martedì 30 aprile 2013

I ROBOT DI ASIMOV



Ho raccontato spesso della mia passione per Isaac Asimov, e ho dedicato un articolo di questo blog all'analisi della sua produzione gialla. Ovviamente, c'è molto di più e conto, con il tempo, di arrivare a parlare di tutto. Per proseguire, vi ripropongo il seguente saggio sui romanzi e i racconti con protagonisti i robot. Il film "Io, Robot" e la consuetudine a citare le "Tre Leggi della Robotica" anche in contesti non letterari hanno reso familiare al grande pubblico questo aspetto dell'opera asimoviana. Tuttavia, se volete approfondire potete leggere quel che io e Alessandro Monti scrivemmo sul n° 11 della fanzine "Collezionare", datato gennaio 1988. Si intende che l'aggiornamento delle notizie è limitato a quella data, ma non c'è molto altro da aggiungere (Asimov è morto nel 1992).


I ROBOT DI ASIMOV
di Moreno Burattini e Alessandro Monti


Il complesso di Frankenstein

La parola “robot” deriva da un termine  slavo che significa “lavoro dipendente”. Lo scrittore Karel Capek per primo la utilizzò per indicare un uomo artificiale in un suo dramma del 1921 intitolato “R.U.R.”. già in precedenza, comunque, la letteratura aveva conosciuto degli automi, anche se nessuno aveva mai provveduto a coniare un termine univoco che servisse ad indicarli: secondo Dalton Knight il capostipite assoluto del robot sarebbe  il mitico gigante Thalos, ma robot erano già anche i leggendari “golem” costruiti dagli slavi di Praga per difendersi dai propri nemici, ed in senso propriamente fantascientifico un robot appare nel romanzo Moon’s Manster di Ambrose Bierce pubblicato nel 1893. Nessuno di  questi robot è tuttavia un “precedente” dei robot di Asimov, i quali si sono imposti in maniera completamente nuova e rivoluzionaria nei confronti della tradizione. Comunque, come dice Roberta Rambelli, “se non hanno antenati diretti, i robot di Asimov hanno, al contrario, una discendenza immensa eormai famosa. Quasi nessun autore di science-fiction, oggi, inventa un robot senza condizionarlo alle Leggi della Robotica, magari sottintendendole invece di esprimerle”. 

In che cosa consiste la “rivoluzione” asimoviana? Per comprenderlo bisogna spendere qualche parola sulle storie di automi precedenti la teorizzazione delle Tre Leggi: si trattava invariabilmente di racconti afflitti da quello che lo stesso Asimov chiama il “Complesso Frankestein”. Così come il mostro creato dalla fantasia di Mary Shelley si ribella al dottor Frankestein che lo aveva costruito nel suo laboratorio, anche i robot dell’epoca sfuggivano al controllo dei progettisti e si presentavano ai lettori come una autentica minaccia. “Questi racconti - spiega lo scrittore - erano un miscuglio di sferraglianti clan-clang, di aaargh! e di morali del genere: 'ci sono cose nelle quali è meglio che l’uomo non metta il naso'. I pochi passi in cui i robot non erano visti come una minaccia, erano quelli in cui i robot finivano per essere creature patetiche  vittime degli essere umani". 

Nel 1940, mentre scriveva il suo primo racconto di robot, “Robbie” (che comunque rientra in questa categoria), Asimov cominciò a pensare ad un tipo di robot che non fosse né minaccioso né patetico, ma semplicemente un prodotto industriale con dei dispositivi di sicurezza che gli impedissero in ogni caso di nuocere agli essere umani. Questi dispositivi furono da Asimov individuati nelle Tre Leggi della Robotica, imperativi categorici saldamente inculcati nei circuiti positronici del cervello di spugna al platino-iridio dei robot. Il nuovo punto di vista attecchì. Prosegue Asimov: “I lettori, gli autori ed i direttori delle riviste di science-fiction convennero che i miei robot erano realmente i robot dell’aera del macchine e non più i robot del medioevo, con i suoi golem ed i suoi automi”.



Le Tre Leggi della Robotica

1- Un robot non può recar danno ad un essere umano né permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano riceva danno.
2- Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, perché tali ordini non contravvengono alla Prima Legge.
3- Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.

Questi  i termini delle tre Leggi della Robotica come furono formulate da Asimov negli anni ’40. Chi avrebbe mai potuto dire, allora, che la parola “robotica” inventata di sana pianta dallo scrittore, sarebbe divenuta quella che oggi designa la scienza (ormai avanzata) che si occupa dei robot? Ma a parte questo, se i robot dessero sempre una interpretazione univoca delle Tre Leggi, e se queste fossero sufficienti a tranquillizzare la paura ancestrale dell’uomo verso e macchine, non si potrebbero trovare pretesti per scrivere dei racconti. Ma proprio qui si rivela l’incredibile capacità di costruzione di trame di Asimov e le sue abilità nel dare uno spessore psicologico a personaggi che a molti potrebbero sembrare freddi e sterili. Due sono i principali punti di partenza dei racconti asimoviani: il primo è costituito dalle apparenti violazione delle Leggi da parte dei robot che, in particolari condizioni, si rivelano invece male interpretare i tre diktat; il secondo motivo è l’avversione rappresentata dagli automi: è il “Complesso di Frankestein” che li porta ad avere una radicata paura degli uomini meccanici. 

Ai tempi di Susan Calvin (la robopsicologa protagonista di molti racconti) ai robot non è permesso circolare attivati sul pianeta Terra, ma anche successivamente, negli anni in cui si snoda la saga di Daneel Olivaw ed Elijah Baley essi hanno un largo impiego soltanto sui cosiddetti “mondi spaziali”. Questi due punti di partenza corrispondono perfettamente al duplice interesse di Asimov per le tematiche tecnologiche  e sociologiche. Non si può fare a meno di notare con la Rambelli che “proprio un autore come Asimov, il quale ha al suo attivo ottime opere di divulgazione scientifica, sia stato uno dei primi a superare con decisione la trappola didascalica, realizzando un equilibrio che è poi rimasto come modello e misura della migliore science-fiction mondiale” riuscendo a non trasformare la fantascienza tecnologica in spicciola divulgazione o pedante nozionismo.

