sabato 30 dicembre 2023

IL PASSATO DI JENNY

 


E' in edicola dal 2 dicembre 2023 l'albo di Zagor n° 701 (Zenith 752), intitolato "Il passato di Jenny". La copertina, che potete vedere più sotto, è opera di Alessandro Piccinelli. I testi sono miei, i disegni di Mauro Laurenti (si è ricreata in questa occasione la coppia di autori de "La palude dei forzati"). Si tratta della prima parte di una storia in due puntate, che si concluderà con l'abo successivo, dal titolo "La tana del serpente".
 
Non mi sembra il caso di ricapitolare chi sia Jenny, perché nelle prime tavole vediamo la sua tomba, come mai la sua morte abbia suscitato un'ondata di emozione e commozione nel cuore di così tanti lettori, spingendo alcuni a protestare per la scelta di dare una svolta tragica al rapporto fra la ragazza e lo Spirito con la Scure, che si stava sempre più stringendo. Per chi volesse approfondire i retroscena, rimando a questo mio articolo:


Chi ha letto "Una ragazza in pericolo" e "Yellow Rocks" sa tutto della morte di Jenny ma, a pensarci bene, finora ben poco sapevamo della sua vita, fino all'albo (quello di cui stiamo parlando) in cui si racconta qualcosa su come la ragazza sia arrivata a Pleasant Point. Non potendo resuscitarla, possiamo però narrare in retrospettiva il suo passato. Questo è stato l'intento con cui è nato l'episodio.


Naturalmente, per valutare il racconto nel suo complesso bisognerà aspettare che si sia concluso. Tuttavia qualcosa possiamo dire fin da subito. Sostanzialmente, "Il passato di Jenny" è una storia che ha per tema la violenza contro le donne. Il loro sfruttamento, il senso del possesso di certi uomini violenti, l'abuso del corpo femminile, ma pure la ribellione di chi subisce prevaricazioni e il tentativo di riacquistare libertà, dignità e autonomia, anche chiedendo aiuto a chi è in grado di darlo. 
 
Il caso ha voluto che questo albo di Zagor sia uscito in edicola proprio mentre l'Italia intera si confrontava in un dibattito che ha attraversato e pervaso  la società civile dopo il caso di un ennesimo caso di femminicidio, quello di Giulia Cecchettin. Un caso che non è stato il primo né l'ultimo, ma che ha scosso molte coscienze. Ecco, diciamo che "Il passato di Jenny" è il piccolo sassolino nello stagno che anche un racconto dello Spirito con la Scure cerca di gettare, per come chi lo realizza sa e può fare. Un modo come tanti altri per partecipare al dibattito, senza dimenticare che scriviamo e disegniamo soltanto un fumetto d'avventura che non si propone di insegnare o dimostrare niente - ma che un piccolo contributo può riuscire anche a darlo. Torneremo a parlarne dopo l'uscita della seconda parte.


 
 





martedì 19 dicembre 2023

DI LETTERE INCREDIBILI CHE ARRVANO



Credevo di averle viste e sentite proprio tutte, ma mi sbagliavo. Del resto sui social si legge l'impossibile e l'incredibile può arrivare anche per lettera. Ancora adesso non ci credo e penso si tratti di uno scherzo. Giudicherete voi, da parte mia mi limiterò a esporre i fatti.

Comincerò da un breve antefatto, riguardante  “La capanna nella palude”, una storia che nasce da un breve racconto (in prosa) da me scritto per un albetto celebrativo di Gallieno Ferri in occasione di una mostra a lui dedicata al Castello di Santa Margherita Ligure nel novembre del 2014. Lo stesso racconto venne poi raccolto in un volume con altri tre (sempre miei, sempre in prosa, sempre con protagonista Zagor), intitolato “La capanna nella palude e altre storie”, pubblicato nel 2016 da Cartoon Club. Più di recente, nel 2021, ne è stata fatta anche una edizione in audiolibro destinata al catalogo Storytel Italia. 
 
 

Stefano Bidetti, scrittore e curatore di una rivista dedicata a Zagor e realizzata da un gruppo di appassionati, nel 2015 aveva però già utilizzato il mio testo come soggetto di una sua sceneggiatura affidata alla mezzatinta di Marcello Mangiantini, apparsa su “SCLS Magazine” n° 11.  Infine, nell’ottobre del 2023 questo breve episodio, nella versione a fumetti, è stato raccolto nello Speciale Zagor n° 37, che proponeva quattro avventure dello Spirito con la Scure ritenute “introvabili” perché mai distribuite in edicola e stampate in tiratura ridotta.
 
 
 
Di che cosa parla “La capanna nella palude”? Trattandosi di una storia scritta in occasione di un evento dedicato a Gallieno Ferri, ho immaginato che Zagor incontrasse un antenato del disegnatore in viaggio nella foresta di Darkwood, Pietro Ferri, gli salvasse la vita, e quindi l’italiano promettesse di parlare dell’eroe a tutti i suoi figli e tutti i suoi nipoti. L’idea era quella di lasciare immaginare che Gallieno Ferri avesse sentito tramandare dai suoi avi il ricordo dello Spirito con la Scure, realmente incontrato da un suo trisnonno. C’è da notare che Pietro Ferri era il nome del padre di Gallieno (ho ipotizzato, solo per scopi narrativi, che si trattasse un nome ricorrente in famiglia). Ora, si sa (perché il Ferri disegnatore lo ha raccontato in varie interviste, perché è scritto in tutte le sue biografie, perché io stesso ne ho scritte una) che la famiglia Ferri è originaria di Parma. Pietro Ferri faceva il carabiniere, era stato mandato a Genova per motivi di servizio, a Genova era nato Gallieno, ma il casato ha radici parmensi.
 
 
Nel mio saggio, scritto con Graziano Romani, intitolato “Gallieno Ferri, una vita con Zagor” (Coniglio Editore) si legge quanto segue:

Il padre, Pietro, apparteneva all’Arma dei carabinieri. Di origini emiliane, nativo di Langhirano, in provincia di Parma, Pietro Ferri aveva conosciuto Rosa Giraud, la sua futura moglie, a Borgotaro, dove la famiglia di lei gestiva una pasticceria. Il cognome francese della madre risale probabilmente a qualche personaggio legato alla corte di Maria Luisa d’Austria, ex moglie di Napoleone, che dopo il congresso di Vienna ebbe in sorte di regnare sul ducato di Parma, dimostrandosi sovrana illuminata. Per motivi di servizio, Pietro Ferri andò cambiando residenza nel corso degli anni, spostandosi gradualmente dalla pianura padana verso la Liguria: prima fu destinato a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, poi a Busalla, nella valle Scrivia, in provincia di Genova; quindi a otto chilometri dal capoluogo, nella caserma di Rivarolo.

