abbastanza somigiante. Testi, invece, potrebbe andare. O no? Potete confrontare con lo Zagor da locandina cinematografica opera di Mauro Laurenti, visibile più in alto.

E per Cico, chi ci mettiamo? Per Digging Bill, potebbe andare bene lo stesso Mauro Laurenti, che ha il perfetto phisique du role. In attesa di risposte e proposte, potete vedere qui sotto un film "amatoriale" realizzato in Croazia (o in Serbia?): magari Stefano Piani potrebbe trarne spunto.





lunedì 27 settembre 2010

HANNO UN ANNO

Come ogni lunedì, oggi ho consegnato il consueto pezzo di sette/otto cartelle di introduzione e commento per un nuovo volume della collana Alan Ford Story, la riedizione cartonata di Alan Ford mandata in edicola da Mondadori. Quello di questa mattina era il cinquantaduesimo articolo. Il che significa che, essendo la periodicità settimanale, i miei pezzi hanno un anno.
Dodici mesi di indefessa attività sono proprio tanti, a pensarci bene. Ricordo infatti che proprio in questo periodo ricevetti la telefonata in cui mi si chiedeva la disponibilità a collaborare all'iniziativa, che si prevedeva della durata di trenta numeri. Rammento anche il poco tempo a disposizione per impostare il lavoro e iniziare a scrivere, per essere pronti in occasione di Lucca Comics, evento durante il quale contavamo di lanciare il primo volume presente anche Max Bunker, cosa che in effetti è avvenuta.
Adesso siamo di nuovo con Lucca alle porte, e nel frattempo la Mondadori ha raddoppiato la durata della collana, portandola fino a sessanta uscite, e a ha deciso anche, durante l'estate, di lanciare una serie gemella dedicata a Kriminal. Mi è stato chiesto di occuparmi anche di quella, ma ho declinato l'invito per eccesso di impegno: al posto mio, ha fornito un'ottima (e forse migliore) prova il bravo Paolo Ferriani, autore ed editore di un Kriminal Index in due volumi uscito alcuni anni fa. Della cosa ho già parlato in un post intitolato "Mi dispiace, devo andare".
In parecchi mi chiedono se le due collane cartonate proseguiranno. Non dipende da me, ma per il momento ho sentito dire che Kriminal si chiuderà con il sedicesimo volume per far posto (pare, ma la cosa non è certa) a un progetto riguardante Satanik. Su Alan Ford Story invece non si sono ancora prese decisioni, ma dato che le vendite hanno tenuto anche dopo il fatidico numero dell'abbandono di Magnus non ci sarebbero particolari ostacoli a continuare: bisognerà comunque attendere il responso dei dirigenti e le firme dei contratti. Vi farò sapere, quando qualcuno mi informerà. Se volete scrivere per incoraggiare la prosecuzione di questa o quella una collana o suggerire l'apertura di una ristampa integrale e cronologica di qualcosa che vi è a cuore, è attivo un sito riguardante tutti i collaterali: www.mondadoriperte.it, e per gli arretrati esiste un call center 199.162.171.
Per il momento, ho ancora otto pezzi da scrivere (quasi due mesi di lavoro). Peraltro, nonostante il materiale prodotto sia ormai in grado di riempire un libro dedicato all'opera bunkeriana, continuo senza problemi a trovare cose da dire e ancora ho un bel po' di argomenti da sviscerare. Credo di stare pagando nel migliore dei modi un debito della mia infanzia, quello con il divertimento che da ragazzo mi dava Alan Ford, che insieme a Zagor era il mio fumetto preferito.
Il motivo per cui la Mondadori si è rivolta a me, indirizzata verso il sottoscritto anche da Bunker stesso, è che, a torto o a ragione, mi si ritiene uno abbastanza competente in materia alanfordiana, vista la gran mole di saggistica scritta sull'argomento. La cosa più importante è senza dubbio il volume "Alan Ford Index" scritto con Francesco Manetti nel 1998 e pubblicato nella collana "I quaderni del fumetto italiano" di Paolo Ferriani Editore (ne vedete la copertina sotto il titolo). Ma alla base di tutto c'è un numero speciale della fanzine "Collezionare", datato 1987 e tutto dedicato appunto ad Alan Ford. La cover, visibile poco sopra, è opera dell'insospettabile Francesco Bastianoni, futuro disegnatore di Nathan Never. Francesco ha raffigurato, alla sua maniera, Max Bunker sulla carrozzella del Numero Uno: gli suggerii questa idea perché, secondo me, era proprio in Barbabianca che lo sceneggiatore si identificava e si proiettava scrivendo le sue storie.
Il fascicolo di "Collezionare" fu scritto in coppia con l'indimenticabile Enrico Cecchi, un amico purtroppo prematuramente scomparso. Lo vedete nella foto qui accanto, è quello più alto con la camicia azzurra. L'altro è Alessandro Monti, oggi valente storico. L'ambente, in puro stile Grupo TNT, è quello della (per me) indimenticabile sede del Club del Collezionista. Era lì che preparavamo i numeri di "Collezionare". Erano i tempi in cui io muovevo i primi passi nel mondo del fumetto e mi davo da fare sia come sceneggiatore che come saggista. Nella foto più in basso mi vedete nei panni di giovanissimo fanziner d'assalto mentre intervisto il grande Paolo Eleuteri Serpieri durante una mostra del fumetto (credo fosse quella di Prato, che allora era davvero un appuntamento importante). Del Club del Collezionista parlo diffusamente nella sezione "A domanda rispondo".
Lo speciale dedicato ad Alan Ford fu battuto a macchina pagina per pagina e stampato con il ciclostile, un metodo antidiluviano di duplicazione che però, all'epoca, era la norma per i volantini dati ogni giorno davanti alle scuole e per le fanzine. Della monografia parlò anche la "Posta di Alan Ford" e la tiratura fu esaurita in un battibaleno: il ricavato servì a garantire a "Collezionare" un salto di qualità e a passare alla stampa offset. Di lì a poco giungemmo anche alla composizione grafica al computer, e nel 1990 facemmo il boom con un altro numero monografico dedicato (guarda caso) a Zagor: due edizioni, duemila copie di tiratura tutte vendute. Il "Club del Collezionista" a quel punto ebbe una crisi di crescita: troppi abbonati, troppe richieste, troppi pacchi da spedire, troppe lettere da scrivere, troppe beghe burocratiche da sbrogliare per i quattro o cinque che eravamo a impegnarci davvero nell'associazione. Perciò, da "Collezionare" nacque "Dime Press" allorché decidemmo di passare a lavorare per una vera e propria Casa editrice, la Glamour di Antonio Vianovi. Ma questa è un'altra storia.
Vi chiederete piuttosto perché mai il misurato torinese Francesco Bastianoni avesse a che fare con dei beceri fiorentini come noi. E' una faccenda curiosa e interessante. Intanto, va detto che il disegnatore non si limitò alla copertina con il Gruppo TNT schierato come nel poster di Magnus, ma disegnò per "Collezionare" anche alcune mie storie di "Battista il Collezionista", il personaggio con cui ho esordito come sceneggiatore (sia pure a livello amatoriale), di cui prima o poi scansionerò e metterò in rete tutto il materiale. Poi, va aggiunto che Francesco entrò in contatto con il sottoscritto dopo che io ebbi conosciuto Dante, suo fratello gemello, anch'egli destinato a disegnare Martin Mystere prima e di Nathan Never dopo. Ma all'epoca in cui io lo incontrai, nessuno di noi aveva mai incontrato Sergio Bonelli. Eravamo solo giovani sognatori aspiranti autori. Così unimmo le forze per proporci insieme, con le prime tavole di una storia di Zagor, che io avrei scritto e lui disegnato. Come andò a finire? Lo saprete nella prossima puntata. Intanto, nella foto poco sopra vedete me, Dante Bastianoni (identico nell'aspetto a Francesco) e Alessandro Monti nella sede del Club.

sabato 25 settembre 2010

FUMETTI IN TV

Mercoledì scorso, nella redazione Bonelli, si sono aggirate due troupe televisive e incrociate due diverse telecamere. Una, era quella che si è portato dietro un nume tutelare del fumetto multimediale italiano, Guido De Maria, creatore con Bonvi di Nick Carter e anima di "SuperGulp", oltre che ideatore di centinaia di caroselli e sigle TV. Io e Marco Verni l'abbiamo incontrato in corridoio, riuscendo a salutarlo, scambiare due battute e stringergli la mano. Personaggio di rara simpatia, davvero. Credo di aver capito che stia lavorando a qualche altro progetto televisivo o a nuove edizioni di DVD da edicola: non so essere più preciso, ma basterà tenerci in allerta per capire che cosa bolla in pentola. Fatto sta, che realizzava delle interviste, e forse seguendo il suo blog ne sapremo di più. L'immagine qui sopra è tratta da un sito che parla di De Maria, sicuramente da visitare.

