giovedì 19 dicembre 2019

ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO





Sono note le mie edificanti risposte contro haters e detrattori, al punto da essere diventate un genere letterario di sicuro richiamo. Quando annuncio un nuovo articolo  sulla mia pagina FB e scrivo la frase convenzionale "un po' di sana polemica", le visite raggiungono la stratosfera. Potete usare le "etichette" qui a lato cliccando sul link "polemica" delle Categorie e vi compariranno tutte. Ho anche infarcito di sana polemica il mio ultimo libro "Io e Zagor" (Cut-Up) con lo scopo di alzarmi sensibilmente le vendite (confidando soprattutto sull'acquisto da parte degli haters che vorranno controllare se sono stati chiamati in causa). Tuttavia non sono l'unico autore di fumetti a divertirsi nel rispondere ai detrattori, e so anzi di avere un compagno di mille battaglie in Michele Medda. Mi sono ricordato di un suo articolo intitolato "Altrimenti ci arrabbiamo" da lui pubblicato in Rete nel dicembre del 2007, e gli ho chiesto il permesso, prontamente accordato, di riproporlo. E' qui sotto, seguito dagli esilaranti Auguri Politically Correct. Grazie, Michele. Buona lettura!


===

ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO 
(messaggio di pace per l’anno nuovo)
di Michele Medda

Articolo pubblicato il 15-12-2007

Dovrei imparare a leggere i messaggi che il Destino mi manda. Nel 1988, quando pubblicai su Nick Raider la storia intitolata Saigon, un lettore scrisse una lettera furibonda alla casa editrice, lamentando che il sottoscritto “parteggiava sfacciatamente per i Vietcong”. Ora, 1) Se si parteggia, si parteggia. “Sfacciatamente” cosa vuol dire? 2) Se anche avessi parteggiato per i Vietcong, cosa ci sarebbe stato di male? E comunque, 3) Non parteggiavo affatto per i Vietcong.
Perciò, scrollai le spalle e non mi curai nemmeno di rispondere al lettore, lasciando il compito alla redazione. Avrei dovuto pensare al vecchio detto: “Il buongiorno si vede dal mattino”. Il Destino mi stava annunciando qualcosa. E cioè che quel lettore arrabbiato sarebbe stato il primo di una lunga lista.

Pochi anni dopo scrissi una storia per Nathan Never, Terra bruciata, in cui compariva una gang di motociclisti. Un motociclista mi scrisse arrabbiato per il fatto che i motociclisti della storia erano cattivi.
Qualche anno dopo, quando cominciai a scrivere Legs, il gruppo degli arrabbiati si infoltì fino a diventare una folla. I primi a essere infuriati erano i lettori che avevano conosciuto Legs sulle pagine di Nathan Never e che detestavano con tutte le loro forze il cambio di tono narrativo. Quanto alle mie storie, non facevano arrabbiare solo i lettori. Facevano arrabbiare anche Antonio Serra. Per non parlare dell’editore. Quando uscì Fotogrammi di morte protestarono i sostenitori del cosiddetto “cinema d’autore”, quel tipo di cinema che io avrei sbeffeggiato incarnandolo nel presuntuoso regista Norberto Antonucci. Addirittura, facendo riferimento alla mia intera produzione, uno di quei mentecatti che ammorbano i newsgroup mi accusò di scrivere storie “anticulturali”.

Perfino le mie storie di Tex sollevarono un’ondata di proteste, quelle dei puristi texiani. Ci fu chi si si indignò per la comparsa di un bordello in una storia, chi per il fatto che Tex stendeva un avversario con una ginocchiata nelle parti basse, e chi semplicemente non voleva leggere trame “poliziesche” su Tex. (In realtà avevo fatto di peggio: in entrambe le storie Tex sparava a una donna, ma le scene furono prontamente modificate in redazione. E mi chiedo cosa mi sarebbe successo se quelle scene fossero rimaste intatte).