Per questo motivo, ne “La capanna nella palude”, Pietro Ferri dice a Zagor non solo di essere italiano ma di essere originario di Parma. Essendo, nella finzione, un antenato di Gallieno, che cosa avrebbe dovuto dire? Se si voleva rendere omaggio al creatore grafico dell’eroe di Darkwood immaginando un incontro tra un suo avo e lo Spirito con la Scure, questi avrebbe dovuto necessariamente essere della parmense, dato che negli anni Trenta del diciannovesimo secolo i Ferri non si erano ancora trasferiti in Liguria. Fin qui, mi sembra tutto chiaro e pacifico.

Giunge però in redazione una lettera anonima (la vedete nella foto in apertura) il cui autore, palesandosi visibilmente indignato, dichiara: “Con mio grande rammarico, smetterò per sempre di acquistare le storie di Zagor”. Vi chiederete quale sia la pietra dello scandalo. Che cosa ha fatto arrabbiare l’anonimo ex-lettore? Ricopio le sue motivazioni.

Nell’ultimo Speciale n° 37, esattamente nelle storie brevi si parla di Pietro Ferri di Parma. Parma??? Mi sono veramente indispettito amareggiato. Perché è stata nominata questa città che per il fumetto non ha quasi mai contribuito? Se si doveva scegliere proprio una città dell’Emilia era più corretta nominare Reggio Emilia e non Parma. Essendo io un Reggiano, sono stanco di vedere Reggio Emilia scavalcata sempre da Parma, anche in questa occasione.

Che fra Parma e Reggio Emilia non corresse buon latte, lo sapevo (e pensando al Parmigiano Reggiano o al Parmareggio la cosa mi ha sempre divertito). Ho citato poco sopra, però, Graziano Romani, il musicista (autore e interprete dell’album “Zagor King of Darkwood”), che ha scritto con me la biografia di Gallieno Ferri: ebbene, Graziano è per l’appunto di Reggio. Lo vedete qui sotto (un reggiano e un parmense insieme). A questo punto, sapete tutto. La domanda che mi pongo, e che vi pongo, è: si tratta di uno scherzo, o che? 
 
 

 


 

 

domenica 26 novembre 2023

LE STORIE DI DRUNKY DUCK

 
 

 
E’ uscito da qualche giorno in edicola “Le storie di Drunky Duck”, undicesimo numero della testata Zagor Più (novembre 2023). Vedete qui sopra la copertina di Alessandro Piccinelli, che cita quella del classico “Zagor Story”, illustrata a suo tempo da Gallieno Ferri. Si tratta della decima raccolta de “I racconti di Darkwood”, la serie-nella-serie inaugurata nel settembre 2017 con il Maxi Zagor n° 31, che proponeva cinque storie brevi contenute in una “cornice” narrativa che le presentava e giustificava, fungendo da sesta storia autoconclusiva essa stessa. L’iniziativa permetteva a autori ospiti (sceneggiatori e disegnatori) di confrontarsi con la leggenda dello Spirito con la Scure, godendo di maggiore libertà espressiva quanto a impaginazione delle tavole, nel rispetto, comunque, della tradizione zagoriana.
 
Traccerò qui di seguito una brevissima cronistoria di questo tipo di proposta, per arrivare poi, molto velocemente, a dire la mia sull’uscita più recente (con qualche stoccata polemica in risposta a fendenti altrui)

Nella prima antologia, tanto perché le cose fossero subito chiare,  vedemmo Zagor disegnato da Lola Airaghi, Dante Bastianoni e da Romeo Toffanetti, giusto per citare i nomi di alcuni illustratori; ma ci fu anche il ritorno di Marcello Toninelli e l’esordio di Gabriella Contu e Paolo Di Orazio alla scrittura dei testi.  L’esperimento venne accolto con favore. Così, nel gennaio del 2019 “I racconti di Darkwood” tornarono in edicola con il Maxi n° 35, “Brividi da Altrove”, che vide l’esordio di Stefano Voltolini (giunto nel nostro staff dopo essere stato una colonna de “Il Giornalino”) quale autore della “cornice”, incarico che da allora in poi gli sarebbe stato sempre riconfermato. Seguirono altri due Maxi antologici, poi “I racconti di Darkwood” si trasferirono sulla nuova collana “Zagor Più”, inaugurandola con il n° 1, “Le storie di Molti Occhi”, nel maggio 2021. Il resto è cronaca recente, dato che gli albi con i racconti brevi si alternano, nella cronologia della testata, con quelli che contengono una sola avventura lunga, differenziati fra loro anche dal colore in costolina.

Contando anche gli episodi contenuti ne “Le storie di Drunky Duck”, il totale delle short stories proposte fino ad adesso è di ben cinquantasei, che offrono un autentico campionario di mani diverse, interessanti da mettere a confronto fra loro, con nomi ben noti ai lettori zagoriani perché parte dello staff, e molti altri provenienti da esperienze diverse. “Le storie di Drunky Duck” vede l’esordio zagoriano di Elisabetta Barletta, un’altra mano femminile ("Cassidy", "Saguaro"), e dello sceneggiatore Davide Rigamonti, di recente visto alla prova sulla miniserie “Odessa”, però arriva per la prima volta su Zagor anche il veterano Gino Vercelli, noto soprattutto per i suoi Martin Mystére. Altri sorprendenti autrici e autori al loro debutto alle prese con Zagor ci aspettano nella prossima antologia. 
 