La seconda telecamera, invece, era impugnata, a turno, dai due inviati della Zagor TV: Gianluca Gulmini, alias "Lucas Luke", e Adriana "Dixie 66". Il primo è titolare di un blog molto fumettoso, come dice lui stesso, chiamato "Il gatto con la scure", pieno zeppo dei filmati che va realizzando.

La Zagor TV è riuscita, in una giornata di lavoro, a intervistare nell'ordine: Alfredo Castelli, Gaetano Cassaro, Mauro Boselli, Mirko Perniola, Gallieno Ferri, Moreno Burattini e Graziano Romani. I filmati saranno piano piano messi in rete nelle prossime settimane, e andranno ad aggiungersi alle centinaia di altri già presenti su You Tube e nella TV via web. Va detto che Lucas Luke e Dixie (qui accanto nella foto, scattata da Marco "Baltorr" Corbetta) sono senz'altro gli inviati più attivi del canale dedicato allo Spirito con la Scure (e ai fumetti in generale), ma non certo gli unici. Ce ne sono infatti altri, tra cui i tre della Taranta Gruber, un gruppo toscano anch'esso molto agguerrito, ma non si può dimenticare il contributo siciliano del fondatore della Zagor TV stessa, vale a dire Giuseppe "Ramath" Reina.

Che cos'è esattamente la Zagor TV? Su Wikipedia lo spiegano così: "Nel 2009 compare su YouTube, la prima WEB TV dedicata interamente allo Spirito con la Scure denominata Zagor TV. I contenuti sono principalmente, anteprime con trailer delle pubblicazioni zagoriane, interviste agli autori,clip di video e fotoimmagini".
Sul sito Bonelli, invece, così è stata presentata:
"Nata grazie all'iniziativa degli aficionados zagoriani che si riuniscono nel forum ZTN, già da qualche tempo è in piena attività la web television Zagor TV, un vero e proprio canale televisivo che raccoglie tutti i contributi filmati dedicati allo Spirito con la Scure, fino ad oggi visualizzabili grazie a YouTube. Raggiungendo l'apposito indirizzo (http://ramath.blogspot.com/) è possibile godere, 24 ore su 24 (anche a pieno schermo), dei reportage sui raduni zagoriani, dei trailer di presentazione degli albi in uscita in edicola, delle interviste con gli autori del Signore di Darkwood, dei video del cantante Graziano Romani e così via. Selezionando la funzione ON-AIR si potrà assistere alla programmazione stabilita dai gestori della TV, mentre accedendo alla modalità ON-DEMAND è possibile creare una propria playlist, scegliendo i video che più interessano dall'archivio di Zagor TV"

In ogni caso, basta andare su YouTube e digitare una ricerca per "Zagor TV" per rendersi conto della incredibile ricchezza di materiale. Ripeto: non c'è solo Zagor, ma vi si trovano chicche di tutti i tipi. Lo Spirito con la Scure, comunque, imperversa, con interviste agli autori ma anche ai letteristi o ai coloristi, o con reportage sulle mostre, sulle conferenze, sui raduni dei fans. Imperdibili sono poi i trailers che anticipano le storie in uscita. Fra i tanti video in cui compaio anch'io, ne ho scelto uno in cui mostro il mio ufficio. Lo trovate in fondo. Un paio di trailer invece li ho linkati quando ho parlato de "Il ritorno di Digging Bill" e de "L'uomo nel mirino".

Non credo che altri personaggi bonelliani, neppure quelli che godono di maggiori tirature, possano vantare una iniziativa simile. Del resto, l'entusiasmo degli appassionati zagoriani è palpabile a ogni mostra o incontro, dove le sale conferenze sono sempre piene, o facendo un giro in rete alla ricerca di forum, siti, blog, gruppi su facebook dedicati. Credo anche che il grado di soddisfazione per l'andamento del personaggio sia sufficientemente alto da permettermi il lusso di sorridere. Nella foto accanto, sempre opera di Baltorr, mi vedete nel mio ufficio circondato da un gruppo di appassionati venuti a trovarmi.
Sono grato a tutti coloro che si danno da fare organizzando iniziative, piccole o grandi che siano, e a tutti quelli che permettono alle iniziative stesse di avere successo.





mercoledì 22 settembre 2010

LEI CHI?

Di recente, nel mio filo diretto sul forum SLCS, mi è stato chiesto come mai nei fumetti Bonelli si usi ancora il "voi" come allocutivo cortese al posto del "lei". In effetti, per un giovane lettore non abituato a sentir dare del "voi" fra persone che non si danno del "tu", potrebbero suonare strani, antiquati o peggio artefatti dei dialoghi di Tex, Zagor e persino Dylan Dog. L'unica eccezione in ambito bonelliano, se non mi sbaglio, è quello di Julia. Certo, per uno sceneggiatore che si sforzi di far parlare in modo congruo e realistico i propri personaggi, l'obbligo di rispettare una tradizione del genere potrebbe sembrare gravoso.

Ma vediamo i perché e i percome, almeno secondo quel che mi sembra di poter dire sulla base del buon senso: la tradizione l'ho trovata e cerco di giustificarla. I pronomi di cortesia 'lei' e 'voi' sono nati per evitare un riferimento diretto alla persona, quando questo poteva apparire scortese. Così si è cominciato a usare delle allocuzioni come 'sua eccellenza', 'sua signoria', 'vostra grazia', 'vostra magnificenza', tutte frasi al femminile. Così, si è consolidato l'uso del 'lei'. In alcune zone dell'Italia del Sud, comunque, si usa ancora abitualmente il 'voi' mentre il 'lei' e più presente nel Nord. Tutte le lingue europee contemplano pronomi di cortesia, che generalmente ricalcano fedelmente la seconda persona plurale: 'vous' in francese, 'usted' in castigliano, 'vocei'' in portoghese, 'vyi' in russo.

Durante il fascismo, l'uso del "lei" fu proibito perché era ritenuto di origine spagnola e quindi estraneo alla cultura nazionale. Fu imposto l'obbligo del "voi": questo diktat non fu granché efficace nella conversazione quotidiana (la gente, giustamente, parla come mangia) ma ha lasciato una pesante eredità a livello editoriale e nel doppiaggio dei film. A lungo si è continuato a leggere nei romanzi e a sentire al cinema di personaggi che si danno del "voi". Ora, il cinema degli anni Quaranta e Cinquanta è alla base della tradizione bonelliana: Tex dà del "voi" alle persone a cui ritiene di dovere della deferenza, perché nei film John Wayne dava del "voi" nelle pellicole doppiate in italiano.
E poiché Tex ha tracciato un solco e indicato un codice, ancora oggi ci rifacciamo a lui. Ormai, è tradizione che Tex e Zagor parlino così e sarebbe arduo cambiare, ci sarebbe un senso di straniamento, temo. In ogni caso, anche se io personalmente fossi convinto della necessità di passare al "lei", non potrei farlo senza una svolta editoriale complessiva della Casa editrice. Trovo comunque più grave il "voi" in Dylan Dog e negli eroi più moderni: in fondo Tex e Zagor vivono nell'Ottocento e si sa che lo "you" di allora non significava "tu", ma proprio "voi". E' la seconda persona plurale che si è imposta anche al singolare, sostituendo il "thou", seconda persona singolare caduta in disuso. Un altro dei motivi per cui Bonelli preferisce il "voi", è la minore ambiguità dell'allocuzione. Se io chiedo a uno: "Ma lei verrà?", chi è quel "lei"? Lui o sua moglie? Lei chi? Se dico: le dirò ciò che so, a chi intendo dirlo? A chi mi sta davanti, o a una terza persona di sesso femminile?