Appena pochi anni prima, un mio articolo che metteva a confronto serie italiane e serie americane aveva suscitato l’ira funesta degli appassionati di comics americani. Mi ero macchiato di lesa maestà nei confronti di Neil Gaiman e Frank Miller, e fui punito con un delirante pezzo che comparve su una fanzine, e che terminava con una chiosa critica di indiscutibile pregio letterario: “Nathan Never fa cagare”. Mosso a pietà, inviai all’incontinente (c/o la fanzine suddetta) due rotoli di carta igienica e una confezione di deodorante per w.c. Spero che ne abbia fatto buon uso.

Molti anni dopo scrissi un appassionato articolo elogiativo su Alan Moore (poi pubblicato nel libro Alan Moore: portrait of an extraordinary gentleman). Qualcuno mi accusò di spargere merda (sic!) su Alan Moore. Non oso immaginare le reazioni se l’articolo fosse stato dispregiativo. 

Con lo sviluppo di internet la situazione si complicò. Se non intervenivo sui forum, i lettori si arrabbiavano (“Medda fa la primadonna!”). Se intervenivo, era ancora peggio. Riuscivo a far arrabbiare perfino i colleghi (“Medda scrive solo stronzate!” scrisse su un newsgroup un giovane e talentoso sceneggiatore).

Alla fine ho deciso di limitare le mie esternazioni a questo sito, ovviamente senza riuscire ad arginare il fiume dell’ira. Ho fatto arrabbiare i videogiocatori, che mi hanno metaforicamente fatto a pezzi nei loro forum. Ho fatto arrabbiare almeno un paio di recensori, un patetico individuo che ha forwardato a diverse mailing-list una sequela di insulti al sottoscritto (così feroce che qualcuno gli ha chiesto “Ma Medda ti ha investito il cane?”); e poi ho fatto infuriare, letteralmente, decine e decine di nerd, wanna be e dreaming of (la categoria peggiore: quelli che non vogliono realmente fare i fumetti, ma vagheggiano di farli - ovviamente molto meglio di quelli che li fanno nel mondo reale).

L’ultimo ad arrabbiarsi col sottoscritto è stato un appassionato di manga, Emanuele Di Amico, che dopo aver letto Dylan Dog n. 256, Il feroce Takurr, mi ha inviato la lettera che pubblico qua sotto (col nulla osta dell’autore, sia chiaro). Secondo Emanuele, nell’albo suddetto avrei insultato i lettori di manga ironizzando su un collezionista di fumetti del Sol Levante.

Non che la cosa mi faccia effetto. “Ve ne sbattete le palle” ringhia Emanuele nella sua lettera. E ha perfettamente ragione: infatti non gli ho chiesto scusa. Da scrittore, non devo scusarmi di niente, e pazienza se qualcuno si arrabbia.

In realtà simili reazioni esacerbate, nel loro piccolo, sono la spia di un problema più generale. Perché ci sono “reazioni esterne”, diciamo così, a ogni tipo di espressione artistica. Soprattutto a quelle che stanno sotto i riflettori molto più dei nostri fumetti. E queste “reazioni” implicano l’idea che ci siano cose che non si possono dire. Un’idea che, ovviamente, non mi trova per niente d’accordo, perché implica a sua volta che debba esistere un controllo su quanto viene detto, scritto, cantato, disegnato, filmato. In parole povere, questa idea legittima la censura.

Ma siamo ancora sotto le feste, l’anno nuovo si avvicina, e permettetemi di rimandare l’argomento censura. Salvaguardiamo il nostro fegato per il cenone di fine anno.

Ne approfitto per fare gli auguri a tutti, amici e nemici, colleghi e lettori, anche e soprattutto all’offeso Emanuele. E dato che l’effetto-Natale dura ancora e siamo tutti più buoni, vi giro gli auguri politicamente corretti dell’amico Luigi Mignacco (comprensivi degli auguri natalizi). E se dopo questi si arrabbierà qualcun altro, non so che cosa farci…

Buon 2008, e a rileggerci presto.

Michele Medda


==

La lettera del lettore:

Salve.