 
 


Dato che è consuetudine di questo blog che io mi segnali e commenti quel che di mio esce in edicola, eccomi a farlo. Ne “Le storie di Drunky Duck” ci sono due diverse sceneggiature a mia firma. Una, è la “cornice” (che ha comunque una struttura a sé stante e a sé bastante e funge da quinto racconto leggibile in autonomia), illustrata dal sempre più a suo agio Stefano Voltolini. La seconda è “La follia di Zagor”, affidata alle sapienti mani di Denisio e Nando Esposito. In questo episodio c’è una scena destinata a colpire il lettore e a lasciarlo, per quanto possibile, senza fiato: Lo Spirito con la Scure spara a Cico e lo uccide. Non siamo di fronte a una messinscena, non è un sogno, c’è qualcuno che va a verificare, toccando il cadavere, che proprio di morte si tratta. Ovviamente c’è un trucco, come quello di un prestigiatore. Chi legge, almeno in teoria, dovrebbe incuriosirsi e voler scoprire come sono davvero andate le cose.
 
Vediamo nella recensione del blog “Zagor e altro” che cosa ne pensa Marco Corbetta. Per leggere cliccate sul link.

Riguardo al punto di cui stiamo parlando, il recensore scrive:

Il primo racconto narrato da Drunky Duck, “La follia di Zagor”, spiazza davvero i lettori (che comunque possono ovviamente presumere che l’omicidio di Cico da parte dell’amico nasconda un “trucco”) per buona parte della narrazione. Il bello è scoprire come lo sceneggiatore riesca a motivare la morte di Cico che appare davvero reale!

E’ del resto lo stesso modo di procedere di autori di gialli che depistano i loro lettori: senza volermi paragonare a loro, ma solo per citare due nomi di culto (da me apprezzatissimi), basterà ricordare Agatha Christie e John Dickson Carr. Quando nelle pagine finali dei loro romanzi si arriva alla spiegazione, per il lettore è il momento più bello. Il racconto “La follia di Zagor” non è neppure un vero giallo: c’è un sottofondo da spy-story, poi un intreccio drammatico finché tutto si spiega con una breve sequenza di quattro tavole su quaranta. Se qualcuno è in grado di apprezzare il gioco di prestigio, bene, altrimenti si può rapidamente passare al racconto successivo, di pura azione. In genere si fa così. 
 
Non si può neppure dire che sia strano che Zagor appaia protagonista di un episodio un po’ diverso dal solito, perché, come ben sanno gli appassionati, le avventure dello Spirito con la Scure sono il crocevia dei generi più disparati e della “contaminazione”: chi segue l’eroe di Darkwood non sa mai cosa aspettarsi dal racconto successivo, si potrebbe essere portati per mare o spinti in un deserto. Riguardo al giallo, ricordo che siamo partiti proprio rammentando “Zagor Story”, la cui copertina è stata volutamente citata da Piccinelli, e che è un vero e proprio giallo con tanto di spiegone finale con il quale Nolitta svela l’identità dell’insospettabile assassino.
 
 
 

Eppure, ci sono alcuni che non apprezzano la varietà dei generi. E’ il caso di un detrattore che, riferendosi a “La follia di Zagor” l’ha drasticamente commentata con “da denuncia” proprio sulla mia pagina Facebook (ci sono tanti bei posti in Rete dove poter dir male degli altri, perché mai voler utilizzare proprio il mio piccolo spazio per dir male di me non lo capirò mai - in ogni caso, complimenti, "da denuncia" non me lo aveva detto mai nessuno, e sì che me ne hanno dette di tutti i colori). Non rammento puntualmente il resto delle parole dello stroncatore ma mi pare che il senso fosse più o mano questo: ho deciso che d’ora in poi comprerò soltanto Diabolik. Al che ho risposto: mi pare un ottimo proposito. 
 
Cercando di decifrare quel che si voleva dire, mi sembra di capire “se volevo leggere un fumetto in cui si mettono in atto piani criminali che poi necessitano una spiegazione, leggevo il Re del Terrore”. Il che, al netto delle opinioni personali, mi sembra una bizzarria. Allora, secondo il nostro arguto commentatore, se Zagor vive un’avventura western si potrebbe leggere  Tex, se ne vive una horror si potrebbe leggere Dylan Dog, se si contamina con la fantascienza si potrebbe leggere Natan Never, se si entra nel regno del fantasy si potrebbe leggere Dragonero. Viene da chiedersi che tipo di avventure possa vivere il nostro eroe senza che a qualcuno venga voglia di leggere qualcos’altro. Peraltro, come si è detto, avendo a che fare con un personaggio che da sempre passa da un genere all’altro, trovando proprio in questo passaggio la sua ragion d’essere e il motivo del suo sessantennale successo. Mah.
 
 

 

Leggendo la recensione del blog “Zagor e altro”, c’è un altro spunto di riflessione offerto dalle parole finali di Marco Corbetta:
 
In conclusione, anche questa volta il mio giudizio sui “Racconti di Darkwood” contenuti nel volume è nel suo complesso sostanzialmente positivo, nonostante molti critichino le storie brevi e preferiscano quelle di maggior respiro. Sarà che ultimamente ho meno tempo per leggere, ma mi trovo sempre più a mio agio nell’affrontare “short-stories” che non avventure che si dilungano per mesi…

Si parla di “molti” che criticano le storie brevi preferendo quelle più lunghe. Come al solito, i “molti” sono (naturalmente) i più chiassosi. Basta che su un forum o un gruppo di discussione ci sia un gruppetto che si inalbera, si finisce per sentire soltanto la loro voce. Sembra quasi che il parere di alcuni debba diventare legge: se a me (capopopolo) non piacciono le short stories, non devono essere più pubblicate. In realtà basta aspettare lo “Zagor Più” successivo, perché a ogni antologia di “Racconti di Darkwood” segue un balenottero con una storia lunga. Mi pare molto semplice, benché ci sia chi non ci arriva. Lasciamo le storie brevi a chi le apprezza, non pretendiamo che la Casa editrice produca soltanto ciò che piace a noi. Il nostro intento è di offrire una varietà di proposte adatte a tutti i gusti, ognuno scelga ciò che preferisce. Anzi, “I racconti di Darkwood” sono pensati proprio per piacere a quanti più lettori possibili, visto che ogni albo mette a disposizione stili e autori diversi.  Mi chiedo peraltro se i detrattori delle storie brevi abbiano mai letto racconti come "Brezza di Luna" da cui è nata addirittura la miniserie "Zagor Darkwood Monitor". E se non l'hanno fatto, perché negare che ci possa essere del buono nelle storie bevi? Mah.

