sabato 25 aprile 2020

IO E ZAGOR







Durante Lucca Comics 2019, e cioè a cavallo tra il mese di ottobre e quello di novembre, è stato presentato in anteprima un mio nuovo libro, intitolato “Io e Zagor”, che poi, successivamente, è stato distribuito in libreria a partire dal febbraio 2020. Fin da subito è stato però possibile ordinarlo sul sito della Casa editrice, che è la Cut-Up. Visitando lo shop on line ci si accorge peraltro come il sottoscritto sia l’autore più rappresentato, con ben sette pubblicazioni. 

Io e Zagor”, che ha per sottotitolo “La strada verso Darkwood”, potrebbe sembrare a prima vista una sorta di autobiografia professionale, lunga ben 540 pagine. In parte lo è, ma non è con l’intento di raccontare la mia vita che mi sono messo a scrivere. Volevo rievocare,  per come l’ho visto e vissuto io, un mondo che in gran parte non c’è più, ma anche un grande passione, e la realizzazione di un sogno. Sogni, passioni, nostalgia, memorie sono emozioni di tutti e narrandole non parlo di me, parlo di noi, di quelli almeno nati quando ancora non c’erano i videogiochi e i telefonini. Il commento più frequente che mi sono sentito fare da parre chi di ha letto il libro è stato: “mi sembrava di rivedermi”.  

Ho cercato di ricostruire un’Italia fatta di ragazzi che giocano per le strade, che si scambiano figurine e giornalini, che vedono nell’edicola il Paese del Balocchi, che sognano con le avventure degli eroi di carta, che fanno la collezione di albi acercando i pezzi mancanti sulle bancarelle, che vanno alle mostre mercato, che creano associazioni e stampano fanzine. Il mondo dei funzionari, già. Chi se lo ricorda? Chi si ricorda dei banchetti in cui si vendevano ciclostilati ed erano quelli gli unici veicoli di informazione sui fumetti?
Oltre a questo, ci sono i ritratti dei personaggi che ho incontrato: Sergio Bonelli, Gallieno Ferri, Decio Canzio, Francesco Gamba, Mauro Boselli. C’è il ricordo della Casa editrice di Via Buonarroti com’era una volta, negli anni Ottanta, e c’è la mia crescita umana e professionale, quella di un sognatore che voleva fare lo scrittore di fumetti e ha cercato tutte le strade per riuscirci. 
Moreno Burattini nel 1989

Il libro è uscito esattamente trent’anni dopo l’approvazione del mio primo soggetto di Zagor da parte di Sergio Bonelli, e racconta il dipanarsi nel tempo della saga zagoriana dal mio ingresso nello staff fino ai giorni nostri, con il cambiare della società, l’irrompere di Internet e dei social, il confronto con i lettori, il crescere delle manifestazioni e degli eventi legati allo Spirito con la Scure. Quando sono arrivato io, Sergio Bonelli non scriveva più storie del Re di Darkwood da dieci anni, e nelle sue interviste ipotizzava un onorevole pensionamento del personaggio per raggiunti limiti di età. A distanza di un trentennio, non soltanto Zagor non ha chiuso, ma pubblica quasi tremila tavole di materiale inedito ogni anno, è il terzo personaggio di maggior successo della Casa editrice, c’è un fermento continuo nel fandom, tra gli appassionati si stampano due riviste professionali che commentano e analizzano le nuove e le vecchie avventure, si producono libri cartonati, si realizza merchandising, continuano le pubblicazioni all’estero. 

Serhio Bonelli (Guido Nolitta) e Gallieno Ferri 

Credo che il libro sia gradevole da leggersi nonostante la mole, che non deve scoraggiare. Abbondano le fotografie. La copertina è opera di Alessandro Bocci e Alessandro Piccinelli, la retrocopertina di Bane Kerac: tre carissimi amici che ringrazio. Quasi seicento pagine costano 19.90 euro. Mi dicono che ci si può stare, in ogni caso il prezzo non lo decido io. Se lo ordinate cliccando qui sotto, però, il prezzo è scontato e la spedizione gratuita.