Ho appena terminato di leggere l'ultimo episodio di Dylan Dog (ultimo in tutti i sensi visto che non lo comprerò più, dato che, e di questo non gliene fregherà nulla, mi ritengo offeso). Scrivo a lei in primis, che è l'autore della storia, e dopo anche alla sua casa editrice Bonelli.

Io sono un convinto e fervente non ammiratore, proprio innamorato dei Manga, i fumetti Giapponesi che lei (e guardi che darle del lei mi sta costando fatica; avrei voluto scrivere tutt’altre cose ma io sono civile, difficile da credere, vero? Eppure ho la casa piena di Manga. Strano, vero? Secondo lei chi legge Manga è un deficiente).

Ma andiamo per ordine: amo i Manga e gli Anime (i cartoni, in Italiano: sapeva, vero, che si chiamano cosi?). Adoro il Giappone, mi piace il Sushi, ma non lo mangio con le bacchette, non lo mangio a colazione pranzo merenda cena e spuntino di mezzanotte, non per questo mi vesto da Goku di Dragonball e cerco di vestire da Sailor Moon una ragazza che mi piace, non vivo chiuso in una stanza con i Manga a cerchio attorno a me, dando loro un nome, e magari organizzando feste da ballo ballando con i gadget dei pokemon o di qualunque altro Anime.

Lei, caro signor Medda, sta tirando fuori uno dei piu scemi e ritriti luoghi comuni che circola sugli amanti dei Manga: e cioè la credenza che chi legge i fumetti made in Japan si fonda il cervello fino a fare quanto ho scritto, e quanto lei ha riportato nella sua storiella.

Bene, io ci tengo a far sapere che noi (sì, noi. perchè siamo tanti ma non per questo ridotti come lei ci dipinge) siamo persone a posto. Ogni tanto mangiamo Sushi, e allora? Non vuol dire che siamo svitati. Possiamo comprare i gadgets, ma non vuol dire che passiamo 23 ore in adorazione con ceri d'incenso e preghiere ancestrali buddiste, per dormire una sola ora e quindi tornare a pregare.

No, li conserviamo e ci piace tenerli là come ognuno puo tenere qualcosa di caro, ma questo luogo comune, cazzo, è esagerato. Se vuole saperlo ho visto persone vestite da Dylan Dog e quelle camicie rosse sono davvero orribili, sa?

Ma alla fine io penso che (la sua storia, ndr) sia tutta una forma di protesta (vedi il protagonista del suo stupido siparietto che vede la luce ed è grato di aver smarrito i Manga salvandosi cosi la vita: non si offenda, una cagata assurda), suscitata dall'invidia che, statistiche alla mano, non perchè possa sembrare di parte ma perchè le ho viste, su giornali e tg, il Manga vende di piu dei vostri scartafacci, quindi stroncandovi il mercato.

Beh che dire? Io posso tranquillamente convivere comprando fumetti Giapponesi, Italiani,e anche quelle assurde strips yankee, ma a quanto pare vi acceca la rabbia di essere superati nel vostro campo da qualcuno. Se mi permette questo è un atteggiamento molto fascista, dia retta: se deve iniziare una campagna offensiva contro i Manga,e contro chi li legge dipingendoli come dei poveri mentecatti svalvolati, si compri un ettaro di terra e ci coltivi le bietole; perchè lei dei Manga, e di chi li segue,mi permetta, non ha capito proprio un cazzo.

Ho provveduto ad inoltrare alla Bonelli le pagine con le vignette incriminate, scrivendo loro più o meno le stesse cose. So perfettamente che ve ne sbattete le palle, ma sa com'è, come protesta lei protesto anche io, perchè non mi va proprio di essere offeso, e soprattutto di vedere offesi dei fumetti che invece meritano rispetto, e che invece suscitano rabbia solo perchè vendono di piu, fate festa perchè dimostrate di cadere in basso.

Ovviamente mi darà del cretino e cancellerà questa mail (sempre che sia arrivato fino a qua,sa voi non digerite per niente le critiche altro esempio di rabbia repressa), ma non importa, ho inoltrato anch'io una civile protesta contro le vostre stupide offese ai Manga e a chi li segue.



