martedì 18 novembre 2014

MORTE PER ACQUA





E' uscita l'antologia curata da Sebastiano Mondadori in cui compare un mio racconto, intitolato "La signora Miller e Dio". Il libro si intitola "Morte per acqua" e vanta una copertina di Aldo Di Gennaro. E' edito da Tra Le Righe Libri e costa 14 euro. Fra gli altri autori presenti c'è anche lo sceneggiatore zagoriano Giorgio Giusfredi, con me nella foto qua sopra. Il volume sarà presentato di nuovo venerdi 28 novembre al Palazzo Guinigi di Lucca alle ore 18.30 (dopo un primo battesimo tenutosi a Pisa alcuni giorni fa). Si può trovare nelle librerie Feltrinelli. In ogni caso, il sito della Casa editrice è il seguente: http://www.tralerighelibri.it/

Di che cosa si tratta, esattamente? E' la terza Antologia Barnabooth, ovvero il frutto del gruppo di lavoro della Scuola di Scrittura Creativa tenuta a Lucca da Sebastiano Mondadori. Io sono stato invitato in qualità di  "ospite" dato che, oltre alla stima e all'amicizia, mi lega a Sebastiano un progetto comune che prima o poi vedrà la luce.  Sebastiano è uno scrittore di talento ma anche uno straordinario insegnante e conferenziere (oltre che ottimo cuoco): non a caso in apertura del volume c'è un suo saggio su John Cheever che colpisce per acume e profondità di analisi. I racconti in tutto sono quattordici e, nonostante io scriva per mestiere da venticinque anni, mi sento meno bravo a narrare in prosa di alcuni degli autori presenti nella raccolta insieme a me. Del resto ognuno ha il suo talento e ammesso che io ne abbia uno, è quello di sceneggiare a fumetti e non quello del romanziere (seppure mi piacerebbe imparare a fare anche quello). Tuttavia il mio racconto non sfigura e mi piacerà sapere che qualcuno l'ha letto. Ne ho scritto un secondo, un po' più lungo, che potrebbe comparire nell'antologia Barnabooth del prossimo anno.

Qual è il mio rapporto con la prosa? Al di là dei saggi sul fumetto, posso vantare un romanzo con protagonista Zagor, "Le muta di Jericho" pubblicato da Cartoon Club nel 2011 (che ormai ha esaurito tutta la tiratura e che è  uscito anche all'estero), due favole per bambini vincitrici di premi (mai pubblicate, però), più la scrittura di alcuni racconti apparsi su riviste di genere (potrebbero in effetti riempire una raccolta). Ma naturalmente ho, come tutti, i cassetti pieni di romanzi iniziati e novelle già finite. Vorrei spezzare una lancia in favore di queste ultime. Non delle mie, cioè, ma delle novelle in generale, dei racconti: non è detto affatto che un romanzo sia preferibile a una antologia di testi più brevi. Anzi. Fate la prova, una volta o l'altra.






sabato 15 novembre 2014

L'INCENDIO DELLA "GOLDEN BABY"



E’ in edicola “L’incendio della ‘Golden Baby’”, l’albo Zenith n°643, corrispondente allo Zagor 592 e datato novembre 2014. Contiene il proseguo della storia del ritorno di Mortimer iniziata nell’albo “Tornando a casa” e continuata in “Vendetta trasversale”, i due volumi precedenti. I testi sono miei, i disegni del bravo Marco Verni, qui (a mio avviso) alla sua prova migliore, finora. Riguardo al diabolico genio del crimine sono stato intervistato di recente dal sito Bonelli e potete andare a curiosare fra le mie risposte, se volete. Inoltre, ho approfondito l’argomento anche in questo spazio. L’avventura si concluderà a pagina 98 del numero successivo, intitolato “Mortimer: ultimo atto”. 

Se riportassi i messaggi privati, gli SMS, le telefonare, le lettere, le opinioni raccolte per strada mi sembrerebbe di volermi atteggiare a vanaglorioso, perché raramente mi è successo di ricevere tanti complimenti e apprezzamenti. In realtà mi sento sempre sotto esame e oggetto di critiche qualunque cosa faccia da venticinque anni a questa parte (da quando cioè sceneggio Zagor), per cui so che per ogni parere positivo ce ne saranno dieci negativi e non mi faccio illusioni di aver scritto una storia migliore del solito o di essere piaciuto, almeno stavolta, a tutti. Grazie comunque a chi mi ha fatto giungere un cenno di riscontro e di incoraggiamento. Tireremo le somme dopo il finale. Il mio parere sui detrattori per forza l'ho già espresso.

Se non avete ancora letto niente, vi consiglio di non scorrere ulteriormente questo articolo, perché rivelerò particolari importanti della storia in corso (potrete tornare a vedere ciò che sto per dire una volta arrivati in fondo). Se invece avete letto “L’incendio della ‘Golden Baby’”, possiamo parlarne subito. Se nel numero precedente era morto il povero Doney, il trapper che da sempre raccontava a tutti di aver visto, una volta, una volpe a pallini neri, in questa nuova puntata le vittime di Mortimer sono due: Tabitha, la moglie indiana del dottor Sand, e il marinaio di Fishleg chiamato Samuelson. 

Non si tratta di figure di secondo piano, perché Tabitha compare da protagonista in due racconti (e questo è il terzo) della saga, più in altre apparizioni minori, e non è di poco conto quel che rappresenta con la sua figura (l’integrazione e la convivenza fra le culture, l’amore fra un uomo e una donna di razze diverse, la lotta contro l’apartheid, la malattia e la guarigione). Samuelson, dal canto suo, rappresenta tutta la ciurma variegata ed eterogenea della “Golden Baby”, è il simbolo di quel microcosmo ideato da Nolitta, ed è stato co-protaginista, con gli altri marinai, di numerose avventure. Mortimer non ha programmato di eliminare proprio Samuelson, ma ha cercato di mietere vittime quanto più possibile facendo schiantare un veliero contro la baleniera di Fishleg e scatenando un’incendio seguito a una esplosione. Avrebbero potuto esserci numerosi altri morti, magari lo stesso comandante della “Golden Baby”. Se non c’è stata una strage e se la baleniera non è affondata è stato soltanto per l’eroico intervento di Zagor, aiutato da Zarkoff e, appunto, da Samuelson. Trovo pertanto patetiche le ironie di chi (mi hanno detto) avrebbe deriso lo “spessore” delle due vittime, sostenendo che la montagna avrebbe partorito un topolino. Sommando la fine di Doney a quelle di Tabitha e di Samuelson, il livello di dramma per lo Spirito con la Scure è sicuramente altissimo. Chi non lo capisce, vuol dire che o è limitato di comprendonio oppure fa finta di non capire. Peraltro, gli stessi che deridono le vittime di questa storia (ignorando quelle che potrebbero esserci nel prossimo numero) sarebbero stati i primi a criticare aspramente se a morire fossero stati Cico, Tonka, Doc Lester o Molti Occhi. A chi vuol criticare per forza non mancheranno mai gli elementi per farlo.