Se dovessi inventare un personaggio nuovo, però, e mi fosse data la stessa licenza concessa a Berardi per Julia, sicuramente userei il "lei" se si trattasse di un character di ambientazione contemporanea, perché vorrei poter scrivere dialoghi efficaci percepiti come colloquiali e spontanei, e non artificiosi.
Dell'argomento, ho parlato anche nella mia tesi di laurea. Così scrivevo: "Sergio Bonelli continua a imporre l'uso del 'voi' nei dialoghi dei personaggi della maggior parte delle sue testate, consuetudine ereditata dai primordi della casa editrice e da tutta una serie di opportunità (per esempio, la necessità di capire a chi ci si riferisca dicendo "lei": una terza persona, o quella a cui si parla?). Negli albi Bonelli, dunque, sia per un retaggio del passato, sia per consuetudine generalizzata, sia per evitare confusioni, i personaggi parlano dandosi del 'tu' o del 'voi', non del 'lei'. Lo sceneggiatore, ovviamente, scrivendo una storia di Tex o di Zagor o di Mister No è chiamato a prenderne atto e adeguarsi, anche nel caso dovesse ritenere la cosa poco aderente al linguaggio parlato davvero oggi in Italia. Così come, per consuetudine, dagli albi bonelliani è bandito il turpiloquio, anche nel caso in cui si mostri una furibonda rissa fra scaricatori di porto".

Se vi sembra strano che una tesi di laurea affronti anche un argomento del genere, c'è da dire che la mia era dedicata alla sceneggiatura dei fumetti. E' stata una tesi fortunata, circa la quale ho due divertenti aneddoti da raccontare. Il primo riguarda la discussione finale. Come sanno tutti coloro che si sono laureati, l'atto finale di un corso di laurea consiste nell'andare a difendere le idee esposte nella propria tesi davanti a una commissione composta da sette o otto professori dei quali soltanto due sono almeno in parte interessati alla faccenda: il professore che presenta il candidato ai colleghi come un allievo da lui seguito, e un controrelatore che per dovere professionale ha dovuto sorbirsi la lettura di quanto scritto dal candidato, di solito un testo pallosissimo. A tutti gli altri docenti, mentre il laureando parla, non gliene potrebbe fregare di meno. C'è chi rilegge la tesi del successivo candidato di cui magari è relatore o controrelatore, chi prende appunti per proprio conto, chi guarda il soffitto, chi dorme, chi sbadiglia, chi fa le parole crociate.
Quando mi sono presentato io (mi vedete in quell'occasione nella foto accanto), il mio professore, l'illustre esperto dell'umanesimo fiorentino del Quattrocento Mario Martelli (persona così illuminata da aver accettato di presentarmi nonostante volessi parlare di comics e avessi rifiutato di occuparmi della vita di Giannozzo Manetti scritta da Vespasiano da Bisticci), ha esordito dicendo ai colleghi che io ero l'unico caso che gli fosse mai capitato di studente citato con ben nove titoli nella bibliografia della propria tesi. Al che, tutti i professori hanno voltato la testa verso di me. Poi, ha spiegato che mi ero occupato della sceneggiatura dei fumetti. Tutti hanno sgranato gli occhi e drizzato le orecchie. Io ho cominciato a parlare e subito, a uno a uno, i docenti attorno al tavolo hanno cominciato a dire che una volta leggevano Tex, che avevano a casa la collezione di Alan Ford, o che andavano matti per Jacovitti. E io allora giù a spiegare che Jacovitti l'avevo conosciuto, che con Max Bunker avevo collaborato e che su Tex avevo scritto diversi articoli. Insomma, il tavolo davanti a cui ero seduto si è trasformato in una tavolata di amici cordiali che rinverdivano vecchi ricordi e dove tutti intervenivano per dire la loro. Risultato: centodieci e lode. Il controrelatore mi ha detto, a cose fatte, che non aveva mai visto una scena del genere.

Visto il successo, l'anno successivo pensai di far partecipare il mio testo a un concorso per tesi di laurea sul fumetto, il Premio Marchetti, attribuito a Roma nel corso di una manifestazione che si svolgeva alla vecchia Fiera, e che credo si chiamasse ExpoCartoon. Il bando diceva che il vincitore avrebbe avuto una targa e un assegno da cinquecentomila lire. Pochi giorni prima della premiazione vengo informato che ho vinto! Allora mi metto il vestito buono, e mi presento nella sala dove si consegnano i riconoscimenti, tra cui, se non sbaglio, anche gli ambiti Yellow Kid. Il programma dice che appunto, in quella sede, si darà un premio alla miglior tesi di argomento fumettistico e si ribadisce che il premio consiste nell'importo da me, a quel punto, agognato. Vengo chiamato sul palco, applausi, strette di mano di rito, grandi sorrisi, grande soddisfazione, tutto bene. La foto poco sopra è lì a testimoniarlo.
Sennonché, quando ricevo la targa, non mi danno nessun assegno. Ho pensato: vabbè, sarà nella scatola, lo troverò cercando meglio dopo che sarò tornato al posto. Mi siedo, frugo nella scatola: niente. Delle cinquecentomila lire, nessuna traccia. Vabbè, mi dico, mi faranno un accredito direttamente sul conto in banca, con un bonifico. Mi ripropongo di telefonare agli organizzatori del premio il lunedì successivo, dato che si era di sabato sera. Com'è, come non è, telefono più volte senza risultato: nulla! Gli organizzatori sembrano spariti. E difatti ho scoperto che il famoso lunedì, per non so quale tipo di problemi, l'intera struttura della manifestazione era stata smantellata e da allora in poi kermesse fumettistiche non si sono più fatte nella vecchia Fiera (che io sappia) e per quanto mi risulta il mio è stato l'ultimo Premio Marchetti assegnato. Purtroppo, senza assegno.

lunedì 20 settembre 2010

IL VENDITORE DI ALMANACCHI

Lo zoologo britannico Apsley Cherry-Gerrard, biologo di fiducia di Robert Falcon Scott, scrisse: "Per una spedizione scientifica e geografica, datemi Scott; per una puntata al polo e niente più, Amundsen. Ma se sono in un dannato guaio e voglio tirarmene fuori, allora datemi Shackleton". Lo stesso concetto fu espresso da un altro esploratore dell'Antartide, il geografo Raymond Edward Priestley: "Quando siete nell'avversità e non intravedete via d'uscita, inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Ernest Shackleton".

Se siete curiosi di saperne di più su questo leggendario personaggio, non vi resta che procurarvi il nuovo Almanacco dell'Avventura (quello del 2011) in edicola in questi giorni. Infatti, quello che avete appena letto è l'inizio di un mio articolo, intitolato "Con Shakleton verso il Polo Sud", che compare sulla rivista. Non so se sia la seconda o la terza volta che scrivo dei pezzi sugli Almanacchi bonelliani (di recente ne ho pubblicato un altro su quello del West di inizio anno, parlando del fumetto "Than-Dai"), ma certamente questo intervento mi ha dato grandi soddisfazioni.

Innanzitutto, per il prestigio della testata su cui compare. Poi, perché si tratta in buona sostanza della recensione di un libro che mi ha entusiasmato mentre lo leggevo. Quindi, perché ho continuato a entusiasmarmi scrivendo di ciò che avevo letto.

Credo che il lavoro più bello del mondo, quello che vorrei fare se avessi la bacchetta magica, sarebbe scrivere recensioni di libri, venendo pagato per leggere e commentare saggi e romanzi tanto quanto basta per poter vivere dignitosamente. Per lavorare, insomma, dovrei andare in libreria a scegliere quel che mi piace, tornare a casa, leggere, documentarmi, ed esporre le mie idee in proposito. Invierei un paio di recensioni a settimana, e riceverei un accredito mensile dal mio editore. Chissà se dopo qualche anno perderei il gusto della lettura, come il pornodivo che torna a casa la sera e rifiuta le coccole della moglie dicendo: "Ancora? No, basta!". Scrivere recensioni è meglio che scrivere libri: non ci si deve scervellare a inventare nulla e si può criticare se non ci piacciono le invenzioni di chi si è scervellato. Comunque sia, se c'è una bacchetta magica in ascolto, va bene anche fare il pornodivo.