Continui a partorire storie sceme come quella del Takurr, razzista e luogocomunista, io non la leggerò.


Abbandono la barca visto come siamo stati trattati.


Salve.

Emanuele Di Amico


==

Auguri Politically Correct

Io sottoscritto (d'ora in avanti "l'Augurante")
chiedo al mio interlocutore (d'ora in avanti "l'Augurato")
di accettare senz'alcun obbligo, implicito o esplicito, i voti più sinceri dell'Augurante (d'ora in avanti "gli Auguri") affinché l'Augurato possa trascorrere nel migliore dei modi (ove nella frase "migliore dei modi" si sottintende da parte dell'Augurante e si presuppone da parte dell'Augurato un atteggiamento che tenga conto delle problematiche di carattere sociale, ecologico e psicologico, che non sia causa di tensione e/o competizione, né comporti o favorisca alcun tipo di assuefazione o di discriminazione, sia sessista, sia di diverso carattere) la festività coincidente al Solstizio d'Inverno convenzionalmente nota come "Natale", ma che può essere chiamata e celebrata dall'Augurato secondo le sue tradizioni religiose e/o laiche, premesso il debito rispetto nei confronti delle tradizioni religiose e/o laiche di persone di qualunque razza, credo o sesso diverse dall'Augurato, ivi comprese coloro che non praticano alcuna tradizione religiosa e/o laica.

Qualsiasi riferimento a qualunque divinità, figura mitologica, personaggio tradizionale, reale o leggendario, vivo o morto che sia; a simboli (ove sono compresi tra l'altro - ma non limitativamente - canti e rappresentazioni artistiche, letterarie esceniche) religiosi, mitologici o della tradizione che possa essere ravvisato direttamente o indirettamente nei presenti Auguri non implica da parte dell'Augurante alcun sostegno nei confronti della figura o del simbolo in questione.

L'Augurante chiede inoltre all'Augurato di accettare gli auguri per un felice (ove l'aggettivo "felice" viene definito tra l'altro - ma non limitatamente - come “gratificante dal punto di vista personale, sentimentale e finanziario e privo di complicazioni di carattere medico, dirette o indirette”) anno 2008.

L'Augurante sottolinea che la datazione "2008" è qui considerata come convenzionale, così com'è considerata convenzionale la data del 1° Gennaio come inizio dell'anno, e dichiara il suo assoluto rispetto per altri tipi di datazione legati alle differenti culture religiose e/o laiche di cui l'Augurante riconosce il prezioso contributo allo sviluppo dell'attuale società multietnica.

Augurante e Augurato convengono inoltre su quanto segue:

- Gli Auguri valgono a decorrere dalla data del presente accordo al 31 Dicembre 2008, dopodiché dovranno essere esplicitamente rinnovati da parte dell'Augurante.
- Gli Auguri non implicano alcuna garanzia che i voti di "felicità" espressi dall'Augurante trovino un effettivo riscontro nella realtà dell'Augurato, il quale non potrà attribuire all'Augurante alcuna responsabilità civile e/o penale e/o morale per la loro mancata attuazione.
- Gli Auguri sono trasferibili a terzi purché il testo originale non subisca modifiche o alterazioni. La libera diffusione del testo non implica tuttavia il pubblico dominio del testo stesso, i cui diritti appartengono in ogni caso al detentore del copyright.
- L'Augurante declina ogni responsabilità derivata dall'utilizzo degli Auguri al di fuori dai limiti prescritti; in particolare, l’Augurante declina ogni responsabilità per eventuali danni fisici o morali all'Augurato e/o a persone e/o sistemi informatici a lui collegati derivati dall'invio degli Auguri mediante E-Mail o qualunque altro metodo di trasmissione, elettronico o di diverso genere, attualmente in uso, in fase di sperimentazione o non ancora inventato.

Ciò stabilito,

Buon Natale e Buon 2008!



domenica 15 dicembre 2019

WITIKO!