Per dimostrare, però, il livello psicologico, più che logico, di certi biliosi detrattori, ecco un esilarante passaggio di una critica leggibile su un forum, che un’anima buona mi ha segnalato. Dunque, vedendo Tabitha scegliere volontariamente la morte pur di salvare l’uomo che ama, Zagor pensa:  "Ha fatto rotolare da sola il suo masso perché io salvassi Sand!". L’acrimonioso commentatore, credendo di farci morire dal ridere, commenta: “No, è che si voleva grattare la schiena!”. Ho cercato di capire perché in un cervello contorto si fosse materializzata questa battuta di fronte a un passaggio piuttosto drammatico della storia. E’ evidente che quel che a me sembra emotivamente forte a lui fa pisciare addosso dalle risate, e dunque ho sbagliato io che non so creare il necessario pathos. Ma poi ho afferrato il senso dell’intervento: al detrattore dà noia che Zagor pensi. Cioè bisognava che quel pensiero non ci fosse. Non serve che il pensiero sia brevissimo e dunque possa essere tollerato anche dai più accaniti antispiegazionisti. No: le spiegazioni proprio non ci devono essere. Lo Spirito con la Scure doveva vedere Tabitha far rotolare il masso e non pensare nulla. Questo perché il mio critico si ritiene così intelligente e superiore per acume al resto del mondo da riuscire a capire tutto benissimo senza che nessuno glielo spieghi. E per sottolineare l’elevatezza del proprio quoziente intellettivo, non può fare a meno di pigliare per il culo il sottoscritto e i poverelli come me che non ci arrivano. Il che può essere senz’altro vero (cioè: ci può stare che lui capisca tutto, e che non ci sia bisogno di spiegare niente), ma non è che si trattiene dal dirlo pensando che altri possano gradire una facilitazione della lettura. Anzi, non gli viene neppure in mente che la facilitazione della lettura sia stato proprio il motivo per cui quel brevissimo pensiero sia stato messo in testa a Zagor. Non considera neppure l’ipotesi che lo sceneggiatore voglia fare in modo che tutti i lettori capiscano come ha capito lui, e che questo faccia parte da sempre della tradizione zagoriana in particolare e bonelliana in generale. 

Lo stesso Sergio Bonelli chiedeva a noi sceneggiatori che cercassimo di spiegare nel modo più chiaro possibile i passaggi di un racconto (potrei citare di nuovo certi passaggi di certe sue interviste in cui sottolinea questo aspetto, ma l’ho già fatto più volte e sarebbe inutile). Ma soprattutto lo stesso Nolitta faceva così. Basta aprire una pagina a caso delle sue storie. Vogliamo sfogliare il classico dei classici, “Zagor contro il vampiro”? A un certo punto, Cico è nella cripta del castello di Rakosi e la lastra che copre il sarcofago in cui il barone riposa si sposta per far uscire il non-morto. Lo si vede benissimo. E che fa Cico? Pensa: “Questo lastrone si è mosso da solo”. Più avanti, lo Spirito con la Scure lotta contro il succhiasangue, sorge il sole e il vampiro viene ridotto in cenere. Lo si vede benissimo. E che fa Zagor? Pensa: “Non è rimasta che polvere!”. Il che è perfettamente logico: poiché nelle storie del Re di Darkwood esistono i pensieri (ci sono fumetti in cui non esistono), e c’è un momento nella mente del nostro eroe in cui egli capisce qualcosa, è giusto che glielo si faccia pensare. Anche al rancoroso, a un certo punto, è venuta in mente la sua brillante osservazione, e l’ha scritta. Io ho scritto la mia, e secondo lui non avrei dovuto farlo neppure in ossequio alla tradizione. Per far piacere a lui, avrei dovuto cambiare le regole stabilite da Nolitta. Soprattutto, avrei dovuto scrivere sotto dettatura (la sua) invece di assecondare il mio istinto, il mio stile. 



Non contento di aver voluto dar così tanta prova di acume, il detrattore concede il bis. Infatti, qualche pagina più avanti, Zagor legge, scritta su una parete, una frase enigmatica in cui Mortimer vuol far capire al nostro eroe che lo ha rapito Cico e lo ha condotto a Port Whale. La frase è: “save whale”, cioè, più o meno, “salva la balena”. Il Re di Darkwood pensa: "La balena potrebbe essere un riferimento alla stazza di Cico". Naturalmente, per il saputello tutto ciò è anatema (per quanto breve sia il pensiero, a lui sembra troppo). Perciò il detrattore sghignazza: “No, a tua sorella la buzzicona!”. Zagor non solo non deve pensare, ma non deve neppure risolvere gli enigmi. I lettori devono farlo da soli, capire tutto al volo, appunto come il sommo commentatore. Lo so che con questi miei appunti forse avrò infastidito il detrattore in questione (non so neppure chi sia, in verità), ma del resto come io, scrivendo, presto il fianco alle sue critiche, anche lui, scrivendo, presta il fianco alle mie. Ma lo faccio con benevolenza, per tenerlo in esercizio e stimolarlo a criticare per partito preso sempre di più.


Così si affrontano i detrattori




giovedì 6 novembre 2014

NOSTALGIA CANAGLIA


Sergio Bonelli in un omaggio di Alessandro Chiarolla

Un giorno di trentacinque anni fa, Sergio Bonelli decise di smettere di scrivere le storie di Zagor, quelle storie così belle di cui io, noi, tutti allora, ci nutrivamo. Non ci fu subito chiaro quando, come, perché. Notavamo che negli albi l’autore dei testi non era più indicato, e speravamo sempre che la storia successiva recasse la consueta targhetta: “Testo di G.Nolitta”. Invece, niente. L’inizio di qualche avventura lasciava sperare che forse era ancora proprio lui, a raccontarcela. Ma subito si sentiva che, no, non era lui. Mancava qualcosa: quel tocco inconfondibile, quella “nolittianità” che chi era cresciuto assimilandola giorno per giorno poteva riconoscere a colpo sicuro, e che, ahimè, per quanto imitata, non c’era più. Guido Nolitta non scrive più storie per la serie di Zagor dal n° 233 della collana Zenith: da allora in poi, io per primo non ho mai smesso di sperare, fino al giorno della sua morte, di vederlo tornare a raccontarcene ancora.  I redattori della rivista "SCLS Magazine" hanno chiesto a Bonelli se si ricorda il momento preciso nel quale decise che non avrebbe più scritto Zagor:  “Non c’è mai stato un momento nel quale io abbia deciso ‘a freddo’ di rinunciare a scrivere storie a cui tutto sommato dedicavo il mio tempo libero. Il lento progressivo cambiamento della struttura della Casa editrice, l’aumento implacabile della produzione, rendevano sempre più esiguo il tempo lasciatomi dal lavoro e mi suggerivano di affidare temporaneamente ad altri la gestione delle mia ‘creatura’. Ero convinto, che prima o dopo mi sarei ripreso la gestione della serie, ma, invece, poco a poco mi resi conto di aver perduto la carica iniziale di fantasia”.

Capisco tutti quelli che rimpiangono l’età dell’oro zagoriana e trovano sempre e comunque “diverse”, se non inadeguate, le sceneggiature scritte da altri, persino quelle firmate da pezzi da novanta del fumetto come Tiziano Sclavi o Alfredo Castelli. Oggi, ormai da più di venticinque anni, io stesso mi trovo ogni giorno alle prese con la difficile eredità di Nolitta. Tuttavia, per quanti sforzi faccia e per quanto in molti trovino abbastanza “nolittiana” la mia ispirazione e la mia calligrafia, in realtà mi rendo perfettamente conto di essere comunque distantissimo dai livelli e dallo stile di Sergio Bonelli. Spesso, mi trovo a dovermi giustificare agli occhi dei lettori più nostalgici, che ancora non si rassegnano al fatto che lo Zagor di oggi e di ieri non sia più quello di ieri l’altro, quello delle origini, quello del suo creatore. Trovo strano dovermi giustificare, quando io per primo potrei avere le loro stesse perplessità, se per un momento ascoltassi le ragioni del cuore invece che quelle della mente.

Meno giustificazioni servono, per fortuna, agli occhi dei lettori più giovani, arrivati a Zagor negli anni successivi alla gestione Nolitta, magari addirittura in quella di Mauro Boselli. Costoro, i nuovi arrivati, notano meno la dicotomia con il passato e in ogni caso la comprendono, se non addirittura la apprezzano, come naturale evoluzione di un personaggio e di una serie. Ed è proprio questo il punto: capire come nessun personaggio e nessuna serie potrà mai essere sempre uguale a sé stessa, se dura nel tempo; meno che mai se la durata non si misura in anni ma in decenni, come nel caso di Zagor.