Due parole sul perché mi sono occupato di Shakleton. Da qualche anno, leggo uno dopo l'altro libri sul Sud America. Il motivo è che sto progettando da tempo la ormai imminente trasferta sudamericana di Zagor, che già nei primi mesi del 2011 comincerà a trovarsi coinvolto in eventi che lo costringeranno, a un certo punto, a imboccare una pista verso sud e cominciare a viaggiare verso terre sempre più meridionali. La maggior parte delle letture che ho fatto sono state appassionanti, e tra queste metterei sicuramente tutte quelle che hanno riguardato Darwin e il Beagle, ma anche quelle relative alla Terra del Fuoco, tanto che prima o poi vi parlerò della mia passione per Ushuaia, la città ai confini del mondo. Sono comunque ben documentato anche sul Perù e sugli Inca, sugli esploratori dell'Amazzonia e sulla Patagonia, sul Cile e sull'Araucania, sulla ricerca dell'Eldorado e su Francisco de Orellana.

Tra i libri che mi sono procurato, uno è stato appunto "Sud - La spedizione dell'Endurance", edito da Nutrimenti, cioè la cronaca che Shakleton stesso scrisse riguardo al tentativo da lui fatto nel 1914 di attraversare il continente antartico. Partito con una trentina di uomini di equipaggio, dell'esploratore e della sua nave non si seppe più nulla fino a 1916, quando si scoprì l'incredibile odissea di cui erano stati protagonisti.

Il libro sembra un romanzo d'avventura, mentre è un drammatico diario con il resoconto di fatti veramente accaduti. Tanto veri, da essere stati documentati dal fotografo e cineoperatore che Shakleton aveva con sé, l'australiano Frank Hurley, destinato a diventare uno dei più grandi fotografi di guerra e di viaggi. Con i suoi scatti e le sue riprese cinematografiche, Hurley ha fornito un eccezionale reportage della spedizione, da cui è nato un documentario di recente restaurato per una edizione in DVD del Brithis Film Institute. Anche questo, un oggetto da procurarsi assolutamente. Potete vedere il fotografo al lavoro sul pack nella foto qua accanto e naturalmente sono sue anche l'immagine sotto il titolo e quella che compare sulla copertina del libro, visibile poco sopra. Qualche anno fa è stato anche realizzato un film sulla spedizione dell'Endurance, ma la pellicola, pur se interpretata da Kenneth Branagh nel ruolo di Shakleton, e molto spettacolare, non è mai arrivata (che io sappia) in Italia. Ne ho trovato però uno spezzone su YouTube.

Che cosa c'è sull'Almanacco, oltre il mio articolo? Tantissimo (anzi, il mio articolo è, in fondo, soltanto la ciliegina sulla torta). Tanto per cominciare, c'è una storia di Zagor. Si tratta di un episodio molto interessante per almeno tre motivi. Il primo: è la seconda avventura firmata da Mirko Perniola, atteso al varco per confermare l'impressione oltremodo positiva fornita al suo esordio con il Maxi "Corsa mortale", che all'epoca fu salutato con complimenti davvero lusinghieri per un debuttante.

Sarà riuscito il buon Mirko a ripetersi (senza ripetersi)? Direi di sì, visto anche l'argomento tutto sommato insolito e originale per la serie di Zagor (e questo è il secondo motivo). Il terzo punto di forza è il cinquantesimo anniversario della carriera di Alessandro Chiarolla, un disegnatore dal tratto graffiante sulla breccia ormai dal 1960, quando uscì la sua prima storia sul "Vittorioso". Cinquanta anni di fumetti sono tanti, e Sandro si merita tutti i complimenti e gli auguri del mondo. Ci sono parecchie cose curiose da raccontare su di lui, e lo farò prossimamente. Per il momento, eccolo qua accanto in una foto del 2007.
Nel coloratissimo reparto saggistico, oltre alle consuete (e sempre gustose) recensioni di libri e film, si parla di John Milius, di Michael Vaillant e degli altri eroi del motore, e delle donne aviatrici. Il tutto corredato dai superbi disegni di Aldo Di Gennaro (un altro artista di cui mi piacerebbe parlare).
A proposito di colori: sarebbe bello se anche i fumetti dell'Almanacco fossero in policromia come il resto della rivista. Dato che ormai in casa Bonelli il tabù del colore si è infranto e già c'è il Dylan Dog Color Fest a dimostrare che ottimi risultati si possano ottenere, sogno a occhi aperti di poter leggere storie colorate anche negli Almanacchi.

Di recente mi sono chiesto che cosa si intenda esattamente per "almanacco". Avevo il sospetto che fosse una parola di origine araba, come "alambicco" e altre che cominciano per "al", cioè l'articolo "il" nella lingua dei nostri vicini di casa. Infatti "al-mahnak" significa "il calendario". Un Almanacco è una pubblicazione annuale che reca segnate scadenze e appuntamenti nel corso dei dodici mesi. Un lunario, potremmo anche dire. Di colpo, mi sono ricordato del "Dialogo di un venditore di almanacchi e un passeggere". "Passeggere", con la "e" finale, e non con la "o", per motivi che soltanto Giacomo Leopardi può conoscere, come soltanto Emilio Lussu sa perché il suo capolavoro, "Un anno sull'altipiano" (assolutamente da leggere) parli di un "altipiano" e non di un "altopiano" (quello di Asiago).
Comunque sia, colto dal raptus di recuperare i ricordi di scuola, sono andato a riprendermi le Operette Morali leopardiane e ho riletto il formidabile dialogo tra il viaggiatore e il venditore di lunari che cerca di sbolognargliene uno. E' brevissimo e fulminante, vale la pena di tenerne conto.

La frase da appuntare fra le massime citabili è questa: "Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?". Eh, già.

venerdì 17 settembre 2010

EFFETTO BARNUM

Ogni promessa è debito.
Il giorno del mio compleanno ho scritto un post dal titolo "Uno in più", in cui spiegavo che, essendo nato il sette settembre sono del segno zodiacale della Vergine. Aggiungevo che però "le costellazioni non esistono, nel senso che le stelle che sono soltanto apparentemente vicine tra loro e dunque si tratta di illusioni ottiche, così come illusioni sono gli oroscopi". Proseguivo: "Purtroppo, ai maschietti non conviene dire di essere della Vergine, perché noi Vergini abbiamo fama di essere noiosi, pedanti, saccenti, insopportabili, precisini e polemici. E purtroppo più che mai, io sono un verginiano tipico. Vi chiederete come faccio a non credere agli oroscopi e nello stesso tempo a riconoscermi in un ritratto astrale: ve lo spiegherò prossimamente su questi schermi, dato che ci sarà il tempo per parlare ancora di zodiaco, spiritismo, miracoli, dischi volanti e Sacre Sindoni". Bene, non essendo solito a minacciare invano, ecco ciò che penso dei ritratti astrologici tipici. A proposito di ritratti, il bambino con il cappello da bersagliere sono io il giorno del mio secondo compleanno.

Prima, però, un'altra premessa: la stessa fatta quando ho parlato dei cerchi nel grano. Scrivevo: "Mi si rimprovera spesso di essere scettico a priori. In realtà, non è così. Il mio atteggiamento è quello di uno disposto a credere qualunque cosa, purché sostenuta da argomenti convincenti. Chiedo, per esempio, che il mio interlocutore risponda semplicemente a qualche domanda che mi sorge spontanea e che, credo, sorgerebbe spontanea in chiunque. Quasi sempre, però, mi accorgo che chi ho davanti non sa rispondere in modo congruo. Dunque, non nego che possa aver ragione: mi limito a sospendere il giudizio in attesa di fonti più attendibili in grado di soddisfare la mia curiosità".

Dunque, è chiaro che il dibattito sull'astrologia è in corso da almeno diecimila anni e non pretendo di essere io a risolverlo. Chi vuol divertirsi a cercare conferme e smentite può sbizzarrirsi in rete cominciando magari da qui.

