domenica 22 maggio 2016

PRIGIONIERI DEL DESERTO



E' in edicola (anzi, la mia edicola di fiducia ha già finito la sua discreta pila di copie)  “Prigionieri nel deserto”, l’albo di Zagor n° 610 (Zenith 661), datato maggio 2016. La copertina, che vedete sopra, è opera di Gallieno Ferri.  I testi sono miei e i disegni di Marco Torricelli. Si tratta della continuazione di una avventura iniziata nei due volumi precedenti, che qui giunge a conclusione. Non è un caso che un albo uscito proprio questo mese porti la mia firma: ci tenevo che in occasione dei miei primi venticinque anni di storie zagoriane (il mio esordio sulle pagine dello Spirito con la Scure avvenne nel maggio 1991) di nuovo la programmazione permettesse questo piccolo gioco di date. E sono contento che sia ancora Ferri a firmare la copertina di questo episodio (avremo sue cover fino a tutto il mese di settembre). "Prigionieri nel deserto" si riallaccia a un classico nolittiano degli anni Sessanta, quello con il folle archeologo Vincent Krebs che in un deserto del tutto simile al Sahara, ma collocata nei paraggi della foresta di Darkwood, cercava di costruire una piramide di stampo egiziano e di dar vita a una sorta di regno di cui voleva proclamarsi faraone. E' chiaro che già negli intenti di Nolitta quel racconto si collocava nell'ambito delle avventure "fantastiche" di Zagor, al pari di quelle con i cavernicoli Padroni del Fuoco o con lo scienziato pazzo Hellingen che costruiva un gigantesco robot. Con in più l'aggravante (dal punto di vista del realismo) di una sterminata estensione dune di sabbia arroventate dal sole, assolutamente improbabili nel contesto geografico del Nord-Est degli Stati Uniti. Certo, a Darkwood hanno diritto di cittadinanza tutti gli scenari, ed è questo il bello dell'intuizione nolittiana, ma appunto non si lamentino i fautori delle storie con soltanto trappers e pellerossa: Bonelli voleva proprio la contaminazione fra i generi.
Esaminando le caratteristiche del racconto degli anni Sessanta, mi ha colpito il fatto che Krebs avesse un sogno che cercava di realizzare: divenire un faraone. E qual è la figura della mitologia diciamo mediorientale deputata a realizzare i desideri più incredibili? Inevitabilmente il Genio della lampada, quello che si mette al servizio di Aladino. Al di là della favola raccontata (tra l'altro) in alcune versioni delle "Mille e una Notte", il Genio rimanda alla figura del Djinn (la D è muta) e si collega anche a quella del demone ghoul, più malvagio ma che, in certe circostanze, poteva venire soggiogato. Considerando la ricchezza di testi e credenze della magia egiziana (è egiziano il mago più famoso dell'antichità, Ermete Trismegisto) ho immaginato che le ricerche  e gli studi di Krebs (sicuramente espertissimo egittologo) lo abbiano portato a scoprire il modo di poter dominare un Djinn e di imprigionarlo nel sotterraneo della piramide in costruzione (all'interno di un "sancta sanctorum" progettato per questo scopo, dunque con formule magiche di protezione e di contenimento incise sulle pareti). 
Ho saputo che qualcuno ha criticato la scelta di ricorrere a un Genio invece che a un demone dall'aspetto più "egizio", come avrebbe potuto essere un mostro simile alle raffigurazioni del dio della morte Anubi. Ma questo sarebbe stato noioso e prevedibile! Tutte le storie che hanno a che fare con la magia dell'Antico Egitto prevedono l'apparizione di Anubi o di mummie redivive o di antichi sacerdoti che riprendono vita. Ho voluto cercare di mescolare un po' di più le carte e puntare a mettere in scena qualcosa di più insolito (che è esattamente lo sforzo che si richiede a uno sceneggiatore). Chi voleva Anubi può facilmente sbizzarrirsi a leggere decine di storie scritte da altri.
Inoltre, ribadisco, Anubi non è tipo da mettersi al servizi di chicchessia, mentre un Djinn per sua stessa natura può venire asservito. E Krebs aveva appunto un desiderio da realizzare. Ho anche fatto balenare l'ipotesi che lo stesso deserto e i materiali da costruzione della piramide fossero frutto della magia del Genio, già chiamato dall'archeologo a dar prova dei suoi poteri. Ma certamente è il regno del Faraone Bianco, in un'altra dimensione, che era destinato a realizzare i sogni del folle Vincent; forse il Djinn aveva dato vita a quella realtà avendo interpretato a modo suo le farneticazioni di Krebs, o forse l'egittologo aspettava di poter avere il pieno e perfetto controllo della situazione (con lo studio di chissà quali testi portato a termine) per trasferirsi armi e bagagli nel suo nuovo universo costruito su misura per lui, chissà. Fatto sta che era con la maglia egizia che contava di rendere vero ciò che aveva in mente.
A mio avviso, la cosa sta in piedi ed è intrigante, anzi, è addirittura foriera di ulteriori sviluppi. Marco Torricelli ha realizzato scene magistrali e non posso che ringraziarlo. Adesso l'appuntamento con il sottoscritto, sulla collana Zenith, è per una storia in due puntate disegnata da Emanuele Barison, dal titolo "Non umani", in cui farà ritorno un vecchio nemico (quasi sicuramente non potete immaginare chi) e in cui, soprattutto, verrà introdotto un altro personaggio del tutto nuovo, insolito e destinato (nelle mie intenzioni) ad avere un ruolo importante in altre storie del futuro. Chi invece preferisce storie senza elementi fantastici troverò pane per i suoi denti con il Maxi di settembre, illustrato da Giuseppe Prisco, in cui torneranno Satko e i Cherokee. 