Lo Zagor di ieri e quello di oggi visti da Gianni Sedioli e Mauro Laurenti


Lo Zagor di oggi non è più quello di quaranta, trenta, venti, dieci anni fa ed è inevitabile dato che i tempi cambino e noi non essi, come diceva Fouché.  Ciò non significa che lo Zagor di oggi non sia più Zagor. Neppure l'Uomo Ragno di oggi è più quello di Stan Lee e di John Romita Senior, che a sua volta non era quello di Steve Ditko. Il Topolino di Romano Scarpa non era quello di Floyd Gottfredson e neppure lo Zio Paperone di Giorgio Cavazzano è quello di Carl Barks. Perfino i film di 007 con Daniel Craig non sono quelli con Sean Connery. E allora? L'eroe dovrebbe cambiare nome? Non sono più le stesse neppure le stagioni, e una volta qui era tutta campagna.  I lettori di oggi sono diversi da quelli di qualche decennio fa, e non sono più gli stessi neppure gli autori.  Io per primo ho nostalgia delle vecchie storie di Nolitta, come dicevo: solo che Nolitta, purtroppo, non c'è più.

Uno Zagor realizzato oggi, chiunque lo realizzi sarà inevitabilmente diverso dallo Zagor di quarant'anni fa, quello che i lettori della vecchia guardia (come me) vagheggiamo. Ferri non disegna più come allora, perché il suo stile si è evoluto (e si è evoluto continuamente, dal primo numero in poi), Nolitta, se ancora ci fosse, non scriverebbe più come allora. Dunque, un qualunque Zagor del nuovo millennio non potrebbe mai essere uguale a quello degli anni Sessanta, o Settanta. Io non sono Nolitta, né potrei esserlo, Boselli non è Nolitta né potrebbe esserlo. Possiamo essere nostalgici quanto vogliamo, e oltre a rimpiangere Nolitta rimpiangere anche la spensieratezza della nostra infanzia, i giorni felici della nostra gioventù, il primo bacio con la fidanzatina. Però quei tempi non torneranno, e temo che vivere sospirando sui ricordi del passato non sia la migliore delle condizioni possibili. Viceversa, se consapevoli di come il linguaggio dei media si evolve sempre più in fretta, riusciamo ad apprezzare come per fortuna alcuni nostri eroi, tra cui Zagor, riescono a tenersi al passo con i tempi ed essere accanto a noi dopo più di cinquant’anni, forse allora abbiamo ancora la speranza di divertirci e non finire a fare la figura dei vecchietti brontoloni che scuotono la testa contro la gioventù degenere. 

Lo Zagor di uno dei più recenti acquisti dello staff: Emanuele Barison
Guardando un TG degli anni Settanta e uno di oggi non sembrano neppure parenti. Gli spot pubblicitari del vecchio Carosello non assomigliano in nulla alle pubblicità di oggi. I miei figli che guardano i film che avevano appassionato me da ragazzo li trovano insopportabilmente noiosi: mi è successo di recente di vederli fuggire da “Papillon”. Un personaggio non deve (o non dovrebbe) limitarsi a sopravvivere come uno zombi della zona del crepuscolo, ma per dimostrarsi vivo e vitale deve (o dovrebbe) tenersi al passo con i tempi, si tratta di cercare di farlo in modo che non venga snaturato. Da questo punto di vista, anziché lamentarsi di come Zagor sia cambiato, dovremmo tutti meravigliarci di quanto sia cambiato poco, in così tanti anni e in anni che così tante rivoluzioni hanno visto succedersi nel mondo della comunicazione massmediale. Lo Spirito con la Scure di oggi è molto più simile a quello delle origini dello Spiderman attuale rispetto a quello di Stan Lee. Oserei dire che lo Zagor di oggi è più Zagor di ieri di quanto il Tex di oggi sia il Tex di ieri (ma agli zagoriani nudi e puri, ovviamente non basta). Dopo decenni e decenni, Zagor è ancora qui a volare di ramo in ramo, a lanciare la sua scure, vestito con la sua casacca rossa un po' da supereroe, nella sua foresta incantata: c’è qualcuno che pare lamentarsene, e allora ha torto lui.

Nessuno degli sceneggiatori chiamati a scrivere le avventure dello Spirito con la Scure dopo Nolitta ha tramato contro Sergio perché lasciasse il suo posto: ovviamente Bonelli se ne è andato di sua spontanea volontà. Non solo: Sergio ha scelto personalmente tutti i suoi successori e, finché è stato fra noi, ne ha guidato il lavoro. Quando mi ha dato fiducia (e l'ha fatto ininterrottamente dal 1989 fino all'ultimo giorno della sua vita) ha visto in me, quanto meno, un vero appassionato disposto a dare l'anima per il suo personaggio. E la stessa passione io l'ho vista in tutti o quasi i miei colleghi chiamati a proseguire l'opera nolittiana. Che il nostro lavoro sia stato fatto bene lo dimostra il fatto che Zagor, a differenza di altri personaggi, è ancora in edicola e ancora infiamma i cuori. Non pretendo che tutti questi sforzi debbano ricevere lodi universali, e che ci debba essere detto grazie, ma sperare almeno nel riconoscimento e nel rispetto per l'impegno profuso non mi sembra fuori da ogni logica.

giovedì 30 ottobre 2014

VENDETTA TRASVERSALE




E' in edicola il n° 591 di Zagor (Zenith 642) datato ottobre 2014. Si intitola "Vendetta trasversale", i testi sono opera mia mentre i disegni portano la firma di Marco Verni. La copertina è di Gallieno Ferri. Credo si tratti della cosa migliore disegnata da Marco finora, per cui vale l'acquisto, secondo me, anche soltanto per la qualità grafica. 
Una tavola di Marco Verni

Tuttavia, eccomi a dire qualcosa riguardo alla storia. Si tratta della seconda parte di un racconto già iniziato nel numero precedente, "Tornando a casa", e destinato a protrarsi sui due albi successivi,  quello di novembre ("L'incendio della 'Golden Baby'") e quello di dicembre ("Mortimer: ultimo atto"). Sull'avversario che lo Spirito con la Scure si trova davanti rientrando a Darkwood dopo la lunga trasferta sudamericana, ho già detto molto in un articolo pubblicato su questo blog, ma ancora di più troverete scritto nella esaustiva (spero) intervista da me rilasciata al sito Bonelli, e che potete leggere cliccando qui.

Marco Verni con l'albo "Vendetta trasversale"

Riguardo ai contenuti, l'avventura si basa sulla terribile vendetta che il diabolico Mortimer ha iniziato a perpetrare ai danni di Zagor, usando i suoi soliti metodi (un piano ad orologeria che non permette alle vittime di agire in modo diverso da ciò che lui prevede). In questo albo assistiamo alla morte di un amico dello Spirito con la Scure, un personaggio nolittiano molto amato dai lettori (me per primo).  La scelta di sacrificarlo si spiega con la necessità di rendere Mortimer il più odioso possibile, e con l'esigenza di mettere il Re di Darkwood di fronte a un dramma in grado di farlo disperare: non si è eroi se non si soffre. 

La reazione di Zagor alla morte di un amico

La morte di questa prima persona amata è soltanto il preludio ad altre uccisioni a cui assisterete nel volume successivo. Secondo me, uno sceneggiatore di fumetti deve emozionare i suoi lettori, a costo di sconvolgerli, riuscendo a sorprenderli. Per farlo, si deve osare. Gli autori dell'Uomo Ragno hanno ucciso Gwen Stacy in un albo che mi ha fatto piangere quando ero ragazzo, tuttavia sono loro grato per quelle emozioni che mi porto dietro da una vita. Non pretendo di essere riuscito a fare altrettanto, ma almeno ho cercato di fare mia quella lezione. 