Romanzi e racconti

Il ciclo asimoviano dei Robot è suddiviso in due distinti rami: quello dei racconti, ognuno dei quali presenta e risolve un problema diverso, e quello dei romanzi, in cui ogni volume è una specie di capitolo di un’unica e più ampia vicenda. Fa eccezione  il racconto Mirror Image (Immagine speculare) che appartiene al secondo gruppo di storie. Benché le vicende narrate da Asimov nei suoi racconti siano scollegate l’una con l’altra, possono esserci (e ci sono) alcuni personaggi ricorrenti che fungono da trait d’union: i principali sono la robopsicologa  Susan Calvin e la coppia di astronauti Powell & Donovan. In genere i racconti sono ambientati negli anni in cui la robotica va sviluppandosi ed affermandosi come industria fondamentale per il progresso della civiltà umana, in una precedente al periodo nel quale sono ambientati i romanzi. Il gruppo dei romanzi ci presenta l’umanità rigidamente suddivisa in Spaziali e Terrestri.  I primi sono i discendenti degli uomini che, grazie ai robot, riuscirono s colonizzare una cinquantina di mondi di altri sistemi planetari: gli Spaziali, numericamente molto inferiori ai Terrestri, li superano in tecnologia e potere economico: inoltre l’ambiente asettico dei loro mondi e la loro avanzatissima ingegneria biomedica fanno si che essi godano di una vita lunga alcune centinaia di anni. I Terrestri, invece, sono stipati all’interno di immense città-formicaio che si sviluppano per centinaia di metri nel sottosuolo, soffrono di agorafobia e non è loro concesso di lasciare il pianeta.

La U.S. Robots and Mechanical Men Co.

Per quanto riguarda i racconti, sarebbe molto lungo (e, crediamo, inutile) riassumere le trame, in quanto ognuno fa storia a sé ed è molto più divertente leggerseli per conto proprio- cosa che naturalmente vi invitiamo a fare. Tuttavia è interessante notare come proprio nella lunga serie dei racconti vengano introdotti elementi e presentate tematiche che saranno poi determinanti nel corso delle vicende dei romanzi. Per esempio, il Tony del racconto Satisfaction Guaranted (1951) prototipo do robot umanoide, diventerà il Daneel Olivaw di tutti i romanzi, ed il robot RB-34 presentato in Liar! (1941), robot dotato di poteri telepatici, diviene il Giskard de “I Robot dell’Alba” e de “I Robot dell’Impero”. Al di là dei singoli personaggi, è comunque all’interno dei racconti che si narrano le vicende di tutti quei secoli di storia che separano l’anno della fondazione dalla U.S. Robots and Mechanical Man Co. (il 1982) da quello in cui si svolge il primo dei romanzi robotici, “Caves of Steel”. I racconti dedicati ai robot scritti da Asimov sono circa una trentina, pubblicati nell’arco di tempi che va dal 1940 al 1976. Apparsi quasi tutti in rivista, sono stati successivamente raccolti in volume dallo stesso Asimov, che ne del resto inseriti parecchi anche in molte altre antologie non espressamente robotiche. 

La prima raccolta di racconti apparve nel 1950 preso la piccola casa editrice Gnome Press, ma fu portata al successo soltanto nel 1963 quando la Doubleday ne acquistò i diritti: si tratta di I, Robot (Io, Robot), considerato uno dei testi fondamentali della fantascienza tecnologica. La risonanza mondiale ottenuta dal volume spinse Asimov a pubblicare  una seconda antologia, The Rest of the Robots (il secondo libro dei Robot), uscita sempre per la Doubleday nel 1964. C’è da notare che quando nel 1969 lo scrittore compose il racconto Femminine Intuition (“Intuito Femminile”) lo inserì nella nuova edizione di questa antologia, che dunque presenta due diverse versioni delle quali l’ultima è più ricca di materiale. Infine, nel 1982 la Nightfall Inc. pubblicò The Complete Robot (Tutti i miei Robot”) dove furono finalmente riuniti tutti i racconti più recenti dedicati da Asimov ai Robot, compresi i più recenti e con l’aggiunta di alcune storie con protagonista  il gigantesco computer Multivac.

Lije Baley e Daneel Olivaw

Degna di essere raccontata, anche per il collegamento che essa ha con il ciclo dell’Impero e con quello della Fondazione, è la saga dei romanzi dei robot. Il periodo in cui la vicenda ha inizio si può individuare in uno dei primi secoli del quarto millennio. Gli uomini sono divisi in Spaziali e Terrestri, come dicevamo, e le città dei Terrestri sono incredibili formicai sotterranei dove la gente vive senza mai uscire all’aperto. Gli Spaziali detengono quindi il potere economico e tecnologico, e benché formalmente indipendenti, i Terrestri risultano praticamente sottomessi. Si può quindi ben capire quanto possa essere grave  l’uccisione, avvenuta nella Terra, di Roj Nennenuh Sarton, un importante rappresentante degli Spaziali sul nostro pianeta: il caso rischia di provocare una drammatica serie di reazioni politiche, se non viene subito arrestato il colpevole. A svolgere le indagini viene chiamato l’investigatore terrestre Lije Baley, a cui gli Spaziali affiancano un robot androide chiamato Daneel Olivaw: il sottile gioco psicologico dell’integrazione fra l’uomo ed il robot è colorato da Asimov con incredibile abilità. Le indagini si svolgono nell’allucinante New York sotterranea, e mettono in mostra le complesse motivazioni sociologiche dell’incompatibilità fra terrestri e Spaziali: si capisce che il giallo (pur avvincente) è in realtà soltanto il pretesto utilizzato dallo scrittore per portare avanti un discorso assai più profondo. (Caves of steel, “Abissi d’acciaio”). Risolto il primo caso, dopo qualche tempo Baley viene di nuovo chiamato all’azione: questa volta un delitto è stato commesso su Solaria, uno dei mondi degli Spaziali. Sempre con Daneel al suo fianco l’ investigatore terrestre può dunque  vistare il pianeta e rendersi conto dell’organizzazione sociale e dei modi di vita dei discendenti degli antichi colonizzatori dello spazio. Tutto questo narrato in The Naked Sun (“Il Sole Nudo”). Tra questo secondo romanzo ed il terzo successivo si inserisce il racconto Mirror Image, il quale, pur essendo assai breve ha protagonisti proprio Elijah Baley e Daneel Olivaw. 

