venerdì 7 maggio 2021

DA TRENTA A QUARANTA

 
Il 2 maggio 2021 ho festeggiato i miei primi trenta anni su Zagor. Non "con" Zagor perché io vivo con lui da più di cinquanta, da quando, cioè, in terza o quarta elementare, ho cominciato a leggerne le avventure e farne il mio inseparabile compagno di vita. Però, calendario alla mano, il primo albo della collana Zenith su cui compare il mio nome quale autore dei testi è il n° 361 (Zagor 310), intitolato "I malefici di Diablar", uscito appunto il 2 maggio 1991. 
 
 
Da quel giorno in poi la Bonelli ha pubblicato 27.237 tavole a mia firma, delle quali 26.533 con protaginisti Zagor e Cico (le restanti sono divise fra Il Comandante Mark, Dampyr e Tex)
 
Il che fa di me, oltre che il più prolifico autore di testi dello Spirito con la Scure (Guido Nolitta è secondo a 15.173), il sesto sceneggiatore bonelliano di tutti i tempi (dopo Alfredo Castelli e prima di Luigi Mignacco). 
 
Il mio nome è apparso nei credits (come soggettista o sceneggiatore) di 269 albi inediti di casa Bonelli.  
 
Al di là di questi dati (che devo al super esperto di statistiche Saverio Ceri, di Dime Web) resta la mia grande soddidsfazione per il traguardo (intermedio) raggiunto, perché, come ben sa chi mi segue, il mio sogno nel cassetto, da ragazzo, non era solo quello di diventare uno scrittore di fumetti, ma proprio uno scrittore di Zagor. 
 
 
Ho già detto e scritto a lungo su questo anniversario, addirittura inaugurando per l'occasione un mio canale Youtuber (del resto, avevo promesso proprio qui che l'avrei fatto).
 
 
Ho anche partecipato a una diretta di oltre due ore sulla pagina FB del Tempio della Nona Arte, che potete rivedere qui:
 
 
 
 
Ma c'è anche l'articolo precedente a questo, qui sul blog, con tutta la cronologia (illustrata) delle mie storie di Zagor). Lo trovate qui:
 
 
Io stesso sono impressionato dalla quantità di storie che mi è riuscito, non saprei spiegare come, tirar furi dal cilindro: non voglio dire che che sono belle, dico che sono tante. Per consolarmi, dopo le critiche di alcuni, sono solito riptermi che se per trent'anni in casa Bonelli mi hanno lasciato scrivere, pubblicato e dato delle responsabilità, del tutto incapace non sarò . Del resto, se dopo trent'anni Zagor non ha ancora chiuso i battenti ma gode di invidiabile salute e si appresta a festeggiare i suoi primi sessant'anni con l'entusiasmo di un giovincello, vuole anche dire che di una cosa non sono stato capace: distruggerlo. 
 
Al di là del fatto che, se potessi, mi piacerebbe riscrivere meglio gran parte delle storie che ho pubblicato  (ma questo, credo, capita a tutti gli autori che riesamina la propria produzione), sono entusiasta del mio trentennale zagoriano soprattutto perché significa che Zagor, grazie anche al mio contributo (insieme a quello di tanti altri,) ha attraversato con successo tre decenni difficili (di cambiamenti epocali, superando difficoltà che gli autori precedenti non avevano né avuto né immaginato) ed è arrivato, lui, a festeggiare il sessantennale. Non era scontato, considerando le chiusure di altre testate, anche bellissime, e non è stato facile, ma ho partecipato all'impresa. Adesso il mio buon proposito è cercare di fare del mio meglio per arrivare indenni al mio quarantennale, e celebrare dunque i settanta anni dello Spirito con la Scure
 
Non pretendo di contrinuare a stare al timone: mi presento dimissionario da curatore a ogni riunione di redazione, invitando la Casa editrice a trovare un curatore più giovane, che conosca meglio il pubblico, che cavalchi i social con più abilità di me. Finora i nostri capi mi hanno sempre chiesto di rimanere al mio posto (ci sono dal 2007) come se la mia disponibilità a lasciarlo libero fosse uno scherzo (ma non lo è). Diciamo che resto là dove sono stato messo per senso del dovere e totale dedizione. Ma, ripeto, non mi importa fare il curatore: mi importa collaborare (poco o tanto) fino al 2031 (poi, se Dio vuole, mi ritirerò in pensione) e vedete Zagor tagliare un altro traguardo.
 
Riguardo il fatto che non era per niente scontato che Zagor, dopo il 1991 (anno del mio arrivo) tirasse dritto per altri trenta anni, pubblico qui sotto un estratto dal mio libro "Io e Zagor", edito da Cut- Up, che ricostruisce non solo la mia vicenda personale, ma tanti retroscena.
 
Di questo libro ho parlato qui
 
 
e qui
 
 
 
Grazie dell'attenzione, grazie degli auguri che mi avete fatto giungere, un abbraccio virtuale.
 