Diciamo che, mettendomi nei panni del comune uomo della strada che sa soltanto le poche cose che ha sentito dire, cercherò di limitarmi a quello che si definisce il "ritratto astrologico". Cioè, mi si vuol far credere (e io sono dispostissimo a farlo) che essendo nato un certo giorno dell'anno invece di un altro, il mio carattere e la mia indole sono così invece che cosà. Insomma, se sono indisponente come sono, non è colpa mia ma della mia data di nascita (il che mi sta pure bene, sollevandomi un po' dalle responsabilità). Mi chiedo se questo venga tenuto nella debita considerazione anche in sede penale o nei colloqui di assunzione, per cui magari si fanno sconti di pena agli scorpioni perché sono fatalmente più irascibili o si evitano di assumere i pesci perché sono eterni indecisi. Ora, leggendo il mio ritratto astrologico, effettivamente mi ci riconosco abbastanza. Secondo l'oroscopo, i nati sotto il cielo della Vergine sono ansiosi e precisi. Perbacco, ma è vero! Leggo su un sito Internet specializzato:

"I nati sotto il segno della Vergine sono coscienziosi ed amano il lavoro preciso anche se vengono sommersi dai grandi progetti. Sono molto analitici e spesso eccessivamente critici. Coloro che sono nati sotto questo segno hanno un livello di intelligenza al di sopra della norma ed un discreto gusto artistico. Devono imparare a moderare il loro senso critico altrimenti l'intera esistenza può risultarne alterata. In questo segno il cervello prevale sul cuore, sull'istinto, filtra le emozioni, spesso seziona le cose con un'eccessiva minuzia. La caratteristica costante e generalizzata della Vergine è il suo senso pratico accomunato al dubbio ed all'inquietudine, all'intelligenza, sempre razionale e critica, che fa da elemento catalizzatore. Teme molto di ammalarsi, è igienista, ama la pulizia". Ma è incredibile: dunque gli astrologi hanno ragione! Soprattutto, ovviamente, quando dicono che ho un livello di intelligenza al di sopra della norma, anche se mi meraviglia che il QI possa dipendere dagli astri. Davvero chi nasce il sette settembre è un mezzo genio e chi il sette ottobre un po' più deficiente? Beh, se lo dicono loro, sarà vero (a meno che non siano nati il sette ottobre).

Però, viene un sospetto. Se io dicessi, inventandomi una legge di natura, che quelli della Vergine hanno tutti i capelli ricci e gli occhi verdi e mi guardassi allo specchio, potrei pensare di aver trovato la conferma. E sicuramente ci saranno in circolazione molti altri settembrini con i capelli ricci e gli occhi verdi. Qualcuno poi sarà solo riccio e qualcun altro solo green eyed, e sosterrà di riconoscersi abbastanza nella mia affermazione. Ma il buon senso dice che per quante conferme si possano trovare, si troveranno anche altrettante smentite. Il fatto che io mi riconosca in un ritratto astrologico, potrebbe anche essere frutto del caso. Una legge scientifica si fonda su ben altre basi: servirebbe una ricerca condotta con metodi corretti su un campione abbastanza vasto e quindi una teoria che spieghi in modo convincente perché mai la data di nascita influisca sulla pignoleria del soggetto.
Mi chiedo: secondo gli astrologi, forse, un bambino nella pancia della mamma non ha nessun tipo di carattere e questo gli viene infuso nell'atto di mettere la testa fuori? E dunque chi nasce settimino con il cesareo e risulta di un segno invece di un altro finisce per l'essere del tutto diverso da come sarebbe stato nascendo a tempo debito? E in tal caso, non converrebbe fare un cesareo anticipando di qualche giorno una nascita in modo da evitare a un maschietto di essere della Vergine e facendolo essere invece Leone, che si addice di più alla mascolinità? Domando, eh.

In realtà, senza saper né leggere né scrivere, ho sotto gli occhi, in famiglia, una coppia di gemelli monozigoti nati il 29 settembre, segno della Bilancia. Sono uguali in tutto, tanto che si potrebbero scambiare tra loro, ma hanno caratteri completamente diversi: estroso il primo, introverso il secondo; sempre fuori casa il primo, sempre in casa il secondo; praticante il motocross il primo, timoroso nel salire perfino in bici il secondo. Il che mi fa pensare che forse non sia proprio così vero che la data di nascita modelli le indoli. Colto dal dubbio, continuo a leggere il ritratto astrologico della Vergine, per vedere se davvero è tutto così coincidente con il mio carattere. Ecco che cosa scopro: "Generalmente il loro comportamento verso l'altro sesso è corretto, tendente al puritanesimo". Ahi ahi ahi. Conosco un certo numero di fanciulle che potrebbero testimoniare l'esatto contrario. Vabbé, sarò un Vergine riuscito male. Andiamo avanti: il Vergine "è un po' in difetto di fantasia, si riscatta con l'ambizione ma difficilmente accetta l'opinione altrui".
Ohibò. Io ci campo, sulla fantasia (nella foto qui accanto, sono con il busto di Shakespeare, l'affabulatore per eccellenza). In più sono modesto nelle ambizioni (lo dimostra il fatto che scrivo soltanto Zagor e non ho mai sgomitato per fare altro), e assolutamente tollerante. Che dire, allora? E' evidente che in ogni ritratto ci sono frasi che corrispondono e altre no, ma finiamo per dare peso solo a ciò che ci assomiglia, quasi per una tendenza genetica alla pareidolia. Leggendo i ritratti di altri segni, troverei ugualmente frasi che mi si addicono, e sicuramente ci saranno Scorpioni o Capricorni precisi e polemici più di me (potrei fare degli esempi).
Non sarà poi che, ripetendo continuamente a qualcuno che è della Vergine o del Toro e facendogli leggere fin da bambino un ritratto astrologico che dice "tu sei così e cosà", uno cresce convincendosi di essere davvero, almeno un po', in quel modo? Non sarà che se uno sente dire da quando è nato che essendo del Leone deve essere testardo, quello tenderà a riconoscersi nella descrizione anche se testardo non è, convinto però di esserlo? E se uno non lo fosse, non comincerebbe magari a ostentare un po' di testardaggine perchè così gli dicono che è bene che sia? Sarebbe interessante approfondire. Del resto, si sa che se uno cresce sotto le grinfie di genitori che gli ripetono che è cattivo o è sbagliato, il soggetto diventa oppresso dai sensi di colpa e di inferiorità: perchè non potrebbe essere così anche per gli oroscopi, in qualche caso?
In ogni caso, andiamo avanti con la lettura del mio ritratto. Più sotto, mi si spiega come sono a letto i Vergini. L'argomento mi interessa. Leggo: "L'uomo Vergine ama spogliarsi in fretta e accostare subito il proprio corpo nudo a quello della partner che deve essere ben lavato, profumato, con le unghie curate e così il resto, fino alla parti più intime. La donna ideale per l'uomo Vergine è dotata di un fisico longilineo, con seni piccoli e un sedere ben sodo. Pulita e sufficientemente disponibile". In realtà a me vanno bene anche i seni grossi, ma non voglio cavillare. Diciamo che è proprio così. Allora, bando ai dubbi: l'astrologia funziona.
Per curiosità, passo a vedere come sono a letto i rivali degli altri segni. Leggo il ritratto erotico degli Arieti (che a lume di naso dovrebbero essere molto apprezzati dalle donne): " Gli uomini Ariete sono molto reattivi: non bisogna aspettare molto per accenderli sessualmente! La donna desiderata deve essere scattante e sportiva ma deve anche lasciare al suo corpo tonico delle zone di morbidezza perché l'Ariete maschio possa toccare e palpare". Allibisco. Mi ci riconosco lo stesso! Non sono Ariete, ma mi ritengono molto reattivo e se posso tocco e palpo anch'io! Vediamo i rivali del Cancro: "E' noto che gli uomini del Cancro siano assai fantasiosi durante l'atto sessuale. La loro creatività si manifesta spontanea quando trovano un partner con un senso abbastanza giocoso del sesso. La donna ideale per l'uomo Cancro è molto femminile e con seni abbondanti che amerà palpare e leccare". Eh, no, insomma, si vede che devo avere un ascendente Cancro: sono così, pari pari! Del resto, mi si dice anche che "Il Cancro può essere un lagnoso se ne è incline, e di solito lo è. Può essere oltremodo sensibile, dolente e incline al rimuginare". E' esattamente quello che sono anch'io. Però il mio ascendente è Bilancia.Insomma, questa storia dei ritratti astrologici tutto sembra fuorché una cosa seria.