Nel terzo volume della trilogia dedicata a Elijah Baley, The Robots of Dawn (“I Robot dell’alba”) il Terrestre viene inviato su di altro mondo spaziale, Aurora. Questa volta è un robot ad essere stato ucciso (o meglio: disinserito) e Baley deve scoprire chi l’ha fatto ma anche perché.  Al suo fianco non c’è solo Daneel ma anche un piccolo robot telepatico chiamato Giskard che avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’intera satira dell’umanità. Infatti l’episodio dell’ “eliminazione” dei robot si inserisce in un complesso gioco di strategie politiche che ha sullo sfondo il destino del genere umano: gli Spaziali sembrano infatti ormai incapaci  di proseguire l’opera di colonizzazione della Galassia iniziata  dai loro antenati, e molti Terrestri, tra cui lo stesso Baley, premono perché sia loro concessa la facoltà di tentare di nuovo la via dello spazio. Nel quarto romanzo della serie, Robots and Empire (“ I Robot e l’Impero”), Elijah Baley è ormai morto da quasi duecento anni, ma Daneel e Giskard continuano la sua opera e, lottando contro quanti si oppongono allo sviluppo della conquista della Galassia. Il pianeta madre cade però vittima di un complotto organizzato da alcuni Spaziali e si avvia a diventare irrimediabilmente contaminato e dunque inabitabile. I due robot divengono quindi i principali artefici dell’avvento del futuro Impero Galattico, le cui vicende Asimov narra in un altro ciclo di romanzi e conclude in quello della Fondazione. Non solo: trovandosi di fronte a problemi di cos’ ampia portata, i due automi finiscono per arrivare a superare i limiti delle Tre Leggi della Robotica, teorizzando una fondamentale Legge Zero che dice: “Un Robot non può danneggiare l’umanità o permettere attraverso l’inazione che l’umanità venga danneggiata”.

venerdì 26 aprile 2013

L'ALBUM DEI RICORDI

Maggio 1987: il primo incontro fra Moreno Burattini e Sergio Bonelli.

Ho sfogliato l'album delle foto e ho ritrovato quella del mio primo incontro con Sergio Bonelli, a Bologna, in occasione della consegna di un premio a Claudio Villa. Era il maggio 1987. Con me ci sono Dante e Francesco Bastianoni. Sergio ha sottobraccio i disegni di prova di Dante e la proposta della mia prima storia di Zagor. La vedete qui sopra. Perciò, ho deciso di mostrarvene anche altre simili, riferite al mondo dei fumetti, risalenti soprattutto agli anni Ottanta e Novanta. Se vorrete, in futuro potrei ripetere l'esperimento.



Maggio 1987. Claudio Villa, fresco vincitore del premio "Nettuno di Bronzo", in mezzo ai fratelli Dante e Francesco Bastianoni (futuri disegnatori di Nathan Never).



Lucca 1988: Gino D'Antonio e Gallieno Ferri.



Milano, giugno 1989. Il mio primo incontro con Max Bunker, insieme agli amici di "Collezionare".





Estate 1989. Moreno Burattini e Francesco Manetti con Clod.




Estate 1989. Moreno Burattini e Saverio Ceri di "Collezionare" con Marcello Toninelli.



Estate 1989: Francesco Manetti regala una copia di "Collezionare" a Giorgio Cavazzano.



Premi ANAF 1989: Mauro Marcheselli (quello di allora) ritira una targa per la Sergio Bonelli Editore.




1990. Riunione dello staff di Cattivik, ai tempi della Acme. Si riconoscono, o non si riconoscono, da sinistra a destra: Moreno Burattini, Giorgio Sommacal, Paolo Di Orazio, Massimo Bonfatti, Giacomo Michelon, Vincenzo Perrone. Probabilmente la foto la scattò Silver.



Lucca 1990. Medda, Serra e Vigna.



Claudio Castellini a Lucca 1990.


1990. Redazione Bonelli. Decio Canzio e Antonio Serra.


1991. Ade Capone e Moreno Burattini.



1991. Moreno Burattini e Mauro Laurenti quando ancora avevano i capelli neri. 


1991. Moreno Burattini e Mauro Boselli al loro primo incontro.


1992. Moreno Burattini e Benito Jacovitti.



1993. Michele Pepe al lavoro nella redazione Bonelli.


1994. L'indimenticabile Francesco Gamba con Moreno Burattini.


1995. Maurizio Colombo, Mauro Boselli e Moreno Burattini.


1996. Foto di gruppo in cui si riconoscono, oltre a Moreno Burattini, Lorenzo Bartoli, Alfredo Castelli, Antonio Vianovi, Francesco Manetti, Saverio Ceri.



Expocartoon (Roma), maggio 1998: presentazione della rivista "Darkwood Monitor". Il curatore Giuseppe Pollicelli con Moreno Burattini, Mauro Laurenti, Roberto D'Arcangelo e Alessandro Chiarolla.


Mauro Laurenti, Gallieno Ferri e Moreno Burattini nel 2001 ad Atri (Teramo).




martedì 23 aprile 2013

BREVE STORIA DI UN DELITTO DI PROVINCIA



Ho parlato più volte del mio amore verso la poesia di Giovanni Pascoli, e anche del legame che mi unisce all'insegnante con cui mi sono laureato, il professor Mario Martelli (oggi scomparso), che del Pascoli è stato un grande studioso. Appunto preparando un esame con lui, in un qualche anno della prima metà degli Ottanta, scrissi su suo incarico una relazione su "La cavalla storna", una fra le opere più note del poeta romagnolo, contenuta ne "I canti di Castelvecchio". Tutti, più o meno, sanno di che cosa parla: la cavalla del padre del Pascoli riporta un giorno a casa il cadavere dell'uomo, riverso sul suo calesse, ucciso da una fucilata. L'animale è l'unico testimone del delitto. Ma chi è l'assassino? La moglie della vittima va nottetempo nella stalla e parla alla bestia: "ti dirò un nome, e tu fai cenno, in qualche modo che Dio ti insegnerà". Memorabili i due versi finali:

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
  disse un nome… sonò alto un nitrito.