martedì 10 maggio 2016

VENTICINQUE ANNI A DARKWOOD




Quando me l'hanno mostrato, in una sorta di "festa a sorpresa" poco dopo l'inaugurazione della mostra "Il volo di Zagor" all'aeroporto di Catania, quasi non volevo crederci. Si tratta di uno spillato di trentadue pagine a colori, più copertina, con gli omaggi di tanti amici che ho avuto al mio fianco o hanno incrociato la mia strada nel quarto di secolo che ho trascorso a Darkwood. Fra questi, un disegno inedito (contenuto all'interno ma anche collocato in copertina) realizzato da Gallieno Ferri pochi giorni prima della sua scomparsa. L'illustrazione mostra Zagor che fa incontrare me, poco più che ragazzo, con il Ferri di venticinque anni fa, nella capanna nella palude: io scrivo, lui disegna. La firma è semplicemente: Gallieno. Tutto questo realizzato a mia insaputa, appunto perché doveva essere un festeggiamento inaspettato. 

Mi hanno commosso gli auguri di tutti, ma certamente scoprire che proprio Ferri mi aveva voluto lasciare i suoi negli ultimi i giorni della sua vita, ecco... davvero è qualcosa che fa venire il groppo in gola. Non ho parole per ringraziare chi ha contribuito all'iniziativa a partire da Marco Grasso, straordinario organizzatore di eventi e realizzatore di pubblicazioni, fino a Saverio Ceri, mio sodale fin dai tempi di "Collezionare" e "Dime Press", che ha compilato classifiche e statistiche della mia produzione zagoriana tra il maggio 1991 e lo stesso mese del 2016 (un lavoro pazzesco, il suo). 

Tornerò sull'argomento della mostra di Catania, inaugurata dal sindaco Enzo Bianco, che ha utiizzato parte del materiale già selezionato nel 2015 dalla Provincia di Pistoia per l'esposizione "Da Gavinana a Darkwood" e che dunque conclude un lungo percorso di un intero anno di festeggiamenti per le nozze d'argento del sottoscritto con il fumetto e con Zagor, ma dato che l'albetto è a disposizione degli interessati (in tiratura limitata e a un prezzo destinato solo a rimborsare le spese di stampa da parte di chi - non io - le ha sostenute), riporto qui sotto il comunicato che spiega come fare per averlo.


MORENO BURATTINI
25 ANNI A DARKWOOD



L'albetto "Moreno Burattini: 25 anni a Darkwood" è stato ideato e curato da Marco Grasso del Forum ZTN per festeggiare il quarto di secolo di carriera zagoriana del suo più prolifico sceneggiatore nonché editor di testata. Raccoglie gli inediti auguri scritti e disegnati di autori e amici che a vario titolo hanno incrociato il cammino zagoriano di Burattini. Presentato (a sorpresa!) l'8 maggio 2016 presso l'aeroporto internazionale di Catania in occasione dell'inaugurazione della mostra "Il volo di Zagor" organizzata sempre dallo stesso Grasso per Etna Comics per festeggiare anche i 55 anni di permanenza in edicola di Zagor. Presenti anche i disegnatori Marcello Mangiantini, Joevito Nuccio e Walter Venturi. 




L'albetto è di 32 pagine, full color su carta patinata in alta grammatura, con copertina inedita di Gallieno Ferri e include un poster celebrativo ideato da Marco Grasso e illustrato da Giuliano Piccininno. Per informazioni su come reperirlo scrivere a Marco Grasso all'indirizzo

Elenco autori che hanno aderito: Roberto Altariva, Dante Bastianoni, Paolo Bisi, Mauro Boselli, Alfredo Castelli, Saverio Ceri, Alessandro Chiarolla, Maurizio Colombo, Raffaele Della Monica, Domenico & Stefano Di Vitto, Esposito Bros, Gallieno Ferri, Giorgio Giusfredi, Bane Kerac, Francesco Manetti, Marcello Mangiantini, Luigi Mignacco, Joevito Nuccio, Mirko Perniola, Massimo Pesce, Alessandro Piccinelli, Giuliano Piccininno, Stefano Priarone, Giuseppe Prisco, Jacopo Rauch, Graziano Romani, Fabrizio Russo, Gianni Sedioli, Marcello Toninelli, Marco Torricelli, Walter Venturi, Marco Verni.


Io con Marco Grasso, organizzatore della mostra "Il volo di Zagor"