 
 
Dal libro
IO E ZAGOR
di Moreno Burattini
Cut-Up Publisging
 
All’inizio degli anni Novanta, Zagor usciva da un periodo non felicissimo, stando al giudizio del pubblico. Sergio Bonelli stesso, nell’intervista che gli avevamo fatto noi di Collezionare, esprimeva dubbi sul futuro del personaggio: secondo lui, ormai, non aveva più granché da dire. “Il personaggio – dichiarò Sergio – ha fatto il suo tempo. Più di così non può dare, è un eroe esaurito come tanti altri. Per cui anche come editore, se ho voglia di fare qualcosa, trovo un po’ avvilente accanirmi su cose vecchie e preferisco dedicarmi a progetti nuovi”. Le vendite calavano, e hanno continuato a farlo a lungo, mentre Dylan Dog o Nathan Never erano arrivati a rilanciare la Casa editrice. Sergio riteneva che non si potesse sperare in un miracolo e a prospettava un lento, anche se onorevole declino per il suo eroe. Quando entrai nello staff, ero consapevole di tutto questo e la cosa mi spaventava. Al momento del mio arrivo a Zagor, a scriverne le sceneggiature c’erano Marcello Toninelli,  Ade Capone e Alessandro Russo, ma tutti e tre in seguito hanno lasciato la serie seguendo altri loro progetti. Marcello mi terrorizzò una sua frase che mi colpi come una coltellata: lo incontrai poco dopo il suo abbandono e gli chiesi perché se ne fosse andato, e Marcello mi rispose (grossomodo) così: “Non volevo essere ricordato come quello che aveva fatto chiudere Zagor”.  Mi vidi prospettato un destino di ignominia in cui lo Spirito con la Scure lo avrei fatto chiudere io. E come fan numero uno del personaggio, c’era di chi starci male! Per fortuna, sono passati trent’anni e di chiusura ancora non si parla.

Non credo di essermi mai dimostrato un critico di Marcello Toninelli particolarmente severo, di certo lo sono stato meno di molti altri. Anzi, al di là del suo lavoro per lo Spirito con a Scure, sono sempre stato un suo ammiratore per quanto lui ha scritto e disegnato in altre sedi. Nella mia libreria ho uno scaffale tutto dedicato a lui, in cui il post d’onore ha la sua versione della Divina Commedia raccontata in parodia nella sua striscia “Dante”. In ogni caso le mie perplessità riguardo ad alcune sue storie del Re di Darkwood, sorte quando ancora ero un semplice lettore, erano le stesse di molti altri appassionati: trovavo che le storie di Zagor dopo l'abbandono di Nolitta non fossero più le stesse. Come autore, oggi capisco tutte le difficolta di Toninelli. Peraltro non fu soltanto sua la responsabilità della testata dopo l'addio nolittiano, avvenuto nel 1980. Ci furono molti altri autori, tra cui due pezzi da novanta come Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi, che ugualmente non riuscirono a reggere il confronto con le avventure sceneggiate da Nolitta. Toninelli ha portato avanti Zagor per dieci anni, garantendo la continuazione della serie inserendo nuovi temi e nuovi personaggi (amici e nemici) e scrivendo anche episodi epocali. Sicuramente Marcello ha subito dei limiti dalla Casa editrice, tematici e narrativi, di cui mi è capitato sentirlo lamentare. Pero, questo è il gioco delle parti: anche io con gli stessi limiti ci ho dovuto farei conti e li ho accettati, cercando di fare comunque del mio meglio. In generale, tutti gli autori (e non solo di fumetti) devono riuscire a venire a patti con le regole imposte loro da agenti, produttori, editori, impresari, e prima di tutto dal pubblico e dal mercato. Si tratta di esprimere comunque il proprio talento, nonostante i vincoli.

Il mio arrivo a Zagor ha coinciso per puro caso con l'abbandono di Toninelli. Proprio in concomitanza con i miei primi passi, Marcello aveva sottoposto alla Casa editrice un suo progetto per un restyling clamoroso e totale dello Spirito con la Scure, che stava perdendo lettori e che pertanto avrebbe dovuto, secondo lui, cambiare formato, tecnica narrativa, disegnatori. Si proponeva di rendere Zagor più duro, crudo, realistico, violento.
Contemporaneamente si prospettava una formula "a telenovela" con trame e sotto trame alla maniera degli X-Men di Chris Claremont, che all'epoca godevano di molto seguito. Insomma, Toninelli si rendeva conto di come occorresse imprimere nuovo vigore al personaggio, ma riteneva di non poterlo fare nell'ambito della continuità: pensava che ci volesse un cambiamento traumatico, radicale. Credo che Marcello fosse consapevole che una svolta così drastica come quella da lui proposta non sarebbe mai stata  accettata, visto che in ambito bonelliano il rispetto per la tradizione è un valore fondamentale, e casomai si perseguono rinnovamenti meno bruschi (soprattutto avendo a che fare con personaggi che hanno una tradizione pluridecennale e lettori molto affezionati). E lui, di fronte alla bocciatura, preferì prima proporre soggetti per Nick Raider e Dylan Dog, e poi lasciare del tutto la Bonelli.  Posso solo dire qual è il mio parere sulla proposta di Toninelli, non so riferire invece le argomentazioni con cui la Casa editrice la respinse. Secondo me, il progetto di Marcello poteva essere adatto per un nuovo personaggio, non certo per Zagor. Il restyling di un character come lo Spirito con la Scure non può essere fatto se non nel rispetto della tradizione: se l’eroe che risultasse da una eventuale operazione del genere dovesse avere caratteristiche del tutto diverse da quelle originali, tanto varrebbe inventarne uno nuovo. In ogni caso, Toninelli è tornato a scrivere una storia dello Spirito con la Scure  proprio invitato da me, che ho inserito il suo racconto “Il mio nome è Banack” in un Maxi Zagor del 2017.