Smettendo i panni dell'uomo della strada, è da un po' che vado leggendo qua e là qualcosa che mi spieghi perché, se è tutta una balla, io mi riconosca abbastanza nel verginiano tipico. E le mie ricerche mi hanno portato fino alla figura di Phineas Taylor Barnum (il signore nella foto), l'inventore del circo moderno. Di lui ho scritto anche nella prefazione al quindicesimo volume di Alan Ford Story. Nato nel Connecticut nel 1810, e morto nel 1891, Barnum aveva un incredibile talento per attrarre spettatori nel suo tendone: affiggeva dovunque manifesti e cartelloni dalle scritte roboanti e divulgava per mezzo stampa notizie false, o esagerate, riguardo a ciò che si sarebbe potuto ammirare nei suoi show. Era inoltre molto abile nell'organizzare spettacoli in cui ognuno avrebbe potuto trovare qualcosa di divertente: le attrazioni proposte erano così variegate che ce n'erano per tutti i gusti. Tutto cominciò nel 1835 quando Barnum comprò una vecchia schiava negra, Joyce Heth, per mostrarla al pubblico dicendo che aveva centosessantuno anni ed era la ex-nutrice di George Washington. Altre sue attrazioni furono il presunto scheletro di Cristoforo Colombo e un esemplare imbalsamato di sirena. Nel 1841 mise insieme uno spettacolo di freaks in cui faceva esibire nani e gemelli siamesi, arricchito anche con animali esotici e cantanti d'opera. Non si era però ancora arrivati allo spettacolo sotto un tendone, che Barnum inaugurò nel 1871 fondando un circo chiamato "The Greatest Show on Earth", dove oltre alle esibizioni di clown e funamboli continuava a proporre al pubblico fenomeni da baraccone, reali o spacciate per tali. Non a caso, l'impresario si definiva "the Prince of Humbugs" (il Principe delle Fandonie) ed è passata alla storia una sua celebre battuta: "There's a sucker born every minute", ogni minuto nasce un gonzo.

Perché Barnum c'entra qualcosa con gli oroscopi? Perché riusciva a sfruttare la credulità istintiva della gente che è sempre disposta a credere, anche contro il buon senso e la logica, se una certa convinzione è spacciata per vera nel modo giusto. Sono stati condotti studi scientifici su questo fenomeno e nel 1950 Paul Meehl ha coniato il termine "effetto Barnum": la gente crede a ciò a cui vuole credere. Se una finzione soddisfa un desiderio, noi ci crediamo. E' genetico. Lo psicologo americano Bertram R. Forer ha poi abbinato il suo nome a quello del circense, per cui oggi parliamo anche di "effetto Forer": trovate qui notizie più precise.

Con "effetto Forer" si definisce la tendenza dell'individuo a credere che una descrizione, un oroscopo, un profilo psicologico, si riferiscano a sé stesso anche quando essi sono formulati in termini molto generici, soprattutto se il soggetto crede che l'analisi sia personalizzata, se il soggetto è sensibile all'autorità dell'esaminatore e se l'analisi elenca principalmente tratti positivi. Secondo Forer, ogni individuo, di fronte a un profilo psicologico che crede a lui riferito, tende a immedesimarsi ritenendolo coincidente con le proprie caratteristiche, senza accorgersi che quel profilo è abbastanza vago e generico da adattarsi a un gran numero di persone. Per riuscire a convincere qualcuno che si parla di lui basta mettere nel profilo frasi scontate (del tipo: qualche volta ti fai troppi scrupoli), frasi contraddittorie (alcuni volte sei così, altre volte sei cosà) o frasi desiderabili con un elenco di positività a cui si crede sempre volentieri.
Se volete fare una prova personalizzata, c'è un sito in cui vi faranno un oroscopo su misura semplicemente inserendo la data, il luogo e l'ora di nascita. I risultati sono sorprendenti, benché ottenuti senza scomodare le stelle.

Ma, anche senza tirare in ballo Barnum e Forer, ci potrebbe essere un fondo di verità nella mia aderenza abbastanza marcata al ritratto astrologico della Vergine? Se c'è, serve una spiegazione un po' più convincente dell'influenza di costellazioni che non esistono. Una fra le ipotesi che mi sono fatto, è questa. Io sono nato di Settembre: dunque, nei miei primi mesi di vita ho visto giornate corte, con poco sole e poca luce, dato che la stagione andava verso l'inverno e quando avevo poco più di tre mesi era già Natale. Chi invece nasce a marzo o aprile va incontro a giornate più lunghe e con molta luce. Tutto ciò potrebbe avere, in alcuni casi, qualche conseguenza? Ebbene, un gruppo di scienziati scandinavi ha esaminato più di duemila persone e ha notato che in base alla stagione di nascita un individuo può avere determinate personalità. Per fare un esempio, i nati tra febbraio e aprile hanno livelli di serotonina chimica nel cervello più bassa rispetto ai nati negli altri mesi dell'anno. Il basso livello di serotonina può dare problemi di depressione e di ansia. La ricerca però non conferma ma smentisce gli astrologi, perché per esempio si dice che quelli del segno del Leone siano i più tenaci di fronte alle difficoltà, mentre scientificamente non risulta che chi nasce in agosto sia più perseverante di chi nasce a marzo. Quel che se ne deve desumere è, comunque, che se qualcosa di non genetico che influisce sul carattere c'è, non va spiegato però con lo zodiaco ma con qualcosa di chimico o di neuronale.

mercoledì 15 settembre 2010

TOP TEN


Le statistiche della prima puntata della rubrica "Diamo i numeri", curata da Saverio Ceri e che ha cominciato a venire ospitata da questo blog, hanno suscitato molta curiosità e qualche domanda. A chi mi chiede di che cosa si occuperà la prossima puntata e quando comparirà, rispondo che tutto è nelle mani di Saverio il quale ha carta bianca: tuttavia, potete provare a suggerirgli degli spunti. Però ci sono due punti che hanno incuriosito me per primo e su cui ho chiesto lumi all'amico contabile e catalogatore della sterminata produzione bonelliana.

Ceri infatti, parlando di me nel suo post di qualche giorno fa, ha scritto: "In questi venti anni, oltre a essere diventato lo sceneggiatore più prolifico nella storia di Zagor, hai raggiunto (a oggi) l'ottavo posto nella classifica degli sceneggiatori di tutti i tempi della SBE". E più avanti, dopo aver segnalato come nel 2007 io sia stato anche il più prolifico di tutta la casa editrice (comunque piazzandomi 16 volte su 20 nella top ten annuale), Saverio aggiunge: "Per ora saresti in testa anche nel 2010, ma Boselli e Ruju incalzano".

A questo punto ci si potrebbe chiedere: 1) Se io sono ottavo, chi sono i dieci sceneggiatori più pubblicati nella storia della Bonelli, dal dopoguerra a oggi? 2) Chi sono, già che ci siamo, i dieci disegnatori? 3) E a metà settembre 2010, qual è la classifica dell'anno in corso, giusto per poter seguire lo sprint finale? Se, come me, desiderate saperlo, proseguite a leggere: infatti, ho posto le domande al super-esperto e ho registrato la pronta risposta.

Bisogna premettere che la classifica degli sceneggiatori e dei disegnatori bonelliani più pubblicati di tutti i tempi censisce 520.000 tavole (dico: 520.000) ma mancano all'appello alcune serie veramente minori del remoto passato su cui mancano di dati. Però, si tratta di meno di diecimila tavole (cioè, inferiori al due per cento sul totale), che non dovrebbero inficiare la validità delle dieci posizioni di testa.

Ciò detto, ecco la classifica degli sceneggiatori aggiornata alla data odierna. I dieci autori di testi più pubblicati dalla Bonelli in tutta la sua storia sono:

1) G.L.Bonelli (39552 tavole)

2) Nizzi (34794)

3) Nolitta (33808)

4) Castelli (27067)

5) Boselli (25439)

6) Mignacco (18424)

7) Manfredi (17195)

8) Burattini (17115)

9) Piani (16122)

10) Berardi (15964)

Per curiosità, seguono Chiaverotti, Sclavi, Vietti, D'Antonio, Lavezzolo, Ruju, Medda, Serra, Toninelli e Memola.

Quali sono invece i dieci disegnatori più pubblicati? Eccoli:

1) F.Gamba (21520)

2) Ferri (19968)

3) Galep (15571)

4) Bignotti (14413)

5) Donatelli (12234)

6) Letteri (10945)

7) Diso (9482)

8) G.Ticci (8801)

9) Polese (7855)

10) Di Vitto (7428)

A seguire: Fusco, Guzzon, Freghieri, Sartoris, Buffolente, Alessandrini, Sinchetto, Roi, Civitelli, Nicolò.

Come si possono commentare queste statistiche? Innanzitutto, se volessi divertirmi a vederla come una gara, mi pare che Manfredi sia riagganciabile: ci separano soltanto ottanta pagine, forse c'è speranza di superarlo e dunque risalire al settimo posto. Più difficile cavarsela contro Mignacco, il quale attualmente scrive per Zagor, Dylan Dog, Martin Mystére e Dampyr (mentre io solo per Zagor, come nel caso della foto sotto) e dunque mi può dare il fumo quando vuole. Boselli, invece, è decisamente irraggiungibile.