A beneficio degli interessati, riporto qui sotto la prima parte del mio (assai più lungo) testo, quella dove ho raccolto le notizie che potei trovare, studiando con un certo impegni la faccenda, che mi appassionava. Vi risparmio tutta l'analisi sul testo poetico, lasciandovi invece al racconto di un dramma che assomiglia molto a un giallo.

BREVE STORIA DI UN DELITTO DI PROVINCIA
di Moreno Burattini


Nel tardo pomeriggio del 10 agosto 1867, giorno di S. Lorenzo, Ruggero Pascoli percorreva alla guida del suo calesse la strada che lo riportava alla sua casa di S. Mauro di Romagna, di ritorno da Cesena dove si era recato in occasione della Fiera, quando alcuni sicari – probabilmente due – lo uccisero a tradimento con un colpo di fucile in piena fronte. La cavalla che trainava il calesse, superato il primo attimo di sbandamento, riprese la strada di casa e riportò alla sua famiglia il corpo del padrone, che giaceva riverso sul sedile di guida e che aveva ancora accanto a sé due bambole comprate alla Fiera per le sue bambine più piccole.

I figli che Ruggero Pascoli lasciò oltre alla moglie Caterina Allocatelli Vincenzi, erano una decina: il maggiore, Giacomo, aveva 15 anni. Il quarto, nato il 31 dicembre 1855, e che all’epoca non aveva ancora compiuto 12 anni, si chiamava Giovanni.

Sia il mandante che gli esecutori materiali del delitto rimasero impuniti. Il processo, tenuto a Bologna, si chiuse contro “ignoti”, ma in realtà erano molti quelli che conoscevano la verità e quelli che più semplicemente la sospettavano. Il nome che correva sulle bocche di tutti era quello di Pietro Cacciaguerra. Si trattava di un dipendente della tenuta "La Torre", dei principi Torlonia, di cui Ruggero Pascoli era amministratore. C’è chi ha visto nell’omicidio la vendetta di una qualche ingiustizia di cui l’uomo si sentì vittima (A. Caselli), e che chi ritiene invece che il Cacciaguerra desiderasse succedere al Pascoli nell’ amministrazione della tenuta – come in effetti avvenne. Sembrano invece improbabili le ipotesi che un tempo venivano avanzate sui presunti motivi politici che avevano spinto qualcuno ad armare le mani dei sicari: anche se Ruggero Pascoli era stato capo della Guardia Civica, sindaco e assessore del comune di S. Mauro e sostenitore di Cavour e del Partito Nazionale, non ci sono elementi che sostengano una spiegazione del genere dei moventi che si nascondevano dietro l’omicidio.

Caselli, in alcune sue note aneddotiche poste in appendice all’edizione delle Lettere di Giovanni Pascoli curata da F. Del Beccato, indicando il nome di Pietro Cacciaguerra, racconta che l’assassino “migrò in America, col suo rimorso in cuore: ebbe grandi fortune, ebbe figli, onori, e tornò a Bologna ricco di milioni, ma notoriamente terribilmente sofferente e infelice” (citato da Pietro Treves, in Giovanni Pascoli, L’opera poetica, Firenze, 1980, Ed. Alinari). Si sa del resto che – pur senza far nomi – i Pascoli continuarono a ritenere mandante dell’uccisione paterna proprio un personaggio che negli anni si era arricchito, aveva acquistato una grande autorità e che nel 1916, alla sua morte, aveva ricevuto un solennissimo funerale.

Se di Cacciaguerra davvero si trattò (come sembra di dover dunque ritenere, non fosse altro per la vox populi) è davvero curioso notare con Pietro Treves come l’unica lettera di Caterina Allocatelli Vincenti che si è conservata fino a noi, sia indirizzata, poche settimane dopo il delitto (per la precisione, il 5 ottobre 1867), proprio a Pietro Cacciaguerra “amministratore della Torre dopo l’assassinio di Ruggero Pascoli”, anche se il contenuto della missiva riguarda solo questioni d’affari.

La morte violenta del padre fu solo l’inizio di una serie di tragedie che in pochi anni si abbatterono sulla famiglia Pascoli, fino ad allora così unita e felice. Di lì a poco morivano prima, di tifo, lappena diciottenne sorella Margherita (13 novembre 1858), poi la stessa madre, che mai si era rimessa dal grande dolore della perdita del marito (18 dicembre dello stesso anno). Giovanni, Giacomo e Luigi avevano fino ad allora frequentato il collegio “Raffaello” di Urbino, diretto dai padri Scolopi; Giovanni, in particolare, sotto la guida di padre Giuseppe Giacoletti e soprattutto sotto quella di padre Geronte Cei, aveva acquistato una salda cultura classica. Adesso le difficoltà finanziarie impedivano ai fratelli il proseguimento degli studi nell’Istituto urbinate. Con la morte di Luigi, avvenuta per meningite il 19 ottobre 1871, all’età di 17 anni, Giacomo e Giovanni abbandonano definitivamente il collegio e nello stesso novembre si trasferiscono a Rimini con la famiglia. A Rimini, Giacomo, il fratello maggiore, fu costretto a trovare lavoro ed a trasformarsi in “piccolo padre”, mentre Giovanni continuava a frequentare il liceo. Grazie all’aiuto del suo vecchio maestro, padre Cei, Giovenni poté entrare nel collegio “San Giovanni” di Firenze e completare lì gli studi liceali, per poi frequentare a Bologna la facoltà di lettere, dopo aver vinto una preziosa borsa di studio – che però gli fu tolta allorché partecipò ad una dimostrazione contro il ministro della Pubblica Istruzione, Ruggero Borghi, in visita all’Università.