E' in edicola il decimo Zagor Color, intitolato "Witiko!". 126 tavole illustrate da Emanuele Barison e colorate dalla GFB, su una sceneggiatura scritta a quattro mani da me e dall'esordiente Roberto Ravera, genovese da sempre appassionato dello Spirito con la Scure. La copertina è di Alessandro Piccinelli. Come consuetudine, i Color mettono i riflettori su un personaggio del microcosmo zagoriano, a volte per narrarne il passato che ancora non conosciamo, altre volte semplicemente per riportarlo agli onori della ribalta e mostrarlo in team up con il Re di Darkwood. E' appunto il caso di Doc Lester, amico di vecchia data dell'eroe con la casacca rossa, del cui passato sappiamo già tutto dopo che ci è stato narrato da Marcello Toninelli in una sua storia intitolata "Le belve del Black River", del 1991, disegnata da Franco Donatelli

La mia collaborazione con Ravera è nata dalla necessità di aiutarlo a trovare rapidamente la giusta collocazione a un suo progetto che da solo, per vari motivi (tra cui il fatto di essere alla sua prima prova), avrebbe avuto tempi lunghi per arrivare in porto. Lui ha accettato che io mettessi le mani sui suoi testi, e alla fine i miei interventi sia sul soggetto che sulla sceneggiatura ci hanno portato a concordare che il lavoro finito potesse considerarsi da dividere equamente in due, assumendocene al cinquanta per cento la responsabilità. 

Il Witiko a cui fa riferimento il titolo non ce lo siamo inventati noi ma, come ho spiegato nella mia introduzione a pagina 4 dell'albo, è una creatura mostruosa che fa parte del folklore dei nativi americani, uno spirito che si impossessa chi si macchia di cannibalismo. Il tratto di Emanuele Barison è stato valorizzato dai colori ben leggibili (gran pregio) della GFB e mi pare che la storia possa ritenersi gradevole. Confesso che si è trattato però di un lavoro portato avanti con un ritmo serrato perché fosse pronto in sostituzione di un altro Color, già annunciato due volte: quello, attesissimo, di Joevito Nuccio con protagonista Winter Snake. Per permettere a Joe di giungere finalmente a completare la sua storia, ho spostato il racconto nella serie regolare e uscirà in gennaio.





venerdì 13 dicembre 2019

I TAMBURI DELLA FORESTA



I TAMBURI DELLA FORESTA
Maxi Zagor n°37
I Racconti di Darkwood n° 3
Disegni di Stefano Voltolini
86 tavole

IL LUPO E LA LUNA
Disegni di Valentina Romeo
40 tavole
Settembre 2019

La formula sperimentata per la prima volta nel settembre 2017 con il Maxi Zagor n° 31, intitolato “I racconti di Darkwood”, e ripetuta poi con il n° 35 (“Brividi da Altrove”) nel gennaio di quest’anno, è stata accolta con così grande favore dai nostri lettori da spingermi a mettere in cantiere alcuni altri albi progettati allo stesso modo. Nell’antologia precedente a questa, ho immaginato che a narrare i vari episodi fosse nientemeno che Edgar Allan Pe, scrittore che Zagor ha incontrato più volte nel corso delle sue avventure. Adesso, mi sono permesso di chiamare in causa un altro grande protagonista della letteratura nordamericana: James Fenimore Cooper (1789-1851). Si tratta dell’autore de “L’ultimo dei Mohicani”, romanzo uscito nel 1826 e che, lo sappiamo per certo per averglielo visto leggere, il nostro Patrick Wilding conosce benissimo. E, tanto per cambiare le carte in tavola, è proprio lo Spirito con la Scure a raccontate di sé al celebre narratore, nelle circostanze che vi saranno chiare cominciando a scorrere le pagine qui di seguito. L’onore e l’onere di ritrarre Cooper spetta allo stesso disegnatore che nove mesi fa ritrasse Poe: Stefano Voltolini, confermato al confezionamento della nostra “cornice”, e messo alla prova con le scene d’azione che mancavano nella sua precedente performance. Se l’è cavata egregiamente, tanto che lo ritroverete a incorniciare anche le storie brevi dei prossimi “Racconti di Darkwood”.  Tra gli altri autori dei disegni segnalo una nuova presenza femminile, dopo quella di Lola Airaghi sul Maxi n° 31: si tratta della brava Valentina Romeo, prestataci dallo staff di Morgan Lost. Val ha dato una sua struggente versione sia dello Spirito con la Scure, sia del vecchio indiano coprotaginista del racconto, sia della storia d’amore che si dipana fra presente e passato. Ho cercato di scrivere per lei un racconto adatto a una mano femminile, ma Valentina si è dimostrata perfettamente in grado di gestire anche le figure dei rudi trappers che l’ho chiamata a disegnare.