L'illustrazione di Marco Verni per Lucca Comics 2014

Rimando ogni commento sul resto al finale della storia: i fumetti si giudicano dopo la lettura dell'ultima pagina. Grazie comunque ai tanti che mi hanno manifestato il loro apprezzamenti fin da subito, e che si sono detti ansiosi di vedere come vada a finire. 

venerdì 17 ottobre 2014

CICO CAVERNICOLO




Continuano le uscite della collana delle Edizioni IfZagor presenta Cico”, che ripresenta a colori gli albi dedicati anni fa dalla Bonelli alle avventure “in solitaria” del messicano più simpatico del mondo, un vero e proprio “spin-off” della saga dello Spirito con la Scure. La qualità della colorazione è ottima, la copertina viene ogni volta ritoccata, all’interno è presente su ogni numero un mio testo critico che commenta l’avventura, e poiché si tratta di episodi risalenti a oltre venti anni fa rileggerli oggi in questa veste rinfrescata è praticamente un obbligo morale, anche in ricordo di quello straordinario disegnatore che è stato il bravo, versatile e divertente Francesco Gamba (a parer mio, poi ognuno si regoli come crede). 

Cico cavernicolo” ha comunque un ulteriore elemento di interesse, oltre al divertimento che, credo, più o meno garantiscono tutti i racconti di questa serie: ci sono state delle correzioni che hanno reintegrato alcune battute presenti nella mia sceneggiatura e misteriosamente deformate (al punto da non essere più comprensibili) nella prima edizione a stampa del 1993. Il collezionista più intransigente, dunque, dovrà fare di tutto per non lasciarsi sfuggire la riproposta anche nel caso possieda la versione originale: spiegherò tutto meglio fra poco. 



Proseguendo la tradizione di commentare ogni nuova uscita If, non posso che cominciare a occuparmi di questa nono numero notando come se il precedente albo della collana, “Cico Conquistador”, metteva in burla precisi avvenimenti storici, “Cico cavernicolo”, invece, pur narrando le disavventure di un avo del nostro amico messicano, è ambientato in una preistoria di pura fantasia. Le gag raccontate fanno la parodia non della reale vita dei cavernicoli, ma della rappresentazione che di essa si è data in tanti film, romanzi e fumetti. La principale fonte di ispirazione è "La Guerra del Fuoco": non tanto del film di Jean Jacques-Annaud del 1981, quanto del più sconosciuto romanzo, di stampo salgariano, di J. H. Rosny, datato 1909.  Il nome del rivale di Cico, Aghoo, è preso in prestito proprio dal libro dello scrittore francese. 


La scelta dell'argomento preistorico non fu casuale: il 1993 fu, per molti versi l'anno, dei dinosauri. Uscirono libri a iosa sull'argomento, ci furono mostre e documentari e soprattutto uscì negli USA "Jurassic Park" di Steven Spielberg (che da noi sarebbe comunque arrivato più tardi). Il nome della "bella" cavernicola amata da Cico preistorico, Lucy, è chiaramente ispirato a quello dato dagli antropologi a uno scheletro di una femmina di Australopithecus Afarensis trovato nel 1974 in Etiopia e risalente a oltre tre milioni di anni fa.  Alcuni spunti sono stati forniti da "Topolino all'età della pietra" (1940) un classico di Floydd Gottfredson. Altre citazioni sono relative alle strip di B.C. (1958) di Johnny Hart e di Girighiz (1965), un personaggio italiano che compariva su "Linus", di Enzo Lunari.  



Ed ecco, adesso, la battuta restaurata. I cannibali che si vedono a un certo punto della storia, parlando la loro lingua incomprensibile, ricordano l'esistenza di molti altri fumetti cavernicoli, infatti dicono "Girighiz! Alley Oop!" e più tardi: "Troglos! Turok! Yor! Gertie! Ka-zar!". Tutti nomi di eroi dei comics legati alla preistoria. E’ il mio modo per ricordare come tanti fumettisti si siano occupati, in chiave umoristica o avventurosa, dell’Età della Pietra, e il mio Cico arriva buon ultimo (e dissennato) dopo tanto senno. Però, se andate a leggere la seconda vignetta di pagina 106 del “Cico Cavernicolo” del 1993, vedrete che i cannibali dicono: “Ghiz Alleh Oop” e “Stonek Cyor”, parole certamente cannibalesche ma senza senso, che non lasciano capire a che cosa mi stia riferendo. Allo stesso modo, a pagina 16, il nome “Gertie” (quello di un dinosauro creato da Winsor McCay nel 1914) è stato stravolto in “Gert”, mentre “Yor”  (cavernicolo creato nel 1974 da Juan Zanotto) è diventato “Hor” (casualmente, suo figlio). Insomma, io facevo citare fumetti preistorici (e a me fa molto ridere che i cannibali dicano “Ka-Zar!” spaventandosi), ma nell’albo Bonelli questa citazione la trovai sparita quando presi “Cico cavernicolo” in edicola, e ovviamente mi dispiacque. A distanza di 21 anni, ho potuto ripristinare il testo originario, con un minino intervento. Per quale motivo le battute vennero modificate (più che altro, disinnescate)? Non lo so: un errore del letterista? Un intervento redazionale teso a non rendere palese il gioco di citazioni presente anche altrove nel fumetto? Chissà.


Invece, nessuna correzione “disinnescante” ci fu quando Cico finge di impazzire dopo essere stato invasato da un dio e parla in una lingua incomprensibile. In quell’occasione cita nome di personaggi dei manga giapponesi, che non c’entrano niente con la preistoria ma che suonano appunto folli fuori del loro contesto: "Lamù! Shinobi!  Ataru!". 



Da notare, infine, nella “cornice” del racconto, il ritorno di Zagor e Cico nella valle de "I Padroni del Fuoco", e dunque il riferimento a una delle primissime storie dello Spirito con la Scure realizzate da Nolitta & Ferri nel 1964: anche quella, in qualche modo, una avventura preistorica.



sabato 4 ottobre 2014

IL PASSATO DI ZAGOR



Qualche giorno fa, parlando con una amica che nulla sa dello Spirito con la Scure e a cui cercavo di spiegare le caratteristiche dell’eroe, lei se ne è uscita con una domanda che le è sembrata più importante di tante altre: “Ma Zagor ha dei genitori?”. La risposta, ovviamente, è stata che li ha avuti ma sono morti quando lui era ancora un ragazzino. Tuttavia, queste poche parole non esauriscono l’argomento perché, come ben sanno i lettori più affezionati, la tragica fine di Mike e Betty Wilding segna in modo il destino del figlio e, anzi, è proprio quella a innescare l’effetto domino che porterà a trasformare il piccolo Patrick nel Re di Darkwood. 

Le cose da sapere sono tante e tanti gli addentellati con vari racconti sparsi nella serie regolare, in un paio di Speciali e in un Albo Gigante. Stiamo parlando della fondamentale avventura “Zagor Racconta”, scritta da Guido Nolitta, dei due annual “Darkwood Anno Zero” e “La leggenda di Wandering Fitzy” sceneggiati dal sottoscritto, e dello Zagorone “La storia di Betty Wilding”, sempre opera mia, tutte storie illustrate da Gallieno Ferri nel corso di quasi cinquant’anni. Il mio principale contributo alla ricostruzione del passato dello Spirito con la Scure e della sua famiglia sta tuttavia nell’aver attribuito un nome di battesimo all’eroe, che è Patrick, dato che Sergio Bonelli l’aveva taciuto (ovviamente, Sergio fu d’accordo con la mia iniziativa, che non rappresentò un colpo di testa). 

La morte dei genitori di Zagor scatena il desiderio di vendetta del giovane, cresciuto covandolo il proposito di ritrovare e uccidere gli assassini del padre e della madre, ma dopo che il sangue dei due sposi è stato lavato con una strage ancora più cruenta, Patrick scopre che chi aveva compiuto il massacro della sua famiglia intendeva a sua volta vendicarne un altro, messo in atto da Mike Wilding quando ancora vestiva i panni di ufficiale dell’esercito. Non solo, ma il padre adottivo del ragazzo, Wandering Fitzy, perde anch’egli la vita, benché innocente, nell’olocausto finale e il giovane si ritrova solo a riflettere, sconvolto e insanguinato, sulla spirale di violenza da cui si è lasciato travolgere. Proprio per espiare il sangue che gli sporca le mani, Patrick si trasforma in Za-Gor-Te-Nay, una sorta di “peacemaker” nella vasta regione di Darkwood. Dunque lo Spirito con la Scure nasce da un travaglio, ed è un eroe problematico, del tutto diverso dal monolitico Tex Willer.