La serie di disgrazie continuò con la morte del fratello Giacomo, anch’essa avvenuta per tifo, il 12 maggio 1876. Giovanni diventò, per forza di cose, il capofamiglia. Ma la famiglia si era dispersa, il “nido” era distrutto, e ormai da tempo.Non occorre seguire ulteriormente la cronologia delle vicende biografiche d Giovanni Pascoli, dalla prima esperienza politica presto abbandonata, alla laurea conseguita nel 1882; dai suoi successivi spostamenti per l’Italia (fino al suo definitivo stabilirsi a Castelvecchio di Barga), alla storia dei suoi rapporti con i fratelli e soprattutto con le sorelle Ida (il matrimonio della quale gli provocò un lungo “squilibrio nervoso” perché veniva ad intaccare il mito dell’unità familiare) e Maria (che venne poi ad abitare con lui). Non occorre, perché gran parte della psicologia del Pascoli è già venuta a formarsi, i caratteri che poi saranno i fondamenti della sua opera poetica si sono già costruiti. Se il Pascoli è il poeta del Fanciullino (e in qualche modo lo è, anche se non nella maniera e nella misura che possono apparire a prima vista), il Fanciullino è l’infanzia del nido non disfatto, la famiglia prima dell’uccisione del padre, prima dell’intervento brutale degli uomini e della storia che disarticola quel legame naturale. 


sabato 20 aprile 2013

L'IMPORTANTE E' AVERE SEMPRE UNA BUONA SCUSA


Quella che segue è una scelta dei migliori tweet pubblicati a mia firma su Twitter durante il mese di marzo 2013. Li ho divisi per argomenti in modo da rendere più agevole la lettura, e ho disposto le categorie in ordine alfabetico. Per leggere una selezione di ciò che ho scritto durante il mese di dicembre, cliccate qui. Per i tweet di gennaio, invece, qua.  Per febbraio, il link è questo.  Sono quasi sicuro che, se lo fate, vi divertirete. Nel momento in cui scrivo, i mie followers sono 1270. Il contatto è @morenozagor




AFORISMI

L'importante è avere sempre una buona scusa.

Così come ciascuno di noi ha i suoi talenti, abbiamo anche le nostre assolute incapacità.

Se è semplice, c'è qualcosa che ci sfugge.

Uno comanda finché gli altri obbediscono.

I veri drammi sono i conflitti fra due ragioni.

Il tempo è perso sempre e comunque.

Se riesce a toccarti il cuore qualcosa di bello, sappi che sei vulnerabile agli attacchi del brutto.

Si ammette tutto tranne di essere invidiosi.

Non chiedo consiglio ai saggi perché la prima regola della saggezza è non dare consigli.

Per fortuna ci sono anche le cose senza importanza.

Prima di tutto, sappi che non dipende da me. Poi, dimmi pure che cosa vuoi.

Anche la capacità di farsi le seghe mentali è un'arte.

Non ci sono posti allegri per le persone tristi.

Ci sono peccati che è un peccato non commettere.

Le peggiori armi di distruzione di massa sono le bandiere.

Non mi fare domande se non vuoi che ti dia la risposta che non vuoi.

Diffidare di chi pretende di abolire i "se" e i "ma".

Non esistono i lieto fine ma, soprattutto, non esiste la fine.




AMORE

Tutti possiamo realizzare nella vita almeno un capolavoro: la nostra storia d'amore.

A volte Cupido colpisce solo uno, a volte due che non possono.

Si sottovaluta sempre il grande privilegio di un bacio.

La consolazione di scoprire che c'è almeno un'anima simile alla tua.

Una delle cose più belle della vita è sentire sotto le coperte con i nostri piedi nudi, i piedi di chi dorme con noi.

Del mio primo bacio ricordo una clamorosa dentata.

Il tradimento è il sintomo, e non la causa, delle crisi.

Gli uomini sposati dovrebbero tradire la moglie solo con donne sposate.

L'amore delle donne a un certo punto si trasferisce di colpo dal marito al figlio che lui le ha dato. E lui di solito ci rimane male.

Ci sono single sposati.




ANIMALI

Ma come fanno delle creature così carine come i pulcini a diventare bestie brutte come le galline?

Sto riempiendo di coccole una donna, sul mio letto. Lei apprezza. È una gatta, ma è il prototipo della femminilità.

Il disturbo istrionico di personalità è un travolgente desiderio di attenzione. I miei gatti ne soffrono quando hanno fame.

Un gatto, per piccolo che sia, riesce a distendersi su un letto a due piazze in modo tale da non permettere a nessuno di dormirci comodo.




CINEMA, TV, LIBRI E FUMETTI

Ci sono personaggi dei fumetti che possono esserci amici, darci consigli, farci coraggio, più di molte persone reali.

Faccio outing. Non posso più tacere. Ho sempre preferito le saghe di Indiana Jones e di "Ritorno al futuro" a quella di "Guerre Stellari".

Se avessi messo da parte tutti i soldi spesi in libri e fumetti ora avrei la Ferrari. Meno male che le Ferrari mi fanno schifo.

Quando ho letto il primo libro mica lo sapevo che avrei preso il vizio.

La poesia è morta, la letteratura è in agonia, il fumetto non sta tanto bene, e voi giocate a Ruzzle.

Mi farò cremare sull'enorme pira dei miei libri che ai miei figli non interesseranno.

Gli autori delle vignette della Settimana Enigmistica, ingiustamente tenuti anonimi, sono benefattori dell'umanità.

Vedendo in TV com'è arrogante, non mangerei un piatto cucinato da Cracco neanche se mi pagassero.

A nessuno sarà sfuggito, credo, il collegamento tra la trasferta sudamericana di Zagor e l'avvento del papa argentino.

Meno male che Disney c'è.

La fumetteria è per me quel che è la boutique per le donne.

Se dico che Fantozzi ha influito sul nostro immaginario collettivo a tal punto che il fenomeno andrebbe studiato, è una cagata pazzesca?



DENARO

Seicento euro per due mesi di gas mi hanno ridotto all'impossibilità di suicidarmi con il gas, o non avrei di che pagare il mio suicidio.

Viste le cifre delle ultime bollette del gas da riscaldamento, non resta che sperare nell'effetto serra.

Non si ammira mai abbastanza il coraggio di chi decide di mettersi in proprio e di inventarsi un futuro assumendo se stesso.




DOMANDE

Ma chi è a dieta può farsi una grassa risata?

Ma i genitori che chiamano una figlia "Selvaggia", come fanno poi a dirle "stai buona" o "fai la brava"?