Val Romeo



domenica 17 novembre 2019

ZAGOR: LE ORIGINI 1-6



Si è conclusa, con l'uscita del sesto e ultimo numero intitolato "L'eroe di Darkwood", la miniserie "Zagor: le Origini", presente in edicola dal mese di maggio a quello di ottobre del 2019. Sei albi di sessanta tavole ciascuno, tutti sceneggiati da me e illustrati da (in ordine di apparizione) Valerio Piccioni, Maurizio Di Vincenzo, Walter Trono, Giuseppe Candita, Giovanni Freghieri, Oskar. Le copertine sono state affidate a Michele Rubini. Tutti artisti straordinari, che ringrazio di cuore. Il taglio dei racconti è moderno e serrato, senza però che il lettore tradizionale possa restarne turbato. Ho atteso che la breve collana giungesse a compimento per parlarne anche qua, in modo da poter tirare delle somme. Mi pare di poter dire che l'esperimento sia stato un successo, sia per quanto riguarda la versione economica che quella cartonata da libreria. Infatti, i commenti che mi sono giunti mese dopo mese, sono sempre stati più che positivi, se non addirittura entusiastici. 

Nel corso della mia attività mi sono poi trovato più volte a inventare dei “passati” a nemici e amici dello Spirito con la Scure, come “Guitar” Jim e Robert Gray, ma anche come il capitano Fishleg e il professor Hellingen. Mi è successo persino di provare a dare spiegazioni direttamente ai lettori anche senza scrivere una storia in proposito: per esempio, essendomi stato richiesto di spiegare come fosse che il marinaio Zarkoff, dato per morto nello scontro con i pirati di Capitan Serpente, risultasse vivo e vegeto nelle apparizioni successive della ciurma della “Golden Baby”, ho fornito una ricostruzione degli eventi, giudicata plausibile dall’interrogante, pubblicandola sulle pagine di SCLS Magazine (là dove mi era stata gettata la sfida). Insomma, quando c’è da ricostruire fatti del passato, gettare nuova luce, indagare sui nodi irrisolti, per me è un invito a nozze. Perciò, ho sempre pensato che ci fossero dei lati oscuri nel classico dei classici “Zagor racconta…”, ma, ritenendo quella storia appunto un capolavoro, non ho mai preso in considerazione l’ipotesi di metterci le mani sopra. Ci sono dei capisaldi inviolabili, e “Zagor racconta…” è uno di questi. 



Tuttavia, , mi sono sempre fatto alcune domande. Per esempio: dov’è sepolto “Wandering” Fitzy? Possibile che Pat ne abbia lasciato il corpo nella capanna di Salomon Kinsky? O ancora: chi ha insegnato al giovane Wilding a volare di albero in albero, appeso a una liana o saltando di ramo in ramo? Si tratta di un talento che Fitzy non aveva, dunque il maestro non può essere stato lui. E allora chi è stato? Non credo esista un solo zagoriano che non abbia avuto voglia di scoprirlo, domandandosi perché Nolitta sia stato reticente sulla questione. 

