Ho raccontato spesso della mia passione per Isaac Asimov, e ho dedicato un articolo di questo blog all'analisi della sua produzione gialla. Ovviamente, c'è molto di più e conto, con il tempo, di arrivare a parlare di tutto. Per proseguire, vi ripropongo il seguente saggio sui romanzi e i racconti con protagonisti i robot. Il film "Io, Robot" e la consuetudine a citare le "Tre Leggi della Robotica" anche in contesti non letterari hanno reso familiare al grande pubblico questo aspetto dell'opera asimoviana. Tuttavia, se volete approfondire potete leggere quel che io e Alessandro Monti scrivemmo sul n° 11 della fanzine "Collezionare", datato gennaio 1988. Si intende che l'aggiornamento delle notizie è limitato a quella data, ma non c'è molto altro da aggiungere (Asimov è morto nel 1992).
I ROBOT DI ASIMOV
di Moreno Burattini e Alessandro Monti
Il complesso di Frankenstein
La parola “robot” deriva da un termine slavo che significa “lavoro dipendente”. Lo scrittore Karel Capek per primo la utilizzò per indicare un uomo artificiale in un suo dramma del 1921 intitolato “R.U.R.”. già in precedenza, comunque, la letteratura aveva conosciuto degli automi, anche se nessuno aveva mai provveduto a coniare un termine univoco che servisse ad indicarli: secondo Dalton Knight il capostipite assoluto del robot sarebbe il mitico gigante Thalos, ma robot erano già anche i leggendari “golem” costruiti dagli slavi di Praga per difendersi dai propri nemici, ed in senso propriamente fantascientifico un robot appare nel romanzo Moon’s Manster di Ambrose Bierce pubblicato nel 1893. Nessuno di questi robot è tuttavia un “precedente” dei robot di Asimov, i quali si sono imposti in maniera completamente nuova e rivoluzionaria nei confronti della tradizione. Comunque, come dice Roberta Rambelli, “se non hanno antenati diretti, i robot di Asimov hanno, al contrario, una discendenza immensa eormai famosa. Quasi nessun autore di science-fiction, oggi, inventa un robot senza condizionarlo alle Leggi della Robotica, magari sottintendendole invece di esprimerle”.
In che cosa consiste la “rivoluzione” asimoviana? Per comprenderlo bisogna spendere qualche parola sulle storie di automi precedenti la teorizzazione delle Tre Leggi: si trattava invariabilmente di racconti afflitti da quello che lo stesso Asimov chiama il “Complesso Frankestein”. Così come il mostro creato dalla fantasia di Mary Shelley si ribella al dottor Frankestein che lo aveva costruito nel suo laboratorio, anche i robot dell’epoca sfuggivano al controllo dei progettisti e si presentavano ai lettori come una autentica minaccia. “Questi racconti - spiega lo scrittore - erano un miscuglio di sferraglianti clan-clang, di aaargh! e di morali del genere: 'ci sono cose nelle quali è meglio che l’uomo non metta il naso'. I pochi passi in cui i robot non erano visti come una minaccia, erano quelli in cui i robot finivano per essere creature patetiche vittime degli essere umani".
Nel 1940, mentre scriveva il suo primo racconto di robot, “Robbie” (che comunque rientra in questa categoria), Asimov cominciò a pensare ad un tipo di robot che non fosse né minaccioso né patetico, ma semplicemente un prodotto industriale con dei dispositivi di sicurezza che gli impedissero in ogni caso di nuocere agli essere umani. Questi dispositivi furono da Asimov individuati nelle Tre Leggi della Robotica, imperativi categorici saldamente inculcati nei circuiti positronici del cervello di spugna al platino-iridio dei robot. Il nuovo punto di vista attecchì. Prosegue Asimov: “I lettori, gli autori ed i direttori delle riviste di science-fiction convennero che i miei robot erano realmente i robot dell’aera del macchine e non più i robot del medioevo, con i suoi golem ed i suoi automi”.
Le Tre Leggi della Robotica
1- Un robot non può recar danno ad un essere umano né permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano riceva danno.
2- Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, perché tali ordini non contravvengono alla Prima Legge.
3- Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.
Questi i termini delle tre Leggi della Robotica come furono formulate da Asimov negli anni ’40. Chi avrebbe mai potuto dire, allora, che la parola “robotica” inventata di sana pianta dallo scrittore, sarebbe divenuta quella che oggi designa la scienza (ormai avanzata) che si occupa dei robot? Ma a parte questo, se i robot dessero sempre una interpretazione univoca delle Tre Leggi, e se queste fossero sufficienti a tranquillizzare la paura ancestrale dell’uomo verso e macchine, non si potrebbero trovare pretesti per scrivere dei racconti. Ma proprio qui si rivela l’incredibile capacità di costruzione di trame di Asimov e le sue abilità nel dare uno spessore psicologico a personaggi che a molti potrebbero sembrare freddi e sterili. Due sono i principali punti di partenza dei racconti asimoviani: il primo è costituito dalle apparenti violazione delle Leggi da parte dei robot che, in particolari condizioni, si rivelano invece male interpretare i tre diktat; il secondo motivo è l’avversione rappresentata dagli automi: è il “Complesso di Frankestein” che li porta ad avere una radicata paura degli uomini meccanici.