Una fanciulla che si intende di reincarnazione mi ha detto che nella sua vita precedente era un uomo. Mi vorrà scoraggiare?

Ma il lato B non sarebbe meglio definito chiamandolo lato C?

Ma per fare colazione a l'etto, bisogna pesarla?

Ma gli anapesti sono metri usati nella poesia ligure?

Ma il famoso Santo Subito di che città è patrono?

Ma i vegani come si comportano con le zanzare?

Chi, giustamente, per Pasqua piange lamentosamente  la strage degli agnelli, fa un lagnello?

Ma l'ansia da prestazione è il timore che non ti venga restituito ciò che hai prestato?

Ma Madonna ha mai fatto un concerto a Medjugorie?

Ma limonare è un valido rimedio contro la diarrea?

Ma se per Pasqua compro la colomba, mi farà anche l'Uovo?

Ma una persona atea, non beve il tè?

Ma Pierluigi da Palestrina era uno che si allenucchiava?

Ma quelli che si chiamano Massimo e Gloria non rischiano di montarsi la testa?

Ma quando Celentano canta "Prisencolinensinainciusol" live, canta lo stesso testo del disco o sbaglia le parole?

La Venere Callipigia è il nome di una statua "dalle belle natiche". Si potrà dire anche di una ragazza incrociata per strada?

Ma il fantacalcio è sponsorizzato dalla Fanta o da Danaos?

Ma per vedere chi manca alla Corte d'Appello, fanno l'appello?

C'è un abitante di Massa che mi spiega perché i fabbricanti di armi di distruzione di massa ce l'hanno con loro?




DONNE

Qualcuno l'avrà già scritto un libro per consigliare alle donne le scuse migliori da raccontare agli uomini per non fare sesso?

Le donne a pretendono che noi si colga le cose non dette.

Le efelidi e i capelli rossi valgono come una quarta di seno.

Certi lati B sono dei 33 giri.

Tante donne importanti hanno segnato la mia vita. Alcune, forse, non lo sanno.

E se lo scopo della vita fosse avere una donna da far felice?

Da che mondo è mondo, le donne di facili costumi hanno sempre fatto del bene all'umanità.

Il corpo di una donna è un campo da golf in cui andare a buca. Servono sei giri, per farne diciotto.

Adoro gli indumenti femminili con lacci e laccetti.

Non solo le donne sono complicate, ma complicano la vita semplice degli uomini.

Una donna che schiude le sue labbra per me mi è sempre sembrato straordinario.

Una donna ha il dovere di rendere il mondo più bello con la sua stessa presenza.

Le ragazze sorridenti battono le bellezze algide centoventi a zero.

Conquistare una donna è come fare un puzzle. A volte ti aiutano loro facendoti scovare subito i pezzi, a volte non trovi nemmeno i contorni




GENITORI E FIGLI

SMS della figlia al papà lontano: "sei il babbo più bello del mondo". Spero solo di essere il più buono, almeno ai tuoi occhi, piccola mia.

Mio padre compie 74 anni. Eppure è sempre l'uomo che mi costruiva gli aquiloni quando ero bambino.

La morte del padre è il momento in cui si rimpiangono gli abbracci non dati e le cose non dette.

Vedo mio padre tutti i giorni. Nello specchio.

Vedere i figli fare i miei stessi errori, metterli in guardia come faceva mio padre con me, non essere ascoltato come capitava a lui.

Talvolta mi sorprendo a fare anch'io le cose che rimprovero ai miei figli.

Ogni festa a cui vuole andare una figlia quindicenne è, ai suoi occhi, la festa fondamentale della sua via e la uccidi se non ce la mandi.

Se vedessi uno sciame di api ronzare sopra il mio letto, sarei terrorizzato. Allora perché si mettono le apine sopra le culle dei bambini?



ENIGMISTICA

L'anagramma di Porsche è "sporche". Quello di Opel, "pelo". Il fatto che me ne sia accorto, depone a mio sfavore?

Definizione di cruciverba: "Una 'coda' dell'uomo". Quattro lettere. Scrivo: "pene". Era: "fila".

Quando la lezione di musica è difficile vale questo anagramma: c'è piano, è panico.

L'anagramma di Matteo Renzi è "Renzi è matto".

L'anagramma di Bersani è "s'iberna".

Stare in attesa della donna giusta e avere il pensiero fisso "passerà", è un gioco di parole basato su uno spostamento d'accento.

"Fammi un esempio di sciarada". "Scia, rada".

In nomen omen. Mario (Monti) è l'anagramma di "i Marò".

Bisenso. Dio, mi odi?

L'anagramma di "porta” è “t’apro”.

L'anagramma di "marò" è "Roma". Il che spiega il grottesco della vicenda.

Bisenso. "La polizia, capo! Che si fa? Ingaggiamo un conflitto a fuoco o cerchiamo di battercela senza farci vedere?" "Spariamo!".

Mi esercito in palindromi. Ecco un titolo di giornale: "Enna: c'era Rita a tirare canne".

Anagramma. Eleonora:  "reale o no?".

Sciarada. Un gemito roman levarsi sento / non so che cosa sia / ma Par Lamento.

Un possibile anagramma del mio nome è "turbinate, ormoni!".

Prepariamoci a subire quel che accade "a Cipro e Grecia". Anagrammando le parole fra virgolette, risulta a "porci a giacere".



ERRORI

Se uno vede la strada giusta e nonostante questo imbocca di proposito quella sbagliata, a rigor di logica non sta sbagliando.

A volte si pagano più care le scelte giuste che quelle sbagliate.




FELICITA’

Mai pensare che gli altri siano più felici di noi.

Il segreto per liberarsi dei sensi di colpa è smettere di considerare una colpa ciò che non lo è.

Alla fine, mi pare di capire, quello di cui tutti abbiamo un disperato bisogno sono un po' di coccole.

Spesso il mal di vivere è come il subdolo, leggero mal di denti che sopporti ma che non passa mai, è sempre lì a infastidirti.

La serenità non coincide con la felicità.

Siamo troppo interconnessi per essere felici. Ci legano fili visibili e invisibili e se proviamo ad allungare una mano combiniamo un casino.