 

 

Ma è poi vero che i lettori non gradiscono le storie brevi? Proprio in questi giorni ho letto il n° 24 della rivista “Zagorianità”, che pubblica i risultati di un sondaggio tra gli appassionati, chiamati a esprimersi su quale sia la collana “fuori serie” più apprezzata, scegliendo fra una decina di possibilità. Risultato? Vince la testata “Zagor Più”, con al primo posto sul podio la versione “storia lunga” seguita al secondo posto dalla versione “Racconti di Darkwood”. Quindi, le storie brevi sono preferite persino ai Color o ai tradizionalissimi Speciali.

Voi saluto suggerendovi, se volete ascoltare un commentatore pacato e ragionevole, di guardare o ascoltare questa recensione rintracciabile su TouTube.

 
 

 


domenica 5 novembre 2023

DIARIO LUCCHESE

 

 


Da diverso tempo, per mio esclusivo uso e consumo, tengo un diario. Lo scrivo sul tablet a letto ogni sera, prima di dormire, peraltro dilungandomi nel circostanziare i fatti e nel descrivere le persone, nel riportare conversazioni e riferire sensazioni.  A volte mi verrebbe voglia di mettere tutto on line, ma per fortuna sono abbastanza in me da dirmi da solo “ma sei pazzo?”. Perciò farò come Mark Twain, il quale lasciò come disposizione testamentaria che la pubblicazione dei suoi diari avvenisse solo cento anni dopo la sua morte (cosa che effettivamente è avvenuta). Però, dato che è tradizione di questo blog che io riferisca qualcosa su ciò che ho visto e fatto a Lucca Comics di anno in anno, ho deciso di riportare quasi integralmente la cronaca di uno dei miei tre giorni lucchesi, quello di venerdì 3 novembre 2023, così come l’ho scritta sul mio diario. Dico “quasi integralmente” perché ho eliminato le considerazioni più intime e personali che di sicuro non interessano a nessuno. Leggerete comunque confessioni di ignoranza o di ingenuità di fronte a cose che non so o non capisco che non depongono a mio favore e vanno a mio disdoro, ma se il gioco è quello di mettere in piazza una pagina del mio diario, giocherò. 
 
 
Venerdì 3 novembre 2023

Mi sveglio in albergo alle sette e mezzo e aprendo i messaggi sul cellulare leggo di grossi problemi creati dal fiume Bisenzio a Campi, la cittadina dove ho vissuto trent’anni della mia vita e dove la mia famiglia ha ancora una casa in cui ho depositato libri e fumetti. Cerco notizie in Rete e scopro che intere zone sono state effettivamente allagate. Guai anche a Prato, Pistoia, Pontedera, Rosignano. Ci sono dei morti. Il quartiere dove c’è la nostra casa è stato risparmiato. Chiuse strade, tratti di autostrada, linee ferroviarie. Ripenso a quante volte, quando abitavo a Campi, sono andato a vedere il Bisenzio in piena che sfiorava l’arcata del ponte sotto la Rocca o la passerella vicino al convento delle suore. 
 
Qui a Lucca stamattina non piove, ma soffia un vento terrificante. Immagino che maltempo e alluvioni impediranno o sconsiglieranno a un bel po’ di persone di raggiungerci. Sgomento, avvolto in una sciarpa, cammino per un chilometro e mezzo dall’hotel fino al padiglione Bonelli in piazza Antelminelli. Mi pare di constatare, invece e per fortuna, che di visitatori ce ne siano comunque tanti, venuti da ogni parte d’Italia. Mi rendo conto una volta di più di come il susseguirsi degli impegni e la difficoltà di spostamento a causa della folla non mi permetta mai, e me ne lamento da anni, di visitare tutti gli stand, di fare un giro tranquillo tra i banchi dell’antiquariato, di passeggiare sulle mura. La mia Lucca Comics non è la festa che probabilmente è per i semplici visitatori liberi di andare dove vogliono. In realtà vengo travolto dagli eventi che mi riguardano e non ho il tempo (e, ormai, il fiato) di seguire tutto ed essere aggiornato sulla miriade di cose che escono, che si dicono, che si fanno. Ci sarebbero cento incontri e conferenze a cui vorrei assistere e non posso, è tanto se riesco a visitare qualche mostra (quest’anno, neppure una). E questo, per di più, ignorando completamente il reparto dei games, quello dei manga, quello del fantasy, quelli di cinema e TV (sia detto a mio onta sempiterna). Cerco comunque, ogni anno, dopo la fine della kermesse, di recuperare cronache e commenti e di procurarmi quello che non ho potuto acquistare durante i giorni lucchesi.   
 
 
La variant cover del n° 700 di Zagor, opera di Asaf Hanuka

 
La giornata più impegnativa della mia fiera di questo 2023, appunto quella odierna,  comincia con un turno di firma copie allo stand dedicato all’uopo nel padiglione Bonelli (è il mio terzo firmacopie in tre giorni). Si presentano dei lettori con albi da firmare bagnati dalla pioggia, e allora mi offro, finché ne ho, di sostituire le loro copie con le mie. In genere gli albi da dedicare e autografare sono le variant cover dello Zagor 700 (soprattutto quella di Asaf Hanuka), ma i lettori arrivano anche con altri albi e libri, c’è chi si fa firmare la maglietta, chi la scatola del box zagoriano di quest’anno (che contiene, fra le altre cose, la ristampa anastatica dello Zenith 52 che ho curato con fatica e soddisfazione).
 
 
Apertura del box di Zagor di Lucca 2023

 
Finito il firma copie, con tante chiacchiere e tante foto e tante strette di mano, mi raggiunge James Hogg, il disegnatore con cui pubblico da anni vignette su “Il Vernacoliere” e su varie riviste enigmistiche. Prima o poi le raccoglieremo in un volume, spero.  James, che ha un nome inglese ma è fiorentinissimo,  mi ha rintracciato anche senza avere il telefonino (ne avevo fatto una gag su Facebook pubblicando la sua foto e raccomandando a chi lo avesse visto vagare sperduto di prestargli il cellulare per indirizzarlo verso di me). Con lui, e gli amici Andrea Cipollone e Andrea Nespoli ci sediamo ai tavolini di un bar e offro l’aperitivo. James mi spiega le scadenze delle strisce, le tavole e le vignette che dobbiamo fare nei prossimi giorni, una marea (abbiamo in corso una serie sui i cavericoli, una strip di fantascienza e “Scienza Ridens” su “Focus enigmistica”). A mezzogiorno vengo intervistato da due collaboratori del sito “Meganerd” e credo di averli  intrattenuti più a lungo di quanto avessero  previsto, ma oltre a essere un grafomane sono anche un chiacchierone. È ora di pranzo, perciò porto James in un ristorante dove altre volte mi è capitato di mangiare durante i giorni lucchesi: lui ordina una pizza, io una piatto di trippa alla fiorentina. 
 