I tempi delle fanzine
Questo il testo in quarta di copertina.

La strada verso Darkwood è la strada verso l’avventura e la fantasia.
Il viaggio che porta al mondo incantato di Zagor, lo Spirito con la Scure, è anche un viaggio attraverso la storia, la geografia, le tradizioni, le culture di paesi lontani che però possono servire a capire meglio la nostra realtà  e persino noi stessi.
Creato da Sergio Bonelli e da Gallieno Ferri nel 1961, il leggendario eroe dalla casacca rossa ha fatto sognare intere generazioni di lettori e ha realizzato il sogno di uno di essi: Moreno Burattini, che fin da bambino voleva scriverne le storie e lo sta facendo da trent’anni.
Questo è il racconto di come una passione è diventata una professione.


La prima macchina da scrivere di Moreno Burattini

Ci sono già in giro le prime recensioni, tra cui una di Graziano Frediani che su TuttoTex n° 585, ha recensito addirittura due miei libri, "Io e Zagor" e "Io sono Cico" (ma di questo parleremo la prossima volta).



In Rete è rintracciabile una videorecensione, molto approfondita, di Gianluca RKC Carboni. Cliccate qui per vederla:





Il "suggerimento" di Fabio Licari su "Fumo di China"










Ho scelto però di trarre qualche passaggio da quella di Mario Bonanno apparsa su "Solo Libri". Il testo integrale lo trovate qui:




Io e Zagor. 
La strada verso Darkwood di Moreno Burattini
di Mario Bonanno

Cut-Up, 2019 - “Io e Zagor” è un libro avvincente e appassionato, che ricostruisce non solo l’intenso rapporto tra il famigerato protagonista dei fumetti e il disegnatore che ne ha risollevato le sorti, ma anche una fetta importante di storia del fumetto e del costume italiani.
Anni prima di Dylan Dog, Zagor è stato l’anti-eroe umano-troppo-umano dell’universo Bonelli: coi cattivoni in qualche modo la sfanga sempre, però può capitargli di vedersela davvero brutta e talvolta di uscirne con le ossa rotte.
Le 540 pagine di cui consta il volume raccontano dunque la realizzazione di un grande sogno. Di come, cioè, Moreno Burattini, nel tempo e col tempo, da San Marcello Pistoiese a Milano, arriva a consolidare la sua passione per Zagor, e più in generale per il fumetto italiano, fino a divenirne il nuovo deus ex machina. Oltre che una qualche felice combinazione astrale, gli sono giovati, in ordine sparso e a prescindere dal grado di rilevanza:
1) lo sviluppo progressivo di un’autentica ossessione per la letteratura a fumetti (sin dalla più tenera età corse in edicola, baratti, collezioni, e letture degli albi se possibile come le medicine: mattina, mezzogiorno e sera); 
2) l’innegabile talento di scrittore (quando comincia con le strisce umoristiche e la creazione di autarchiche e fortunate fanzine, Burattini sta ancora sui banchi di scuola); 
3) gli incontri decisivi che ti cambiano la vita (Sergio Bonelli - alias Guido Nolitta - & Galieno Ferri, sceneggiatore e illustratore storici del primo Zagor, in primis).
Andando avanti di questo passo sospeso, tra sogni che si avverano e realtà, in Io e Zagor gli aneddoti succosi non si contano. Così come non si contano i “dietro le quinte” della carriera di Moreno Burattini, intensa quasi come quella del suo eroe preferito. Alla bio di Burattini mancano solo i pellerossa e il panciuto Cico, e poi davvero si potrebbe parafrasare Flaubert e fargli sentenziare che Zagor c’est lui.
La lettura di questo tomo muscolare (nella forma) e gentile (nella sostanza) firmato da Moreno Burattini, mi conferma nella bontà della mia scelta: se è vero che Zagor è il re di Darkwood – e anche l’incontrastato sovrano degli albi d’avventura – Moreno Burattini ne è il promoter più appassionato, credibile e irresistibile che possa esserci in circolazione. Io e Zagor è avvincente, e non stanca. E c’è, anche, che dentro ci passa una fetta di storia recente e remota del fumetto e del costume italiani.