In realtà, Sergio Bonelli ha architettato le cose facendo in modo che sia lo Spirito con la Scure ad apparire reticente. Infatti tutte le vicende di “Zagor racconta” non sono narrate dallo sceneggiatore in “presa diretta” ma risultano filtrate dal resoconto che l’eroe fa al suo amico Cico. Noi lettori “vediamo” solo quel che il Re di Darkwood dice. Le cose potrebbero persino essere andate diversamente. Magari c’è qualcosa che Zagor non sa. Magari c’è qualcosa che Zagor preferisce non dire. Magari c’è qualcosa che Zagor salta per brevità, per arrivare subito al punto successivo. Però, se mai a uno sceneggiatore fosse venuta in mente una possibile spiegazione appunto su come sia andata che Pat Wilding abbia imparato a volare tra gli alberi alla maniera di Tarzan, ci sarebbe stato da spiegare anche il perché lo Spirito con la Scure abbia taciuto su questo punto raccontando il proprio passato a Cico. 

Sappiamo tutti benissimo perché Nolitta non abbia voluto approfondire: il tema principale della sua storia era quello della vendetta che, una volta compiuta, non appaga il vendicatore ma apre anzi di fronte a lui un nuovo abisso. Perdersi in complicate ricostruzioni degli anni della crescita del piccolo Pat avrebbe voluto deviare dalla trama più importante, complicare inutilmente la vicenda. Una scelta intelligente, oltre che legittima. Resta tuttavia il “non detto”. Per quanto ci abbia riflettuto più volte su, però, ripeto, non ho mai pensato di provare a “dirlo” io. Ma, a un certo punto, mi è stato chiesto di farlo. E’ stato il direttore editoriale Michele Masiero, a invitarmi a sceneggiare una miniserie in sei albi di 60 tavole ciascuno che prendesse le mosse proprio da una sorta di “riscrittura” di “Zagor racconta…” e narrasse di nuovo le “origini” del personaggio. 


Lo scopo era principalmente quello di fornire a un pubblico più giovane, ma in generale ai lettori di tutte le età, italiani e dei mercati esteri, un punto di accesso nella serie nel caso non conoscessero già il personaggio e il suo passato. Il mettere a disposizione uno “starting point” per approcciarsi a un eroe dei fumetti con una lunga tradizione è un’operazione usata di frequente nel mondo dei superoeroi, le cui “origini” vengono periodicamente raccontate di nuovo, magari aggiornandole o rendendole meno implausibili. In certi  casi queste riscritture hanno rivoluzionato ciò si sapeva, in altri sono state, per quanto possibile, rispettose. Nel vedermi prospettare da Masiero un’operazione del genere ho subito pensato che avremmo dovuto battere questa seconda strada, quella ciò del massimo rispetto possibile di quanto rivelato da Nolitta. Questo perché, lo sapevo benissimo, non avremmo avuto soltanto un pubblico nuovo da accontentare, ma ci sarebbero state le schiere degli zagoriani da non scontentare. Accettando, mi sarei trovato di fronte il pubblico di privata fede nolittiana a cui dover poi rendere conto di ogni variazione rispetto a “Zagor racconta…”. Va detto che io stesso mi ritengo della stessa religione di costoro, per cui ero ben consapevole del problema. E confesso di aver avuto un brivido: mi avrebbero mai perdonato, gli zagoriani più ortodossi, la colpa di aver osato mettere le mani sulle origini della leggenda? 

Non ho esitato neppure un secondo. Ho risposto immediatamente di sì alla proposta di Michele. Non soltanto perché era meglio che a reggere il peso della prova fosse il sottoscritto, con le spalle rese larghe dall’esperienza, piuttosto che chiunque altro, ma anche perché io per primo ero curioso di leggere che cosa avrei scritto. Volevo sorprendere me stesso dandomi da solo le risposte alle domande che mi ero sempre posto. Volevo sapere dove era sepolto “Wandering” Fitzy. La voglia di cimentarmi nella prova ha superato, fin da subito, il timore di non riuscire. Una volta ho letto una intervista a un alpinista, uno di quelli più spericolati, che rischiano la pelle sulle pareti rocciose maggiormente insidiose. Gli veniva chiesto se non avesse paura di morire. “Ho più paura di non vivere”, era stata la risposta. Non che ci sia un paragone possibile, ovviamente, fra l’impresa di scrivere una miniserie a fumetti e scalare una montagna. Tuttavia le passioni arricchiscono la nostra vita e la rendono degna di essere vissuta. Dobbiamo tutti darci un traguardo, e dopo averlo raggiunto trovarne un altro. 