Moreno Burattini e James Hogg

 
Conversare amichevolmente, fra tante risate, non ci fa accorgere del tempo che passa, così devo fare una corsa per raggiungere in tempo il PalaDediche, una sala del Palazzo Ducale dove i lettori si sono prenotati per farsi firmare i miei libri di Cut-Up Publishing. L’editore, potendo (per regolamento) sceglierne soltanto due da tenere sul banco, ha optato per “Io e Zagor” e “L’Anatomista Eretico”. Viene abbastanza gente: molti acquistano i volumi direttamente lì, altri portano i libri da casa, c’è anche chi giunge con albi dello Spirito con la Scure. 
 
 


Mi colpisce un tavolo accanto al mio,  dove siede uno scrittore che direi straniero perché autografa e dedica due romanzi che recano un nome dal suono inglese quale autore, romanzi che direi fantasy (e che non conosco). Lo scrittore ha davanti a sé una lunga fila di gente in attesa, decisamente più lunga della mia. Nessuna invidia, però mi chiedo non se quei libri siano davvero appassionanti, senz’altro lo sono, ma come siano stati distribuiti, come quella gente abbia saputo della loro esistenza, in che modo abbiano appreso che lo scrittore era lì, insomma vorrei sapere (e imparare) la strategia di comunicazione della Casa editrice. Al PalaDediche ci sono anche due cosplayer che vengono ogni anno a Lucca, quasi perfette interpretazioni di Bud Spencer e Terence Hill nei panni di Bambino e Trinità. Sono fantastici e mi ci faccio una foto insieme (credo siano gli unici cosplayer visti oggi che abbia capito da che cosa sono vestiti). 
 
Gli unici cosplayer di cui mi sia chiara l'interpretazione

 
Finito il turno di firma copie al Pala Dediche, mi decido a entrare nel mega tendone di Piazza Napoleone (l'indecisione è dovuta al fatto che quest'anno non si capisce come si faccia a entrare) dove trovo lo stand di Allagalla da cui acquisto (per dare il mio contributo alla causa) il libro sull’eutanasia, “Disegni e parole per essere liberi”, a cura di Roberto Guarino, dove sono raccolti testi e disegni di autori di fumetti (da Silver a Sclavi, da Alessandrini a Taglietti) in favore di una normativa che regoli il fine vita e permetta il sacrosanto suicidio assistito o la facoltà di non praticare l’accanimento terapeutico su chi abbia espresso parere contrario. Ci sono anche due miei epigrammi, diversi miei aforismi e una vignetta che ho scritto per James Hogg. Ricevo in omaggio (finalmente) il saggio sulla EsseGesse a cui ho collaborato con un capitolo su Alan Mistero
 
 
 
 
 


Vedo tanta bella roba da comprare in tutti gli stand ma non prendo nulla, perché non posso caricarmi di troppo peso visto il mal di schiena che mi affligge da tempo. Farò acquisti in fumetteria, in libreria o su Amazon nelle prossime settimane. Però incontro, in compagnia di Stefano Bidetti del forum SCLS, l’editore di Zagor in Serbia, il giovane e sempre sorridente
Dušan Mladenović, che ha da consegnarmi una busta di miei albi da lui pubblicati a Belgrado, cosa che mi fa molto piacere - anche se poi devo trasportarli. 
 
 
I "Racconti di Darkwood" in edizione serba.

Incontro anche Nik Guerra, che mi regala una nuova maglietta con la sua sexy eroina Magenta, e un libro che ha appena pubblicato dedicato ai fumetti neri da lui rivisitati (davvero bello). Spero di poter ancora collaborare con lui come avvenne per il volume presentato lo scorso anno, intitolato "13". Non incontro invece Marcello Toninelli, perché non lo trovo, nonostante lo abbia cercato, dopo che Claudio Villa mi ha riferito che lui voleva vedermi. Lo contatterò per mail la prossima settimana. Peraltro Villa mi dice anche che suo figlio Marco si trova benissimo a lavorare con me, su una mia sceneggiatura, cosa che mi fa molto piacere. 
 

 
Tutte queste peregrinazioni mi affaticano la schiena, più che darmi dolore (anche se un po’ me ne danno). Così raggiungo la chiesa di San Giovanni (sconsacrata) dove ogni anno si tiene la conferenza zagoriana. Sono in anticipo di un’ora ma posso sedermi, mentre é in corso un incontro della Bao con due autori statunitensi, Joe Kelly e Ken Niimura. Posso citare i loro nomi soltanto perché ho fatto delle ricerche rientrato a casa, dato che all’esterno della chiesa non trovo l’elenco delle conferenze in programma ma solo un codice da inquadrare con il telefonino per collegarsi a un sito in cui venire informati. A parte la laboriosità fastidiosa dell’operazione, lo sanno tutti che a Lucca Comics la connessione Internet è problematica a causa dei troppi telefonini in giro. In ogni caso, in attesa della mia conferenza, seguo questa che la precede. 
 

Mi colpisce il fatto che i due autori intervistati, ansiosi di libertà creativa, raccontino di aver iniziato a lavorare su alcuni loro progetti prima ancora di trovare un editore, dichiaratamente non preoccupandosi di assecondare e intercettare i gusti del pubblico ma facendo ciò che a loro più piaceva, sulla base del principio secondo il quale “se piace a noi, piacerà anche a qualcun altro”. Addirittura uno dei due ha ritenuto che per disegnare una certa storia avrebbe dovuto trasferirsi a Parigi e lo ha fatto. Insomma, sembra che non debbano lavorare per vivere, non abbiano scadenze da rispettare, conti da pagare, famiglie da mantenere. Forse avevano e hanno altri lavori, altre fonti di guadagno, oppure ricevono così tante royalties da pubblicazioni precedenti che possono vivere di rendita prendendosi il tempo che serve per le nuove opere. Ci sono evidentemente dinamiche creative ed editoriali del tutto diverse da quelle a cui sono abituato io, che campo di fumetto seriale artigianale senza pretese artistiche. 
 