Diciamo che posso sperare di andare in pensione con la sesta posizione, di più (salvo miracoli) non mi sarà consentito. Devo anche stare attento, però, agli inseguitori: Stefano Piani è a solo mille tavole di distanza e lui macina pagine a velocità supersonica. E anche Berardi non si può certo considerare distanziato.

Noto comunque con piacere che fra i primi dieci della classifica ci sono ben sei sceneggiatori di Zagor (Bonelli padre, Bonelli figlio, Castelli, Boselli, Mignacco e il sottoscritto), segno che lo staff è, storicamente, di prim'ordine. Sei su dieci sono anche gli zagoriani fra i disegnatori: l'insospettabile Gamba che zitto zitto si rivela essere il primo assoluto, Ferri, Bignotti, Donatelli, Polese e i Di Vitto. Tex si ferma a cinque su dieci in tutte e due le classifiche, il che dà una certa soddisfazione. Citando Ferri, mi pare che sia nelle sue possibilità superare Gamba, dato che l'inossidabile Gallieno continua a produrre e pubblicare, mentre il buon Francesco si è invece ritirato a godersi il meritato riposo coltivando, mi dice, un bellissimo orto in quel di Barbaiana.

Ma veniamo alla gara del 2010. Eravamo rimasti, stando alla telecronaca di Saverio Ceri, al sottoscritto che conduceva la volata una quindicina di giorni fa, con 944 tavole contro le 913 pagine di Boselli, mentre Ruju (912) incalzava. Ahimè, due settimane dopo Ruju è passato in testa grazie a Cassidy e guida la classifica con 1006 tavole. Io passo in seconda posizione e Boselli in terza. In quarta, Vietti con 884 e in quinta Mignacco con 726. Poiché non sono previste altre mie uscite nel corso di quest'anno, è certo che Boselli (lo vedere nella foto accanto) mi supererà e dunque è probabile che il 31 dicembre mi ritroverò terzo (se Vietti e Mignacco non mi raggiungono).

Per finire, una divertente considerazione. Sono l’ottavo autore più pubblicato da Bonelli in tutta la storia della Casa editrice, dietro una serie di nomi davanti ai quali levarsi tanto di cappello. Mi chiedo quali saranno gli autori più pubblicati, non so, dalla Mondadori: magari Simenon, Asimov, Pirandello, Ken Follett o chissà chi. Mi figuro la scena di un paio di costoro che, invitati per qualche cerimonia, arrivino a Segrate: come minimo, tappeti rossi, strette di mano, brindisi, flash di fotografi, grandi sorrisi di compiacimento e soddisfazione. Mi vedo invece entrare con Mignacco in Via Buonarroti: non alzano la testa neppure le centraliniste.

lunedì 13 settembre 2010

LO SPECCHIO NERO

E' in edicola ormai da un paio di settimane il n° 542 di Zagor, intitolato "Lo specchio nero".
Soggetto e sceneggiatura sono opera mia, i disegni si devono al sempre più apprezzato Marco Verni, che con questa sua ultima prova ha raccolto elogi pressoché unanimi. Quando l'ho scelto per illustrare un racconto estivo dal taglio volutamente retrò, non avevo dubbi sul fatto che il suo stile così evocativamente tradizionale si sarebbe rivelato vincente. Ogni sceneggiatura ha il suo disegnatore ideale, e se ogni volta lo si trovasse le storie a fumetti sarebbero tutte ciambelle con il buco.
Ho aspettato fino a oggi per dire qualcosa sul finale di questa avventura zagoriana, dopo che già ho parlato della prima parte ("Il ritorno di Digging Bill") e della seconda ("Ombre gialle") per dare tempo e modo alla maggior parte degli interessati di acquistare l'albo in edicola (o farselo prestare per leggerlo a scrocco) e arrivare fino in fondo. Se qualcuno di voi, pur avendone l'intenzione, non l'avesse ancora fatto, sappia che le righe seguenti contengono rivelazioni in grado di sciuparvi la sorpresa. Potete andare a leggere l'albo e poi tornare qui in un secondo momento.

Prima di cominciare, però, devo fare una premessa che, ne sono certo, divertirà e incuriosirà i più. Nel marzo 2010 è uscito, in occasione di una grande mostra dedicata alla storia della Sergio Bonelli Editore svoltasi a Napoli, con tanto di convegno accademico a cui anch'io sono stato invitato per una mia relazione in mezzo a una dotta schiera di professori universitari, un voluminoso saggio intitolato "L'Audace Bonelli" (contenente due articoli a mia firma).
In quel libro, Alfredo Castelli ha pubblicato un articolo dal titolo "Il Dizionario Segreto" dedicato a un oggetto che vedo tutti i giorni nel corridoio della Bonelli, e di cui vi ho accennato qualche tempo parlando della produzione nascosta del Buon Vecchio Zio Alfy. In un post intitolato "Barack e Burattini", infatti, avevo scritto: "Appesa alle pareti della redazione di Via Buonarroti c'è poi (sotto cornice) la copertina di uno dei 'librini' allegati per anni agli speciali di Martin Mystère. Una copertina assolutamente in stile con tutte le altre, perfettamente mimetizzabile, soltanto falsa e riferita a uno spillato che non è mai uscito: raccoglierebbe l'elenco di tutte le cose che Sergio Bonelli non sopporta (dal pesce all'aria condizionata, passando per gli antichi romani) e su cui circolano leggende urbane incontrollabili".
Castelli così racconta, a proposito di quel 'librino': "I Segreti di Bonelli è un fascicolo che raccoglie un lungo elenco di aneddoti, realizzato nel 1998 nel formato dei dizionarietti un tempo allegati agli Special estivi di Martin Mystère. E' stato stampato in una sola copia: si tratta infatti di un dono per il compleanno di Sergio che gli regalai con l'impegno (che ho stranamente mantenuto) di non mostrarlo in giro, cosa che, come è facile intuire, mi è costato una fatica immane in quanto fa molto ridere e ne sono particolarmente fiero. Dopo ben dodici anni, una liberatoria bonelliana in occasione della mostra L'Audace Bonelli mi ha permesso di svelare in parte i segreti del Dizionario".
Castelli elenca quindi, di seguito, varie idiosincrasie, alcune più che giustificabili e da me persino condivise (come quelle verso i computer e i manga), altre meno comprensibili, tra cui, in testa alla lista, ci sono antichi romani e moschettieri. Ricordiamoci gli antichi romani e andiamo avanti. C'è un'altra cosa che fa storcere la bocca a Sergio, e sono i viaggi nel tempo.

Ora, Lo Spirito con la Scure non è un mio personaggio. Mi è stato affidato soltanto in gestione, e mi ritengo molto fortunato di aver avuto questa possibilità. Sergio Bonelli è il creatore di Zagor, il suo più amato sceneggiatore, l'editore del personaggio. Ce n'è abbastanza perché se fa delle richieste io cerchi il più possibile di accoglierle. Così, se Sergio mi dice di ritenere che i viaggi nel tempo debbano essere evitati perché secondo lui significa raschiare il fondo del barile della fantasia, come se fosse un espediente "troppo facile", anche se non sono del tutto d'accordo (perché al contrario se potessi io farei, come la maggior parte dei miei colleghi, una serie tutta incentrata sui viaggi nel tempo), mi adeguo e accetto di buon grado il suggerimento.
Allo stesso modo, così come tutti hanno i propri gusti in fatto di argomenti preferiti, ce ne sono anche sugli argomenti meno preferiti. Non so il perché del pregiudizio su centurioni e gladiatori, forse perché in sessant'anni di carriera come editore Sergio si è visto presentare un soggetto "anticoromano" una volta alla settimana e si sarà convinto che sia, anche questa, l'ultima spiaggia della banalità, però tutti noi che lavoriamo con lui sappiamo che presentargli una storia in peplum gli farà arricciare il naso.
Ciò non impedisce che poi di antichi romani e di viaggi nel tempo si sia parlato in varie storie bonelliane, e addirittura due serie ("Robinson Hart" e "Lilith") si fondino proprio su questo espediente, tuttavia è certo che Zagor è il baluardo della nolittianità e dunque chi sceneggi storie dello Spirito con la Scure debba attenersi alle indicazioni del creatore del personaggio.