Ne “La leggenda di ‘Wandering’ Fitzy”, riuscii a dare a Zagor il nome di battesimo che avevo sempre immaginato avesse, anche se non ci era mai stato detto. Di fronte alla prospettiva di sceneggiare una miniserie intitolata “Le origini” ho capito che avrei potuto fare i più, sollevare altri veli, scoprire altri particolari che Nolitta ci aveva nascosto perché fossero lasciati alla nostra immaginazione, suscitando la nostra curiosità. Mi sono chiesto se fosse giusto, completare gli spazi lasciati in bianco da Sergio Bonelli, rendendo più definito il suo affresco. Mi sono risposto di sì, per più motivi. Innanzitutto, perché lo stesso Bonelli ha accettato che altri (io, Mauro Boselli, Maurizio Colombo) scrivessero storie collegate con “Zagor racconta…”. E’ il caso non soltanto de “La leggenda di ‘Wandering’ Fitzy” ma anche de “Il ponte dell’arcobaleno” e di “Darkwood anno zero”. Dopo la sua scomparsa si sono aggiunte “La storia di Betty Wilding” e “La giustizia di ‘Wandering’ Fitzy”. Poi, perché i lettori chiedono (hanno sempre chiesto) che il “non detto” sul passato dello Spirito con la Scure venisse rivelato: le tante domande che mi sono fatto io, se le sono fatte in tanti. E ancora, perché da “Zagor racconta…” sono passati cinquanta anni: la nostra curiosità è stata suscitata abbastanza a lungo, è giunto il momento di soddisfarla. Per finire, una miniserie resta comunque qualcosa di esterno alla serie: chi dovesse non apprezzate l’operazione può, giustamente, ignorarla. Per lui, tutto resta come prima. 





Nello stabilire le trame dei sei episodi di “Le origini”, mi è stato subito chiara la necessità di far confluire in una narrazione organica e lineare tutto quanto del passato dell’eroe era stata svelato non soltanto da Nolitta ma anche dagli autori delle storie citate poco sopra, quelle cioè collegate con “Zagor racconta…” ma scritte da altri. Ho subito stabilito che sarebbero entrati a far parte della miniserie anche elementi tratti dal romanzo di Davide Morosinotto “Zagor”, pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore nel 2018. Siccome però ogni albo avrebbe contato soltanto sessanta tavole, tutto andava narrato in modo rapido, essenziale, veloce. Avrei avuto solo trecentosessanta pagine per raccontare una lunghissima serie di eventi che andavano dalla strage di pellerossa compiuta da Mike Wilding (il padre di Pat) fino alla prima apparizione di Zagor al raduno dei capitribù nella radura della Piccola Acqua, con tutto quello che c’è in mezzo (la scoperta del segreto nel passato di Fitzy, l’amicizia con Percy, l’incontro con Shyer).  

Volendo poi dare a tutta la complessa operazione un taglio moderno, ci sarebbe stato da prestare molta attenzione alla crescita fisica, psicologica ed emozionale di Patrick. Nolitta aveva saltato a pié pari, per i motivi che si sono detti, l’adolescenza del ragazzo. Io sarei stato costretto a raccontarne i turbamenti, i primi amori, i litigi con Fitzy (che di sicuro ci saranno stati). Ho cercato di fare tutto questo,sempre mettendomi nei panni del lettore desideroso sì di scoprire cose nuove ma anche di non veder contraddetto in modo clamoroso quel che già si sapeva. Soprattutto, non ho mai pensato che riscrivere “Zagor racconta…” avrebbe significato ritenere il classico nolittiano ormai superato. “Zagor racconta…” è un evergreen che non invecchia mai.