Avrei voluto alzare la mano e chiedere di chiarire questo aspetto pratico ed economico del lavoro dello sceneggiatore e del disegnatore, che mi hanno comunque fatto un’ottima impressione. Ottima impressione ricavo anche dal conduttore dell’intervista e interprete per la traduzione, che credo sia Michele Foschini, direttore della Bao, il quale ha dichiarato che un certo volume dei due americani ha venduto in Italia venticinquemila copie, cifra assolutamente notevole (pare che l’Italia sia il Paese dove quel libro ha venduto di più, nel mondo, dopo gli Stati Uniti). Peccato che durante l’intervista non siano state proiettate immagini  delle opere di cui si stava parlando. Mi riprometto di scoprire tutto. Peccato anche che gli spettatori fossero relativamente pochi, forse una ventina. Invece la chiesa si riempie per l’incontro successivo, quello appunto a cui devo partecipare anche io, parlando dei programmi di Zagor per 2024. Prima che la conferenza cominci saluto vecchi amici come Marco Corbetta e famiglia, o Elvezio Pesci, che ha dato il volto a un personaggio del microcosmo dello Spirito con la Scure, Elvin Fishburne, e tanti altri lettori che mi chiedono foto e autografi. 
 

La prima volta che in redazione abbiamo cominciato a organizzare la conferenza scegliendo le immagini eravamo io e Luca Del Savio, convinti che avremmo fatto il consueto incontro a due voci chiamando eventualmente sul palco qualcuno degli autori presenti. Invece scopro che abbiamo un presentatore, Alberto Rigoni, una personalità di spicco tra gli organizzatori di Lucca Comics, che oltre a portare il saluto dello staff dirigenziale si occupa di parlare dei fratelli Tomer e Asaf Hanuka, i due disegnatori israeliani autori del poster della manifestazione e (il solo Asaf) di una variant cover del numero 700 di Zagor. I due artisti avrebbero dovuto essere presenti in sala e se ci fossero stati li avremmo chiamati a parlarci della loro passione zagoriana (nata grazie all’edizione israeliana delle avventure di Zagor, pubblicate per un certo tempo, in anni passati, a Tel Aviv). Purtroppo i fratelli Hanuka hanno preferito non venire a Lucca in un frangente delicato in cui ci sono contestazioni per il patrocinio di Israele alla manifestazione (patrocinio dovuto appunto alla loro presenza). Personalmente la giudico una sconfitta rispetto allo slogan “Together” che dà il titolo all’illustrazione realizzata dai due (peraltro autori di fama internazionale e non attivisti politici), e rispetto anche allo spirito dello stesso personaggio di Zagor che, come ho detto prendendo anch’io la parola, di mestiere fa il peacekeeper. Comunque Rigoni spiega bene perché gli Hanuka non ci siano, se ne rammarica pacatamente e lascia la parola a me e a Del Savio, che iniziamo la nostra conferenza di fronte a un pubblico davvero folto. 
 
Moreno Burattini e Silvia Riccò


Fra le cose che ho escogitato per rendere più accattivante l’incontro, c’è la convocazione di Silvia Riccò, chiamata a fare l’unboxing della scatola in legno contenente materiale zagoriano, distribuita a Lucca. Silvia è infatti una youtuber che fa spesso video di unboxing ed è divertente vederla all’opera. Credo che anche il pubblico si sia divertito. Intervengono anche Giorgio Giusfredi, Alessandro Piccinelli e Stefano Fantelli. Alla fine Alberto Rigoni, che non mi conosceva prima di oggi, si complimenta per come abbiamo intrattenuto i presenti e dice di aver ammirato le tavole mostrate sullo schermo. Erano seduti tra il pubblico anche Davide Bonelli e Michele Masiero. Alla fine della conferenza rimango ancora un po’ a firmare autografi e dire facezie, poi finalmente posso riprendere la strada di casa. Mentre eravamo in conferenza fuori si è scatenato il diluvio universale, ma uscendo non piove più. Raggiungo la Juke parcheggiata dietro l’albergo. Carico zaino e sacchetti, imbocco l’autostrada. Anche quest’anno Lucca Comics è passata.



martedì 31 ottobre 2023

TRE STORIE BREVI




Nei primi giorni di ottobre è uscito in edicola lo Speciale Zagor n° 37, di cui vedete qui sopra la bella copertina di Alessandro Piccinelli. Il piatto forte della pubblicazione è costituito indubbiamente dall'edizione in albo da edicola di una storia di 120 tavole intitolata "I monti della solitudine", scritta da Jacopo Rauch per i disegni di Raffaele Della Monica e Stefano Di Vitto, proposta originariamente nel 2019 sottoforma di sei albetti a striscia, in una serie denominata “Collana Scure” destinata alla sola distribuzione in fumetteria.  Lo scorso anno, in questo stesso periodo, lo Speciale n° 35 aveva fatto la stessa cosa (cioè raccogliere in un unico blocco un racconto uscito a puntate nel formato orizzontale) con la storia, sempre di 120 tavole, dal titolo "Il battello dei misteri", da me sceneggiata, risalente al 2018. Ve ne avevo parlato qui:
 
 
E similmente a ciò che avvenne con lo Speciale n° 35, anche questo n° 37 presenta altre avventure brevi se non brevissime dello Spirito con la Scure, per la precisione tre, pubblicate in passato in occasione di eventi particolari, ma mai distribuite in edicola. Dato che è usanza di questo blog che io presenti ciò che esce a mia firma, mi soffermerò proprio su questi tre episodi aggiuntivi che sono appunto, nel bene e nel male, opera mia.