Spiegare tutto questo in poche parole è difficile, ma mi sono ricordato che in un mio vecchio saggio critico, pubblicato nel 1992 dalla Glamour International Production, avevo analizzato in dettaglio proprio tutti i passaggi di “Zagor Racconta”. Ho pensato, dunque, di mettere a disposizione di tutti, in Rete, un estratto di quel mio testo. Così, a chiunque d’ora in poi mi chiederà notizie sul passato dell’eroe, potrò semplicemente fornire un link. 

Il testo è datato, nel senso che non tiene conto delle rivelazioni fatte negli Speciali successivi e ne “La storia di Betty Wilding”, ma risulta ugualmente corretto. Addirittura, leggendolo vi renderete conto di come proprio in questo mio studio abbia avanzato per la prima volta l’ipotesi che il nome di Zagor fosse Patrick e di come e quando avessero potuto incontrarsi Mike e Betty. 

Un'altra osservazione riguarda il modo con cui Zagor si presenta agli indiani, dicendosi inviato da Manito e chiedendo una obbedienza quasi religiosa. E' evidente che si tratta di un elemento dovuto al ricordo della superstiziosa sottomissione dei pigmei all'Uomo Mascherato, uno dei fumetti ispiratori di Guido Nolitta. Si tratta di una "ingenuità" che poteva essere facilmente accettata dai lettori degli anni Sessanta mentre oggi risulterebbe indigesta. Tuttavia, senza contraddire il passato, oggi possiamo facilmente pensare che Zagor si proponga non come  figlio di una divinità ma come un "protetto" dalla divinità stessa, che riconosce in lui, illuminandolo, quelle stesse grandi doti che gli hanno fatto guadagnare il rispetto (e non la venerazione) dei nativi. Lo Spirito con la Scure non inganna i pellerossa approfittandosi della loro credulità, ma usa i riferimenti al sacro per parlare un linguaggio vicino alla spiritualità indiana. Messa così, la questione sta in piedi ancora oggi.




LA STORIA DI ZAGOR
di Moreno Burattini

dal volume "ZAGOR"
di Moreno Burattini, Francesco Manetti e Alessandro Monti
Glamour International Production
Firenze, 1992

Quando Zagor compare per la prima volta nella seconda vignetta della tavola n°10 dell'albo di esordio, ha due bracciali, il bavero della casacca dotato di lacci, una cordicella sul manico della scure e un coltello fissato alla cintura dietro la schiena: particolari destinati a scomparire in brevissimo tempo dopo i primi assestamenti. Al momento del suo ingresso in scena il personaggio è fornito comunque di tutte le caratteristiche fondamentali su cui si andrà poi costruendo la sterminata saga delle sue avventure: vive in una capanna all'interno di una inaccessibile palude, è temuto e rispettato dagli indiani che lo credono un inviato del Grande Spirito, è dotato di eccezionali doti fisiche e di una vivace intelligenza, possiede un innato senso della giustizia e della tolleranza che lo porta ad autonominarsi garante della pace all'interno della vasta area della foresta di Darkwood. I precedenti che hanno condotto a questa situazione vengono svelati ai lettori soltanto molto tempo dopo, attraverso il racconto che lo stesso Zagor fa all'amico Cico durante un giorno di pioggia.

I genitori di Zagor

Non ci è dato di sapere quale sia il nome di battesimo di Zagor. Per fortuna è possibile attribuirgli un cognome: suo padre si chiamava infatti Mike Wilding. Al di là dell'interesse antroponimico, la figura paterna risulta di fondamentale importanza al fine di ricostruire un ritratto psicologico dell'eroe di Darkwood e di riuscire a comprendere i motivi di certe sue scelte e di molti suoi atteggiamenti. Sarà utile pertanto raccontare rapidamente alcuni antefatti che lo riguardano. 

Fino a quattro o cinque anni prima della nascita del figlio Mike Wilding ricopriva il grado di tenente nelle fila dell'esercito degli Stati Uniti. Accadde che il distaccamento militare da lui comandato si era trovato a dover inseguire una banda di guerrieri Creek datasi alla fuga dopo essere stata sconfitta in combattimento; senonché i fuggitivi avevano incontrato una comunità di indiani Abenaki che un predicatore bianco, Salomon Kinsky, era riuscito a convertire al cristianesimo e a far vivere lavorando la terra sulle sponde del Silver Lake, nel Maine: alcuni Creek vi avevano ottenuto rifugio ed erano stati catturati dai soldati inviati a frugare in ogni capanna e ogni tenda del villaggio. Il tenente Wilding aveva deciso allora di infliggere una "esemplare" punizione agli Abenaki ordinando ai suoi uomini di fucilare trecentoventi abitanti della comunità. La strage, aveva suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica, della stampa e delle stesse autorità militari: l'ufficiale, sottoposto a processo e giudicato colpevole, era stato radiato dall'esercito. La terribile esperienza aveva segnato in maniera indelebile l'animo di Mike Wilding che, almeno apparentemente, aveva mutato in maniera netta la propria indole caratteriale al punto che Zagor aveva avuto modo di crescere all'oscuro di tutto, anzi ricavando dal padre un esempio di vita addirittura ineccepibile, almeno a quanto ci è dato di conoscere. 



Un ruolo fondamentale nell'educazione del futuro Spirito con la Scure venne svolto comunque da sua madre Betty. Nemmeno la donna era a conoscenza della strage del Silver Lake (la vediamo infatti chiedere al marito chi sia Salomon Kinsky, ottenendo una risposta nervosa ed evasiva: "è una vecchia storia, moglie... una faccenda di tanti anni fa di cui non ho tempo di parlarti"), per cui è logico supporre che Mike Wilding abbia avuto modo di incontrarla soltanto dopo la sua radiazione dall'esercito. Zagor ci dice che sua madre gli insegnò a leggere, a scrivere e gli trasmise tutte quelle cognizioni "che elle stessa aveva appreso anni prima nelle scuole europee". Dunque Betty si era traferita, in età quanto meno post-scolare, dall'Europa dove era nata fin negli Stati Uniti: qui aveva incontrato l'ex-tenente (che si era guardato bene dal raccontarle i suoi tristi trascorsi) e lo aveva sposato. E' chiaro a questo punto che la ragazza era arrivata in America all'interno dell'intensissimo flusso immigratorio che agli inizi del secolo scorso popolò gli USA di una enorme folla di pionieri, e sotto la cui pressione si completò l'espansione verso l'Ovest attraverso tutta l'epopea del west e tutto il dolore della guerre indiane. Vi invito adesso a seguirmi attraverso questo breve ragionamento, probabilmente superfluo ma tutto sommato abbastanza divertente. 

Chiediamoci: da quale paese europeo poteva provenire la madre di Zagor? Il nome, Betty, testimonierebbe una provenienza da un paese di lingua inglese; la stessa indicazione ci viene data dalla constatazione del fatto che la donna sembra aver fornito al figlio una eccellente preparazione dal punto di vista linguistico: Zagor si esprime con una notevole proprietà di linguaggio e organizza discorsi retoricamente ineccepibili. D'altra parte non risulta che lo Spirito con la Scure sia a conoscenza del tedesco, del francese o di altre lingue europee, come sarebbe accaduto invece se la madre fosse nata in Germania o in Francia: trasferitasi ini America già cresciuta non avrebbe potuto non comunicare al suo bambino almeno una infarinatura della propria parlata. Dunque è lecito dare per certo che Betty fosse di lingua inglese. Numerosissimi erano del resto gli immigrati irlandesi che sbarcavano all'epoca, ogni anno, negli States: assai più scarso invece il flusso dall'Inghilterra, nazione contro la quale gli USA entrarono fra l'altro anche in guerra nel 1812. è dunque dall'Irlanda che si può ritenere provenisse la ragazza, che per di più presenta i capelli chiari tipici dei suoi probabili connazionali. Se la nostra ricostruzione è corretta, potremmo essere in grado di integrare l'informazione di cui fin dall'inizio lamentavamo la mancanza: il nome di Zagor. Infatti, da una parte abbiamo un uomo desideroso di tagliare in ogni modo i ponti con il proprio passato, dall'altra troviamo invece una ragazza sradicata dalla sua terra e dunque alla ricerca di un collegamento con le proprie tradizioni e la propria identità culturale. Niente di più facile dunque che Betty abbia chiesto ed ottenuto dal marito di poter battezzare il figlio con il nome che con ogni probabilità era stato di suo padre, di suo nonno e di suo fratello: Patrick. San Patrizio è il protettore dell'Irlanda e un gran numero di irlandesi tradizionalmente si chiama come lui. Pat Wilding dunque il nome di Zagor? Chi lo sa: non suona male.