Ora, non può sfuggire a nessuno che abbia letto "Lo Specchio Nero" come in questo albo si parli sia di antichi romani che di qualcosa di simile a dei viaggi nel tempo, chiamato "cronomoto". Considerando che è da sempre un mio preciso scrupolo e il buon proposito di ogni mattino quello di rispettare la nolittianità, com'è stato possibile?

Risponderò spiegando com'è nata l'idea della storia. Esiste un romanzo di Bob Shaw del 1968 intitolato "Cronomoto", pubblicato su Urania, ma come è facilmente constatabile semplicemente leggendolo, non ha nulla a che vedere con la mia storia. Il racconto parla di viaggi nel tempo compiuti da un marito per salvare la vita alla moglie destinata a venire uccisa in una certa linea del tempo, ma che con il suo intervento crea una disfunzione dell'intero equilibrio dei due universi alternativi che rischia di scatenare la fine del mondo. La storia di Shaw resta comunque "minimalista" nel senso che la fine del mondo è una minaccia soltanto evocata e in conclusione si parla più o meno solo del marito e della moglie. Il romanzo è intrigante e di gradevole lettura, ma niente a che vedere con eserciti e condottieri che si spostano tra piani temporali finendo in epoche diverse dalle loro. Peraltro, il titolo "Cronomoto" è stato dato soltanto in italiano, perché in inglese il romanzo si intitola "The two timers". Però, ho sempre trovato intrigante questa parola, "Cronomoto" e confesso che sono rimasto deluso scoprendo che non c'erano affatto i "terremoti temporali" che mi aspettavo, ma si raccontava soltanto di una vicenda famigliare. Così, mi è venuta l'idea di scrivere IO qualcosa che sconvolgesse davvero lo spazio-tempo. Questo a dimostrazione di come a volte basti una parola a far scaturire la scintilla di una storia.

Mentre cercavo lo spunto adatto, ho visto (come tutti) il film "Il gladiatore", quello con Russell Crowe. La scena iniziale, con l'esercito romano schierato ad affrontare un'orda di barbari, mi ha fatto pensare che sarebbe stato fantastico se un "cronomoto" avesse portato a Darkwood entrambi gli schieramenti, e ci fossero dunque una legione di Roma e una schiera di germanici in armi in giro per la foresta! C'erano però da considerare le perplessità di Sergio di usare sia gli antichi romani che i viaggi nel tempo. Non avevo nessuna possibilità di far passare un soggetto che li prevedesse entrambi. Ho pensato che non c'era nessun divieto, però, contro la magia: anziché impostare la storia sugli spostamenti nel tempo potevo presentarla come imperniata su un'antica magia, magari egiziana. Dovevo anche evitare i romani, e concentrarmi sui barbari. Quali barbari?

Ho visto al cinema "Mongol", sulla vita di Gengis Khan, e ho capito che sarebbero stati loro, gli armati trasportati a Darkwood. Mi sono documentato sui mongoli, e sono anche riuscito, almeno approssimativamente, a farli parlare nella loro lingua.

Proseguendo, se c'è qualcosa di tutt'altro che saldo nella descrizione della realtà da parte della matematica è il concetto di tempo. In molte importanti equazioni il tempo sembra non esistere, collegato com'è soltanto con alcune conseguenze della gravità, al punto da poter essere considerato mera "apparenza" (come apparenza è la solidità della materia, essendo qualunque oggetto costituito quasi esclusivamente da vuoto in cui fluttuano particelle infinitesimali).
A questo proposito, così scrive Craig Callender (professore all'Università della California di San Diego) nel suo saggio "Il tempo è un'illusione?" che ho letto di recente: "Oggi i fisici sono preoccupati del fatto che una teoria unificata debba eliminare il tempo, ma possiamo affermare che il tempo si era perso già nel 1915, e che ancora non ce ne siamo fatti una ragione". La teoria unificata è quella che dovrebbe trovare una sintesi fra relatività e fisica quantistica, e la data del 1915 rimanda alla dimostrazione delle equazioni di Einstein in base alle quali il tempo non è costante né universale ma viene influenzato dalla gravità.
Se non esiste il tempo, i fatti si verificano tutti contemporaneamente su diverse linee della realtà e passare da una all'altra non potrebbe essere impossibile. Dunque, una antica magia potrebbe semplicemente aver anticipato le realtà per ora solo ipotetiche della fisica quantistica.

Ero però impensierito dall'idea di dover fornire delle spiegazioni (peraltro non semplicissime da dare) che avrebbero dato adito ad accuse di spiegazionismo, di lungaggini, di eccesso di dialogo, eccetera. Dunque ho cercato di limitarmi al minimo e di mescolare il più possibile le spiegazioni con delle scene d'azione (anche in flashback). Ho confidato nel fatto che i lettori avrebbero cercato di spiegarsi da soli tutte le implicazioni del cronomoto che non fossero risultate chiare e anzi il fatto che tutto non fosse sviscerato magari avrebbe portato qualcuno a rimuginarci sopra, così che l'intera storia avrebbe finito per essere più stimolante. A volte si leggono storie in cui tutto si risolve in un sussegirsi di scontri a fuoco o di scazzottate e alla fine non rimane nulla, si fa fatica a ricordarsi se l'eroe combatteva contro trafficanti di droga o mercanti di whisky. Mi auguro che non sia il caso de "Lo specchio nero".

Tornando alla mia idea, da custode dell'ortodossia zagoriana ho cercato di impostare il mio racconto in modo che per due albi scorresse come una tradizionale storia avventurosa e misteriosa, nel solco delle classiche avventure dello Spirito con la Scure, e solo nell'ultimo albo si svelasse un arcano magico e potenzialmente dirompente. Non a caso, Sergio ha apprezzato le prime due puntate e mi ha rimproverato per la terza. Naturalmente mi ha contestato il viaggio nel tempo e io ho potuto ribadire che in realtà Zagor non viaggia tra le epoche, ma è una magia a portare a Darkwood i mongoli. La storia, insomma, è stata impostata per essere il più possibile darkwoodiana, come il nostro editore (e i lettori più fedeli) chiedono con insistenza. Nulla mi è stato rimproverato per gli antichi romani, perché sono stato ben attento a non farli comparire per più di un paio di tavole. Mi pare un punto di merito, da parte mia, essere riuscito ad accontentare la mia voglia di cronomoti e di legionari inserendoli comunque nella serie senza tradire troppo, nello stesso tempo, le indicazioni del creatore e dell'editore della serie.
A mio conforto, posso citare il commento di Alessandro Agueci (Axel), il fondatore di uno dei due attivissimi forum italiani dedicati a Zagor, che così scrive nel filo diretto a me dedicato: "Caro Moreno, voglio farti i miei più sentiti complimenti per l'ultima tua storia e sopratutto per quanto hai osato fare, benché, lo premetto, non amo molto l'espediente dei viaggi temporali. Ritengo che ci siano diversi punti che meritano una menzione particolare. 1) Sei riuscito in maniera evidentemente arguta ad aggirare il veto bonelliano sui viaggi nel tempo. Che si tratti di una magia piuttosto che di un viaggio nel tempo è alquanto opinabile, in questo caso la distinzione è sottilissima. Quel che conta è che ci sei riuscito. 2) Sono contento che comunque tu ci sia andato con il freno a mano molto tirato, facendo si che il tutto sia comunque rimasto sullo sfondo di una tipica vicenda di avventura classica zagoriana. Di per sè l'idea dei viaggi nel tempo in Zagor non mi ha mai fatto impazzire, e per questo condivido la linea di Bonelli. Così ne ho avuto un assaggio avvincente che non mi ha disdegnato, benché quando ho capito quale fosse il potere degli specchi un po' ci sono rimasto e sulle prima la cosa mi ha un po' disturbato (vabbè, qui si esagera....), ma poi devo dire che nel complesso ne è uscita una storia avvincente, originale e al tempo stesso classica. Beninteso, non la giudico la tua migliore nè la inserisco nella mia top ten globale, ma è certamente una di quelle storie che non si dimenticano facilmente. 3) Questo è il complimento più grande che io possa farti: avevo notato un calo lieve ma costante di spiegazionismo nelle ultime storie, qui siamo davvero ai minimi termini e me ne compiaccio e dire che l'argomento si sarebbe pericolosamente prestato. Invece largo spazio all'azione ed all'immaginazione del lettore, questa per me è la strada giusta".
Grazie Alessandro, confido di continuare per la via che già sto seguendo.