 
 
Il primo racconto, originariamente pubblicato a colori e intitolato “Mo-hi-la, la palude maledetta”, venne realizzato  da me e da Walter Venturi in occasione dell’uscita dell’album di figurine dedicato a Zagor dalla Casa editrice Panini, nel 2016. Volutamente, visto che molte vignette avrebbero dovuto servire da base per una sagomatura di adesivi fustellati, e in coerenza con il tono giocoso del contenitore, alla vicenda narrata venne dato un tono leggero (si potrebbe dire: d’altri tempi) in cui le sequenze più orrorifiche venivano sdrammatizzate. Nel 2018 le stesse 16 tavole vennero riproposte, sempre a colori, nel volume della Sergio Bonelli Editore “Io, Zagor”. Tuttavia, data l’importanza dell’argomento (la scelta da parte dello Spirito con la Scure del luogo su cui costruire la propria capanna), nel 2021 mi sembrò giusto raccontare la vicenda più approfonditamente e con un taglio maggiormente drammatico e maturo, e dunque scrissi una nuova sceneggiatura di 40 tavole, “La palude di Mo-Hi-La”, che affidai al disegnatore Arturo Lozzi e che venne pubblicata nel 2021 nel Magazine dedicato ai 60 anni dell’eroe di Darkwood. Lo Speciale Zagor n° 37 ripropone la versione originale del 2016. 
 
 
 

 
A seguire, ecco “La strega”: un insolito episodio senza balloon (l’unico del tutto muto dell’intera saga), contenuto nell’albetto “La Strega… e le altre”, dedicato alle figure femmminili nella saga dell’eroe di Darkwood, realizzato dai catanesi Marco Grasso e Giuseppe Reina nell’ambito delle iniziative di un gruppo di appassionati radunati sotto la sigla ZTN, e distribuito per la prima volta in occasione dell’edizione 2012 di Etna Comics. Si trattò di un vero e proprio divertissement mio e di Marco Verni, i cui disegni furono, all’epoca, colorati da Attila Juhas.  Vi consiglio di cliccare sul link colorato poco sopra per scoprire altri retroscena su questa storia.
 
 

Per finire, ecco “La capanna nella palude”, una storia che nasce da un breve racconto (in prosa) da me scritto per un albetto celebrativo di Gallieno Ferri in occasione di una mostra a lui dedicata al Castello di Santa Margherita Ligure nel novembre del 2014. Lo stesso racconto venne poi raccolto in un volume con altri tre (sempre miei, sempre in prosa, sempre con protagonista Zagor), intitolato “La capanna nella palude e altre storie”, pubblicato nel 2016 da Cartoon Club. Più di recente, nel 2021, ne è stata fatta anche una edizione in audiolibro destinata al catalogo Storytel Italia. Stefano Bidetti, scrittore e curatore di una rivista dedicata a Zagor e realizzata da un gruppo di appassionati, nel 2015 aveva però già utilizzato il racconto come soggetto di una sua sceneggiatura affidata alla mezzatinta di Marcello Mangiantini, apparsa su “SCLS Magazine” n° 11. Di storie zagoriane extra-serie ne rimangono ancora altre, vedremo se continuare a raccoglierle in un terzo Speciale o riproporle in altro modo.


sabato 7 ottobre 2023

LA CITTA' DI BERARDI

 


Tra l'otto e il dieci settembre 2023 si è svolta a Città di Castello (PG) l'inaugurazione (con eventi distribuiti nell'arco di tre giorni) della mostra "Giancarlo Berardi, un narratore fra le nuvole", visitabile a Palazzo Facchinetti fino al 29 ottobre 2023. Città di Castello ospita da molti anni (oltre venti) una manifestazione chiamata "Tiferno Comics" (Tiferno è l'antico nome del borgo umbro), nell'ambito della quale viene organizzata ogni volta una mostra legata, di volta in volta, ai più grandi nomi del fumetto italiano (ce ne sono state di dedicatate a Manara, Toppi, Cavazzano, Serpieri, Crepax, Jacovitti...). Quest'anno, per la prima volta, l'autore prescelto non è stato un disegnatore ma uno sceneggiatore: Giancarlo Berardi. Lo vedete nella foto qui sotto mentre commentiamo insieme al n° 300 di Julia, durante la cena ufficiale che ha dato il via all'evento. Nella foto si vedono anche (a sinistra) Marco Grasso e (a destra) Gianni Brunoro.

 
 
Sono stato varie volte a  Città di Castello in occasione di Tiferno Comics, ma è un luogo assolutamente da visitare indipendentemente dalle iniziative legate al mondo del fumetto. Per esempio, è la località dove il grande pittore e scultore Alberto Burri è nato, vissuto, lavorato, e dove sono raccolte, in due diversi musei (uno per le opere di dimensioni ridotte, uno per quelle gigantesche), i suoi capolavori. Vedere dal vero le creazioni di Burri è una esperienza emozionale che lascia il segno (non paragonabile a ciò che viene trasmesso in foto). Perciò, ogni volta che vado nella cittadina umbra, una visita al Palazzo Albizzini o al Seccatoio è d'obbligo.
 

 

Ma torniano a Giancarlo Berardi. Esperienza emozionale è stata anche ritrovare, all'ingresso della mostra a lui dedicata, la Morgan di Julia. Non solo: alla conferenza inaugurale, dalla Morgan è scesa Julia stessa, interpretata dalla bella Emma Hepburn Ferrer, nipote di Audrey Hepburn, madrina della manifestazione (è una artista, vive in Italia, parla un ottimo italiano). Audrey Hepburn, come di certo sapete, è l'attrice che ha ispirato il volto di Julia.
 


Inaspettato è stato trovare anche una mia foto esposta in mostra fra le altre scelte per ripercorrere la vita e la carriera di Giancarlo Berardi. Venne scattata durante un incontro avvenuto pià o meno vebticinque anni fa a Prato, nella fumetteria "Mondi Paralleli", di cui ero uno dei proprietari.
 



Sapevo da sempre (basti pensare a "La ballata di Pat O'Shane") che Giancarlo scriveva canzoni, non sapevo che avesse inciso un intero album (ce ne sono altri, ho scoperto) intitolato "Mentre", contenente 15 brani da lui composti e interpretati. Tutti molto belli, soprattutto la title track e "Tempo Scaduto". Il CD si può acquistare soltanto visitando la mostra di Città di Castello, mi hanno detto. Berardi cantante mi ricorda Gino Paoli ma lui è un appassionato di Jimi Hendrix, tant'è vero che la sera di venerdì 8 settembre è andato in scena uno spettacolo scritto e diretto dallo stesso Giancarlo, già portato in giro in varie altre città, intitolato "Jimi Hendrix Revolution" in cui l'autore funge da voce narrante e introduce tre musicisti di incredibile talento che interpretano brani del chitarrista americano, mentre un pittore realizza in diretta un ritratto dell'artista. Tutto molto bello da vedere e da sentire.
 