venerdì 24 aprile 2020

LA FIGLIA DEL MUTANTE






Sugli albi di Zagor n° 655 (febbraio 2020), n° 656 (marzo) e n° 657 (aprile) sono state pubblicate le 190 tavole della storia a fumetti "La figlia del mutante" (diamole il titolo dell'albo più significativo), sceneggiata dal sottoscritto e splendidamente illustrata da Denisio e Nando Esposito, ovvero gli Esposito Bros. Le copertine (due delle quali vedete sopra e più sotto) sono invece opera di Alessandro Piccinelli.


Cominciamo a spiegare, per chi non ha visto e per chi non c'era (e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera), chi sia il Mutante a cui fa riferimento il titolo. Si tratta di un vecchio nemico di Zagor, creato da Marcello Toninelli, in una sua storia del 1983 illustrata da Franco Bignotti. Davvero un grande nemico, Colin “Skull” Randall. Uno di quelli, insomma, di cui gli eroi hanno bisogno come del pane, per poter dimostrare il proprio valore, dato che un campione si giudica anche dalla grandezza degli avversari con cui combatte. 

Perfettamente caratterizzato dal punto di vista grafico, con un cranio deforme che contiene due cervelli e gli occhi cerchiati da profonde occhiaie, il villain è anche memorabile per la pericolosità dei suoi poteri e la sua complessità psicologica. Si tratta di un mutante con la capacità di leggere nel pensiero ed emettere onde telepatiche in grado di bloccare i movimenti degli altri e, volendo, farli impazzire o addirittura morire con la testa trafitta da indicibili dolori. Tuttavia, “Skull” ha anche un suo proprio senso dell’onore, visto che a un certo punto risparmia la vita a Zagor per riconoscenza (Zagor ha salvato la sua). Alla base del personaggio, quale fonte di ispirazione, ci sono evidentemente i mutanti telepatici del film “Scanners” (1981) di David Cronenberg, ma anche il “Mulo” della saga della Fondazione di Isaac Asimov.  


Nel proseguo della serie, e più esattamente nel 2006, mi sono incaricato di farlo tornare sulle scene e di rivelare, insieme all'ottimo Marco Verni,  qualcosa sul suo passato. Non tutto, perché altro ci potrebbe essere (ma non anticipiamo i tempi). Fra le altre code, scoprivamo che "Skull" Randall ha una figlia, Sophie, che ha ereditato in parte le sue capacità telepatiche. Alla fine di questa seconda, lunga avventura (ben quattro albi), Colin muore, ma uno scienziato presente sul luogo gli taglia la testa e la pone in una teca, conservata in una sostanza che gli permetterà di portarla in un laboratorio per essere studiata. Sophie, invece, incapace di dominare i propri poteri, cade in stato catatonico e viene rinchiusa in un manicomio.
Arriviamo così alla terza storia del ciclo, quella appunto del 2020.

Non starò a farne il riassunto, limitandomi a dire di essere molto soddisfatto del risultato perché, grazie anche ai disegni dei fratelli Esposito, l'avventura è riuscita a creare un senso di profonda inquietudine. Addirittura, qualcuno ha usato per lei l'aggettivo "disturbante".  Infatti Sophie non si limita, come potrebbe essere facilmente prevedibile, a  riacquistare conoscenza e a  fuggire dal manicomio di Worcester (fra l'altro, veramente esistente in Massachusetts), ma scatena i suoi poteri in un modo così spietato da aver lasciato impressionati un paio di miei colleghi in redazione, incaricati di leggere le bozze prima della stampa.