Scene da un matrimonio

I coniugi Wilding, pur provenienti da esperienze diversissime avevano scelto insieme la vita dei pioneri; una scelta d'altra parte molto comune nei primi decenni del diciannovesimo secolo negli Stati Uniti, come spiega lo stesso Zagor: "Mio padre e mia madre, due pionieri come ne esistevano a migliaia, che si erano stabiliti in questa zona con la speranza di condurvi una vita di dignitoso lavoro". Lo Spirito con la Scure ci fornisce anche alcune indicazioni geografiche circa il luogo in cui Mike e Betty Wilding si erano stabiliti: la capanna costruita dal padre "si specchiava nelle acque del Clear Water", un torrente che-stando alla testimonianza di Cico- dopo aver attraversato la foresta di Darkwood si butta nel fiume Ohio. è nella capanna sul Clear Water che Zagor viene alla luce. "Mi capitò la più meravigliosa infanzia che un bimbo possa desiderare...", racconta l'eroe di Darkwood, "la vita della foresta mi offriva continue occasioni di affascinanti scoperte. Crebbi come un piccolo selvaggio vivendo nel bosco a contatto con gli animali". 

Il padre di Zagor doveva aver avviato anche un proficuo piccolo commercio con gli indiani della zona, se è vero che il ragazzo ebbe modo di imparare a trattare con i pellerossa che venivano alla loro capanna "per barattare le pelli con utensili, vecchie coperte ed altre cianfrusaglie". Attraverso questi contatti, il futuro Spirito con la Scure riuscì ad apprendere anche "i dialetti delle varie tribù indiane che vivevano nella vicina foresta, e anche il significato delle fumate che si innalzavano nel cielo e il ritmico e cupo rullare dei tamburi indigeni". Le vignette di Ferri mostrano in flashback il piccolo Wilding preso a benvolere dai pellerossa, i quali indugiano con simpatia in conversazione con lui e si prestano volentieri a soddisfare la sua curiosità. Secondo il racconto di Zagor, la sua famiglia non ebbe mai grossi fastidi da parte degli indiani, diversamente da quanto accadeva ad altri pionieri. La spiegazione che l'eroe dà di questo atteggiamento di stima e tolleranza ci riconduce a quanto avevamo detto all'inizio sostenendo che il tragico episodio della strage del Silver Lake e il drammatico processo terminato con l'espulsione dall'esercito avessero trasformato, almeno nel comportamento esteriore, il cinico e impulsivo tenente Wilding in uomo maturo e ragionevole: "Mio padre"- racconta Zagor- "si era guadagnato la stima generale perché sapeva trattare con uguale amabilità e fermezza sua con gli indiani che con gli uomini bianchi". E non c'è dubbio che questo esempio abbia fortemente influenzato gli atteggiamenti del figlio. 


Ma ecco che all'improvviso l'idilliaca esistenza della famiglia di pionieri viene bruscamente stroncata: Salomon Kinsky, il predicatore che aveva visto decimare la comunità dei suoi Abenaki ad opera di Mike Wilding, riesce a trovare le sue tracce e guida una banda di pellerossa fino alla capanna sul Clear Water deciso ad ottenere una completa vendetta. L'assalto è improvviso e violento. Probabilmente per il padre di Zagor si tratta di una vera e propria materializzazione dei suoi peggiori incubi: quel passato che egli aveva cercato di esorcizzare quasi rimuovendolo dai propri ricordi e non facendone mai parola con nessuno, torna crudelmente alla ribalta esigendo il pagamento di un prezzo altissimo e coinvolgendo anche sua moglie Betty ed il bambino. Di fronte a questa drammatica realtà Mike Wilding si rivela incapace di reagire positivamente e quasi regredisce recuperando il sé stesso di dodici anni prima (tanto era il tempo trascorso dalla strage degli Abenaki); non cerca il dialogo con Salomon Kinsky, non ammette le proprie responsabilità di fronte alla richiesta di spiegazione della compagna: il predicatore gli sembra ancora una volta uno "sporco rinnegato" e i pellerossa dei "cani". Quella sorta di tracotante livore razzista che aveva mosso in lui i fili del tragico ordine della sua strage torna a riemergere: l'uomo buono che lo Spirito con la Scure aveva conosciuto come padre cede di nuovo il posto al tenente Wilding, che sputa il suo veleno al momento di subire la dura vendetta per le sue colpe. 

Gli Abenaki circondano la capanna e la crivellano di colpi. Nel corso del furioso combattimento il piccolo Zagor si trova costretto ad uccidere il primo uomo della sua vita: incaricato di provvedere al caricamento delle armi, si accorge di un indiano comparso nel vano della finestra pronto a colpire con la scure il padre e con incredibile sangue freddo e prontezza di riflessi fa fuoco, trafiggendolo da parte a parte con l'asta che stava utilizzando per inserire il piombo nella canna del fucile. Quando la capanna viene data alle fiamme i genitori abbracciano per l'ultima volta il piccolo Zagor e vincendo le sue resistenze lo gettano nelle acque del Clear Water che scorrono nei pressi della finestra sul retro, con la speranza che almeno il bambino passi inosservato e sfugga alla strage.



Wandering Fitzy

E' a questo punto dell'avventura umana del piccolo Wilding che egli incontra una persona che risulterà di fondamentale importanza per la nascita della leggenda di Zagor: Wandering Fitzy. Si tratta di una figura dall'eccezionale caratterizzazione psicologica nella quale Sergio Bonelli ha sicuramente riversato molti dei suoi atteggiamenti personali, dimostrando tutto il suo talento di narratore sempre profondamente partecipe delle vicende che va raccontando come uno qualunque dei suoi lettori. Ma chi è Wandering Fitzy? "Ecco una domanda a cui non è facile trovare una risposta precisa!", dichiara Wandering Fitzy stesso replicando a una domanda di Zagor che lo interroga in proposito, "Una volta, questo è certo, ero un grosso mercante di Boston. Ma poi ne ebbi abbastanza della città, dell'amministrazione, del ricevimento e di tutto il resto e feci fagotto. Partii allora per queste regioni selvagge e cominciai una nuova splendida vita". 

Un affascinante autoritratto di questo strano vagabondo (“wandering” in inglese significa appunto "girovago", "nomade") ci viene fornito da un suo splendido monologo che vale la pena di rileggere integralmente: "Non compongo poesie ma in un certo senso sono un poeta, tenuto conto che passo ore intere in contemplazione dei fiori, del cielo, dell'acqua...della natura, insomma. Non ho discepoli né opere scritte, ma mi si potrebbe appioppare l'etichetta di filosofo, visto che trascorro un mucchio di tempo in solitarie meditazioni sui fatti della vita umana. Non ho mai pensato di disegnare una mappa ma potrei fregiarmi del titolo di esploratore, considerato che ho percorso ogni risposto angolo di queste meravigliose terre sconosciute. Non ho mai sparato un solo colpo di fucile, ma sono sicuramente un cacciatore visto che mi procuro il cibo ai danni degli sventurati animali. Poeta...vagabondo...filosofo...cacciatore e un mucchio di altre cose: in due parole io sono un uomo libero, ibero da tutte le convenzioni, le ipocrisie che, al contrario, rendono schiavi gli uomini che amano definirsi civili." Non sarà sfuggito a nessuno il particolare rifiuto da parte di Wandering Fitzy di utilizzare armi da fuoco: il girovago infatti fa ricorso esclusivamente all'uso di un tomahawk indiano che riesce a manovrare con eccezionale maestria. "Quest'arma corrisponde ai miei limitati bisogni", spiega egli stesso, "infatti se da un lato non possiedo nessun vero amico, dall'altro non ho neppure dei nemici e perciò non mi devo preoccupare di difendermi". Non occorrerà dilungarsi troppo per sottolineare come sia l'abilità di Wandering Fitzy nell'uso della scure sia la sua particolare filosofia di vita abbiano lasciato il segno nel giovanissimo Zagor. 