Ai tempi di Susan Calvin (la robopsicologa protagonista di molti racconti) ai robot non è permesso circolare attivati sul pianeta Terra, ma anche successivamente, negli anni in cui si snoda la saga di Daneel Olivaw ed Elijah Baley essi hanno un largo impiego soltanto sui cosiddetti “mondi spaziali”. Questi due punti di partenza corrispondono perfettamente al duplice interesse di Asimov per le tematiche tecnologiche e sociologiche. Non si può fare a meno di notare con la Rambelli che “proprio un autore come Asimov, il quale ha al suo attivo ottime opere di divulgazione scientifica, sia stato uno dei primi a superare con decisione la trappola didascalica, realizzando un equilibrio che è poi rimasto come modello e misura della migliore science-fiction mondiale” riuscendo a non trasformare la fantascienza tecnologica in spicciola divulgazione o pedante nozionismo.
Romanzi e racconti
Il ciclo asimoviano dei Robot è suddiviso in due distinti rami: quello dei racconti, ognuno dei quali presenta e risolve un problema diverso, e quello dei romanzi, in cui ogni volume è una specie di capitolo di un’unica e più ampia vicenda. Fa eccezione il racconto Mirror Image (Immagine speculare) che appartiene al secondo gruppo di storie. Benché le vicende narrate da Asimov nei suoi racconti siano scollegate l’una con l’altra, possono esserci (e ci sono) alcuni personaggi ricorrenti che fungono da trait d’union: i principali sono la robopsicologa Susan Calvin e la coppia di astronauti Powell & Donovan. In genere i racconti sono ambientati negli anni in cui la robotica va sviluppandosi ed affermandosi come industria fondamentale per il progresso della civiltà umana, in una precedente al periodo nel quale sono ambientati i romanzi. Il gruppo dei romanzi ci presenta l’umanità rigidamente suddivisa in Spaziali e Terrestri. I primi sono i discendenti degli uomini che, grazie ai robot, riuscirono s colonizzare una cinquantina di mondi di altri sistemi planetari: gli Spaziali, numericamente molto inferiori ai Terrestri, li superano in tecnologia e potere economico: inoltre l’ambiente asettico dei loro mondi e la loro avanzatissima ingegneria biomedica fanno si che essi godano di una vita lunga alcune centinaia di anni. I Terrestri, invece, sono stipati all’interno di immense città-formicaio che si sviluppano per centinaia di metri nel sottosuolo, soffrono di agorafobia e non è loro concesso di lasciare il pianeta.
La U.S. Robots and Mechanical Men Co.
Per quanto riguarda i racconti, sarebbe molto lungo (e, crediamo, inutile) riassumere le trame, in quanto ognuno fa storia a sé ed è molto più divertente leggerseli per conto proprio- cosa che naturalmente vi invitiamo a fare. Tuttavia è interessante notare come proprio nella lunga serie dei racconti vengano introdotti elementi e presentate tematiche che saranno poi determinanti nel corso delle vicende dei romanzi. Per esempio, il Tony del racconto Satisfaction Guaranted (1951) prototipo do robot umanoide, diventerà il Daneel Olivaw di tutti i romanzi, ed il robot RB-34 presentato in Liar! (1941), robot dotato di poteri telepatici, diviene il Giskard de “I Robot dell’Alba” e de “I Robot dell’Impero”. Al di là dei singoli personaggi, è comunque all’interno dei racconti che si narrano le vicende di tutti quei secoli di storia che separano l’anno della fondazione dalla U.S. Robots and Mechanical Man Co. (il 1982) da quello in cui si svolge il primo dei romanzi robotici, “Caves of Steel”. I racconti dedicati ai robot scritti da Asimov sono circa una trentina, pubblicati nell’arco di tempi che va dal 1940 al 1976. Apparsi quasi tutti in rivista, sono stati successivamente raccolti in volume dallo stesso Asimov, che ne del resto inseriti parecchi anche in molte altre antologie non espressamente robotiche.