Ci sono poi due altri particolari in grado di suscitare un minimo di interesse, almeno nelle mie intenzioni (poi, chi lo sa cosa interessa ai lettori e che cosa no). Infatti, viene introdotto un altro personaggio femminile destinato a tornare: si tratta di Chloe, una procace agente di Altrove donna. Finora avevamo sempre visto scienziati e agenti uomini, mi sembrava il caso di vivacizzare la situazione proponendo una 007 del gentil sesso, peraltro molto abile.  

Ma non è finita qui: oltre a Sophie e a Chloe, ci sono altre tre donne sulla scena: sono le tre ragazze di Pleasant Point, ovvero Ellie May, Sara e Jenny. Proprio quest'ultima, la più "bruttina" delle tre (ma da sempre la mia preferita) si rende protagonista di un atto di coraggio, quello di andare ad avvisare Tonka del grave pericolo che incombe sul suo villaggio.  Tutti i lettori di cui ho raccolto il parere si sono detti pienamente convinti del talento degli Esposito nel raffigurare e caratterizzare queste figure femminili, cosa di cui non ho mai dubitato (ed è anche per questo che ho contatto su di loro nello sceglierli per questa storia). Su Jenny, però, abbiamo scoperto un piccolo segreto: Sophie Randall legge nella sua mente che è innamorata di Zagor. Non l'avevamo mai sospettato, però a pensarci bene, il fatto che conosca a perfezione dov'è ubicata la capanna nella palude ci porta a sospettare qualcosa. Subito dopo l'uscita dell'albo si è scatenato un fitto invio di messaggi a me destinati in cui mi si chiede di approfondire la cosa, e qualcuno è arrivato perfino a dire che secondo lui Jenny è proprio la ragazza che fa per il nostro eroe. Non anticipo nulla, però vi invito a leggere il Maxi Zagor di maggio, "Lungo il fiume", dove Jenny è di nuovo portata alla ribalta (e non aggiungo altro). 

Un piccolo spazio alle critiche (anche perché rispondere mi diverte): mi è giunta l'eco soltanto della vibrata protesta di un lettore che stronca la storia perché sarebbe troppo corta. Ora, non so se 190 pagine distribuite su tre albi (e tre mesi di attesa) possano essere considerate poche. Posso arrivare a immaginare che si intenda fare una critica al finale, giudicato forse frettoloso. La risposta più facile potrebbe essere: è un finale a sorpresa, e i finali a sorpresa sono fatti così. A un certo punto, giunge il colpo di scena, dopo il quale procedere troppo sarebbe allungare il  brodo. Almeno, a me hanno insegnato così e mi sono sempre trovato bene. Il racconto "La sentinella" di Fredric Brown, propone una situazione e la risolve all'improvviso con due parole: "senza squame" (no scales).  Finale troppo corto? Chissà, fatto sta che è un capolavoro.

Però, ammettiamo che un lettore, per i suoi gusti personali (sui quali non si discute), voglia una storia più lunga e un finale che invece di occupare venti pagine ne occupi cinquanta. Ecco, si può immaginare che la storia gli debba essere piaciuta: nessuno vorrebbe far durare trecento pagine una storia brutta,  tranne nei casi di feroce masochismo.  Di una storia brutta su dice che è troppo lunga anche se è breve, di una storia bella si dice che è troppo breve anche se è lunga. Questo insegna la logica. Niente da fare: secondo il detrattore, il fatto che il finale sia "troppo corto" inficia il giudizio su tutto il racconto, che perciò delude. Del fatto poi che ci sia Chloe e si scopra l'amore di Jenny per Zagor non gliene può fregare di meno, è troppo corta e basta. Siamo sempre nell'eterno problema dei lettori che vorrebbero storie scritte su misura per loro. Peccato non avere il numero di telefono di tutti per poterli consultare.