L'insolito vagabondo soccorre il piccolo Wilding trascinato dalle acque del torrente fino a diverse miglia dalla sua capanna, e dopo aver ascoltato il suo racconto lo riaccompagna sul luogo dell'assalto. Lì giunti non possono che dar sepoltura ai corpi dei genitori del ragazzo, il quale davanti alle tombe di suo padre e sua madre giura di vendicare la loro morte: "Addio, mamma cara...addio papà...riposate in pace. Io non vi dimenticherò mai...e non dimenticherò neppure il nome di colui che vi ha strappati a me! Salomon Kinsky...dovessi cercarti per tutta la vita, un giorno ti troverò e ti ucciderò con le mie mani!". Wandering Fitzy assiste preoccupato al terribile giuramento, ma non interviene: decide comunque di prendersi cura del piccolo portandolo con sé nelle sue peregrinazioni. Racconta Zagor: "Iniziò per me un periodo assolutamente fantastico, indescrivibile. Io e Fitzy ci spingemmo negli angoli più remoti della Pennsylvania, della Virgina, dell'Ohio. Passavamo gli inverni oziando nell tende di qualche tribù indiana, oppure ripagando con dei lavori l'ospitalità offerta da comunità di cacciatori, o dividendo le sfibranti fatiche di isolati cercatori d'oro. E così mentre i mesi, gli anni passavano in una continua, meravigliosa scoperta di paesi e gente nuova, io crescevo forte e robusto ed avevo fatto tesoro di tutte le esperienze del mio amico che, dietro le mie insistenti richieste mi aveva insegnato a maneggiare la scure con la sua stessa abilità. Furono davvero anni felici". SI andava man mano costruendo tutto il background umano e culturale di quello che sarebbe diventato l'eroe di Darkwood. il quale poteva arricchire giorno dopo giorno il suo carnet di esperienze e abilità sotto la guida davvero sapiente ed illuminata di un eccezionale maestro di vita quale Wandering Fitzy.


Vendetta!

Tuttavia Zagor non riesce a liberarsi del pensiero ossessivo della vendetta: "Durante le nostre peregrinazioni io non perdevo mai l'occasione di ripetere a chiunque il nome di Solomon Kinsky sperando di ottenere qualche notizia che mi permettesse di rintracciare l'uccisore dei miei genitori". Wandering Fitzy manifesta chiaramente la sua preoccupazione per questa rabbiosa determinazione dell'amico e cerca di convincerlo a dimenticare il suo giuramento: "Sono passati degli anni, ormai, e tu hai sacrificato le gioie della tua giovane esistenza ad un sentimento di odio che ti impedisce di dare un giusto senso alla vita. Dimentica quel nome e liberati dal demone della vendetta! La giustizia, come la verità, non è mai tutta da una parte, rammentalo!". Quanta saggezza si nasconde dietro le parole di Wandering Fitzy, Zagor avrà modo di scoprirlo a sue spese non molto tempo dopo. 

Un giorno, nella regione a est del lago Otario, ecco le prime tracce di Salomon Kinsky che da quelle parti risulta essere un personaggio alquanto noto. Lo Spirito con la Scure raccoglie tutte le informazioni possibili su di lui e sulla comunità Abenaki che ha ricostituito e riorganizzato sulle rive del lago proseguendo nella sua opera di predicazione e civilizzazione delle popolazioni rosse. Quindi si mette in cammino verso il villaggio indiano deciso a compiere la sua tremenda vendetta. La punizione contro gli Abenaki scatta implacabile: con una impeccabile tecnica di guerrigliero lo Spirito con la Scure colpisce i pellerossa al lavoro nei campi, seminando la morte con le silenziose armi bianche che gli permettono di decimare gli avversari uno ad uno dileguandosi poi nel nulla dopo ogni azione. Salomon Kinsky decide allora di mettere in salvo la popolazione inerme e gli uomini meno validi, facendo trovare loro scampo su un'isoletta in mezzo al lago: nel villaggio ad affrontare Zagor, rimangono soltanto lui e due indiani. Lo Spirito con la Scure irrompe dunque nell'abitato in fiamme e con furia implacabile sgomina i due pellerossa e si para davanti al predicatore. Poi, di fronte all'uomo ridotto a mal partito che implora una morte rapida, gli svela la propria identità. 



Il predicatore allora racconta anche la sua verità: "Che tu lo sappia o no, tuo padre era il più feroce carnefice che i conquistatori bianchi vantassero in questa regione!". Tutta una serie di giornali di oltre vent'anni prima, custoditi in una cassapanca, offrano le prove di questa sconcertante verità: Zagor allibisce  di fronte ai titoli che descrivono suo padre come "il massacratore di Silver Lake" e raccontano della sua espulsione dall'esercito. Il giovane si china nascondendo il volto tra le mani in preda allo sconforto, mentre alle sue spalle Salomon Kinsky recupera silenziosamente la sua pistola e gliela punta contro pronto a far fuoco. Ma ecco irrompere nella stanza Wandering Fitzy: Kinsky rivolge a lui la canna dell'arma esplodendo un colpo. Il vagabondo lancia la sua infallibile scure che colpisce Kinsky alla testa uccidendolo. Zagor ringrazia l'amico per il provvidenziale intervento, e gli confida tutta la sua amarezza: "Quest'uomo e alcuni vecchi giornali mi hanno rivelato fatti terribili...cose che io ignoravo completamente e che gettano una nuova luce su avvenimenti passati e anche sulla mia impresa di oggi. Queste rovine, tutti questi morti...ora assumono un significato totalmente diverso, e quella vendetta che io attendevo come una sorta di liberazione si è trasformata in un nuovo e più pesante incubo. Sono stato pazzo a non darti ascolto quando mi dicevi che la verità e la giustizia non si trovano mai da una sola parte". 


Poi, un tragico colpo di scena: Wandering Fitzy, dopo aver ascoltato queste parole, crolla a terra. La pallottola esplosa contro di lui da Salomon Kinsky aveva raggiunto il bersaglio e Zagor si rende immediatamente conto della gravità della situazione. Il volto del vecchio vagabondo è sereno come sempre: "Guarirò... abbiamo ancora tantissime cose da fare insieme, ragazzo...un mucchio di luoghi nuovi da vedere, sai? Ho sentito dire che verso ovest, oltre il fiume Missisippi, si stendono pianure sconfinate dove galoppano milioni di bisonti. E’ una specie di oceano verde, dove ben pochi essere umani si sono avventurati...ma noi ci andremo, non è vero?". Da buon maestro, Fitzy lascia al discepolo anche un estremo messaggio di speranza ed un'ultima indicazione per il futuro: "Per te quello di oggi è un durissimo giorno, ma ora devi cercare di reagire. Tira un colpo di spugna su tutto quanto. Sei un ragazzo in gamba e hai tutte le possibilità di dimenticare i tuoi errori, contribuendo a dare la pace a questo paese tormentato dall'incomprensione e dalla violenza." Infine muore tra le braccia di Zagor. 