 
Sono stato invitato dagli organizzatori a Città di Castello non solo perché legato a Tiferno Comics anche per altre mie collaborazioni ad mostre del passato (la più recente, quella dedicata a Paolo Eleuteri Serpieri), ma sopratutto perché ho scritto uno dei saggi che compongono il catalogo della mostra. Qui sotto ne vedete la bella copertina, e a seguire troverete la recensione che, del volume, ho pubblicato sul mio blog letterario "Utili sputi di riflessione". Buona lettura.



 
 
Autori Vari
GIANCARLO BERARDI
UN NARRATORE FRA LE NUVOLE
Lo Scarabeo
cartonato, 220 pagine
2023


Questo volume non è soltanto il bel catalogo della mostra dedicata a Giancarlo Berardi che è stata allestita a Città di Castello nel settembre 2023 (mostra praticamente tutta quanta riprodotta nelle illustrazioni del ponderoso tomo), ma rappresenta ai miei occhi di saggista chiamato a scrivere uno degli articoli contenuti all’interno, il modo di saldare un debito che ho con lo sceneggiatore genovese, senza il quale indubbiamente la mia vita sarebbe stata diversa. Ritengo di avere dei debiti anche con altri maestri del fumetto italiano, naturalmente, e alcuni li ho, per il poco che ho potuto, a mio modo saldati (dando alle stampe per esempio saggi su Sergio Bonelli, Gallieno Ferri, Max Bunker, Giovanni Ticci, Paolo Eleuteri Serpieri). Ma a Berardi, di cui pure mi sono occupato scrivendo saggi e articoli e perfino dedicandogli un capitolo della tesi di laurea, continuavo a sentire di dovere qualcosa, un “grazie” più argomentato di quanto avessi fatto finora, che non ritenevo sufficiente. Non sono sufficienti neppure le ventisei pagine a mia firma contenute nel catalogo “Un narratore fra le nuvole”, ma se non altro si sommano alle altre scritte da Vincenzo Mollica, Pietro Alligo, Paolo Bertolazzo, Gianni Brunoro, Claudio Ferracci, Gianni Di Pietro, Roberto Guarino, Matteo Pollone, Chiara Cristilli, Daniele Barbieri, Marco Grasso e Daniele Bevilacqua. Quest’ultimo è stato convocato per compilare la fumettografia berardiana (tra cui si trovano racconti “insospettabili” di Diabolik, del Piccolo Ranger e per il “Corriere dei Piccoli” e “Horror”). “Insospettabili” anche le notizie riferite da Marco Grasso che si occupa del Berardi musicista, autore peraltro (e regista) di uno spettacolo teatrale dedicato a Jimi Hendrix. Lo stesso Berardi ci stupisce non solo mostrandosi in veste di illustratore e nei panni di autore di racconti in prosa e di intense poesie, ma anche annotando ricordi e tirando fuori dai cassetti foto d’epoca (una, esposta pure in mostra, addirittura con il giovanissimo sottoscritto). Un volume, dunque, bello da sfogliare (è illustratissimo) e da leggere. Riassumerlo qui sarebbe impossibile, però, forse, riportare l’inizio del mio articolo, “Un autore in cerca di sei personaggi” può servire a far meglio capire che cosa ha rappresentato Giancarlo per me. Eccolo qui di seguito.

Ho scoperto Ken Parker piuttosto in ritardo rispetto alla sua prima uscita (giugno 1977), e precisamente con l'albo intitolato "Il poeta" (n° 38, aprile 1981). Non so dire perché non mi ci fossi accostato prima. In ogni caso, quell’albo mi colpì moltissimo. Potrei dire che mi turbò. Era qualcosa di diverso da qualunque western avessi letto. Di diverso, in realtà, anche al di là del genere. Decisi di rintracciare i numeri arretrati che mi erano sfuggiti. Me li procurai in un negozietto di fumetti usati e, in attesa di leggerli, li tenevo sul comodino. Ricordo che guardavo quella pila con il vago senso di angoscia di chi sa che, facendo qualcosa, poi dovrà soffrire. Infatti spesso la concludevo la lettura con il groppo alla gola ed emotivamente sconvolto. "Butch l'implacabile", "Cronaca", "Diritto e rovescio", "Lily e il cacciatore"... tutti albi che mi hanno lasciato il segno, sui quali ho sofferto per quanto erano coinvolgenti. Rammento di aver versato una lacrima sul finale di Alcune signore di piccola virtù. Qualcosa del genere mi è successo con l'ultima avventura di Ken Parker. Ultima in tutti i sensi, quella in cui la saga si conclude, uscita come volume finale dell'edizione definitiva mondadoriana, mandata in edicola settimanalmente in tomi che hanno raccolto tutto quanto era già uscito, più appunto l'episodio inedito Fin dove arriva il mattino (2015). Ho temporeggiato finché ho potuto, sapendo che leggere mi avrebbe oppresso il petto.
Dopo Lungo Fucile ho scoperto i personaggi precedenti di Giancarlo Berardi e, naturalmente, ho seguito i successivi: Tiki, L’uomo delle Filippine, Sherlock Holmes, Giuli Bai, Marvin, Julia, per citarne sei come quelli del dramma di Luigi Pirandello (evitando di contare i protagonisti della serie "Welcome to Springville" o i comprimari dei tanti microcosmi che ruotano attorno ai titolari di testata). In Berardi mi sono imbattuto quando ero già ventenne e credevo di essere ormai scafato. Si è trattato di un innamoramento maturo e consapevole, insomma. Inutile dire che ho cercato di carpirne i segreti, visto che mi proponevo di fare il suo stesso mestiere. Ancora più inutile è dire che non ci sono riuscito, anche se Decio Canzio una volta, quando già quel mestiere avevo cominciato a farlo, mi ha detto che “berardeggiavo”. Se dovessi circoscrivere in una frase ciò che ho imparato da Berardi, citerei: “Una buona storia è quella con dei buoni personaggi”, che ricordo di aver letto in una sua intervista.