20 marzo. Se oggi era la giornata mondiale della felicità, chissà gli altri giorni.


GIUSTIZIA

Ma ai giudici che lasciano liberi i pirati della strada o gli stalker che poi ammazzano le donne, una visita fiscale al cervello, mai?

Ciò che mi colpisce nei telefilm di CSI non è che i casi vengano risolti, ma che gli esami balistici o del DNA li facciano in poche ore.


Io spero sempre, in ogni caso, che scontino la galera non quelli ritenuti colpevoli, ma quelli davvero colpevoli.

Diffido sempre dei processi in piazza e di chi condanna senza essere giudice.



IDEE

È una vita che le idee non mi lasciano riposare.

Non è importante pensarla allo stesso modo, ma condividere il modo con cui si pensa.

Pensare nuoce gravemente alla salute.




ITALIA

Se ci mettessimo d'accordo non saremmo italiani.

Pago così tante tasse che è come se dessi gli alimenti allo Stato.

A me questa cosa che lo Stato non paga i suoi debiti mi sembra incredibile e intollerabile. Che si vendano l'argenteria.

Invece di maledire il lunedì che ci costringe a riprendere il lavoro, dovremmo ringraziare il fato per avercelo ancora, un lavoro.




ME STESSO

Vorrei sapere chi accidenti sta scrivendo la sceneggiatura della mia vita.

Se non avessi i sensi di colpa, mi sentirei in colpa.

Sono la negazione dei talenti più comuni (ballare, cambiare le lampadine...). Compenso con altri, alcuni inconfessabili.

A volte spengo la luce e non riesco a dormire perché mi concentro per cercare capire qual è il momento esatto in cui mi addormento.

Mi piacerebbe poter scegliere quale parte della mia testa portare in vacanza e quale lasciare a casa.

La frase che mi viene in mente per prima quando qualcuno mi chiama è: "Che ho fatto?".

Detesto essere etichettato, e perciò non etichetto.

Mi inquieta non sapere perché sono inquieto.

Leggo articoli su personaggi famosi che muoiono, e io non sapevo neppure che fossero vivi.

Secondo me può dare del coglione a un altro solo chi è consapevole che siamo tutti coglioni a turno, in qualcosa.

Anticomunista, antifascista, anticlericale, antigiustizialista, antistatalista, anticapitalista, antimilitarista... sarò anche antipatico?

Ho imparato a non credere a chi è troppo sicuro di quel che dice, se lo dice con supponenza.

Il guaio è che c'è gente che si aspetta qualcosa da me.

Ogni tanto nel mio cervello compare la scritta "l'applicazione non risponde".




MONDO

Forse il mondo è semplice, e quello difficile e complicato sono io.

Tutto il mondo è palese.

Gente come Stanlio e Ollio é benefattrice dell'umanità.

Forse non ci rendiamo abbastanza conto del fatto che stiamo facendo noi, adesso, il mondo.

Una ragazza sottolinea un libro di storia seduta in treno davanti a me. La storia siamo noi che la studiamo.

Il mondo lo regola più la paura che il coraggio.




MORTE

Quando sarà il momento di morire, so già che dirò: va bene, andiamo, vediamo com'è.

Ciò che mi dispiace è che, salvo l'arrivo della fine del mondo, un giorno me ne andrò senza sapere come va a finire.

Lascio la polvere sui mobili per ricordarmi che polvere siamo e polvere torneremo.

Puoi correre veloce quanto vuoi, ma alla fine la Signora ti raggiungerà.


PAPA

Può essere eletto papa qualsiasi maschio battezzato, anche laico, purché celibe. La Bindi è perfetta.

Il Papa ha avuto una fidanzata, a cui diceva: vengo a prenderti stasera con la mia papamobile blu.

Se il nuovo Papa invece di dirmi "Dio ti perdona" mi dicesse "Dio ti ama"' sarei già contento.




PAROLE E POESIA

Nel cuore / d'ogni serio, rispettabile signore / c'è sempre perlomeno un angolino / che vorrebbe, e non si può, tornar bambino.

Devo assolutamente creare l'occasione per usare anch’io la parola "anelito".

Alla fine, mi rendo conto che l'unica lingua che so parlare è il vernacolo fiorentino.

Anche il rutto appartiene a un registro stilistico e può veicolare un contenuto.

Giornata mondiale della poesia. Compongo un senario: “Sussurrami sì”.

Devo assolutamente trovare anch'io il modo di usare la parola "batracomiomachia




POLITICA

Certo che il termine "eletto" si è molto svalutato.

Comunque la si pensi e in ogni circostanza il premio di maggioranza è una ingiustizia o, peggio, una truffa.

L'imbalsamazione e l'ostensione del cadavere di un capo di stato non depone a favore del suo regime.

Qualunque cosa Battiato abbia da dire sarebbe bello lo dicesse con una canzone.

Gli unici uomini di spettacolo, o scienziati, adatti a fare gli assessori sono quelli che, se gli venisse offerto, rifiuterebbero.

Abbiamo mille parlamentari. Basterebbe mescolarli in aula in posti a caso e chiedere di mettersi d'accordo fra loro senza schieramenti.

Della politica mi stupisce la quantità di gente che ne parla come se fossero tifosi di calcio. Amori e, soprattutto, odi viscerali.

Della politica mi interessa il dibattito delle idee, non l'agone di quelli che augurano la morte a quello, la galera a quell'altro.

Eppure basterebbe che i mille in Parlamento dimenticassero di "appartenere" a un partito e ricordassero di essere senza vincolo di mandato.

Ma vi ricordate quando eravate contenti di andare a votare così le cose sarebbero finalmente cambiate in meglio e i problemi risolti?

La politica è al suicidio assistito. Nel senso che loro si suicidano e noi assistiamo.

Propongo un gruppo parlamentare dei franchi tiratori.

Non avrei mai pensato di poter avere nostalgia del PRI, del PLI e del PSDI.

Continuo a domandarmi quale fosse la fondamentale differenza tra PLI e PRI, a parte il rotacismo della liquida.

Una volta c'erano quindici partiti in Parlamento ma la politica era più comprensibile.


RELIGIONE

Ma che se ne fa Dio della nostra adorazione?