L’abbandono di Toninelli seguì di poco anche l’introduzione nella casa editrice della figura del curatore di serie, o dell’editor all’americana: una innovazione che forse contribuì a convincere Marcello a cercare altrove maggiore indipendenza. Subito dopo il mio arrivo fui appunto affidato alle cure di Renato Queirolo, redattore con occhi da nittalopo, come diceva Mauro Boselli. Queirolo è stato per me come il burbero sergente per i cadetti dei marines, quello che insegna la disciplina e costringe gli allievi a una durissima gavetta, quello che magari viene pure ritenuto un cerbero durante l’addestramento, ma che poi tutti gli allievi ricordano con gratitudine per tutto ciò che sotto la sua scuola hanno imparato.

Le mie  prime tre storie, ma soprattutto quella d’esordio e  la successiva, “L’abbazia del mistero” furono ancora scritte da “lettore”: volevo inserire tutti quegli elementi nolittiani che mi piacevano e che mi sembravano mancare nelle sceneggiature di Toninelli. Mi illudevo di sapere e potere essere il clone di Nolitta, di riuscire a fare dei falsi quasi perfetti. Ma Renato Queirolo mi ha sottoposto a una dura scuola, imponendomi ritmi diversi da quelli lenti che avevo copiando Nolitta, forse perché lui veniva dalla scuola del fumetto d’autore, quello pubblicato su rivista, e non aveva Nolitta nel sangue come ce l’avevo io, e comunque devo ammettere che certe lungaggini aveva ragione nel volerle castigare. Temo di aver sofferto molto, dopo i primi entusiasmi, e immagino che si veda: le mie due o tre storie iniziali sono brillanti, poi ho avuto uno sbandamento e c’è voluto un po’ perché rientrassi in carreggiata, con nuove consapevolezze.

Fu Queirolo a convocare nello staff anche Mauro Boselli, quando io già c’ero (e dunque, quanto a “zagorianità”, sono io il più anziano fra i due). Poco dopo, Boselli divenne il curatore della testata, e lo rimase fino alla fine del 2006, quando presi il suo posto. Sicuramente il lungo periodo in cui Zagor ha goduto della supervisione di Mauro Boselli ha consentito al personaggio l'esplorazione di territori nuovi, e certe storie che grazie a lui hanno potuto venire pubblicate, in passato sarebbero risultate improponibili. Mauro ha avuto il coraggio di sostenere progetti innovativi, suoi e di altri, me compreso. Sotto la sua gestione la collana è riuscita a decollare di nuovo, o perlomeno ad arrestare l’erosione di vendite, e io ho cercato di dare il mio contributo, anche perché con il tempo ho acquistato maggiore esperienza e sicurezza. Io e Boselli, credo,  possiamo dire di essere riusciti nel piccolo miracolo di aver rivitalizzato un personaggio ormai dato per spacciato. Ho sotto gli occhi la stampata di alcuni messaggi inviati a suo tempo a “Darkwood Online”, il sito ufficiale dello Zagor Club, e leggo quanto scrive Mauro Carraro: “Boselli e Burattini sono riusciti a risollevare le sorti della testata che ormai pensavo destinata alla chiusura”. E un altro lettore, Giancarlo Filiani, scrive: “Gli ultimi sceneggiatori sono bravi e anno ridato credibilità e spessore al personaggio dopo gli anni bui”. Insomma, aver riportato il sorriso sulle labbra dei lettori delusi e averne bloccato o almeno rallentato l’emorragia, e averlo fatto gestendo un eroe in costume, è sicuramente un risultato. Il merito non è solo mio, naturalmente: però sono contento di aver dato un pur modesto contributo.

Tra le altre cose, nei primi anni della mia collaborazione con la Bonelli mi vennero affidati anche due incarichi importanti, o almeno a me parvero tali, che esulavano dalla sceneggiatura dei fumetti. Uno consisté nello scrivere i testi del libretto “Gli indiani d’America” che venne allegato allo Speciale Zagor n° 4, “La fiamma nera”, del luglio 1991. Si tratta di una dizionario delle principali tribù pellerossa, con una breve descrizione della loro storia e delle loro caratteristiche. Per realizzarlo, Sergio Bonelli mi fornì in fotocopia un bel po’ di libri (quasi tutti in inglese) della sua enorme biblioteca dedicata al West. L’altro incarico fu quello di progettare un percorso, e scegliere le tavole da esporre, per la mostra “Zagor: un’avventura lunga trent’anni” (titolo mio) che venne allestita nel 1992 alla Fortezza da Basso di Firenze.