Nel volgere di un solo giorno lo Spirito con la Scure aveva perduto tutto ciò che era a lui più caro: lo struggente, idealizzato ricordo di suo padre e anche l'unico amico, il compagno di tanti anni, vittima innocente del suo desiderio di vendetta. Un'esperienza senza dubbio sconvolgente e terribile. Racconta ancora lo stesso Zagor: "Sconvolto e inorridito uscii da quella maledetta capanna, attraversai il villaggio devastato dalla mia collera e, quasi senza accorgermene mi tuffai nel verde del bosco senza alcuna meta...per ore e ore, finché la stanchezza ebbe la meglio su di me ed io, sfinito, piombai in un sonno profondo tormentato dai fantasmi del passato lontano e recente. Quanto tornai in me ebbi immediatamente una terribile, opprimente sensazione: ero solo, nuovamente solo. Per di più, ora, un nuovo sentimento si agitava nel mio animo senza concedermi un attimo di pace: il rimorso! MI rendevo conto di aver coinvolto la vita di molti innocenti in una vicenda dai contorni oscuri e per la prima volta capivo quanto fosse difficile, in certi casi, stabilire con esattezza da che parte sia il torto e da quale sia la ragione". Come si vede, Guido Nolitta ha saputo dotare il suo personaggio di uno spessore psicologico, ideale e morale di grande livello, quale è difficile riscontrare nei character a fumetti, specialmente in quegli anni.



Nasce lo Spirito con la Scure

Lasciamo ancora una volta la parola a Zagor: "Balenò dentro di me una improvvisa decisione: avrei cercato di cancellare il male che avevo fatto con la mia sete di vendetta compiendo in un futuro un'pera pacificatrice. Avrei cercato di smussare le frequenti incomprensioni tra i bianchi e gli indiani porgendo il mio aiuto a quella delle due parti che me ne sembrasse meritevole, al di sopra di ogni discriminazione razziale. La facilità con cui parlavo molti dialetti indiani, l'abilità con cui maneggiavo la scure e tutta l'esperienza accumulata in tanti anni di vita nei boschi mi furono assai utili ed ebbi modo in varie occasioni di tirar fuori dai guai i più disparati individui. Talora facevo da guida ad una carovana smarrita in modo che non varcasse i confini dei territori indiani, talaltra aiutavo l'esercito a scoprire dei loschi trafficanti di armi e di liquori". Inizialmente Zagor non indossava ancora il suo singolare costume né aveva scelto un nome di battaglia, né limitava i suoi interventi ad una zona particolare del Nord-est. Lo vediamo muoversi nelle vignette di Ferri abbigliato come un trapper, anche se fornito però della sua inimitabile scure. 



Finché un giorno gli capita di giungere in soccorso di un gruppo di attori girovaghi attaccato dagli indiani. Sgominati i pellerossa i guitti hanno modo di presentarsi al loro salvatore: si tratta dei Sullivan, una famiglia che si potrebbe definire "circense" composta dal padre, Tobia, e da due figli, Orazio e Romeo. Per amor di erudizione possiamo annotare che il cognome della simpatica combriccola non è stato scelto a caso: Nolitta si è probabilmente ricordato della formidabile coppia formata da Arthur Sullivan e W.S. Gilbert i quali nella seconda metà dell'ottocento composero una incredibile varietà di light operas, ovvero commedie musicali (noi le chiameremmo "operette") dalle melodie facili e accattivanti e dai testi brillanti che ebbero un grandissimo successo nei teatri inglesi e americani. 



Venuti a conoscenza della storia di Zagor e del suo insolito duplice ruolo di mediatore e di giustiziere, i Sullivan suggeriscono al giovane di far aleggiare intorno a sé un teatrale senso di fascino e di mistero. "Potresti ottenere più facilmente degli ottimi risultati se ricorressi a qualche elemento che possa far presa sui tuoi nemici, su quelli più impressionabili e ignoranti, come gli indiani", gli dice Tobia, "bisognerebbe creare intorno alla tua figura un alone di mistero, una fama che intimidisse gli avversari facendo passar loro la voglia di affrontarti. Da vero uomo di teatro io conosco bene l'arte di impressionare la gente. Prima di tutto ci vuole qualcosa che ti renda facilmente identificabile: un costume, per esempio. E poi ci vuole un nome, un nome che faccia effetto...magari un nome indiano che abbia un significato un po' minaccioso". E' così che nasce lo Spirito con la Scure, un nome che "suona bene" e si addice al modo di combattere del giovane Wilding, il quale lo traduce in dialetto algonkino trasformandolo in "Za-gor-te-nay". O, più semplicemente, Zagor.  



I tre attori si incaricano di curare la sapiente regia dell' "entrata in scena" del personaggio, la "presentazione ufficiale" del loro nuovo Signore degli indiani della foresta di Darkwood. Il luogo della prima apparizione viene individuato nella "Radura della Piccola Acqua", un ampio spazio erboso dove ogni anno si svolge il Consiglio di Primavera, una riunione nel corso della quale i capotribù discutono dei problemi comuni. Giunti sul posto qualche giorno prima dell'evento, i Sullivan allestiscono il palcoscenico ed organizzano gli effetti speciali: infine Zagor indossa il costume preparato per lui da Romeo, "il costume della compagnia", e si appresta al grande debutto. L'eroe prende posto in un nascondiglio approntato su una piccola altura che domina la radura ed assiste all'arrivo delle varie delegazioni e all'inizio della discussione tra i sakem. Uno di loro, Oga-lto, capo dei Wyandot, prende rabbiosamente la parola incitando gli altri alla rivolta contro i bianchi e proclamando la sua volontà di assaltare e distruggere i fortini militari della regione. è il momento adatto perché lo Spirito con la Scure possa finalmente intervenire: un artificiale rombo di tuono prodotto da Romeo Sullivan ed una esplosione scatenata dalla polvere pirica fatta divampare dallo stesso Zagor suscitano la paura e la meraviglia dell'assemblea dei pellerossa. Il giustiziere di Darkwood compare quindi imponente sulla sommità dell'altura, come apparso dal nulla dopo un fulmine di Manito. Subito i più superstiziosi fra gli indiani si inginocchiano ritenendo di trovarsi di fronte ad una divinità, e lo Spirito con la Scure può pronunciare il primo discorso ufficiale. 


Non tutti i pellerossa sono disposti ad accettare l'invito del nuovo personaggio ed a credere che si tratti veramente del nuovo inviato di Manito: Oga-lto imbraccia prontamente un fucile e spara in direzione di Zagor con un chiaro gesti di sfida. Ha luogo così il primo duello tra l'eroe calato nel suo nuovo personaggio ed un agguerrito avversario, ed il capo Wyandot diviene anche il primo nemico ucciso dallo Spirito con lo Scure in questa veste. "Non avrei mai voluto iniziare la mia missione uccidendo un uomo di quella razza che mi sono prefisso di difendere, tuttavia la pazza ostinazione di Oga-lto non mi ha lasciato altra scelta", dichiara Zagor parlando di nuovo agli altri indiani, "che i Wyandot ritornino ai loro villaggi e si scelgano un sakem più saggio e più ragionevole! In quanto a voi, grandi capi, continuate il vostro Consiglio di Primavera nello stesso spirito di pace con cui l'avete iniziato: questo è l'augurio di Za-gor-te-nay!". Detto ciò, l'eroe lancia per la prima volta il suo urlo di guerra, destinato a diventare famosissimo. 

Dai commenti che si scambiano fra loro i tre Sullivan risulta chiaro che il grido non era stato da loro suggerito, ma aggiunto dallo stesso Zagor come tocco finale allo spettacolo che essi avevano organizzato. La leggenda dello Spirito con la Scure è cominciata: vi sembra inverosimile? Chi lo sa: certo è che in un mondo magico e incantato come quello dei fumetti dove succede che un ragazzo morso da un ragno radioattivo si messa a camminare allegramente sulle pareti e un archeologo giri per il mondo portandosi dietro un uomo di Neanderthal come assistente, può capitare anche che un giovane uscito da esperienze tragiche e sconvolgenti possa decidere di indossare uno strano costume e presentarsi a degli indiani come una sorta di divinità.