La prima raccolta di racconti apparve nel 1950 preso la piccola casa editrice Gnome Press, ma fu portata al successo soltanto nel 1963 quando la Doubleday ne acquistò i diritti: si tratta di I, Robot (Io, Robot), considerato uno dei testi fondamentali della fantascienza tecnologica. La risonanza mondiale ottenuta dal volume spinse Asimov a pubblicare una seconda antologia, The Rest of the Robots (il secondo libro dei Robot), uscita sempre per la Doubleday nel 1964. C’è da notare che quando nel 1969 lo scrittore compose il racconto Femminine Intuition (“Intuito Femminile”) lo inserì nella nuova edizione di questa antologia, che dunque presenta due diverse versioni delle quali l’ultima è più ricca di materiale. Infine, nel 1982 la Nightfall Inc. pubblicò The Complete Robot (Tutti i miei Robot”) dove furono finalmente riuniti tutti i racconti più recenti dedicati da Asimov ai Robot, compresi i più recenti e con l’aggiunta di alcune storie con protagonista il gigantesco computer Multivac.
Lije Baley e Daneel Olivaw
Degna di essere raccontata, anche per il collegamento che essa ha con il ciclo dell’Impero e con quello della Fondazione, è la saga dei romanzi dei robot. Il periodo in cui la vicenda ha inizio si può individuare in uno dei primi secoli del quarto millennio. Gli uomini sono divisi in Spaziali e Terrestri, come dicevamo, e le città dei Terrestri sono incredibili formicai sotterranei dove la gente vive senza mai uscire all’aperto. Gli Spaziali detengono quindi il potere economico e tecnologico, e benché formalmente indipendenti, i Terrestri risultano praticamente sottomessi. Si può quindi ben capire quanto possa essere grave l’uccisione, avvenuta nella Terra, di Roj Nennenuh Sarton, un importante rappresentante degli Spaziali sul nostro pianeta: il caso rischia di provocare una drammatica serie di reazioni politiche, se non viene subito arrestato il colpevole. A svolgere le indagini viene chiamato l’investigatore terrestre Lije Baley, a cui gli Spaziali affiancano un robot androide chiamato Daneel Olivaw: il sottile gioco psicologico dell’integrazione fra l’uomo ed il robot è colorato da Asimov con incredibile abilità. Le indagini si svolgono nell’allucinante New York sotterranea, e mettono in mostra le complesse motivazioni sociologiche dell’incompatibilità fra terrestri e Spaziali: si capisce che il giallo (pur avvincente) è in realtà soltanto il pretesto utilizzato dallo scrittore per portare avanti un discorso assai più profondo. (Caves of steel, “Abissi d’acciaio”). Risolto il primo caso, dopo qualche tempo Baley viene di nuovo chiamato all’azione: questa volta un delitto è stato commesso su Solaria, uno dei mondi degli Spaziali. Sempre con Daneel al suo fianco l’ investigatore terrestre può dunque vistare il pianeta e rendersi conto dell’organizzazione sociale e dei modi di vita dei discendenti degli antichi colonizzatori dello spazio. Tutto questo narrato in The Naked Sun (“Il Sole Nudo”). Tra questo secondo romanzo ed il terzo successivo si inserisce il racconto Mirror Image, il quale, pur essendo assai breve ha protagonisti proprio Elijah Baley e Daneel Olivaw.
Nel terzo volume della trilogia dedicata a Elijah Baley, The Robots of Dawn (“I Robot dell’alba”) il Terrestre viene inviato su di altro mondo spaziale, Aurora. Questa volta è un robot ad essere stato ucciso (o meglio: disinserito) e Baley deve scoprire chi l’ha fatto ma anche perché. Al suo fianco non c’è solo Daneel ma anche un piccolo robot telepatico chiamato Giskard che avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’intera satira dell’umanità. Infatti l’episodio dell’ “eliminazione” dei robot si inserisce in un complesso gioco di strategie politiche che ha sullo sfondo il destino del genere umano: gli Spaziali sembrano infatti ormai incapaci di proseguire l’opera di colonizzazione della Galassia iniziata dai loro antenati, e molti Terrestri, tra cui lo stesso Baley, premono perché sia loro concessa la facoltà di tentare di nuovo la via dello spazio. Nel quarto romanzo della serie, Robots and Empire (“ I Robot e l’Impero”), Elijah Baley è ormai morto da quasi duecento anni, ma Daneel e Giskard continuano la sua opera e, lottando contro quanti si oppongono allo sviluppo della conquista della Galassia. Il pianeta madre cade però vittima di un complotto organizzato da alcuni Spaziali e si avvia a diventare irrimediabilmente contaminato e dunque inabitabile. I due robot divengono quindi i principali artefici dell’avvento del futuro Impero Galattico, le cui vicende Asimov narra in un altro ciclo di romanzi e conclude in quello della Fondazione. Non solo: trovandosi di fronte a problemi di cos’ ampia portata, i due automi finiscono per arrivare a superare i limiti delle Tre Leggi della Robotica, teorizzando una fondamentale Legge Zero che dice: “Un Robot non può danneggiare l’umanità o permettere attraverso l’inazione che l’umanità venga danneggiata”.