Il silenzio di Dio si spiega solo con il fatto che si vergogna di averci messo in questa brutta situazione.

Permettere ai preti di sposarsi forse aiuterebbe.

Una delle cose più difficili da credere nelle fede cristiana è la faccenda della resurrezione della carne.

Non mi confesso da quindici anni. Quando tornerò a farlo, mi presenterò dal prete accompagnato dal mio avvocato.

Dio mi cerca, mi dicono. Non credevo di essermi nascosto così bene.

Dio ci perdonerà, un giorno. Ma anche noi lui, forse.

Udita stamani davanti a una chiesa: "ci pensi, vedere uno così fare la comunione". Gente che guarda gli altri, e giudica come se fosse Dio.

Quando prego ho sempre il sospetto che Dio ci abbia da fare.

Se fossi un islamico mi piacerebbe che ci fosse un punto di riferimento come il Papa per i cattolici.

Il problema dei cattolici con aborto e fecondazione assistita non è che siano contro, ma che pretendano di imporre a tutti la loro visione.



SESSO

Propongo la radiazione dal genere maschile per i rappresentanti che non praticano il cunnilinguus.

Ogni uomo sogna una donna che, fra le altre doti, ne abbia una in particolare: le piaccia fare sesso come e tanto spesso quanto piace a lui.

Prima dell’amplesso faccio firmare una dichiarazione in cui lei giura di non aver fumato nelle 24 ore precedenti e promette di astenersi dopo l'atto.

Il cuore non è l'unico muscolo involontario.

Cogliere il desiderio negli occhi di lei che sta cogliendo il tuo nei tuoi, è il gioco di specchi più magico che si possa essere.

Se dovessi esprimermi su qualcosa per cui in effetti vale la pena di essere nato, penserei subito al sesso ma a voce alta direi l'Amore.

Avessimo un coso del genere in qualunque altra parte del corpo, saremmo inorriditi. Invece, lì dov'è, l'ombelico ha una sua attrattiva.

Ai fini erotici più delle tette contano i capezzoli.

Quanta emozione nel primo bacio... più che in un amplesso, talvolta.

Dovendo scegliere per forza fra il sesso e le coccole, scelgo le coccole.

Fare sesso è come fare un duello: bisogna mettere il dito sul grilletto.



TWITTER

Ma se uno invita a uscire una donna di Twitter, quella a cena starà sempre a mandare messaggini?

Credo di essere uno dei pochi al mondo a non aver mai scritto qualcosa aggiungendo "e ora defollowatemi pure". E ora defollowatemi pure.

Non defollowo mai chi mi segue. Se non sono d'accordo, sento almeno altre campane. Talvolta cambio idea. Che noia una TL dal pensiero unico.

Si defollowano i blasfemi e i violenti, non chi, semplicemente, la pensa diversamente da noi.

Mi piace la mia TL perché ci trovo le opinioni più diverse sugli stessi argomenti. Non me ne piacerebbe una dominata dal pensiero unico


UMORISMO

Certo che i nomi anglosassoni Fiona e Mona sono un po' equivoci.

Un prof di inglese mi ha raccontato di un suo studente che ha tradotto "Life is now" con "Viva la neve". A pensarci bene è geniale.

Svuoto le mie monete nel cappello di un mendicante. Faccio dieci passi, e dico a un altro che non ho più spicci. Stronzo, mi sento sibilare.

A Bari non ci sono cartelli che indicano dov'è l'aeroporto, perché è Palese.

"Questa ginnastica si fa stando supini". Io in giardino ci ho due abeti, andranno bene lo stesso?

Corea del Nerd.

L'importante, a scuola, è non definire mai Enea "Figlio di Troia".

C'è un bar che si chiama Astoria, in cui domattina mi fermerò a prendere il caffè. In pratica, passerò all'Astoria.

Dopo averne viste di tutti i colori, ci attende un futuro nero.

Mi hanno dato del menefreghista. Avrei dovuto rispondere per le rime, ma non l'ho fatto perché ne ne frego.

Viste le notizie che il destino ci riserva, e il nostro giornaliero affidarci alla sorte, fonderò una nuova testata: Il Fato Quotidiano.

Platone è il filosofo più odiato, per la faccenda dell'amore platonico

Alle due di notte, se si è svegli, o bene bene o male male.

Ho fame. M'illumino di mensa.

Scelta difficile quella dell'uovo di Pasqua. C'è da combinare qualità, gusti, confezione, prezzo, sorpresa. Uovo sapiens.

E pensare che c'è gente che di mestiere fa il sommelier.

Il regalo ideale per l'onomastico è la gomma da masticare. Che uno, appunto, mastica.

Il fantacalcio mi ha sempre fatto pensare a una finale Terra-Saturno sul campo neutro di Marte.

Non siamo vecchi, ma diversamente giovani.



VITA

Nella vita non esiste il tasto "elimina".

La vita è una partita a Risiko in cui il tuo obiettivo è conquistare il continente della felicità e gli altri hanno quello di distruggerti.

Alla nascita, a ogni bambino appena partorito, un pubblico ufficiale dovrebbe dire: "tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te

Meno male che ogni tanto ci sono giorni pieni di emozioni positive che ti ricaricano. Bastano pochi minuti.

Per fortuna nel pacchetto della vita sono previsti anche i sogni e le fantasie.

C'è sempre un vetro da rompere, tra noi e ciò che desideriamo. Lo vediamo, e non basta allungare la mano, per prenderlo.

La vita non è una linea retta ma un arabesco.

La vita è una donna che ti stuzzica e poi non te la dà.

Ci sono giorni in cui capisci perché le balene si spiaggiano.

La vita è la prima causa di ansia da prestazione.

Non sono così sicuro che, se me lo avessero chiesto, avrei detto "va bene, voglio nascere".

Con la maturità, il vero problema non è trovare compagnia ma trovare quella che davvero ti piace.

Quando vedi persone davvero sfortunate attorno a te, capisci che non è il caso di lamentarsi troppo per le piccole sfighe che ci affliggono.

Il treno il lunedì mattina è la metafora della vita. Si parte, si condivide il viaggio con degli estranei, si scende. E si viaggia scomodi.